CAPITOLO 30 - ELIZABETH

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«Grazie... lo farò senz'altro» ho detto prima di piegare il modulo, metterlo in tasca e uscire in fretta dall'aula dove ad attendermi c'erano gli occhi più blu e più belli che avessi mai visto.

«Cosa voleva?» la voce di Nathan s'è fatta strada nella mia testa scavando un solco tra la felicità data dalla notizia appena appresa e le mie angosce su come dirgli che forse lavorerò per suo padre. Si è avvicinato a me lentamente, ha poggiato le mani sui miei fianchi e l'ho guardato. L'ho guardato attentamente, senza fretta.

Aveva le spalle distese, la mascella che di solito tiene stretta in una morsa completamente rilassata, un sorriso sincero gli tendeva gli occhi chiari che mi osservavano attenti con un pizzico di malizia mentre con le dita mi accarezzava i fianchi. L'ho guardato e l'ho visto felice. Rilassato, tranquillo, in cerca del suo equilibrio.

Non me la sono sentita, in quel preciso momento, di turbare con poche parole la pace di quelle settimane. Tra l'altro si trattava di un semplice colloquio, no? Non sapevo nemmeno se alla fine mi avessero scelto sul serio.

«Niente, voleva solo sapere come procede il progetto» avevo alzato appena le spalle e buttato fuori più aria che potevo dai polmoni per sentirmi più leggera e meno in colpa per aver omesso quella piccola verità.

«Direi che procede più che bene» aveva detto a voce bassa e profonda, il solito sorriso divertito e il fuoco negli occhi mentre si avvicinava a me «non credi?» aveva concluso attirandomi a se rapidamente, giusto il tempo di annuire e le sue labbra erano sulle mie, avide e bagnate, pronte a rivendicare ogni centimetro della mia bocca. Mi sono lasciata andare e presa dalla felicità del momento ho ignorato la piccola, e in quel momento impercettibile, crepa che si è formata tra di noi.

Oggi sono certa che sia stato proprio quello il primo passo in caduta libera che ha segnato il punto di non ritorno.

♡♡♡

Dopo una notte insonne, passata elencando a me stessa tutti i vantaggi che quello stage avrebbe apportato alla mia carriera e l'aver immaginato, almeno un centinaio di volte, la reazione di Nathan a quella scoperta sicuramente poco piacevole, mi sono convinta che l'avrebbe certamente accettata senza problemi. Perché preoccuparsi tanto Elizabeth? Alla fine si tratta del tuo futuro, non è mica una presa di posizione in favore di suo padre, è di lavoro che si tratta, capirà.

Eppure l'ansia ha continuato ad assillarmi prendendo il sopravvento quando ho dovuto mentigli di nuovo per presentarmi questo pomeriggio alla Walker Enterprises per il fatidico colloquio. Ma sì, continua così, vai alla grande Elizabeth!

Gli ho detto che dovevo tornare a casa per non far insospettire troppo Amber, che in realtà da giorni ormai mi osserva in religioso silenzio cercando di capire cosa mi porta lontana da casa per così tante ore. Attende delle spiegazioni da parte mia, senza farmi troppe pressioni, mentre io cerco il coraggio di vomitarle addosso tutta la verità. Mi sono sempre chiesta come fosse possibile trovarsi in un vortice di bugie senza fine e credetemi, oggi più che mai, so che uscirne non è per niente facile.

Mi prendo giusto un attimo per osservare l'imponenza del palazzo tutto vetri che troneggia prepotente davanti ai miei occhi. Il telefono vibra nel momento preciso in cui poso lo sguardo sull'insegna enorme su cui compare, a caratteri cubitali, la scritta "Walker Enterprises". 

Sono certa sia la sorte che si beffa di me perché è un messaggio di Nathan, ovviamente.

È uguale, fatta eccezione per i nomi citati, a quello che ho ricevuto da mio fratello circa un'ora fa.

"Stasera mi vedo con Andrew, vieni anche tu?" sorrido. Il fatto che mi abbia avvisato e che, seppure indirettamente, mi abbia chiesto di raggiungerli segna una svolta senza precedenti nel modo particolare che ha Nate di relazionarsi con le donne. La felicità dura un'attimo e lascia spazio al senso di colpa che mi stringe lo stomaco mentre rispondo rapidamente che ci sarò. Prendo un bel respiro, cerco di svuotare il cervello e varco l'ingresso dell'azienda più prestigiosa della città.

Una volta entrata mi guardo attorno esterrefatta, definirlo un palazzo di lusso sarebbe persino riduttivo, quasi un insulto a tanta magnificenza. Mi sistemo con le mani il vestito giallo appena spiegazzato, prendo coraggio e mi avvicino al bancone al centro della hall.

«Salve, sono qui per un colloquio» dico d'un fiato mentre cerco di domare l'ansia «ho fatto domanda per uno stage e...» la donna magra e perfettamente abbigliata dall'altro lato del bancone mi dà una rapida occhiata carica di disinteresse e mi interrompe subito, liquidandomi con un glaciale «Terzo piano» indicando con il dito un ascensore poco distante da noi. 

Mi sforzo di sorriderle prima di dirigermi a passo svelto verso le porte, ora spalancate, della scatola che mi porterà al colloquio più importante del semestre.

Poco dopo mi ritrovo davanti alla scrivania di una donna giovane, vestita anch'essa di tutto punto, in una sala grande e fastidiosamente elegante.

«Salve» mi affretto a dire quando i suoi occhi si posano su di me «sono qui per un colloquio per uno stage» la voce mi trema appena mentre estraggo il modulo dalla borsa.

«Elizabeth Gray?» dice stringendo appena gli occhi, ha la voce stridula e ignora totalmente il foglio che ho tra le mani mentre annuisco «il signor Walker la attende nello studio in fondo alla stanza» mi congeda indicandomi una grande porta scura alle sue spalle e proprio di fronte a me. Il signor chi? Devo aver sentito male.

Avanzo a passo lento verso la porta certa di aver mal interpretato le sue parole e con la consapevolezza che le mie orecchie ormai sentano la parola Walker qualche volta di troppo. Nathan deve avermi dato al cervello.

Due rintocchi contro il legno scuro seguiti da un «Prego, entri pure» mi accolgono in un ufficio enorme, sfacciatamente elegante e formale.

Davanti ai miei occhi si materializza la figura di un uomo alto, dal portamento estremamente controllato. Ha i capelli brizzolati, la mascella scolpita coperta da un filo di barba e due fari azzurri a me fin troppo familiari.

Mi guarda con gentilezza mentre lo osservo, la mia sorpresa deve essere fin troppo palese perché sorride divertito.

«Signorina Gray, si accomodi» dice piano mentre scosta appena una poltrona proprio al centro della sua stanza, davanti a una grossa scrivania scura. Non so cosa dire e soprattutto non so cosa pensare.

«Non sono solito tenere questo genere di colloqui» continua mentre avanzo a fatica verso la poltrona, la sua voce è profonda e somiglia vagamente a quella di Nathan. 

In realtà tutto di lui, dal portamento alla sfrontatezza con cui regge ogni tipo di sguardo, me lo ricorda. 

Mi siedo continuando a guardarlo attonita, lui resta in piedi proprio di fronte a me «Di solito delego qualcuno per questo genere di cose» è rilassato nel suo completo scuro cucito a mano, ogni gesto trasuda carisma «ma stavolta ho fatto un'eccezione» conclude poggiandosi contro il bordo della scrivania, tende una mano verso di me.

«È un piacere conoscerla finalmente» continua mentre solleva appena le spalle consapevole di essere sul punto di dire un'ovvietà «io sono David Walker» conclude stringendomi saldamente la mano, sorride ancora una volta e forse solo in quel momento, da quando ho messo piede in questa stanza, prendo davvero fiato. 


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PER TUTTI I LETTORI, SÍ... PROPRIO PER TE

Innanzitutto vi ringrazio per essere arrivati fin qui, il capitolo è un po' più lungo del solito, spero come sempre di non avervi annoiato.

Che ve ne pare del capitolo? vi è piaciuto? 

Secondo voi perché David ha scelto di fare, personalmente, il colloquio ad Elizabeth? 

Vi ricordo che mi potete trovare anche su instagram come darknessbright_ e che da poco ho iniziato una nuova storia che s'intitola "La notte mi parla di te", se vi va dategli un'occhiata.❤️

Se vi è piaciuto il capitolo lasciate una ⭐️ o un commento 💬

Profondi come il mareWhere stories live. Discover now