once

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Per colazione, Pilar aveva preparato sulla tavola una pila di fette di pane tostato, salsa di pomodoro, croissant confezionati, nutella e una caraffa di succo all’ananas.
“Vuoi qualcosa di caldo, cara?” chiese la donna ad Anita, non appena lei fece capolino in cucina.
La ragazza scosse cortesemente la testa, poi si abbandonò sull’unica sedia che era rimasta vuota: era stata l’ultima a lasciare la sua camera e gli altri avevano già scelto il loro posto attorno al tavolo rotondo.
Pilar, invece, era in piedi, le spalle appoggiate al frigorifero. La donna le aveva presentato tutti i suoi coinquilini la sera precedente; quindi, Anita già sapeva come rivolgersi ai suoi cinque silenziosi commensali.
Alla sua destra sedeva una ragazza con gli occhiali, alta, bionda e con la pelle un poco arrossata, la cui terra d’origine erano le Isole Canarie. Inoltre, aveva un nome bellissimo: Esmeralda. Era più giovane di lei di ben due anni, eppure pareva quasi che fossero coetanee; ad Anita non era sembrata particolarmente simpatica, ma aveva pensato che, come dice il famoso detto, non bisogna mai giudicare un libro esclusivamente dalla copertina e si era ripromessa di cercare di conoscerla meglio.
Accanto a Esmeralda aveva preso posto un ragazzo, Raul, anche lui piuttosto alto, paffuto e con degli stupendi occhi verdi che ricordavano verosimilmente gli incontaminati pascoli di alta montagna; infatti, proveniva da una valle dei Pirenei e i suoi genitori erano di professione malghesi.
Vicino a lui, Anita dovette riflettere un paio di minuti per ricordarsi il nome, un altro Raul era intento a riempire una brioche di nutella. I due ragazzi portavano lo stesso nome di battesimo, ma avevano aspetti diametralmente opposti: il secondo era abbastanza basso per la sua età, aveva due occhi scuri resi quasi invisibili da una massa di riccioli biondi che gli ricadeva fin sulle spalle e un naso alla francese che dava un tocco di austerità ai suoi discorsi.
Lui era di Madrid, così come la ragazza che gli sedeva accanto. Si chiamava Amalia, e Anita l’aveva trovata simpatica fin dal primo istante in cui il suo sguardo era caduto su di lei: aveva un sorriso gentile, gli occhi neri a mandorla e lunghi capelli castani che le si increspavano sulla schiena.
Infine, con l’aria corrucciata e forse anche un po’ malinconica, alla sinistra di Anita stava un ragazzo alto e scuro di pelle, con capelli e occhi di un nero avvolgente e i denti talmente bianchi che quando rideva risaltavano sul suo viso come perle. Si chiamava Angel e la sua famiglia viveva a Pamplona.
Anita non disprezzava nessuno di loro e non vedeva l’ora di potersi ritagliare del tempo per conoscerli meglio tutti, uno per uno. Nel frattempo, però, il momento della colazione era finito e i ragazzi si diressero ognuno verso la porta della propria camera, per terminare di vestirsi e preparare i libri da mettere nello zaino.
Anita sorrise soddisfatta alla sua immagine riflessa nel piccolo specchio appeso sopra il comodino: la sua prima giornata a Barcellona stava ufficialmente iniziando.

Todo lo que quiero - Pablo GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora