77. I PECCATI DEI PADRI PT.2

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«Stai zitto. A parti invertite faresti lo stesso».

«Ci sono di mezzo dei bambini, Keeley. Per favore».

La dolcezza di cui è intrisa la sua voce mi provoca un bruciante senso di colpa. So che sta pensando alla sua infanzia, agli abusi che ha subito, a quando era non molto diverso da quelle piccole anime abbandonate che l'agenzia sfrutta e maltratta. E che, a differenza sua, non hanno avuto nessun uomo buono a salvarli.

«Allora?» mi incalza Jason innervosito.

«Baker Street, numero 66. La casa che...»

Clic.

Un'ondata di sollievo mi assale. Le gambe mi cedono e crollo in ginocchio. «In una clinica privata chiamata Saint Mary» mormoro, coprendomi la faccia. Riemergo e scocco un'occhiata dispiaciuta a Klaus, che ormai è diventato pallido come un cadavere.

«Certo. Con tua sorella, presumo». Jason si accorge delle nostre reazioni scioccate e scrolla le spalle. «Era ovvio che avrei scoperto che era viva, semplicemente non sapevo dove la tenesse Alizée».

«Elizabeth è viva?» chiede Ian interdetto.

«Eh già. Ci fosse una volta che la tua adorata moglie ti informa di quello che combina, eh?»

Mio padre si tira su a fatica. «Ti conviene non toccare le mie figlie, altrimenti io ti...»

«Hai detto che non vuoi uccidermi» gli rammento, augurandomi di farlo tacere. Minacciare il tipo grande e grosso che impugna la pistola non mi sembra una mossa geniale.

«E vale anche per tua sorella». Jason fa un cenno e Gregor esce dalla porta secondaria della sala. «Confesso che all'inizio volevo farlo. Dopo averti cercata per sette anni, è comprensibile perdere la pazienza, no? Ma poi mi sono reso conto che voi Storm siete uguali a me: imprigionati nell'orbita distruttiva degli Hallander per amore, o per odio. Sono loro il vero nemico».

«Hai ragione» concorda Ian. «È giusto che la mia famiglia paghi per i suoi errori, ma non i nostri figli. Loro sono innocenti».

«Lo so. Infatti, non ho assolutamente nulla contro questo ragazzino» e dà un buffetto sulla nuca a Klaus, che lo guarda con odio. «Purtroppo, però, i peccati dei padri...»

Il suo scagnozzo ritorna e viene verso di me. Mio padre stringe il coltellino nel pugno, pronto a intervenire, ma l'uomo-gorilla si limita a porgermi dei documenti spiegazzati e una penna.

Quando leggo la scritta nell'intestazione, mi acciglio. «Una rinuncia alla proprietà? Ma sono minorenne!»

«Ho contatti abbastanza influenti da potermi occupare dei cavilli legali. Devi soltanto firmare a nome tuo e, poiché ho fretta e non è presente, di tua sorella».

Non tento neppure di oppormi. Scarabocchio la mia firma nell'apposito spazio, ne improvviso una per Elizabeth e restituisco il tutto a Gregor. Dentro di me sono piuttosto certa che questa sia solo una formalità, una prova da esibire se in futuro qualcuno ficcasse il naso.

Sono un conto in sospeso al pari di quanto lo era Céline, perciò dubito che alla fine di questo gioco malato mi riserverà un destino migliore del suo.

«Tocca a te, Ian». Jason si allontana e si ferma a metà strada tra lui e Klaus. «Non sono un campione in matematica, ma dovrebbero esserci ancora due possibilità su tre di non avere il colpo in canna. Tu hai cinque secondi per decidere se devo sparare a te o al bastardo di tuo fratello».

Ian sbianca di colpo. «Non rischieresti di uccidermi».

«Se ne sei così sicuro, verificalo pure». Jason tende il braccio con la Colt. «Cinque. Quattro. Tre».

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