CAPITOLO 24 - ELIZABETH

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Sul viale, appena fuori casa di Nathan, tutta la determinazione a cui ho fatto riscorso per non crollare davanti a lui è svanita completamente cedendo il posto alle lacrime, calde e salate, che hanno preso copiosamente a mi bagnarmi le labbra.

Odio piangere.

Odio il fatto di non riuscire a controllare in nessun modo le lacrime e ancor di più la frustrazione che ne deriva quando provo a trattenerle ma finiscono per sopraffarmi.

Odio la naturalezza con cui mi ha detto che tutto sarebbe stato come prima. Odio la tranquillità con cui gli ho detto che per me nemmeno esiste e odio l'espressione che ha fatto quando le mie parole hanno preso forma nella sua testa. Odio il fatto che sto piangendo per tutto e per niente.

Ora respira Elizabeth. Non è successo nulla che non sapevi già. Nulla che non avevate già deciso.

Controllo rapidamente il cellulare. Cinque chiamate perse da Matt, sette da Amber e un mare di messaggi da entrambi. In effetti avevo detto loro che gli avrei mandato un messaggio una volta che la situazione fosse a posto. Questo chiaramente prima di ritrovarmi tra le braccia di Nathan e dimenticare tutto il resto, maledizione.

Il solo pensiero di tornare a casa mia e sentire Amber parlare del suo meraviglioso appuntamento con il mio tenebroso dagli occhi blu mi attorciglia lo stomaco, soprattutto adesso che riesco ancora a sentire il calore delle sue mani su di me. Dovrò parlargliene, raccontarle tutto e mettere fine a tutte queste bugie, solo non so quando e nemmeno come.

C'è un solo posto in cui voglio stare adesso. L'unico in cui io mi senta davvero al sicuro da tutto, in cui niente riesce davvero a farmi del male. Più che un posto è una persona, la mia.

Guardo l'ora, chiamo un taxi, invio un messaggio veloce a Ber per tranquillizzarla e per dirle che non tornerò a casa fino a domani, a Matt penserò più tardi.
Solo il pensiero di sentire la sua voce, adesso, mi fa sentire la persona peggiore del mondo. 

In effetti lo sei Elizabeth.

Poco dopo sono in taxi e in men che non si dica mi trovo proprio davanti l'appartamento di mio fratello. Fa che sia ancora a casa.

Guardo l'orologio prima di bussare, dovrebbe andare in ufficio tra poco, prendo un bel respiro e cerco di lisciarmi i vestiti meglio che posso. Non so cosa gli dirò, di sicuro non la verità. Nathan rischierebbe di diventare un cumulo di ossa.

Dopo qualche istante la porta si apre mostrandomi l'unico punto stabile del mio universo. Andrew è vestito di tutto punto in un abito blu scuro che gli fascia perfettamente le spalle larghe, spalanca gli occhi per la sorpresa poi la preoccupazione si fa strada rapidamente in lui e aggrotta la fronte.

«Beth» dice in un soffio «che succede? Che ci fai qui?» riesce a stento a terminare la frase, mi precipito tra le sue braccia, la mia faccia preme sul suo petto mentre mi avvolge in una stretta familiare. Profuma di casa e sicurezza.

Mi accarezza piano la testa mentre le lacrime riprendono a bagnarmi il viso, lascia un bacio tra i miei capelli e dice piano «chi devo uccidere?» il suo tono è serio, mi fa sorridere. So che dice davvero. Mi asciugo le lacrime e cerco di ricompormi, mi allontano da lui per entrare in casa «Nessuno, sono io che sono un casino» dico mentre lo guardo chiudere la porta, è la verità.

Sono io che ho permesso a Nathan di arrivare così vicino al mio cuore, sono io che l'ho inseguito quando dopo il bacio con Matt ha perso il senno e ha iniziato a ignorarmi. Sono io che gli ho chiesto di non portare Amber a casa sua nonostante fossi uscita con un altro il giorno stesso in cui mi ha baciata. Sono io che gli ho detto che potevo sbagliare, solo per una notte. Sono io che ho mentito a me stessa convincendomi del fatto che sentire la sua pelle contro la mia mi bastasse quando sapevo, in fondo, di desiderare molto di più. Sono io che mi sono messa in questa situazione e sono io che devo uscirne, subito, prima che sia troppo tardi e recuperare i pezzi sia troppo difficile. Queste lacrime sono per me.

Profondi come il mareWhere stories live. Discover now