34. Un terribile agguato

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Avevo attraversato due regni alleati di Airene. Allora non ne conoscevo il nome, la grafia di Persea sulla cartina geografica era indecifrabile. Adesso, invece, posso dire che si trattava di Phterotos e Yperpontios. Quest'ultimo dava sul mare, ma a causa della sua forma allungata e delle vaste lande collinari, avrei impiegato ancora un paio di settimane prima di raggiungere un porto.

Lo spazio attorno a me era brividi e incertezza, la mappa si sfaldava tra le mie mani. L'avevo consultata troppe volte in cerca di rassicurazioni.

Anche Calla dava cenni di cedimento. La accompagnai vicino a una fonte al calar del secondo sole. Scesi dalla sua groppa e caddi a carponi, mi ferii i palmi sul terreno sassoso.

"Devi ricordartene, principessa. Devi ricordarlo, sempre: io non ti ho mai fatto del male. E mai lo farei. Mi hai sentito? Mai."

Quasi strisciando raggiunsi l'acqua ghiacciata. Era un rivolo sottile, di un candore innaturale. Mi ripulii a fatica mentre la cavalla si abbeverava.

Dei rumori mi sorpresero alle spalle: rami spezzati, foglie secche calpestate, un fruscio sottile di vesti.

Mi voltai impaurita.

I tronchi erano fitti, il cielo uggioso, muschio e fango delimitavano l'orizzonte.

Nulla, non riuscivo a scorgere nulla.

Un altro scricchiolio, dalla parte opposta.

Mi avevano accerchiata.

«Dèi...» invocai una preghiera a chiunque potessi sentirmi. «Dèi, abbiate cura della vostra figlia sventurata. Preservatemi da ogni terrore, garantitemi una morte rapida e priva di dolore.» Strinsi le mani al petto e serrai le palpebre. Due lacrime sacrificali piovvero ai miei piedi.

Quando riaprii gli occhi, il nuovo lord comandante mi stava fissando, insieme a una quindicina di suoi sottoposti. Non riuscii a contarli. Erano tutti soldati, demoni dai tratti elfici e un paio di folletti impettiti. Sorrideva al mio cospetto, con la sua faccia da pesce, gli occhi ai lati del viso, gli archi branchiali che dalle guance solcavano il collo, le squame lucenti e la bocca sdentata.

Dietro di loro, un drago marmoreo attendeva che la preda fosse catturata. Quattro arti possenti, una coda simile a quella di uno scorpione e ampie ali da pipistrello. Le scaglie erano prive di colore. Due pupille verticali mi scrutarono annoiate.

«Udirvi invocare i vostri amatissimi Dèi, principessa di Niegek, è sempre terribilmente eccitante.»

Respira, Vandelia, respira. Pensa, sii lucida, non agire. Aspetta. Ricorda cosa ti ha confessato il demone bianco: il tuo odore ha un effetto ammaliante sugli immortali.

Nessuna delle guardie si mosse, nemmeno il mezzo-pesce. Rimasero tutti in attesa di una mia reazione.

Calla si posizionò al mio fianco. Se avessi appoggiato una mano sul suo dorso, avrei sentito il cuore scalpitare.

Rimasi zitta per la prima volta in vita mia. Zitta e immobile.

Una morte rapida e priva di dolore.

Avrei lottato, sì. L'avevo promesso a mio padre e ai miei fratelli.

Povera illusa...

«Siete silenziosa, quasi non vi riconosco. Nessuna maledizione? Non implorate pietà?»

Avanzò di un passo, ma io non retrocedetti. Non ancora.

«Volete uccidermi?»

Ero pronta.

La PromessaOnde histórias criam vida. Descubra agora