24. Una sofferta redenzione

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Da quando si prendeva tutte queste libertà nei miei riguardi?

Scossi le spalle.

«Non voglio che muoia più nessuno a causa mia. Quindi Khloris, ully kai vir no sint. Antheia, ully kai vir no sint.» Quella mi fece un cenno infastidito, mentre si sporgeva verso uno dei due gendarmi, quello con la treccia più folta, che le stava mostrando orgoglioso il manico in madreperla di un pugnale. L'altro era rimasto impassibile, le pupille perse altrove, la noia che straripava da ogni poro.

Khloris mi sfiorò la guancia, una carezza gentile. «Sei buona e sciocca, Vandelia di Is Nöa. Buona e sciocca.»

Ma io non mi sentivo così.

Io non mi ero mai sentita così crudele.


Il giorno dopo mi portai il libro di fiabe nell'ufficio del re, per trascorrere in maniera più gradevole la lunga giornata.

Mentre lui spulciava con cura le sue carte, io lo rilessi il tomo sul divanetto ocra, soffermandomi sulle mie storie preferite. Una sirenetta che strappava il cuore di un principe mortale e lo dava in pasto alle sue sorelle per vendicarsi di un tradimento avvenuto decenni prima. Il gatto di una strega che fabbricava stivali magici: chiunque li indossasse senza il suo permesso perdeva l'uso delle gambe. Un drago feroce che si innamorava di una principessa addormentata in un bosco, la risvegliava con un bacio e la portava via con sé, fingendo di essere un ricchissimo re vittima di una maledizione. Una fanciulla che avvelenava la matrigna cattiva con una torta di mele marce, la dava in pasto a nani assetati di sangue e sposava il cacciatore di cui si era perdutamente invaghita mentre passeggiava nei boschi. Una fata di umili origini che voleva danzare fino a tarda notte, e per non farsi cacciar via da una cerimonia sfarzosa che si teneva a castello, trasformava il principe in una carrozza a forma di zucca, e poi ordinava al cocchiere di condurlo lontano lontano.

Infine, la mia preferita, quella di un mostro orribile che rapì di notte un'innocente mortale, poiché il padre aveva rubato una misera rosa appassita dal suo giardino. La ragazzina sedusse il rapitore e lo costrinse a sposarla. Poi lo uccise nel sonno ed ereditò il suo maniero, ove andò a vivere col padre tanto amato e i tre fratellini minori.

"E vissero per sempre felici e contenti."

Si vedeva da quei piccoli errori che non potevano essere storie vere.

Gli umani non vivono per sempre, tantomeno felici o contenti.

Quella fiaba mi dilaniava il cuore, fiori di oleandro, amanite e cianuro, ecco cos'era, un miscuglio tossico e letale, una dolce agonia.

«Se volete posso procurarvi un altro libro» mi interruppe il re, notando che lo stavo ricominciando da capo per la terza volta.

Digrignai i denti. «Lo volete indietro?»

Rise. «No. Ho pensato che potrebbe essere più utile per voi leggere qualcosa di più istruttivo, viste le vostre attuali condizioni. Ad esempio, un libro che tratti degli usi e costumi del nostro popolo, del nostro regno, del continente demoniaco, della storia della nostra civiltà, dei Fae...»

Fae... continente... civiltà...

«No, grazie, mi piace questo.»

«Non lo riprenderei indietro, ve lo lascio volentieri. Però potrebbe essere...»
«No.» Lo incenerii con lo sguardo. «Grazie, Vostra Altezza.»

Lui tornò ai suoi fogli, io tornai alle mie fantasticherie.

«Qual è la vostra fiaba preferita? »
A che gioco stava giocando? "Rendete la vostra presenza più lieve della vostra assenza." Aveva cercato in tutti i modi di costringermi al silenzio, aveva minacciato di tagliarmi la lingua, perfino di indurmi in un coma vegetativo. E ora mi interrogava, come se gli importasse qualcosa di me.

La PromessaWhere stories live. Discover now