20.1.The puppeteer

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È la mia anima come una luna piena,
limpida e fredda

VLADISLAV CHODASEVIČ

Hayden's pov

Rilessi per la terza volta l'e-mail, con gli occhi che saltavano da una parola all'altra sullo schermo. Era stata sfacciata, e fastidiosa, dannatamente tanto.
Tuttavia le frasi che aveva scritto erano riuscite quasi a divertirmi.
Per questo seduto sulla sedia difronte alla scrivania, con le gambe divaricate mentre giocherellavo con il tappeto della penna, pensai a come comportarmi.

Immaginai che si aspettasse una risposta da parte mia, tuttavia non avevo intenzione
di rivolgerle questo tipo di attenzione. Avevo in mente un altro modo per farle
rimangiare tutto ciò che aveva scritto e fornirle un unico riscontro del tutto esaustivo. Mi piaceva l'idea che si stesse mangiando le mani, in trepidante attesa.

lo avevo il controllo, vivevo di esso, e prima o poi lo avrebbe capito anche lei. Non ero
un ragazzino che si faceva fottere da due paroline e un bel corpo. C'era molto di più
che mi lacerava l'anima, e non mi permetteva di essere una versione diversa di me stesso. Non ne ero dispiaciuto, una parte di me avrebbe voluto che questo
cambiamento fosse avvenuto prima di determinati accaduti, probabilmente mi sarei risparmiato tutto ciò che ne era venuto dopo.

Non ero in pace con me stesso, ma avevo imparato a conviverci. La prima regola della
sopravvivenza era proprio questa, e il tempo era stato mio alleato nel capire come
rispettarla. Spesso pensavo di non meritarmi la permanenza a questo mondo, mentre un'altra persona non poteva più averne la possibilità, dopo ciò che avevo fatto.

Spesso pensavo di meritarmi cio che avevo dovuto subire. Era il prezzo del mio
errore, e lo stavo scontando tutti i giorni, da anni ormai. Non sapevo se prima o poi
sarebbe finita, ma speravo che finisse con me. Una vita, per una vita. E' così che
funzionava l'equilibrio naturale. In fondo ero il primo a sostenere che nulla venisse
concesso per nulla.

Afferrai il cellulare, e quando lo sbloccai notai che fosse ancora fermo sulla schermata delle chiamate. Il suo numero spiccava in mezzo a tutti gli altri, segnato dal nome con il quale avevo deciso di registrarla.

Feci un respiro profondo pensando all'incontro con quel gruppo di folli.
Wrath l'avevo conosciuto in Italia. Mi ero spostato parecchio durante l'addestramento, a causa dei motivi che mi avevano poi portato a queste conseguenze. I Damiani, una famiglia che non ero mai riuscito a comprendere totalmente. Sapevo quanto fossero importanti e conosciuti nella loro città, ma sapevo anche che il padre non fosse l'incarnazione del bene. L'eccessiva ricchezza spesso annebbiava la mente degli uomini, facendo perdere di vista tutti gli obiettivi e gli ideali che decantavano di avere prima di sentire il profumo del denaro.

Damiani era un buon amico in caso di necessità, ma speravo di non dover mai avere bisogno del suo aiuto. I miei problemi erano già troppi e troppo grandi per essere sommati ai suoi.

I folli erano imprevedibili, e l'imprevedibilità poteva trasformarsi in sconfitta. Io non potevo permettermelo.

Aprii il cassetto del comodino, tirando fuori il fascicolo che riguardava Javier. C'era qualcosa che ci sfuggiva. Non era possibile che una persona sparisse nel nulla, per quanto fosse brava a nascondersi.
Lo stavano cercando tutti, l'FBI aveva allertato l'Interpol che da suo canto aveva diffuso le informazioni di polizia giudiziaria in tutto il mondo. Lo conosceva il cazzo di pianeta intero, ciò non faceva altro che alimentare i miei dubbi.

FORBIDDEN SECRETS [The deadly sins series]Where stories live. Discover now