Capitolo 16: "Torna dove tutto è inziato"

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Tornare sul campo di battaglia non era mai sgradevole, specialmente per me, ma in questi casi avrei preferito essere allo scuro di tutto. Lo SHIELD, sotto mio consiglio, ci aveva inviato per una metavigliosa escursione di famiglia in una delle basi ex HYDRA in cui venivano contenuti gli SCP. Naturalmente, di questa informazione eravamo a conoscenza solo io e Fury, mentre gli altri brancolavano nel buio ignari di ciò che gli aspettava.
Era sempre un pugno al cuore tornare lì, specialmente perché quel laboratorio era stato il simbolo della mia fuga, e rientrarci era come rimettersi in gabbia, aprire una ferita che cercava di rimarginarsi da tempo. Osservavo l'enorme Compound dalla finestra del Quinjet, riflettendo sulle mosse che avremmo dovuto fare una volta entrati; il laboratorio era già mastodontico di suo e, cose che in pochi sapevano, c'erano enormi celle di contenimento anche sotto terra, accerchiate da sale di sicurezza e piccoli centri di controllo. Nel piano superiore erano contenuti principalmente i Safe, i verdi, coloro che non rappresentavano una minaccia anche se in fuga. Alcuni laboratori innocui, la mensa e le camere dei Class D stavano in una parte riservata della mansione, lontana dalle celle di contenimento.
Nel piano intermedio ci stavano gli Euclid, SCP che venivano controllati ogni settimana e che, anche se rappresentavano una minaccia in libertà, erano facili da riacchiappare e rispedire in cella.
Poi il piano inferiore, le segrete, dove vivevano i Keter, la classe rossa. Gli SCP Keter erano delle bestie, e se scappavano erano quasi impossibili da ricontenere; proprio per questo venivano controllati ogni giorno, attivati e tenuti sotto monitoraggio tramite delle telecamere. I Thaumiel, a differenza delle altre classi, erano degli SCP che tenevano a bada altri SCP, quindi non avevano un piano tutto loro, si limitavano a stare vicino o nella stessa cella dell'SCP a cui erano associati.
Io ero una via di mezzo tra un Thaumiel e un Keter; Thaumiel perché tenevo a bada, in un certo senso, Ballora e le davo filo da torcere, Keter perché anche senza di Lei ero pericolosa, persino più spietata.
SCP 709, ecco cosa ero io per loro. Non ero una persona, non avevo un volto, tantomeno un'identità.
Io non ero nulla.
Io non ero nessuno.
<<Dobbiamo fare attenzione, questa base non è disabitata>> dissi guardando fuori dal finestrino del Quinjet. La tensione dentro il veicolo era quasi palpabile, si poteva tagliare con un coltellino svizzero, mentre io ero persa nei miei pensieri, ansiosa di vedere cosa ci aspettava.
Il Quinjet si depositó silenzioso sul suolo siberiano, il suo rumore attutito dai cumoli di neve che barricavano l'entrata del laboratorio. Con tanta fortuna e una buona dose di olio di gomito, siamo riusciti a scavare una via d'accesso per la porta principale, anch'ella forzata da Tony con un raggio laser della sua tuta. Siamo entrati quatti quatti, scivolando sul terreno senza emettere il minimo rumore, seguiti solo dal fruscio impetuoso del vento che spirava dalle pareti. Già parlare del Compound mi faceva venire la nausea, adesso che ero lì mi si era letteralmente accapponata la pelle, e non per il freddo purtroppo. Dall'ultima volta che l'avevo vista, la base era cambiata; non c'erano più quegli enormi cumuli di cenere, che avevo poi scoperto fossero i corpi delle persone blippate, la puzza di zolfo, anche se con una nota più leggera, era persistita in tutti questi anni, e l'atmosfera macabra e l'odore di morte erano, se possibile, aumentati con il passare del tempo.
<<Cassandra aveva ragione, questo posto non è disabitato. Il mio termoscanner sta individuando delle fonti di calore dalla dubbia forma e natura>> ci comunicò Stark da dentro la sua tuta.
<<Che diavolo di posto è questo? In tutti gli anni trascorsi all'HYDRA non ne ho mai sentito parlare... >> mormoró Bucky, continuando a guardarsi alle spalle.
<<Mansione SCP: Secure, Contain, Protect. Qui risiede ogni mostro possibile e immaginabile, pullula di bestie assetate di sangue e vendetta che, fortunatamente per noi, sono contenute in delle celle speciali>> risposi movendomi cautamente per i corridoi.
<<Perché mai Fury ci invierebbe in un posto del genere? >> domandó Natasha, coprendo le spalle a Clint.
<<Perché qui è cresciuta la Widowmaker>>. Ovviamente non era vero il fatto che fossi cresciuta letteralmente lì dentro, ma se calcoliamo la mia nascita come Widowmaker allora si, la mia "adolescenza" la avevo passata tra i muri di una fogna.
Raggiungemmo senza troppi intoppi una sala di controllo, aggrappandoci all'unica speranza che avevamo per non incrociare gli SCP: le telecamere. I nostri dispositivi elettronici non prendevano, e persino J.A.R.V.I.S. stava iniziando a battere gli ultimi colpi, perciò eravamo soli.
<<Benvenuti>>. Sobbalzai all'indietro, afferrando d'istinto la Skorpion che giaceva sul mio polpaccio. Una faccia venne proiettata sull'enorme schermo delle telecamere di sicurezza, impedendoci di vedere cosa stesse succedendo nelle celle per evitare un Security Breach (ovvero l'evasione di uno o più SCP a causa di una manomissione del sistema, che può avvenire dall'interno e dall'esterno dell'edificio). Se il sistema fosse stato manomesso in quel momento, potevamo già iniziare a scrivere il testamento. Inutile dire che riconobbi immediatamente la faccia del mio creatore tra quegli infiniti codici che cercavano di mascherare il suo volto: Eroico Gouzman stava proprio di fronte a me, non in carne ed ossa certamente, ma era di fronte a me.
<<SCP 709, da quanto tempo>> disse, aprendo le braccia come se volesse accogliere il figlio alprodigo tornato dal padre.
<<Eroico Gouzman. Sai, I tuoi genitori non ci hanno azzeccato nulla con il nome, di eroico tu non hai un bel nulla>> risposi con una smorfia, lasciando che il mio tono si inasprisse sempre di più.
<<La lingua di fuoco non ti manca mai, non è vero? Ti sei nascosta bene in tutti questi anni, devo farti i miei complimenti>> rispose. Sentii alcuni dei miei compagni farmi delle domande, chiedermi chi fosse quell'uomo, ma io ignoravo tutto ciò che mi stava accadendo intorno: ora c'eravamo io e lui, gli altri per me erano come invisibili.
<<Sono migliorata a nascondino in questi anni, Gouzman>> dissi. Era da secoli che volevo vederlo soffrire, ma era morto molti mesi prima della mia fuga, e nonostante quello il progetto era andato avanti. Come? Aveva usato la stessa identica tattica del dottor Arnim Zola, mettendo il suo cervello in un archivio, che feci esplodere in una delle mie prime missioni per lo SHIELD. Evidentemente qualcosa mi era sfuggito dalle mani.
<<Davvero? Perché l'ultima volta che ti ho visto non eri così brava, sai? Ti nascondevi sempre nello stesso posto, nell'angolo più buio della cella, nella speranza che nessuno tu vedesse. Ma bastava una piccola, misera torcia e...puff! Eccoti lì, tremante come una foglia per la paura, per il freddo, per il terrore di quale conseguenza, quale punizione ti aspetterà per quel piccolo atto di ribellione>>. Odiavo ammetterlo, ma ciò che diceva era vero; mi nascondevo sempre nell'angolo più buio della cella nella speranza che nessuno mi trovasse, che finalmente si fossero decisi a lasciarmi perire e morire, ma non era mai così. In quel laboratorio ero arrivata persino a bramare la morte, purché lenisse il dolore che mi squarciava l'anima e mi strappasse da tutte le sofferenze che avevo sopportato. E proprio quando pensavo fosse finita, mi riportavano dentro il gioco nuovamente.
<<Tu non avevi paura dei soldati, no, tu avevi paura della luce che ti puntavano contro. Perché con la luce non potevi più nasconderti, perché con la luce  sapevi che era finita>>. Sferrai un pugno allo schermo, così forte da farmi sanguinare la mano. Volevo che smettesse di parlare, non volevo più ascoltare una sua sola parola.
<<Torna dove tutto è inziato>> furono gli ultimi echi della sua voce, mentre la sala monitor si spegneva schermo dopo schermo, lasciandoci al buio.
<<Cosa significa "tornare dove tutto è iniziato"? Dove dobbiamo andare? >> chiese Steve.
Presi un paio di respiro profondi, cercando di bloccare fuori tutti i pensieri negativi. Ero in missione, non potevo farmi stravolgere. Non ora.
<<Dobbiamo andare nella mia cella, dove tutto è iniziato>>.
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Sembrava di stare negli inferi, nelle viscere della terra come dei minatori che cercavano disperatamente del materiale per poter ritornare in superficie a respirare. Man mano che scendevamo nei piani inferiori mi sembrava che il respiro diventasse più corto e l'ansia sempre più persistente, mentre le mie gambe si erano trasformate in gelatina.
Passare dalla divisione Euclid a quella Keter faceva una bella differenza, principalmente per la quasi totale assenza di ossigeno e la puzza di cadaveri, secondariamente per il design della parte di laboratorio; i corridoi erano a forma esagonale, illuminati solo da strisce di luce color rosso fuoco. Era come se del sangue colasse dalle pareti, si poteva quasi sentirne l'odore. Nei pressi della cella di contenimento di SCP 682 (anche chiamato "Il rettile difficile da distruggere") il puzzo di cadavere si fece così forte e nauseabondo che dovemmo coprirci tutti il naso per non vomitare o svenire. Fortunatamente riuscimmo immediatamente ad imboccare il tunnel sotterraneo, evitando di girovagare ancora per le zone di contenimento Keter. Il tunnel sembrava un enorme zona di scarico, così buia che non riuscivo nemmeno a vedere le mie stesse mani. Dovetti accendere una luce alimentata dalle poche energie di cui dispensavo, illuminando per quanto possibile il tunnel; l'acqua mi arrivava a metà polpaccio, mentre ad alcuni di noi piovevano in testa alcune gocce di un liquido non identificato. Qua e là ci capitava di imbatterci in alcune pitture rupestri, scritte per così dire, disegnate con il sangue.

Widowmaker: l'antenata dei Supersoldati // Bucky BarnesHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin