43. Un cuore malato

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Vandelia,

non ho più tue missive. È la sesta lettera che scrivo. Riesco a inviarle, ma non ricevo alcuna risposta.

Inizio a preoccuparmi.

Cosa fai? Come stai? Come si comporta Elijah con te? Ti rispetta? Si prende cura di te?

Vandelia, stai bene? Com'è la tua salute?

Io sono rimasta a palazzo, alla fine. Non potevo andarmene sapendo di poter comunicare in qualche modo con te.

Ma adesso non so più cosa fare...

Antheia ha affondato tre navi del re di Niegek.

Lui le ha dichiarato guerra, ma non l'ha ancora trovata.

Persea sostiene che sia una pazza. Secondo me è solo follemente innamorata.

Il re ha dato fuoco al suo ufficio. Nessuno conosce il motivo, nessuno ha provato a rimediare ai danni con la trasduzione. La stanza è rimasta un cumulo di cenere e macerie, se vi entri senti ancora aleggiare l'odore del fumo.

Non so perché te lo sto narrando.

Mi manchi, piccola V., anche tu mi sei bruciata dentro.

Nessun incantesimo potrà mai sanare questa ferita.



Risposi a Khlo che stavo bene. Mentii come solo i mortali sanno fare.

Lei non mi credette. Continuò a scrivere lettere su lettere.

Allora ordinai alla cameriera di gettare tutte le missive che pervenivano da Airene.

Tutte, nessuna esclusa.

«Basta. Se ne deve fare una ragione.»

In quelle settimane iniziai a stare male. Degenerai in modo rapido e inaspettato.

Faticavo a compiere anche sforzi molto lievi, come salire e scendere le scale, spostare una sedia, riporre un abito sulla gruccia. Avevo sempre il fiato corto e un dolore anomalo al braccio sinistro. Il mio appetito calava e anche un piccolo bicchiere d'acqua era faticoso da bere, era come se non avessi più il riflesso della deglutizione.

Arrivarono quattordici epistole.

La quindicesima apportava il sigillo reale.

Svenni sulla moquette, mi presero in braccio per mettermi a letto. Vedere la ceralacca impressa dal timbro con le corna di cervo mi provocò un dolore così intenso che dovettero chiamare la guaritrice.

Lei mi visitò per quelle che parvero ore e ore. Origliai la conversazione che ebbe con Elijah. Finsi di dormire, ma in realtà non ero mai stata più sveglia di così.

«... un male al cuore. Non lo posso curare. E non potete neppure voi. So cosa pensate: anche se riusciste a trovare un organo compatibile e a trapiantarlo nel suo corpo, non le rimarrebbero che pochi anni di vita. Cinque, se l'operazione andasse a buon fine; dieci se fosse molto fortunata. Non c'è nulla da fare, il battito è ogni giorno più affaticato e irregolare. Non riesce quasi più a mangiare, tra poco non riuscirà più ad andare in bagno da sola, non riuscirà più a mettersi a letto, non riuscirà più a stare sveglia. La mia magia non è abbastanza forte. Vi giuro che ho fatto il possibile. La principessa sta morendo, il suo respiro vitale sta abbandonando questa dimensione.»

Elijah non la uccise, anche se era molto contrariato.

Non c'eravamo più parlati dall'ultima volta. Aveva continuato a evitarmi. Veniva quando dormivo, mi accudiva tramite la servitù, ma non si faceva né vedere né sentire.

La PromessaWhere stories live. Discover now