31 - Elijah

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Nessuno ha parlato della mamma, nessuno riesce ad affrontare l'argomento, nessuno riesce a crederci. Passiamo ore accanto a Charlie, a un certo punto lo sentiamo lamentarsi per il dolore. Non risponde quando papà lo chiama e cerca di rassicurarlo. Si calma solo quando viene un'infermiera e gli fa una flebo di antidolorifici.

Verso sera ritorna la polizia. Dicono a papà di uscire dalla stanza per parlare con lui. Vorrei sentire cosa stanno dicendo, di cosa si tratta, ma rimango con Charlie, non voglio lasciarlo, non voglio che si svegli e non mi trovi. James anche è al suo fianco, seduto sul piccolo divano della stanza. Non dice nulla, guarda il cellulare e quando Charlie si muove o si lamenta si alza per controllarlo. Papà rientra in stanza come se alla marea di brutte notizie se ne fosse aggiunta un'altra. Si passa una mano nei capelli, guarda Charlie. Credevo che quando l'avrebbe rivisto si sarebbe comportato come sempre. Avrebbe ignorato il problema e sarebbe scappato alla prima occasione, ma non l'ha fatto. Gli rimane vicino, lo accudisce come quando era piccolo e lo guarda come fa solo un padre. Non ha mai smesso di considerare Charlie suo figlio.

- Cosa? - chiede James notando la sua agitazione.

Papà sospira accarezzando di nuovo la testa a Charlie cercando di evitare di toccare i lividi, anche se è impossibile. Diventa serio. - Non riescono a trovare vostra madre.

Scatto sul posto fissando papà. - In che senso?

- Sono andati dove lavora ma lei non c'era. Hanno chiesto ai colleghi ma non sanno nulla, la stanno cercando - i suoi occhi si abbassano, puntano gli ematomi sul petto di Charlie, il rigonfiamento e il cerotto dell'operazione che si intravede al di sotto. - I poliziotti hanno chiesto alla sua scuola. Non sapevano nulla della storia di quel ragazzo che ha picchiato Charlie, James.

James non dice nulla, continua a fissare il cellulare, ma lo vedo stringere la mano fasciata. - Era una balla che ha inventato lei - intervengo - per nasconderci come si comportava realmente con Charlie.

- Io stento ancora a crederci - dice papà - ieri sera si è comportata da pazza, in un modo che non è mai stato da lei, ma arrivare a tanto...

- Lo è - aggiungo - pazza, papà.

Aspetto che mi riprenda, che mi dica di smetterla di parlare in questo modo senza avere una più chiara comprensione di cosa sia successo, ma non lo fa. Charlie è una chiara dimostrazione di quello che è successo. - Hanno ispezionato la casa - dice invece - hanno trovato l'arma usata contro Charlie.

Guardo Charlie, dorme ancora. - Una mazza da baseball. L'abbiamo vista.

James fa cadere il cellulare a terra e si stringe le mani nei capelli. Siamo ancora sporchi del suo sangue. Siamo solo andati in bagno a turni per sciacquarci la faccia e togliercelo dalle mani, ma questi vestiti sono da buttare. - Hanno detto che ci hanno trovato del sangue più vecchio sopra, e alcuni lividi e cicatrici di Charlie risalgono a mesi addietro.

Inizio di nuovo ad ansimare e finalmente faccio la domanda che stanno tutti evitando di fare. - Perché picchiava Charlie in quel modo? Perché se la prendeva con lui? Con noi non lo ha mai fatto.

- Che domande - una risata di scherno esce da James. Si alza e indica Charlie. - C'è bisogno di un motivo per sentirsi autorizzati a fare questo?

- No - dico - ma perché? - Era depressa e si sfogava su Charlie? Si arrabbiava per qualcosa che faceva ed esagerava?

- Non importa - esplode James - è malata! Picchiava con... - non lo dice - nostro fratello di soli dodici anni e dio solo sa da quanto Charlie lo ha dovuto sopportare. Quando ci mentiva lo faceva perché glielo diceva lei. Non poteva dirlo a nessuno.

James si stringe il pugno e papà interviene prima che lo scagli contro qualcosa e si faccia più male. - È inutile parlarne adesso - dice - siamo tutti stanchi. Riposiamoci, quando la polizia avrà di più da dirci ne riparleremo.

Missing Brother [Completa]Where stories live. Discover now