ᑕᗩᑭITOᒪO 24 |ᗰE ᑎE ᐯᗩᗪO?|

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«La mamma ha solo sopportato ciò che la vita le ha sbattuto in faccia.» Avevo sputato senza pensare. «Pensi che sia colpa mia vero? Dillo.» Mi aveva incalzata lei severa. Sembrava volesse picchiarmi, ma non lo fece. «Cosa conta ciò che penso io nonna? Mia madre si sentirà sempre la figlia nata da un altro matrimonio. Non voluta, non desiderata e forse destinata a non nascere. Ma se non ci fosse lei, non ci sarei io, e questo sarebbe davvero un peccato!» Dissi volontariamente vanitosa. Non m'importava più e sapevo che era meglio così.

«Sei una bambina diversa da come mi aspettavo.» Aveva balbettato Elena, sedendosi finalmente accanto a me sul prato esteso per chilometri. «Nonna, non sono né diversa né speciale, sono semplicemente come avrei dovuto essere, e se la mamma è qui, è perché è così che doveva andare. Pensa solo se non ci fosse stata!»

La nonna si prese il tempo necessario, troppo per i miei gusti, e si perse nell'orizzonte per poi tornare alla realtà con un'unica frase. «Se non ci fosse stata Emilia, non ci sarebbe stata nessun'altra dopo di lei.» Era la verità: mia madre aveva spinto Elena a vivere ed era l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento. Sapevo che questa frase non doveva dirla a me, ma alla sua primogenita. Solo così avrebbe ringraziato sua figlia per il sacrificio che aveva fatto.

«Sai bambina, casa Tabarcea non fa per te. È un posto che ti logora dentro. Che ne dici se ti spedisco all'appartamento della tua bisnonna?» Aveva detto all'improvviso la nonna senza nemmeno guardarmi. Era ancora dispersa con lo sguardo sulle colline dove spesso avevamo passato i pomeriggi. «Ma perché nonna? Io non voglio lasciarti sola!» Avevo insistito. «Perché lo dico io. E sono più grande di te.» Ma non più saggia, avrei voluto obiettare, anche se rimasi zitta sapendo che voleva solo proteggermi da altri brutti ricordi.

«Bambina, torna a casa e prendi qualcosa da mangiare per entrambe, io intanto schiaccio un pisolino con le pecore.» Aveva insistito la nonna accasciata a terra quasi mimetizzata insieme alle pecore già da tosare. Così, in silenzio, mi ero diretta verso casa, attraversando senza perdermi l'inizio particolare del paesaggio selvaggio che tra meno di un anno avrei dovuto lasciare al passato.

A maggio dell'anno prossimo sarei partita per l'Italia e sarei tornata in Moldavia solo in rare, rarissime occasioni, dimenticandomi delle cose oscure e lasciando impressi solo i colori dell'arcobaleno. Ero fatta così: trattenevo i colori e scacciavo i fantasmi. Se non fosse stato per questo mio talento, non sarei arrivata nemmeno a ventinove anni di vita, con tutto quello che avevo passato e considerando la mia anima debole. Ero immersa per metà nelle tenebre del bosco e per l'altra metà bruciata dai raggi solari. La tiepida temperatura stava leggermente scendendo lasciando della brezza fresca nell'aria.

Ero inconsapevolmente felice di osservare i miei piedi che, metro dopo metro, si oltrepassavano l'un l'altro. Ogni tanto alzavo lo sguardo e controllavo dietro, davanti e intorno a me, convinta che dopotutto poteva sempre esserci un pericolo nei dintorni. Solo nell'avvicinarmi verso la collina che dava sulla casa della famiglia Tabarcea, avevo notato Dana e suo fratello seduti su una coperta proprio davanti casa nostra, sotto l'ultimo albero della boscaglia.

«Ma ciao piccola Khat, è un po' che ti vediamo in giro, ma non ci hai mai salutato.» Aveva detto il fratello di Dana con fare scherzoso. Non mi piaceva il suo modo di scherzare, mi ricordava un ubriacone mascherato da clown. Decisi di ignorarli e continuai per la mia strada. Ancora cinque passi e avrei attraversato il portico di casa.

«Ti ho vista spesso in giro, sai? Siamo vicine di casa, eppure hai fatto sempre finta di ignorarmi.» Aveva aggiunto Dana quasi disperata nel rincorrermi dietro. Le avevo chiuso il cancello in faccia, quello fatto di travi di legno dipinte di bianco. Cercavo di non pensare a quella famiglia che abitava solo due case sopra, nella stessa via di mia nonna. Cercavo di non ricordare come nell'altra vita mi avrebbero presa in giro semplicemente perché provavo dei sentimenti più sinceri di quelli che avrebbero mai provato loro.

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIWhere stories live. Discover now