7.My way

12.3K 337 134
                                    

Lingue ardenti di fiamma invisibile
imprimono il marchio dell'inferno
sulla mia anima esausta

HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT

Mi ero sempre chiesta il perché di tutto ciò che mi circondava, sin da quando ero solamente una bambina. Non esisteva cosa che avessi guardato, senza renderla preda della mia curiosità.

Curiosità; era una parola derivante dal latino, cura, intesa come premura e sollecitudine. Era una desiderio di conoscere, il più forte nell'universo dell'umanità, che aveva fame di sapere e colmare un vuoto con nuove informazioni e stimoli mentali che poi avrebbero condotto ad altre domande e risposte.

La curiosità mi stringeva lo stomaco, le tempie pulsavano, il corpo fremeva impaziente mentre attendeva di capire cose che ancora non riusciva a spiegarsi.
Perché le stelle brillavano in cielo?
Perché il sole illuminava e scaldava?
Perché l'oceano era di un colore blu profondo, mentre l'acqua invece era trasparente?

Mio padre la prima volta in cui gli avevo posto la domanda, mi aveva risposto con un semplice: "perché riflette il colore del cielo."
Meravigliata avevo alzato lo sguardo sulla distesa celeste che imperava sopra la mia testa, per poi rivolgerlo in basso alla ricerca della verità che mi era stata detta.
Avevo pensato che fosse magicamente incredibile, e con la felicità di una bambina quale ero, raccontavo il fatto appena scoperto a chiunque mi parlasse.

Poi ero cresciuta, col passare dei mesi e degli anni avevo scoperto nuove verità. Dovetti riguardare i miei precedenti punti di vista, per dare spazio ad altri che mi erano stati reconditi fino a quel momento.

Ero cresciuta, e il mondo aveva perso quella magia che mi faceva sognare ad occhi aperti, nonostante a volte ancora cercassi di riappropriarmi di quello sguardo da bambina ignara dei lati più oscuri, nascosti in ogni angolo.

Ero cresciuta, troppo in fretta dopo che la mia vita aveva preso un altro percorso, cambiando irrimediabilmente e per sempre.
Ora dovevo fare i conti con ciò che incontravo lungo il cammino, con tutto ciò che continuava ancora ad essere legato al passato che spesso avrei voluto dimenticare.

Dopo la telefonata con mia madre, Avril mi aveva riaccompagnata a casa immediatamente, senza fare troppe domande. Mi ero fatta una doccia veloce ed ora ero diretta verso il commissariato con la testa sovrappensiero.

<<Non possono averlo fatto>> dissi a mia madre accelerando sempre di più il passo. Avevamo dovuto prendere un taxi per arrivare il prima possibile.

<<Dave ha a cuore questo caso, ringraziando il cielo ci ha avvertite>> rispose lei mentre entravamo dentro la centrale. Un poliziotto ci scortò fino all'ufficio della persona che ci era stata accanto in questi anni, aggiornandoci riguardo qualsiasi novità.

<<Buongiorno>> lo salutò mia madre con la voce che le tremava, mentre prendevano posto sulle sedie di fronte all'imponente scrivania in mogano. Io invece, come al solito, restai in silenzio.

Ci ero stata poche volte qui, l'elemento che più mi aveva colpita però era l'assenza di elementi personali nell'arredamento. Nessuna fotografia o dettaglio che raccontasse qualcosa su di lui. Era tutto molto anonimo e distaccato, caratteristica solitamente non riguardante questo ambiente. Chiunque facesse questo lavoro di solito sentiva il bisogno di avere un appiglio al quale sostenersi quando le cose diventavano difficili; il volto di un amore, di un figlio, di un amico. Lui invece no e mi ero sempre chiesta il perché.

<<Signora Miller, so di averla fatta precipitare qui ma ho pensato che sarebbe stato giusto avvertirla non appena avessi appreso la notizia>> iniziò a dire, tirando fuori dal cassetto un fascicolo.

FORBIDDEN SECRETS [The deadly sins series]Where stories live. Discover now