Profondi come il mare

CAPITOLO 30 - ELIZABETH

Sapete cosa accade quando per anni avete segretamente sperato di trovare quell'amore totalizzante che riempie tutto e vi toglie il fiato? quello che vi tiene svegli la notte e che da sempre avete visto riflesso, limpido e reciproco, negli occhi dei vostri genitori. Quello, intendo proprio quell'amore.

Ecco, succede che insieme a quel vortice di emozioni e adrenalina che ti scombussola come il primo giro in prima fila sulle montagne russe, arriva anche il senso di vuoto allo stomaco quando all'improvviso dopo il punto più alto ti ritrovi a scendere giù e fai i conti con la paura che da un momento all'altro tutto finisca.

Perché con il vuoto arriva anche la consapevolezza che l'amore non è facile come dicono in alcuni romanzi, che la luce che vedi negli occhi dei tuoi è stata una conquista faticosa e lunga una vita, che amore e sofferenza qualche volta vanno a braccetto e che è tutta questione di equilibrio. Solo che restare in equilibrio in due è più difficile se uno, o entrambi, non è prima in equilibrio con se stesso.

Forse è per questo che da quando io e Nathan ci frequentiamo, da quando mi ha concesso di entrare in punta di piedi nella sua vita incasinata a poco alla volta, sugli alti e bassi del suo umore troppo spesso indecifrabile, sono felice come non lo sono mai stata e allo stesso tempo ne sono terrorizzata. Talmente terrorizzata che tutto finisca in un battito di ciglia che tendo ad omettere tutto quello che potrebbe creare una crepa, anche la più piccola, al nostro equilibrio di cristallo.

Come l'altra mattina, quando alla fine della lezione, la Smith mi ha fatto cenno di avvicinarmi alla cattedra per parlarmi. Mi ha guardato sorridendo, lo sguardo fiero mentre Nathan ci ha lasciate da sole sussurrandomi un "ti aspetto fuori" all'orecchio facendomi quasi dimenticare anche le funzioni vitali più semplici come respirare.

«Ho ottime notizie da darle signorina Gray» ha detto, il sorriso ancora più ampio mentre mi passava un modulo pieno di annotazioni.

«Di cosa si tratta?» ho chiesto cercando di carpire qualcosa dalla calligrafia particolare senza ottenere grandi risultati.

«Ricorda la domanda per lo stage che ha presentato alla fine dello scorso semestre?» ha detto tutto d'un fiato con una punta d'orgoglio che ha reso la sua voce più squillante del solito. 

Certo che me la ricordavo, avevo fatto domanda per tutte le più grandi aziende della città, certa, grazie alla mia solita scarsa autostima, che nessuna di queste avrebbe mai nemmeno letto la domanda. Ho annuito non capendo ancora bene dove la nostra conversazione sarebbe andata a parare.

«La Walker Enterprises ha visionato la sua domanda e sembrano più che interessati ad offrirle uno stage» ha continuato poggiando la mano aperta al centro del foglio prima di passarmelo, le sorridevano anche gli occhi. La Walker Enterprises. In effetti avrebbe sorriso chiunque, ma non io, non in quel momento.

Forse, se la mia vita non si fosse scontrata con quella di Nathan, e se non fossi entrata nella sua orbita vedendo David come l'uomo codardo che è stato e continua ad essere nei confronti di suo figlio, invece dell'imprenditore incredibile che è diventato e sarà sempre, questa notizia avrebbe avuto un sapore meno amaro e ne sarei stata solo felice.

Perché tra tutte, proprio l'azienda di David Walker doveva capitarmi? Forse ha ragione mia madre quando dice che nella vita tutto ha un prezzo da pagare.

«Le manderanno loro una mail con le specifiche per il colloquio in azienda» ha detto scuotendomi dal mio stato di trance, sono riuscita solo ad annuire mentre nella mia mente si sovrapponevano un mare di pensieri discordanti.

«Elizabeth» ha detto la Smith un attimo prima che uscissi dall'aula completamente vuota, mi sono fermata di scatto e voltata verso di lei «congratulazioni, è un privilegio destinato a pochi uno stage in un'azienda di questo calibro, lo sfrutti bene» ha concluso guardandomi con attenzione, la mia non-reazione deve averla turbata.