ᑕᗩᑭITOᒪO 30 |ᔕTEᖴᗩᑎ - ᒪE OᖇIGIᑎI|

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Una volta in casa, Stefan saluta finalmente tutti con i soliti tre bacini sulle guance e  abbraccia il fratello che lo ha superato in altezza da un po' ormai. 

«Ehi fratello! Quanto tempo. Sei ancora vivo?» Scherza Omar cercando di sdrammatizzare.  «Ciao Omar. Tutto bene? Eh sono ancora vivo, come puoi vedere.» Dice lui sorridendo al  fratello.

Erano diventati amici grazie a Khat che, insistente ogni mese, lo incoraggiava a  chiamarlo per chiacchierare del più e del meno. Lui le rispondeva che non erano soliti fare  queste cose e che non avrebbe saputo cosa dirgli. Lei allora si arrabbiava e gli prendeva il  cellulare per avviare la video-chiamata su Whatsapp.

Quando Omar rispondeva, lei iniziava  la conversazione fluida, parlando di tutto e di niente, per poi lentamente interpellare anche  Stefan nei discorsi. Così, mesi e mesi dopo video-chiamate regolari, aveva imparato ad  apprezzare la presenza di un fratello più giovane e non negava persino il fatto che ogni tanto lo chiamava da solo. Parlavano di tutto, ma i loro argomenti preferiti erano le azioni in borsa e le macchine moderne. 

                                   *

«Quanto hai perso?» La voce di Omar mi riporta alla realtà. «Che cosa?» Chiedo confuso.  Sono seduto sul piccolo divano in pelle nel gelido salottino. La luce è fioca e il rumore della legna sul fuoco mi calma la mente come ad un neonato fa la ninna nanna. «Quanto hai perso dico, con la casa e tutto il resto...» Mi ripete Omar calmo.

«Non saprei e sinceramente non  mi interessa. I soldi sono l'ultimo dei miei problemi ora.» Accenno senza distogliere lo  sguardo dal fuoco danzante nella stufa. «Com'è il tuo nuovo appartamento?» Chiede Bianka comparendo dalla cucina con un vassoio. Portava caffè e biscotti per tutti. «Non sono andato a vederlo di persona, ho fatto tutto online.» Dice lui serio. «Ma le tue cose?» Chiede il padre allarmato. «L'agenzia di traslochi penserà a tutto.» Ribadisco secco. 

I tre famigliari si scambiano occhiate d'intesa che ignoro mentre giro l'espresso nella tazza.  Facciamo merenda in silenzio, tranne Bianca che ogni tanto cerca di avviare una  conversazione invano con frasi del tipo: " finalmente un inverno come si deve, non nevica  da anni cosi! Sarà stato grazie al Covid che ha fermato un po' il mondo, dando alla terra il  tempo di respirare" oppure " speriamo che questo nuovo presidente dell'America sia meglio di Trump!", ma nessuno le dava retta, avevano smesso da tempo o forse non avevano  nemmeno cominciato a farlo. 

La sera mio fratello m'incoraggia ad uscire per bere una cosa e io acconsento, essendo stufo  di stare al chiuso. Così, armati di guanti, giacche imbottite di papà e foulard molto pesanti,  ci avviamo verso il centro di Durazzo.

Passeggiamo sui marciapiedi, cambiando direzione  quando necessario per poi svoltare nelle vie più anguste dove poi sarebbero sbucati davanti  a quell'edificio che ha tutto l'aspetto di un castello, ma che non lo è affatto. Saliamo la  rampa di scale a chiocciola fino al terrazzo in cima che fungeva da pub per i turisti e gli  abitanti.

In silenzio, seguo Omar all'unico tavolo con due sgabelli ancora libero e ringrazio  la tecnologia per averci dato il privilegio di poter scaldare ogni cosa. Gli sgabelli alti sono gli stessi di dieci anni fa, ma ora sono ricoperti da pellicce di pecora e accanto ad ogni  tavolo c'è una stufa elettrica che emana luce tiepida e calore. Il barista arriva di corsa e ci  porge le liste, ma io lo fermo subito. 

«Per me un gin tonic con tanto ghiaccio.» Dico. «Anche io! Un Malfy con una scorza di  limone!» Aggiunge Omar esperto. Gli avevo attaccato la passione del gin qualche anno fa e   da allora ne discutevamo quando possibile. Confrontiamo i sapori e
consideriamo con quale tonica si abbinino meglio i diversi distillati.

Il barista non torna  nemmeno dopo un'infinità di minuti, ma non sono infastidito come mi aspettavo. Mi sento  sereno, anche se in colpa di esserlo. 

«Allora Stefan, ora possiamo parlare. Non ci sono quei due rompiballe nelle vicinanze.»  Confessa mio fratello incoraggiandomi. «E meno male direi, te la immagini Bianka a fare  cento scale ripide su e giù ?!» Scherzo, pendendomene subito della cattiveria rivolta a mia  madre che dopo aver partorito Omar era ingrassata notevolmente. Se Khat fosse stata lì, sicuramente mi avrebbe dato una sberla scherzosa sulla nuca, per rimproverare il mio  mancato rispetto verso la mamma.

Il giovane cameriere torna con due bicchieri fra le mani e li posa davanti a noi per poi affrettarsi a servire il prossimo tavolo. La terrazza era colma di  gente, nonostante il gelo. Il mare dietro e intorno all'edificio sembrava volerci richiamare  con le sue onde ribelli. Faccio cin cin con Omar e bevo l'ennesimo bicchiere di oggi.  Recupero gli anni in cui sono stato bravo! Borbotto nella mia mente.

«Visto che non ti va di parlare di te, parliamo di me allora!» Insiste Omar e capisco che ha  ragione. Non possiamo stare tutta la serata in silenzio, soprattutto visto che non ci vediamo  dall'inizio della pandemia. «Dai, raccontami della tua nuova ragazza! Me la farai conoscere  prima o poi.» Dico dopo un altro sorso. «Solo se diventerà una cosa seria. Ma sai come  vanno queste cose. Sinceramente sono stufo di conoscere ragazze e poi essere mollato dopo  che mi hanno fatto innamorare. Perfide!» Recita Omar quasi come un rapper.

«Cos'è?  Inizierai ad odiare il genere femminile ora perché ti hanno spezzato il cuore? Poverino!» lo  stuzzico io. «Ah ah, no! In realtà sono io il problema. Tengo sempre la guardia alta quando  le conosco, ma appena si passa alla fase successiva, non riesco a resistere. Come potrei  odiare le donne? Sono così belle e... femminili!» Aggiunge pensieroso. 

«Ma almeno come si chiama me lo dici?» Insisto. «No, ho deciso che rivelerò il suo nome  solo quando mi dirà di sì !» A questo punto i miei occhi si sono aperti talmente tanto che il  gelo invernale me li secca all'istante e devo sbattere le palpebre più e più volte per farli inumidire. «Ti... sposi?» Chiedo confuso. «Solo se dice di sì!» Risponde poggiando una  piccola scatola azzurra sul tavolo.

«Wow, a tutte le donne piacerebbe un anello del genere!»  Era un anello costoso, lo si capiva non solo dalla scatola elegante e femminile, ma anche da  quello che c'era al suo interno. Guardo il contenuto e poi Omar. «Hai dovuto fare un prestito per comprarlo?» Rido di lui. Povero, penso. Anche Omar si era realizzato nella vita, ma il  gioco d'azzardo gli portava via parecchi soldi che avrebbe potuto usare in altri modi. «Sì, lo  pago a rate. Contento?» Dice dispotico.

«Dai che scherzo io, lo sai! Comunque "come si  chiama" sarà una donna fortunata se accetterà!» Faccio un "in bocca al lupo" a mio fratello  e lui si alza per fare il giro del tavolo e abbracciarmi da bravo albanese. La gente attorno ci  guarda male e solo dopo capisco il perché. Probabilmente pensano che siamo una coppia! Il  cameriere ritorna con il secondo giro e Omar mette via la scatoletta. Ci godiamo quel  tintinnio del ghiaccio che sbatte sul vetro ogni volta che ruotiamo la mano.

La quiete regna  in cima a questo vecchio castello che non è più degno di essere chiamato tale. Le nuvole  nere, minacciano chiunque le guardi e penso che forse, stanotte ci sarà una bufera.  «Ho voglia di vedere il mare da vicino, sedermi sulla sabbia e lasciarmi cullare i piedi nudi  dalle onde.» Confesso guardando ancora il mare in lontananza. «E che ci vuole. Domani ti  ci porto io.» Dice Omar battendo un pugno sul tavolo. «Con lei.» Aggiungo poi.

«Ah... mi  dispiace Stefan, davvero. Non riesco ad immaginare cosa provi.» Dice il fratello. «Non  provo niente Omar. È questo il problema.» 

La serata si conclude poco dopo mezzanotte. Il tavolo è pieno di bicchieri di cristallo. Due  posacenere regnano agli angoli del tavolo quadrato, all'interno ci saranno almeno venti  mozziconi di sigarette ciascuno. La musica che solo ora sento come sottofondo, mi tranquillizza e spaventa allo stesso modo. Come se avessi paura di sorridere, ridere o essere  felice, per non mancare di rispetto a Khat. 

«Tanti Auguri fratellone!» Urla la voce davanti a me con il cellulare in mano. Il primo  compleanno dopo anni, senza di lei. Che schifo. Avrei potuto essere alla mia festa a sorpresa ora, a festeggiare con tutti i nostri amici e la donna che amo.

Invece sono qua al gelo con  mio fratello, che non potrebbe mai farmi sentire come mi faceva sentire lei.

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIWhere stories live. Discover now