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Angel era uscito di casa da ormai alcuni minuti e camminava a passo lento lungo la Charlestone Avenue, guardandosi intorno alla ricerca di un locale dove trascorrere la serata.
Aveva da poco passato un piccolo cinema-teatro con alcune locandine appese frettolosamente sul portone d'ingresso quando vide in lontananza un'insegna sventolare maestosa nella brezza serale: Yankey's pub.
Era l'unico bar che avesse trovato in zona e non sembrava tanto male: era a circa 300 metri di distanza ma poteva comunque intravedere alcuni tavolini all'esterno e delle grosse vetrate colorate.
Man mano che si avvicinava, una musica di genere rock proveniva sempre meno ovattata dall'interno del pub.
"Devo ricordarmi di questo posto per i prossimi giorni! Potrebbe rivelarsi una piacevole scoperta." si disse una volta arrivato.
Come di consuetudine, fece un giro di controllo sulla parte posteriore dell'edificio per verificare che non ci fossero spacciatori e tossici intenti a comprare alcune dosi o altri malintenzionati.
Stranamente era tutto pulito e curato, con un'ampia scala d'emergenza in ferro, e questo lo rassicurò.
Fece per entrare dalla porta laterale quando ad un tratto, riflessa in una vetrata, la vide.
Non poteva sbagliarsi. Era lei. Era Àmelie.

Erano trascorsi circa vent'anni dal loro ultimo incontro eppure la riconobbe subito, senza nessuna esitazione.
I suoi capelli biondi erano raccolti una coda di cavallo e i lineamenti del viso erano rimasti fini e dolci come un tempo.
Era insieme ad altri due uomini e stavano chiacchierando spensierati, bevendo birra direttamente da uno spillatore al centro del tavolo.
Una marea di domande si fecero spazio nella sua testa: Che tipo di persona era diventata? Aveva un lavoro? Era sposata? Era felice? Era rimasta la stessa ragazzina allegra e spensierata, sprezzante del pericolo?
Àmelie era la sua migliore amica. Si erano conosciuti al primo anno della Elementary School e da allora era diventata la sua complice, la sua alleata.
Avevano solo undici anni eppure il tempo trascorso assieme gli rimase impresso nella memoria come un'indelebile deja-vu.
All'improvviso lei dovette trasferirsi a Chicago perché sua mamma Nancy aveva ottenuto una promozione per la ditta di tessile con cui lavorava.
Si erano promessi di rimanere in contatto ma il cellulare a quell'epoca era ancora un lusso per pochi e le miglia di distanza non aiutarono.
Aveva anche provato a cercare sui social network qualche anno fa, ma invano.
Si era volatilizzata nel nulla per un periodo che gli parve un'eternità ed ora era davanti a lui, in carne ed ossa, in un bar poco conosciuto nella periferia di Chicago.
Se non era destino questo, non sapeva proprio che cosa altro lo fosse.
Ebbe un improvviso giramento di testa e si dovette sedere sul marciapiede appoggiando le mani alle ginocchia, inspirando profondamente.
Provò a vagliare tutte le ipotesi possibili: entrare e salutarla come se niente fosse? Oppure far finta di non averla mai incontrata e andarsene?
Involontariamente si girò per dare un'altra occhiata al tavolo.
"È tutto così surreale!" mormorò, scuotendo la testa.
"Mi sei mancata tanto." disse, più a se stesso, entrando in punta di piedi nel locale.

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