Capitolo 16

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EDEN

Non sono pronta a permettere a qualcuno di entrare nella mia vita e di lasciarvi un segno. Ho già abbastanza cicatrici, alcune delle quali non ancora rimarginate. E non posso e non voglio averne altre da medicare, correre il rischio che si infettino facendo ammalare il mio cuore.
«Perché siamo qui?», domando per la terza volta in pochi minuti a una Joleen splendida e raggiante nel suo tubino color ambra, i capelli tirati di lato da un vistoso fermaglio pieno di lustrini, il trucco impeccabile e un tacco dodici da rendere le sue gambe toniche, slanciate e sensuali. Faron le sbaverà dietro per tutto il tempo.
A rispondere alla mia domanda, però ci pensa Seamus Blackwell, che si è degnato di farsi vivo per obbligarmi a seguirli tutti in questo posto brulicante di pezzi di merda.
«Eden, mia cara, siamo stati invitati da un uomo influente, da sempre legato alla nostra famiglia. Non potevamo di certo rifiutare. La nostra assenza si sarebbe notata e qualcuno avrebbe fatto congetture. Sappiamo come funziona nel nostro ambiente. Inoltre, non potevamo non presentare a tutti il nostro nuovo acquisto», mi sorride e con la mano premuta sulla mia schiena, mi spinge e costringe a camminare lungo il viale pieno di lanterne, fino alla sala.
«Ma io non faccio parte della vostra famiglia», mi ritrovo a ribattere. «Non dovrei essere rinchiusa in una sorta di scantinato dell'orrore?»
Seamus non si ferma, ma ho notato il modo in cui i suoi muscoli dietro lo smoking grigio si sono irrigiditi e la sua mano ha fatto maggiore presa sul pomello del bastone. Vorrebbe colpirmi? O adesso ha intenzione di umiliarmi per la mia ostinazione?
Stringo la tracolla a catenella della borsetta che ho scelto insieme al vestito lungo glicine, uno tra i miei colori preferiti, cercando di non inciampare sui tacchi che ho indossato, perché nell'invito era espressamente richiesto un abbigliamento elegante.
«Mi guarderanno come guardano la feccia che raccolgono per strada», brontolo. «Se ha qualcosa in mente la prego di dirmelo. Sono stufa delle sorprese. Vorrei sapermi difendere come si deve una volta tanto», aggiungo per concludere il mio inutile piagnisteo.
Seamus non risponde ancora. Sonda con quel suo sguardo gelido tutto quanto. «Come ho detto, sei nostra».
Joleen, sembra avere intuito l'antifona dal suo tono, mi prende a braccetto portandomi lontana da lui prima che tra noi possa sfociare una discussione. È evidente che non andiamo d'accordo.
Sorride a un paio di uomini stringendo loro la mano e dopo avermi presentata, con il palmo adagiato sulla mia schiena, come se potessi scappare, mi conduce verso la zona bar, un tavolo lungo pieno di bicchieri di champagne e stuzzichini, dove tutti sembrano affollarsi appena entrati in questo enorme giardino con luci ad avvolgere le meravigliose colonne a sorreggere il tetto a volta all'interno della sala adiacente, dal quale intravedo un bellissimo lampadario antico. L'aria profuma di fiori e spezie. Un calore piacevole insieme a un'atmosfera raffinata si diffondono e raggiungono tutti gli invitati.
Joleen prende due calici ringraziando il ragazzo, pronto a servire chiunque con un sorriso e una frase di circostanza. «Non essere sciocca. Ti stanno guardando come uno al primo giorno di dieta guarda una deliziosa fetta di pizza», ghigna bevendo un sorso di champagne. «Seamus non farà niente perché è sotto i riflettori dopo la morte di uno dei vostri. Come ha detto si fanno congetture e la gente parla e addita in fretta senza prove. Ci vogliono pochi istanti per innescare una guerra e rovinare l'equilibrio di una famiglia».
Notando la mia espressione interrogativa, tracanna il resto del liquido, comprendendo di avere appena detto più di quanto avrebbe dovuto.
Chi hanno ucciso? Perché? E se fosse successo qualcosa a uno dei miei fratelli? Se hanno fatto questo, giuro che la punizione per loro sarà dieci volte tanto. Non m'importa se mi farò male.
«Hai detto uno dei nostri... intendevi uno dei soci in affari o uno di famiglia?», provo a conoscere l'identità, Joleen però sta facendo un cenno a Faron. Si trova in compagnia, insieme a Seamus, dell'uomo dalla pelle color ebano, occhi scuri attenti e sorriso ampio. Indossa uno smoking che sembra essere stato creato su misura per lui da un bravissimo sarto; al posto della cravatta ha una bandana Versace intorno al collo. Si muove a suo agio tra la folla, dedicando sorrisi e qualche parola a chi si ferma davanti a lui. Non lo avevo ancora visto da vicino, ma so chi è.
«Dallas, finalmente posso presentarti la nuova arrivata in famiglia, Eden».
Ritrovarmi di fronte all'uomo alto due metri e imponente, un altro nemico di mio padre, mi fa sentire in soggezione, in particolare per il modo in cui mi sta scrutando come un rapace famelico.
Porgo con una certa sicurezza la mia mano, non dimenticando mai gli insegnamenti ricevuti. Dallas mi bacia il dorso con galanteria. «Le descrizioni di te non sono lontanamente vicine alla realtà. Piacere di rivederti, Eden», esclama stupendo tutti, me compresa. «Forse non ti ricordi di me, eri piccola quando ci siamo incontrati per la prima volta a una festa. Eri già graziosa allora, mentre adesso sei bella come una stella».
Arrossisco e cerco il suo viso tra i miei ricordi. Purtroppo non trovo niente in mezzo a tutte quelle macerie.
«Dallas si è appena ritirato dagli affari, lasciando il posto al figlio maggiore. Questa è la festa del suo pensionamento, se così possiamo definirla. Non è più tanto giovane come vuole far credere», mi spiega Seamus, sorridendomi in modo tirato e lasciando che Dallas gli circondi le spalle con un braccio, suggerendo il legame effettivo della loro amicizia.
«Non annoiare la ragazza con questi discorsi da vecchio. Sei il solito. Ciò che vuole dire Seamus è che ho fatto la cosa migliore, così avrà campo libero e si sentirà meno in colpa perché mio figlio sarà obbligato ad abbassare la cresta in quanto è il più anziano ancora attaccato al potere», lo spalleggia, pur prendendolo in giro. «Questa sera non è presente perché si trova in viaggio, mi piacerebbe fartelo conoscere, magari a cena quando ritornerà».
«Non architettare niente, è già dei nostri. A Dallas piacciono le cose rare. Soprattutto colleziona vittorie, quindi non lasciarti abbindolare», soggiunge Faron.
L'uomo ride, stringendogli una spalla, brindando con lui. «Questo è vero, figliolo. Un piccolo vizio mai accantonato. Dovevo pur tentare, in fondo vale la pena avere un'alleanza con lei. A quanto pare però sono arrivato in ritardo. Be', che altro potrei aggiungere? Sarà difficile, ma finalmente potrò respirare a pieni polmoni. Non a tutti è concesso arrivare fino in fondo senza essere freddato. A proposito, ho saputo quello che è accaduto. Ci saranno ripercussioni sugli affari?»
Faron sembra preparato e nega. Nessuna traccia di sospetto o dubbio sul suo volto concentrato. Cerco allora altre risposte nell'unica persona che potrebbe darmele, ma Joleen, sempre più sfuggente, sposta la sua attenzione alle mie spalle.
«Dante», esclama Dallas, aprendo le braccia.
Mi irrigidisco e non mi muovo. Rimango a guardare mentre Dante, vestito Armani nero, abbraccia amichevolmente Dallas.
Tutto in lui trasuda potere. Impossibile spostare lo sguardo altrove, perché riempie le spalle della giacca senza il minimo sforzo. I pettorali e gli addominali fasciati dalla camicia nera, urlano di essere liberati e poi toccati. I pantaloni gli fasciano i fianchi, coprono quella V scolpita, le lunghe gambe.
Mio Dio. È una forte stretta al cuore.
«Finalmente ti togli dalle palle, vivo», gli dice sfrontato.
Dallas ride divertito, affatto offeso dal suo tono scherzoso. «Hai il campo libero per fare il mascalzone insieme a mio figlio», gli molla un colpetto alla nuca. «Vi terrò comunque sotto sorveglianza, come ai vecchi tempi», gli strizza l'occhio. «A ogni modo mi hai interrotto. Stavo per fare parecchi complimenti alle meravigliose donne che ho di fronte. Ho persino tentato di far fare coppia con mio figlio a questa bellissima creatura».
Dante guarda subito Joleen con malizia. «Hai ragione. Sei meravigliosa Jo. Ma ricordati di essere impegnata», le bacia la guancia, sussurrandole qualcosa all'orecchio e lei ridacchia spingendolo. «Sei sempre il solito», sbuffa facendolo ghignare.
Dallas si accorge che Dante non mi rivolge l'attenzione e la parola, corruga lievemente la fronte. «In realtà mi riferivo a...»
Faron, cogliendo qualcosa al volo dalla sua espressione, prima che possa porre domande invadenti o concludere la frase, si distacca portandolo a qualche metro da noi, chiedendo il suo aiuto riguardo un grosso colpo da organizzare.
«Potresti almeno fingere», dice a denti stretti al figlio, Seamus.
Dante si sistema la giacca e i polsini con nonchalance. «E tu potresti lasciarmi in pace per una cazzo di volta. Non vedo perché dovrei immolarmi ancora quando hai voluto tu tutto questo. Non ci hai messo un secondo a piazzarmi in panchina dopo l'attacco. Continua pure, tanto non me ne importa niente e non ho intenzione di accontentare i tuoi capricci. Ci penseranno Joleen e Faron a lei», si allontana, lasciando Seamus quasi a bocca aperta.
Mordo il labbro e poso il bicchiere sentendomi davvero a disagio.
«Avete assecondato quel pazzo e l'avete portata in un covo di vipere», sta dicendo sottovoce Dante, al contempo in un tono tale da permettermi di sentirlo. «Non ho intenzione di prendere parte al teatrino di mio padre. Non sono la sua fottuta marionetta».
Joleen afferra un altro bicchiere, sfoderando un sorriso finto, voltandosi nervosamente per controllare che nessuno sia in ascolto. «Eden se la caverà. Tuo padre ha richiesto la presenza della famiglia e lei ne fa parte».
Dante si volta e dopo tre lunghi giorni da quella notte in cui ha fatto traballare il mio cuore ed è stato sincero dicendomi che l'ho fottuto per poi lasciarmi da sola in cucina a fare i conti con tutte le strane sensazioni che mi ha trasmesso, ci guardiamo.
È appena accaduto qualcosa ai suoi occhi verdi con minuscole pagliuzze color grano. Dapprima si adombrano poi si accendono; sento una sensazione simile, si è appena insinuata nelle mie ossa e si sta diffondendo in ogni parte del mio corpo. È una carezza e un brivido il suo sguardo.
«Vedremo se fa parte della famiglia o è una spina nel fianco quando sarà il momento», sibila e allontanandosi lascia Joleen a pochi passi da me.
«Non dare retta a quello che dice. È solo arrabbiato perché non gli parli e anche se non lo ha espresso chiaramente lo hai lasciato senza parole».
Mi sta punzecchiando per farmi confessare. Riesce sempre a fiutare odore di verità nascoste. Ma non le dirò niente. In qualche modo, penso che quello che viviamo da soli, in privato, è compito mio custodirlo gelosamente. «Non lo farò. Lui mi odia, io cerco di stare a debita distanza. Mi sembra un buon compromesso», le spiego ancora una volta. «E non mi ha neanche notata prima. Non vedere cose che non esistono, per favore», aggiungo con una punta di delusione nel tono della voce.

Cruel - Come incisione sul cuore Where stories live. Discover now