22.I've got my eye on you

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Gli incubi,
sono sempre
più reali dei sogni .

TALYAMOON

GRACE

Avevo sempre cercato di gestire le mie emozioni. Incanalarle e custodirle tra le linee di demarcazione di uno scrigno d'oro che non aveva altra funzione se non quella di filtrarle e allontanarle, fintantoché la sottoscritta non sarebbe stata in possesso del coraggio necessario per poterle affrontare. Lo stratagemma, il magheggio, o come preferite chiamarlo, aveva funzionato per gran parte della mia adolescenza ed era stato una delle cause dei conseguenti disturbi che avevano richiesto l'urgente e improrogabile intervento di una specialista.

Vivevo tutto e troppo, in modo sconsideratamente amplificato. Ciò comportava un alterata percezione della felicità e altrettanta del dolore. Era questo probabilmente, ciò che mi aveva spinta anni addietro a crogiolarmi all'interno di quel famoso scrigno dalle rifiniture lucenti, sempre più accostabile ad una soffocante gabbia.
Il senso di colpa che provavo necessitava spazi ampiamente più vasti di quelli che la mia mente minata poteva offrire.
E così scoprii che il soffocamento rappresentava l'arma più efficace di cui disponessi nell'interminabile e corroborante lotta contro me stessa.

Mi destreggiai, traghettando da un eccesso all'altro, proprio come un anima perduta nel limbo antecedente l'insormontabile ingresso dell'Inferno. Esisteva un Caronte, dentro la mia testa, che continuava a destinarmi da una sponda all'altra del fiume, facendomi a volte perdere il contatto con me stessa. Passai dal percepire tutto con preoccupante intensità, ad avvertire il nulla. E per qualche ignoto motivo, in me albergava la convinzione che tutto sarebbe stato diverso una volta raggiunto quello stato di pacifica apatia che tanto anelavo e per desiderio del quale mi stavo struggendo.

Era stato destabilizzante scoprire che le mie convinzioni fossero del tutto errate, e che quella mancanza di sentimenti non faceva altro che accrescere il senso di colpa travestito da mostro, che banchettava con la mia anima ridotta a brandelli. Mio padre mi aveva insegnato a fuggire, scappare a perdi fiato da quelle facce del mondo che disprezzavo. Le sue parole avevano sempre acceso in me la speranza di poter vivere anche nella realtà, le dolci fantasie che allietavano le mie sofferenze. Poco tempo dopo era tutto mutato, ancora una volta, esplodendo impetuosamente all'interno del mio essere.
Sentivo di nuovo, tutto e troppo.
Questo eccesso, alimentava l'istinto e accresceva il bisogno dell'impulsività di rendersi padrona delle mie reazioni.
Sentivo tutto e troppo.
La rabbia.
Il dolore.
La paura.
L'eccitazione.

Si divertivano a sfuggire dal mio controllo, sovrastarmi fino a negarmi l'ossigeno per appropriarsene. Io, sfinita e sfibrata, li rincorrevo fino a perdermi tra le loro grinfie. Quando mi voltavo indietro, non riuscivo più a riconoscere la strada che mi avrebbe ricondotta nell'unico luogo sicuro che conoscevo; i ricordi.

La morte di mio padre, aveva inevitabilmente influenzato i comportamenti che assumevo. Le nostre vite avevano subito un irreversibile mutamento che le circostanze ci avevano spinte e obbligate ad accogliere e accettare.

Non sapevo che sarebbe prima o poi giunto, l'istante in cui avrei dovuto affrontare l'ennesimo cangiamento che con prepotenza si era ammanigliato nella mia quotidianità. Esisteva un individuo, nel pianeta, che nutriva odio nei miei confronti.
Astuto, potente e soggiogante.
Continuava a giovarsi dei suoi regimi coercitivi, per flettere la mia volontà al cospetto dei suoi interessi.
I messaggi intimidatori, le chiamate d'impronta minatoria, e il suo riuscire a giungere nella mia casa per recapitare un abito che potè vedermi indosso, esibendosi probabilmente in un ghigno soddisfatto per l'inganno che ancora una volta avevo ingenuamente misconosciuto.

FORBIDDEN SECRETS [The deadly sins series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora