Capitolo 22

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EDEN

Voglio tatuarmi questo istante sulla pelle e conservarlo per l'eternità. Sentire ancora una volta attraverso i ricordi, il sapore di quest'attimo che mi ha tolto il fiato.
Ha detto che prova qualcosa per me. Posso crederci? Posso credere alla parola di un uomo che mi ha rapita e fatto sentire cose che non avrei mai immaginato fossero destinate a una come me? Posso godermi davvero l'attimo senza farmi le paranoie sul dopo?
Continuo a pensarci mentre rimango tra le sue forti braccia a godermi il suo tocco. A pensare che il destino ha uno strano tempismo. Non c'è modo di essere avvertiti in tempo quando si rischia di perdere una parte o per intero del proprio cuore. La cruda realtà è che quando cadi nella trappola, quando inizi a provare qualcosa per qualcuno, non te ne accorgi. Non lo fai subito. Succede solo quando tutto cambia. Succede quando sai che farà male il doppio.
Non ho avuto paura di non essere all'altezza, Dante è riuscito a farmi sentire una persona nuova, con dei desideri in grado di realizzarsi; mi ha dato forza e mi ha coinvolto con così tanta passione, da allontanarmi da tutto il resto.
La sua mano grande, macchiata da inchiostro e colore ormai rappreso, preme sulla mia schiena e le sue dita sulla nuca massaggiano circolarmente la mia cute. Scostandomi di poco, lo guardo. Il viso cesellato, accarezzato dalla calda pioggia battente che scende giù dal soffione. Le labbra arrossate dai miei morsi incauti. Gli occhi vibranti di desiderio.
È reale?
Il suo respiro è appena cambiato. Schiude le labbra, il petto gli si muove in un su e giù ritmico, sempre più scostante.
Smanioso di fare qualcosa, eppure incredibilmente controllato dal timore che io possa illudermi.
Siamo così vicini da graffiarci l'anima con un solo battito. Così tanto da scomparire l'uno nell'altra. Il mio respiro si perde col suo. Io mi perdo in lui. Lui rischia di entrarmi dentro e non lasciarmi più.
Prima che possa chiedergli se va tutto bene, mi spinge all'angolo schioccandomi un tenero bacio sulla fronte e uno a fior di labbra.
In un attimo ogni carta in tavola cambia e il gioco fra noi diventa pericoloso.
Mi vengono le vertigini.
Sta demolendo ogni mia sicurezza, un pezzo alla volta.
«So di non dovere avanzare pretese perché lo abbiamo messo in chiaro sin dal principio», impacciata sfioro con le unghie le sue spalle. «Posso restare con te stanotte?», provo a convincerlo.
Assorto, mi insapona la pelle. Facendomi voltare, prosegue premendo i polpastrelli nei punti giusti. Dapprima scivola lento lungo la mia spina dorsale, poi risale passando dal mio ventre fino al seno. Racchiudendolo tra le mani, strizza i miei capezzoli premendomi contro di sé, provocandomi un gemito.
Quando parla, la sua voce è letale come una lama. «Non torni nel tuo letto».
Mi piace il fatto che sia rude, mai scontato. Che non abbia bisogno di chiedere due volte per ottenere una risposta sincera.
Sono pronta a ricambiare il suo gesto. Mi volto e nel farlo, oltre a sentire un certo fastidio, mi rendo conto solo ora di un particolare. Abbasso gli occhi lungo le mie cosce, dove prima c'era una striscia sottile rossa che piano piano è andata sbiadendosi.
Lui, cogliendo al volo la direzione dei miei pensieri, mi solleva il mento tenendolo tra due dita. Le stesse con cui mi ha portato all'estasi. Con la mano libera, piena di sapone, scivola tra le mie cosce e tenendo lo sguardo fermo sul mio, comincia a ripulire fino all'ultima traccia della mia verginità che ha strappato via.
Le sue dita sfiorano ancora quei punti sensibili, aprono le pieghe, spingono in dentro e fuori.
Mi aggrappo alle sue spalle ansimando. Premo la fronte contro il suo petto e a occhi chiusi lascio che mi provochi un nuovo orgasmo.
Dante attende che mi sia calmata, continuando a riempirmi la spalla di baci. «Non è niente di cui imbarazzarsi, uccellino».
Arrossisco lo stesso, passando il soffione sul suo petto dopo avere spalmato lungo ogni solco dei suoi addominali del bagnoschiuma e averne sentito sotto i polpastrelli la solidità. «Be', ti sarà già capitato», lancio l'amo per sapere qualcosa in più su di lui.
«In realtà sei stata la prima a capitare».
Mordicchio il labbro, non riesco a nascondere il sorriso, la strana frenesia che mi prende, il piacevole brivido che mi coglie alla sprovvista rivelandogli quanto sia soddisfatta di non dovere competere con nessun'altra. «Almeno posso avere un primato nella tua vita. Incredibile, e io che pensavo sacrificassi giovani vergini al tuo stesso altare».
Sbuffa, ancora una volta mi fa voltare e mi bracca tenendo un braccio sul mio petto, provando ad attaccarmi la spalla con un morso. «Mi eccita sapere che altre mani non ti avevano ancora toccata come ho fatto io».
Il tempo ricuce ogni ferita. Trascina via il dolore fino a farlo svanire. E quando pensi di essere riuscito ad andare avanti, pur portando addosso quei segni ben distinguibili da semplici cicatrici bianche, ritorna. Lo fa travolgendoti, stordendoti, mettendoti addosso ancora più paura. Perché quando qualcosa ti si incide sotto la pelle, nessuno è in grado di rimuoverla.
Un brutto ricordo riaffiora, mi divincolo, afferro e attorciglio un asciugamano intorno al mio corpo improvvisamente freddo ed esco dalla doccia quasi boccheggiando.
«Peccato che non sia lo stesso per te», balbetto.
Dante non afferra la ragione del mio improvviso cambiamento d'umore. «Uccellino», prova a fermarmi.
Prendo un lungo respiro. «Non mi hanno toccata nel modo in cui l'hai fatto tu», dico soltanto, uscendo dal bagno con il cuore in subbuglio.
Mi siedo sul letto. Le coperte sono aggrovigliate, profumano di noi e per una strana e assurda perversione vorrei che non le togliesse. Che ricordasse ogni singolo istante. Che avesse ancora il bisogno disperato di sentirmi contro di sé.
Dante, uscito dal bagno con un asciugamano ad avvolgergli la vita, si siede accanto a me, friziona i capelli con un altro asciugamano morbido grigio, attendendo una spiegazione.
Inutile descrivere quanto sia bello. Sotto la doccia, ho cercato di non fissare troppo il suo fisico scolpito, di non lasciarmi ammaliare dallo sguardo da cattivo delle fiabe. Adesso tengo a freno le dita solo per il panico che rischia di rovinare tutto.
«Parlami».
«Era esattamente così che immaginavo la mia prima volta. Nessuna aspettativa, tanta emozione e l'insicurezza di non riuscire a controllare il mio corpo. Ma soprattutto nessuna paura. Nessun ricordo di una mano che mi afferra senza volerlo o di uno schiaffo improvviso e privo di motivazione», porto le ginocchia al petto. Ci provo a modulare la voce affinché non risulti tremula, purtroppo fallisco. «E nessuna scusa per coprire i segni».
Dante è come una statua di marmo. L'espressione talmente fredda da risultare inumana, mentre fissa una delle sue tele posizionate all'angolo, di fianco a una collezione di dischi in vinile posti ordinatamente su delle mensole.
La stanza profuma tantissimo di tempera, colori ad olio e di lui. Quel misto di oceano, cocco e qualcosa di mascolino.
«Mi sono fatta male al punto da rimanere sveglia per ore in attesa che tornasse per finire quanto iniziato. Ho avuto lo stomaco in subbuglio per mesi, direi anni, e un pezzetto di me se ne è andato a ogni litigio, a ogni colpo improvviso, fino al giorno in cui mi ha spinta e la mia carriera, il sogno di danzare nei migliori teatri del mondo, si è dissolto come polvere lungo una scala. Ma ho conservato tutto», stringo le labbra. «Tengo da parte la mia unica arma per la resa dei conti. Quando ne avrò la possibilità, quando sarò libera, darò inizio al vero spettacolo».
Dante stringe i pugni in vita. «Quel maledetto ti ha fatto male fisicamente?»
Inutile indorare la pillola. «Tutte le volte in cui l'ho rifiutato o mi sono opposta a qualcosa. Quella a teatro è stata... la cosa più dura da sopportare. Per assurdo è bastato un sorriso da parte del mio partner dietro le quinte e un mazzo di fiori tra le mie mani a farlo scatenare», chiudo gli occhi. «Ovviamente non gli è bastato. Ha trovato il modo di convincere mio padre. Gli ha riempito la testa su quanto fossi bisognosa di attenzioni perché ormai rotta e inutile. Mi ha incastrato nella sua vita fatta di programmi e violenza. Perché sono un premio», calmo il respiro. «Era una continua sofferenza, Di. Faceva così male che a un certo punto ho imposto a me stessa di non toccare mai più quel fondo».
Inumidisco le labbra. «Darrell è un uomo spregevole».
Ancora una volta, le sue dita sollevano il mio viso tenendolo per il mento. «E tuo padre? Non ha mai fatto niente per fermarlo? Come hai spiegato l'incidente?»
«Mio padre ha sempre visto solo quello che vuole vedere. Un livido sulla guancia per lui era solo l'ennesimo mio essere indisciplinata o maldestra. Per l'incidente invece...», prendo aria. Non trovo le parole per descrivere quei giorni.
La sua mano sfiora la mia schiena. «Che pezzo di merda!», sbraita.
«Per la gamba è stato diverso», riesco a proseguire per rispondere alla domanda. «Ma Darrell è sempre un passo avanti agli altri. Ha trovato la scusa perfetta. Sa come tenere in pugno mio padre. Lui riesce a manipolare chiunque».
«Qualcun altro sa di questa storia?»
«Nessuno nei dettagli, oltre te».
Non riesco a capire ciò che pensa. È sicuramente arrabbiato, ma allo stesso tempo sembra confuso e pensieroso.
«Non volevo rovinare il momento», mi scuso.
Fa qualcosa che non mi aspetto. Mi abbraccia e mi bacia in ripetizione la tempia. «Sei stata coraggiosa a scappare da lui per fargliela pagare».
«Sono solo una codarda. Avrei dovuto rifiutare davanti a tutti la sua proposta di matrimonio. C'è sempre una scelta, nonostante le conseguenze. Almeno è quello che ho capito da quando sono qui con voi».
Tiene la mascella stretta e un solco gli si forma sulla guancia, abbassa il petto e i suoi respiri si fanno irregolari. La sua voce roca mi trascina in un inferno pregno di lussuria quando mi parla spezzando il silenzio nella stanza, il ruggito furioso del mio cuore in conflitto.
«E farti ulteriormente male? Adesso sei qui. Non permetterò a nessuno di avvicinarsi».
«È impossibile!»
«Ti ha fatto del male e tutti hanno girato la testa dall'altra parte quando avevi solo bisogno di essere protetta. Pensi che li lascerò respirare ancora?»
Sussulto al pensiero che possa anche solo macchiarsi di un simile crimine. «Darrell, mio padre, persino tu hai fatto cose peggiori».
«Io non ho mai messo le mani addosso a una donna per ferirla!», alza il tono, disgustato all'idea. «Mai fatto del male intenzionalmente a qualcuno. Neanche quando avrei dovuto», indirizza i suoi occhi verdi nei miei. «Hai idea di quante volte avrei dovuto punirti?», scrolla la testa schioccando la lingua.
«Non l'hai fatto».
«No. Mi piace di più quando rispondi a tono. Alimenta quella parte di me che tende a prendere il controllo. Sono un fottuto animale selvaggio, adoro la caccia. Non mi sono mai piaciute le cose facili. Tu non sei una di quelle».
«Ma quando sono scappata dall'auto tu mi hai afferrata e morsa».
Non nasconde il sorriso. «È stato uno di quei momenti che ricorderò con ogni probabilità per sempre».
Tiro un po' di più l'asciugamano. «Mi hai fatto male», lo spingo.
Scrolla le spalle. «Lo meritavi. Stavi scappando con una mossa degna di un bravo avversario e io non potevo perdere».
«Non mi conoscevi neanche».
Cambia posizione. «Sapevo quello che dovevo sapere sul tuo conto per rapirti. Che scappassi non era nei piani e dovevi pagare. Un piccolo morso non è stato niente al confronto di quello che aveva in mente di farti mio zio mentre eri legata a quel palo giù al locale».
Ricordo ancora le sue mani addosso quando è intervenuto e una fitta colpisce il mio basso ventre.
Se ne accorge e continua a sorridermi come un perfido diavolo.
La tentazione di avvicinarmi è troppa. Ma riesco a domarla. Non voglio ingigantire ulteriormente il suo, già ingombrante, ego.
«Ad ogni modo non toglierai il fiato di nessuno», riprendo l'argomento.
«Meritano di morire», torna immediatamente in modalità stronzo.
«Non c'è un'altra soluzione?»
«Non credo». La gelosia e la sete di vendetta, ottenebra i suoi occhi. «Non quando toccano qualcosa che mi appartiene e pensano di potermi fregare».
Tra noi non c'è più nessuna barriera. Non ci sono limiti. Ci sono solo i nostri sguardi a incrociarsi, i nostri respiri a fondersi in un'insaziabile, disperato e sporco sentimento che ci porta alla deriva.
Non so chi dei due si avvicina. Lui è scivolato sul materasso e io sono a cavalcioni, tengo il suo viso tra le mani e ricambio il suo bacio famelico.
Amore. Ce n'è così tanto. Lo sento ovunque. Mi riempie, mi sazia, mi fa formicolare la pelle. Scorre frenetico nelle vene puntando dritto al cuore.
Per non perdere ancora il controllo, nonostante sia evidente la nostra attrazione, mi allontano. Indosso la sua camicia, quella adagiata sulla spalliera della poltrona, ed esco sul balcone. Mi siedo sul divano di vimini portando le ginocchia al petto e le abbraccio fissando il cielo tempestato di meravigliose stelle. L'aria è calda, piacevole sulla pelle nuda.
«Che succede?»
Inumidisco le labbra, passo la mano tra i capelli e distendo le gambe adagiando le caviglie sul tavolo basso da caffè. «Rifletto».
«Su cosa?»
«Sui ricordi».
Chiudo appena le palpebre per poi spalancarle e fissare il manto stellato con una forte malinconia. Dante è scosso.
«Non puoi scappare dai ricordi. Per quanto tenti di farlo, di costruirti qualcosa di bello, di duraturo, basta guardare le cicatrici per essere risucchiato indietro».
«I ricordi sono figli di puttana, Eden. E le cicatrici ti ricordano di essere ancora intero».
Mi volto e lui scosta due ciocche dal mio viso. È così delicato da essere deleterio per il mio cuore che un po' ancora ci spera.
«Che altro succede? Non mentirmi».
«Ho paura».
«Perché?», chiede sedendosi accanto.
«Spesso si dà troppo e si rischia di perdere un pezzo d'anima. All'inizio ti butti, poi cerchi di non morire dentro quando qualcosa non va».
Fissa davanti a sé per un lungo istante. «Niente è permanente in questa vita».
Sorrido mesta. «E questa da dove esce fuori?»
Si ingobbisce un po' stringendo poi le spalle, gratta la guancia arrossendo lievemente e voltandosi mi fissa intensamente. «Sai cosa diceva Charlie Chaplin?»
Corrugo la fronte, non comprendendo il filo conduttore dei suoi pensieri. «Cosa?», mi ritrovo a chiedere, perdendomi nel suo sguardo.
«"Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco"», mi dà un colpetto sulla testa poi porta e preme il mio palmo sul suo petto. «Ogni sensazione è un rischio che bisogna correre. Bisogna sentire tutto, anche con la paura nel cuore».
La sua mano con sicurezza si sposta, afferra la mia guancia e mi avvicina così tanto da percepire sulla pelle il suo respiro. Con uno strattone mi riporta a cavalcioni su di lui, le braccia strette intorno al mio fondoschiena e la sua bocca avida sulla mia.
Mi strofino sulla sua erezione facendolo gemere. «Dovremmo staccarci», mugugno affannata.
«Uhm, sì, dovremmo», ansima. Passa i palmi sulle mie cosce, raggiunge le natiche strizzandole per avvicinarmi ulteriormente. «Ma sto provando a consolarti».
C'è qualcosa nel sorriso sghembo di Dante. Una combinazione che urla pericolo, nascosta sotto uno strato di sicurezza e freddezza.
Quell'angolo delle labbra piegato all'insù, la fossetta appena accennata sulla guancia, nascosta dalla barba di qualche giorno a contornare la forma perfetta e piena delle sue labbra; la cicatrice sul sopracciglio e quel lampo di malizia che rende ancor più brillanti i suoi occhi verdi.
Riesce a ipnotizzarmi, a farmi sentire come se fossi sul punto di dover giocare con le fiamme per evitare di bruciarmi.
Nel suo silenzio tattico, percepisco ogni sua cattiva intenzione.
Non ha bisogno di chiedere. Non ne ha nessuna intenzione. E io non posso e non voglio oppormi.
«A volte sei un libro aperto. Altre chiudi tutto fuori. Fai in modo che chi ci tiene a te si schianti contro quel muro e si faccia male».
«Cosa vuoi sapere?»
Non cederò al suo giochetto. Non un'altra volta. «Dimmi come ti senti. Non rifilarmi la solita risposta scontata, per favore», aggiungo alla fine, addolcendo il tono.
«Sono spaccato in due», scrolla un po' le spalle, come se fosse preparato e abituato a questo genere di situazioni da non provare più niente di diverso dalla semplice accettazione e indifferenza.
«Mi chiedo come sarebbe stato se ci fossimo incontrati in altre circostanze», fa una smorfia pronunciando le labbra. «Ti avrei guardata. È impossibile non farlo. Vedi, tu hai questa straordinaria capacità di attirarmi. Non vederla come una cosa scontata, non se sono io a dirlo», passa le dita tra i capelli. «Tutto mi urla di attenermi alle regole, ma quando ti guardo, quando sei così vicina, io perdo ogni controllo. È come se togliessi quella vite importante al mio equilibrio, uccellino».
Si volta e mi guarda di nuovo. Questa volta trattengo il fiato, in attesa del colpo di grazia. «La verità? Sono furioso con me stesso».
«Perché?»
«Perché uno come me, non è fatto per la felicità. Eppure mi ostino a strappare briciole per saziarmi, per non impazzire, per non bruciare di dolore».
Ha appena detto qualcosa che non ripeterà mai di fronte a nessuno.
Mi viene solo voglia di abbracciarlo. Ma so che non accetterebbe mai niente di così dolce.
Cerchi, così delicati sulla pelle e creati con il polpastrello da farmi salire i brividi, mi distraggono. Allargo le cosce e lo sento stuzzicarmi il sesso. Affondo le dita sulle sue spalle possenti. Ansimo sulla sua bocca e lui scivola lievemente verso di me abbassando l'asciugamano, lasciando uscire l'erezione. Le mie dita la raggiungono la impugnano e massaggiano tutta la lunghezza.
«Non ci vedranno?», chiedo, preoccupata che qualcuno possa spiarci e riferire ciò che accade a Seamus.
«Credi che farei godere a qualcun altro questo ben di Dio?», mi indica, facendomi arrossire. «Ciò che mi appartiene non è condivisibile».
«Sei possessivo», lo spingo e mi sorride. Lo fa in modo perverso. «Non mentirò, sei in potenziale pericolo», mi avverte, racchiudendo la mia mano nella sua.
«Ah sì?»
«Non giocare col fuoco se non hai intenzione di scaldarti per bene, uccellino».
Mi avvicino alle sue labbra. I suoi muscoli reagiscono. «C'è qualcosa che posso fare per scaldare te un pochino?»
Strizza una palpebra piegando lievemente il capo come un rapace. Allarga le gambe mettendosi comodo. «Mettiti in ginocchio», mi ordina.
Lo faccio. Non esito neanche un secondo. Vorrebbe fermarmi ma è eccitato alla vista di me ai suoi piedi, remissiva.
Sorrido leccandomi le labbra maliziosamente. «Altro che posso fare per lei, signore?», lo stuzzico, elettrizzata per il potere che sento scorrermi nelle vene.
«Uccellino, smettila!»
Il desiderio si trasforma in una pianta carnivora. Come fuoco brucia qualsiasi pensiero, qualsiasi ripensamento. Mi manda in estasi. Il cuore continua a martellarmi nel petto senza la minima intenzione di rallentare.
Mi dovrei sentire appagata per avere ottenuto la mia prima volta come la desideravo. Invece no. È come se qualcosa dentro di me fosse stato risvegliato e stuzzicato abbastanza da volerne ancora. Desidero un suo gesto. Sentire contro la pelle il suo fiato caldo, l'affanno, la voglia insaziabile che ho letto nel suo sguardo quando mi ha vista nuda.
E sono pronta ad arrendermi a lui in ogni maniera possibile.
Non l'ho mai fatto prima, ma voglio provare. Mi avvicino, mi abbasso e prendo a baciare il suo addome. «Non ti piace?», mugugno tra un bacio e l'altro fino a raggiungere il suo membro.
Dante non riesce a parlare, forse neanche a pensare. Ma nei suoi occhi, sul suo volto brucia il desiderio, la voglia.
Gli do un bacio innocente sulla punta e lo sento trattenere il respiro. Mi spingo oltre e la sua mano scatta verso la mia nuca, non per fermarmi.
All'inizio devo contrastare i conati, ma più lui mi guida, più prendo il ritmo. Lecco e lui si lamenta. Bacio e nasconde gli occhi dietro al braccio. Succhio e geme abbastanza forte chiedendomi di non smettere.
Affonda le dita tra i miei capelli, spinge i fianchi in avanti raggiungendo il fondo della mia bocca. «Fermati! Fermati! Fermati!», sibila implorante e delirante.
Non lo faccio e dopo qualche minuto precipita, si sfalda.
Lo stupore lampeggia nei suoi occhi, con una spinta mi fa sollevare immediatamente. Mando giù il suo seme portando di proposito un dito all'angolo del labbro. Le pupille gli si dilatano e si avventa sulla mia bocca. «Adesso sei proprio nei guai, uccellino».
Mi posiziona sul suo membro e mi penetra con un colpo secco. Raggiunge il mio clitoride e sfrega la punta con un tale impeto da costringermi a cambiare posizione per entrambi, a scivolare sotto il suo peso, in preda ai gemiti e alla voglia di averlo ancora e ancora. Spalanco le cosce e lui capisce, aumenta le stoccate e veniamo nello stesso istante guardandoci negli occhi, bocca contro bocca.
Chiudo gli occhi appagata. «Uhm... sì. Credo proprio di essere nei guai».
Si contrae ancora con un verso roco spingendo i fianchi. Lo accolgo abbracciandomi a lui. Le mie dita accarezzano la sua nuca e lui si tende. «Merda, dobbiamo staccarci o comincerò da capo».
Si tira fuori un po' in fretta, facendomi male e mi porta in bagno. Sollevandomi e posizionandomi sul bordo del lavandino, con un panno umido, mi pulisce tra le gambe prima di accorgersi del modo in cui si sta prendendo cura di me e mettermi a tacere prima che possa stuzzicarlo.
«Se da una parte mi piace il modo in cui mi stai guardando, uccellino, dall'altra temo sia un grosso errore».
«Sto cercando di evitare il peggio. Ma sei come un incidente. Impossibile da evitare».
Non so che diavolo sto dicendo. Sono ancora scombussolata.
Ride di gusto e per un attimo è come se avesse attizzato dentro di me quel fuoco che prima si era placato.
«Vuoi smettere?»
«Ci sto provando. Non sei di certo di aiuto se ricambi in quel modo».
Lecca appena il labbro inferiore, assottigliando la palpebra. «Non ti stai impegnando», mi rimbecca divertito. «So che stai cercando di fermare ogni istinto, uccellino. Lo capisco».
Scuoto la testa. «Non credo tu possa farlo. Non hai idea di quanto io sia sul punto di cedere», la voce trema, il mio cuore palpita irregolare. «Nonostante sappia già come andrà a finire».
Le mie dita si artigliano ai suoi fianchi mentre se ne sta davanti a me, tra le mie gambe. Abbasso il suo viso e ci ritroviamo così vicini da correre ancora una volta il rischio. Le sue dita arpionano le mie cosce. Gli getto le braccia al collo quando mi solleva e mi sbatte contro il muro.
Morde il mio seno e mi penetra con una sola e forte stoccata.
Urlo e mi tappa la bocca con un bacio senza freni. Muove il bacino ed esplora la mia bocca mentre le mie dita affondano tra i suoi capelli umidi.
Tremo e lui si irrigidisce. Mordo forte il suo labbro, lasciandomi andare e lui mi segue, emettendo un verso così roco da farmi stringere forte al suo corpo per non perdere nessuno dei suoi spasmi.
«Dobbiamo smettere!», ordina brusco.
Di comune accordo, ci diamo una ripulita, ci rivestiamo ognuno nelle proprie camere e una volta pronti scendiamo di sotto.
«Film?», domanda guardandosi intorno, evitando qualsiasi contatto visivo.
«Sì, volentieri», replico un po' a disagio.
Seduti sul divano, non abbiamo il tempo di dire qualcosa perché crolliamo sfiniti.

* * *

Una luce, una scossa e apro gli occhi ritrovando Joleen piegata in avanti. La mano sulla mia spalla, pronta a mollarmi un'altra spinta.
Sussulto e nell'agitarmi sveglio Dante, con un braccio intorno al mio addome e il petto nudo in bella mostra. Sbadiglia e con nonchalance si solleva dal divano, raggiunge la cucina e si prepara una tazza di caffè.
Mi ha tenuta stretta a sé?
«Che ore sono?», sbadiglio.
«Mattino inoltrato. Sono appena tornata». Joleen segue ogni nostro movimento. Mi fingo stordita e stupita quanto lei della situazione. «Hai due occhiaie che sembri un panda. Dovrei avere una crema per quelle».
«Ho dormito abbastanza. Più di voi a quanto pare. Che avete fatto?», indaga, indicando il caos lasciato in soggiorno.
Merda.
Con la coda dell'occhio scorgo Dante, sta sorseggiando il caffè con indifferenza tale da suggerirmi di cavarmela da sola e da farmi irrigidire.
«All'inizio ho bevuto. Poi abbiamo guardato un film insieme e siamo crollati... a quanto pare», minimizzo nel tentativo di non pensare alla notte appena passata, alle volte in cui sono venuta, proprio davanti a Joleen.
Mi domando cosa farebbe se solo sapesse i dettagli. Lo direbbe a tutti mettendo in cattiva luce Dante o mi terrebbe d'occhio?
Poi mi rendo conto che non succederà più. È stato solo un momento. Un'esperienza che ricorderò per sempre.
«Avete visto un film, insieme? E gli hai permesso di restare senza maglietta e di abbracciarti?»
Perché queste domande?
«Dante non poteva andare altrove a causa mia. Il minimo che io potessi fare era invitarlo a guardare qualcosa con me. Non so cosa sia successo alla sua maglietta nel corso della notte. Ne aveva una quando è sceso al piano di sotto. Ho dormito come un ghiro. Metterò in ordine tra poco il casino che ho creato».
Joleen accetta il mio tentativo ridicolo di salvare il salvabile. Recupera il telefono dalla tasca e me lo passa. «Come nuovo. Prima che lo dimentichi, ha chiamato Regina. Ha organizzato una serata per sole donne. A quanto pare ha bisogno di una sbronza».
«Possiamo andare?»
«Farò in modo che non ci siano problemi. Prenderemo una delle scorte di Seamus. Ci terranno d'occhio mentre ci divertiamo».
Il mio sguardo cerca quello dell'uomo ancora appoggiato al ripiano della cucina. Ma lui non ha alcuna reazione.
La cosa mi infastidisce a tal punto da accettare per ripicca. «Ci sto. Ho bisogno di un po' di sano divertimento e di stare con qualcuno con cui potere spettegolare».
«Ottimo. Le faccio sapere che sei dei nostri». Joleen riceve una chiamata. «Scusate, è per lavoro», dice con aria cupa spostandosi in corridoio.
Dante mi raggiunge, si abbassa incrociando le braccia sullo schienale. «Non accetterai e non andrai», sibila.
Sbatto le palpebre incredula. «Se non ti conoscessi direi che sei geloso».
«Non essere stupida».
Mi ferisce questo suo lato così freddo. Ha già dimenticato tutto?
«E tu non comportarti da bastardo».
«Non uscirai con mia sorella. Non è tua amica».
«Per quale ragione?»
Soffia dal naso come un toro. «Sei in pericolo».
Adesso usa questa carta con me?
«Hai paura che mi succeda qualcosa? Oh che tenero. Forse però hai dimenticato un piccolo dettaglio. Sono in pericolo da quando sono nata, Di. Persino adesso qui con te».
Deglutisce ma non ribatte e mi infurio, non nascondo nemmeno il malcontento. «Sai, inizio a stancarmi dei tuoi sbalzi d'umore. Cerca di capire cosa senti e inizia a essere sincero perché così... non va», continuo. «Inizia a dire cosa davvero provi senza nasconderti. Smettila di farlo dietro una maschera. E per la cronaca sono libera. Solo sesso per una notte, ricordi?», detto ciò mi allontano dal soggiorno, pronta a fargliela pagare.

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Cruel - Come incisione sul cuore Where stories live. Discover now