ᑕᗩᑭITOᒪO 20 |ᒪE ᑕOᒪOᗰᗷE|

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Quasi tutti i weekend li passavo a casa Condori. Mia nonna aveva sempre altro da fare e a volte spariva per giorni. Soprattutto nel fine settimana la casa di mia nonna era abitata solo  dai fantasmi, perciò mi intrufolavo a casa Condori senza invito e senza preavviso.

Ero sempre la benvenuta e se mai un sabato tardavo ad arrivare, non mancava la chiamata di  Alina e Nelu a ricordarmi dove avrei dovuto essere.

Perciò quella sera, dopo una cena a base di polenta e formaggio di capra, uova strapazzate con patate e sottaceti all'alcol, chiesi ai  miei due cugini, complici in tutto, di uscire. 

«Ma siamo ancora piccoli per uscire di sera Khat, mio fratello non vuole che io esca dal  cancello quando è già buio.» Fu la triste risposta di Alina. «Ma Andrei non è qui!» Nelu  aveva aggiunto convinto e con sguardo complice verso di me. Gli accennai un sorriso prima  di unirmi al suo sguardo verso Alina e quasi imploranti le facevamo gli occhi dolci, così da  manipolarla, anche se sapevo che lo voleva anche lei.

Dopo aver sparecchiato, messo in  ordine la piccola cucina e salutato lo zio Vasea che si era coricato per guardare una serie  russa in TV, siamo sgattaiolati in camera e poi dalla finestra, uno alla volta, abbiamo fatto  capolino dietro casa, nel punto esatto dove i cani si appartavano per fare esperienza. Per  fortuna cani non ce n'erano, altrimenti saremmo stati scoperti all'istante.

Eravamo davanti al grande cancello da venti minuti ormai e Alina non era una tipa paziente  così, furiosa, si era avviata verso Casa Longo, borbottando qualcosa di incomprensibile. Io e Nelu ci siamo fissati un istante prima di seguirla divertiti. Nelu rideva e diceva ad Alina che  era pazza, ma Alina non ascoltava. Quando si infuriava era proprio come il suo segno zodiacale, un capricorno cocciuto.

Aveva spalancato i cancelli di casa Longo e si era  precipitata giù dai quattro gradini. L'entrata di casa era innalzata su altri quattro gradini non  distanti dal cancello. La casa era grande e ben tenuta, ma l'attenzione ricadeva sullo  sgabuzzino di fronte che emetteva dei rumori canticchianti.

Un ragazzo molto più grande di  noi era sbucato fuori da quella grande tenuta in legno. Aveva lo stesso sorriso divertito di  Marina e lo avevano ereditato entrambi dalla madre.

«Cosa volete voi mocciosi? Lo sapete che rischiate molto ad entrare in una proprietà privata  senza invito?» Aveva le mani sui fianchi e cercava di stare serio e mostrarsi duro allo stesso  tempo, ma invano.

«Dov'è Marina?» Chiese Alina severa. «È in punizione. Deve pulire la  gabbia delle colombe visto che ha fatto morire di fame il cane.» Ci aveva indicato con la  mano una cuccia buia e vuota.

«Possiamo darle una mano? Visto che siamo già qua!» La  voce di Nelu risuonava eccitata. «Prego, se vi fa piacere l'odore di escrementi di volatili.  Ma attenzione, se non gli state simpatici ve la fanno in testa. Io vi avviso, poi sono cavoli  vostri.» Il simpatico ragazzo si era fatto da parte, lasciando libera l'entrata dello sgabuzzino  e noi tre ci eravamo intrufolati dentro. L'entrata era minuscola e buia.

Dovevamo abbassarci  per entrare e ovviamente io ero entrata per ultima. Il mio sguardo non ha resistito ad  osservare quel ragazzo giovane e divertente. Il suo viso a forma di luna piena era sereno,  nonostante la vita non lo fosse stata con nessuno della famiglia Longo. Aveva le labbra  carnose e uno sguardo azzurro penetrante. Persino in questa misera esistenza mi aveva fatto  l'effetto di sentirmi denudata davanti a lui.

Mi aveva sorriso un'ultima volta prima di  andarsene e lasciarmi lì con le labbra tirate, sforzandomi di sorridere a modo mio.

L'interno della casa di colombe bianche era ampio e vuoto. Conteneva solo una quantità  infinita di fieno e rametti che le colombe si ostinavano a portare dentro, convinte di averne  bisogno. Accumulatrici. Erano sempre libere di volare via eppure tornavano sempre a casa,  tranne quando qualcuno tentava di rubarle.

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIWhere stories live. Discover now