CAPITOLO 39 - ELIZABETH

223 30 92
                                    

Nathan si sporge appena verso Ber, afferra una ciocca dei suoi capelli castani e lunghi, la attorciglia con delicatezza ed eccessiva lentezza alle sue dita affusolate. Le rivolge un sorriso traverso che basta a stregarla. Mi sembra di essere tornata al punto di partenza.

«Allora, mia cara Amber,» dice accarezzando ogni lettera del suo nome, lei gli fissa le labbra ipnotizzata, sono sicura abbia già dimenticato la sua stessa domanda «la storia tra me ed Elizabeth inizia e finisce con un vaffanculo» continua tendendo istintivamente le spalle, fa ticchettare ritmicamente l'indice della mano libera sulla parete lucida del bicchierino di vetro vuoto, non mi guarda. Lapidario ma coerente.

Nella mia testa, mentre fisso la sua schiena ancora rigida, rivedo tutto, un flashback dopo l'altro.

La prima volta che ho pronunciato quel vaffanculo seguito dalla sua risata sincera, la vicinanza eccessiva e pericolosa nel corridoio di scuola con le gambe che mi tradivano a ogni parola, il pomeriggio a casa mia in cui ho capito che non era poi così irritante, il suo corpo contro il mio, la Camaro azzurra, i suoi occhi profondi come il mare nella notte in cui mi ha detto ti amo.

Ho risentito tutto: l'irritazione, la negazione, le farfalle, la resa, l'amore, la sua delusione.

Ho portato le dita istintivamente al suo gomito, l'ho sfiorato quasi impercettibilmente con quel gesto distratto e familiare con cui mi ha toccato centinaia di volte. Si è voltato di scatto, gli occhi incandescenti come ferro appena fuso, ha ritratto il braccio quasi subito.

«Non farlo mai più» ha soffiato dalle labbra con un tono basso e graffiante, la mandibola stretta e il cuore lontano anni luce da me. È difficile trattenere le lacrime, ancor di più sopportare il ghiaccio incastonato nei suoi occhi mentre mi guarda.

«Beth mi aveva detto che tra di voi non scorre buon sangue ma non immaginavo fino a questo punto» la voce di Amber arriva chiara e lenta alle sue spalle, non capisco se la nota fuori posto che percepisco sia inconsapevole divertimento o apprensione.

Io vorrei solo piangere, o urlare, fino a cancellare il distacco che vedo e sento. Odio questa nuova realtà in cui mi tratta alla stregua degli altri, in cui sono un'estranea, praticamente nessuno.

Nathan continua a fissarmi senza aggiungere altro e vi assicuro che sono proprio i silenzi come questo che tagliano, scavano e grattano molto più crudelmente di quanto già non facciano le sue parole.

«Rilassiamo gli animi, okay? Vado a prendere qualcosa da bere per tutti» continua alzandosi in piedi, Nate tende il collo verso di lei e abbozza un sorriso.

«Questa si che mi sembra un'ottima idea.» dice portando la mano sul suo fianco, c'affonda le dita con un'espressione da stronzo che mi manda fuori di testa. Capisco che l'ho ferito ma questo di certo non mi impedisce di ammazzarlo.

«Le mie idee sono sempre splendide, tesoro,» la voce di Amber assume sfumature calde e provocatorie, stringe appena le labbra mentre gli occhi, d'un verde intenso e scuro, scintillano come pietre preziose mentre lo guarda. Giuro che gliele taglio quelle maledette dita.

«Tutte.» conclude languida con un occhiolino, mi rivolge un'occhiata distratta e sorridente prima di ancheggiare lenta verso il bancone del bar. Nathan segue con gli occhi ogni movimento mentre la gelosia si fonde con ogni parte di me.

«Hai finito?» dico a denti stretti tirando l'orlo della sua camicia scura, all'altezza del braccio, proprio mentre Amber sparisce dietro una porta riservata ai dipendenti.

Ha i capelli neri e lucidi che gli coprono in parte la fronte, il taglio della mascella netto e teso, il naso dritto e l'aria furiosa, a tratti pericolosa. Il fatto che sia uno stronzo patentato non lo rende meno bello.

Profondi come il mareWhere stories live. Discover now