Capitolo 4: " Una donna può essere qualcuno anche senza dei figli, Natasha"

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<<Quindi, cosa c'è che non va in quella testolina?>> dissi, picchiettando il mio dito sulla sua testa.

<<Lumaca russa, non sei migliorata molto dall'ultima volta che abbiamo corso insieme!>>

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<<Lumaca russa, non sei migliorata molto dall'ultima volta che abbiamo corso insieme!>>.

Dovetti urlare perchè Natasha mi sentisse, probabilmente a causa dei metri di distanza tra noi due. Io avevo già fatto quattro giri di tutta Central Park, mentre la donna era in procinto (oltre di vomitare, si intende) di finire solo il secondo. La aspettai al "traguardo", braccia conserte ad osservare le mie unghie come le snob ricche dei film americani.

<<Ma finiscila, tu sei avvantaggiata!>> esclamò senza fiato. Le porsi la mia bottiglietta d'acqua per rincorporare tutti i liquidi che aveva espulso con la corsa, principalmente sprecati per cercare di starmi dietro. Raggiunse a fatica la prima panchina disponibile, stravaccandosi su di essa come una vera scaricatrice di porto. Risi alla sua attitudine, prendendo posto di fianco a lei. Osservammo per un po' di tempo le persone che ci passavano davanti, principalmente bambini, genitori o addirittura famiglie intere. Pensare che qualche secolo fa ero stata anche io madre mi fece male al cuore, il ricordo di mia figlia ancora ben impresso nel mio cuore e nella mia mente. Dorothy, una delle bambine più dolci, vivaci e innocue del mondo; un visino angelico, lunghi riccioli dorati, due occhioni verdi da cerbiatta, dello stesso colore delle immense pianure irlandesi. Uno dei ricordi che non sarebbe mai svanito dalla mia mente era quello del suo piccolo corpo esanime accatastato su una montagna di cadaveri pronti ad essere bruciati, i suoi occhi chiusi e la sua manina bianca come quella di un lenzuolo. La manina che strinsi prima che venisse scaraventata nei forni crematori da alcuni soldati tedeschi, come se fosse solo del misero carbone per alimentare il fuoco. L'unica cosa che ero riuscita a conservare di lei, oltre a un raffinatissimo fermacapelli e delle meravigliose scarpette rosse da ballerina, erano le sue ceneri, che avevo sparso poco più in fuori dalla rete di filo spinato, in modo che la sua anima fosse stata libera di vagare per il mondo, e non limitata nel recinto di quella macchina infernale. Una bambina sorridente si voltò verso di me, salutandomi con la manina, gesto che ricambiai gentilmente.

<<Ti hanno sterilizzata, non è vero?>> ruppe il silenzio, appoggiandomi una mano sulla spalla. Ero consapevole si riferisse alla sterilizzazione a cui era stata sottoposta lei. Io, al contrario delle altre Vedove Nere, non ero stata sterilizzata, proprio perché dovevo diventare una culla per neonati ambulante per conto dell'HYDRA, per conto della scienza.

<<Purtroppo no>> dissi abbassando lo sguardo. <<Se vuoi dei Supersoldati efficienti devi riprodurre quelli che già hai. E credimi, ci hanno provato>> rivelai, mettendomi una mano sullo stomaco. Mi guardò sconvolta, le lacrime minacciavano di uscire dai suoi splendidi occhi verdi.

<< Io avevo una figlia prima di tutto questo, prima dell'Hydra. Ora è in un posto migliore>> conclusi, osservando pensierosa il cielo.

<<Mi dispiace>> disse con voce gentile, accarezzandomi la spalla in segno di supporto. La pietà che vedevo nei suoi occhi era soffocante, quasi umiliante a tratti. Io non avevo bisogno di essere compatita, e queste cose non avrei nemmeno dovute pronunciarle ad alta voce.
<<Non dispiacerti, non è una tua colpa>> risposi con tono fermo.
<<È curioso come noi due pagheremmo per essere al posto dell'altra>> disse. Io avrei pagato per non essere fertile, cosicché quei pazzi non avrebbero potuto fare ciò che avevano tentato di fare, lei avrebbe pagato per poter creare una famiglia.
<<Se ti può rincuorare ti dico una cosa. Una donna può essere qualcuno anche senza dei figli. Tu sei la Vedova Nera, Natasha Romanoff, non hai bisogno di procreare per far capire di che pasta sei fatta. E poi ci sono molti modi in questo mondo per riuscire ad essere madri, prendi come esempio l'utero in affitto>> le rivelai gentilmente, facendole l'occhiolino. Dalla sua espressione capii che non aveva mai pensato ad una simile ipotesi, probabilmente a causa di tutti gli avvenimenti degli ultimi anni non aveva avuto nemmeno il tempo di pensarci. La ragazza mi guardo con le lacrime agli occhi, abbracciandomi.
<<Non abbatterti Natasha, se proprio vorrai dei figli sono sicura troverai la soluzione>> dissi, alzandomi dalla panchina. Il momento della confessione era finito, dovevo tornare al Compound il prima possibile se non volevo fare ritardo all'allenamento con la Maximoff e la drama queen Asgardiana.

<<Hop Hop! Vediamo se riesci a starmi dietro, Lumaca russa>>

<<Non la smetterai mai con questo soprannome, non è vero?>>

<<Non presto certamente>>.

Come mi ero ritrovata in quel branco di squilibrati, me lo chiedevo ancora

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Come mi ero ritrovata in quel branco di squilibrati, me lo chiedevo ancora. Nemmeno un'ora dopo mi ritrovavo nel bel mezzo di una lezione di magia coordinata da Wanda Maximoff, Loki ed un'aggiunta dell'ultimo minuto, Pietro Maximoff. Avendo perlomeno una conoscenza base del funzionamento dei miei poteri, ero consapevole che Loki non sarebbe andato da nessuna se avesse continuato a tirarmi dei piatti che, da quel che avevo capito, dovevo fare levitare. L'unica fortuna che avevo era quella di schivare gli oggetti che mi buttava addosso con i miei riflessi.

<<Non mi sembra così complicato! Devi solo concentrarti ed immaginare di poter fermare il piatto con la mano!>> esclamò il ragazzo, esalando esasperato. Guardai con sguardo interrogativo Wanda che, da bordo campo, ci osservava contrariata. Quest'ultima decise saggiamente di dare il cambio al dio dei panni (inganni, scusate), riparando con la sua magia i cocci sparsi per terra. Loro due la facevano facile! Uno era un dio millenario che aveva imparato le arti magiche sin da quando era nel fasciatoio, l'altra aveva appena padroneggiato la magia del caos diventando definitivamente la Scarlett Witch.

<<Loki, più che insegnarli a controllare i poteri, sembra che tu stia sfogando la tua rabbia repressa contro la povera Cassandra>> lo riprese, avvicinandosi a me. Il dio alzò le spalle, probabilmente colto in fragrante nell'intento di scaricare un po' di tensione su di me. Non ci diedi molto peso, anche io al posto suo lo avrei fatto.

<<Prima regola: mai perdere la concentrazione>> disse, sistemando la mia posizione che, da quel che avevo sentito, faceva invidia al capitano. Apprezzai silenziosamente il complimento, per un ex generale dell'esercito.
Come indicato, stesi il braccio di fronte a me, aprendo il palmo della mano.
<<Bene, ci siamo. Ora devi concentrare tutta l'energia che hai per incanalarla nel braccio e, di conseguenza nella mano>>.
Ci provai. Ci provai seriamente. La mia mano emise il tipico scintillio nero che emetteva quando si attivavano i miei poteri, ma nulla di più. Da quando mi ero "auto proibita" di usarli, era stato sempre più difficile tirarli fuori, tanto che ero convinta di averli completamente spenti. Dopo più di un'ora di tentativi se Billy e Tommy, i carinissimi figli di Wanda, si fossero presi gioco di me non mi sarei sorpresa. Ero, come si divertiva a ripetere Loki, una povera Midgardiana incapace. E secondo i suoi standard era persino un complimento. Tutto era inutile.
Solo quando li reclamavo in situazioni estreme si attivavano, durante l'allenamento non c'era verso.
Si arrese persino Wanda, lasciandomi uscire affranta dalla palestra.
Io non mi sarei arresa per nulla al mondo, anche a costo di fare otto ore in palestra a cercare di sollevare dei piatti come una sciroccata. Io dovevo riuscirci, dovevo perlomeno provarci più intensamente.
Ero consapevole delle mie capacità, e le avrei sfruttate al massimo.

Spazio autore:
TADAAAAAAA, primo capitolo della settimana! Probabilente pubblicherò il lunedì, il mercoledì e il venerdì, perciò rimanete sempre sintonizzati!


































(crediti per la scena con Natasha, lokiismysaviour)

Widowmaker: l'antenata dei Supersoldati // Bucky BarnesDonde viven las historias. Descúbrelo ahora