ᑕᗩᑭITOᒪO 9 |ᑭ.O.ᕼ.ᑌ.I|

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Lascio cadere la bici a  terra e mi dirigo verso l'altalena. Mi dondolo a malavoglia pensando che cosa mi riserverà il futuro, ma soprattutto mi domando se mi meritassi un'altra chance come questa.

«Ma guarda un po' chi si rivede.» Esclama Natalia, alta più del dovuto, mora come me, ma con i capelli  molto lunghi. In confronto sembravo un grissino smangiucchiato.

«Non sei ancora partita vedo!» Diana, una volta gentile e affettuosa con  chiunque, ora è la fotocopia di Natalia. Sbuffo nel vederle comparire davanti a me. Guardo  in direzione del mio blocco alla mia destra, sperando che scompaiano entrambe.

Non  succede però. «Che c'è Khatrine, il gatto ti ha mangiato la lingua?» Natalia mi stuzzica, ma  resisto. Sfido Diana con lo sguardo ad unirsi agli insulti.
«Lasciamola perdere dai, è solo  una sfigata!» Riesco nell'intento e vedo Diana che gira le spalle per andarsene.

Natalia non  è d'accordo. Decide che mi merito una lezione per ricordarmi di stare sempre al mio posto.

Nemmeno tutte le lezioni di autodifesa mi hanno preparato ad un colpo del genere. Non realizzo che mi strattona all'indietro dall'altalena, trascinandomi sull'erba. Cado per terra in una posizione innaturale  sulla schiena, i vestiti sporchi di terriccio, la testa che gira. I piedi di qualcuno mi colpiscono forte sulla pancia. Colpo dopo colpo, dopo colpo, ma resisto. Vedo nero e verde, un verde scuro attorno a me, come se la notte fosse venuta a prendermi di colpo.

Non ho la forza di reagire, di  lottare. Solo lacrime intorno a me. Risate sempre più acute mi perforano i timpani. Frasi  incomprensibili mi arrivano crudeli alle orecchie. Vorrei, ma non riesco ad urlare. Vorrei  dire basta, ma sento che mi merito tutto.

Le braccia di Diana circondano Natalia e si ferma  tutto. Il mondo si ferma e io mi addormento. Mi sveglio nel buio. La bici non c'è più, ma  per fortuna la casa è all'angolo.

Alzandomi da terra sento i crampi nella pancia, ma mi  convinco sia la fame. Corro verso casa guardandomi intorno, inciampo, cado, mi rialzo e  asciugo le lacrime che non ho versato perché sono forte.

Le rampe di scale fino al quarto  piano mi sembrano non finire mai. La casa è nel buio totale. Dormono tutti. Nessuno si è  chiesto dove fossi.

Mi butto sotto la doccia e non guardo il mio corpo. Non guardo né i  lividi né le ginocchia sbucciate. Non lecco via le lacrime salate dal mio viso. Non guardo le  mie mani che tremano e non sento la voce che urla ribelle nella mia testa. 

*
Luglio è arrivato come un uragano. Era lì per ricordarmi della mia crescita. La mamma ha  impacchettato le cose più importanti e ha lasciato le altre al loro posto, come se dovessimo  star via qualche giorno. Ha svuotato il frigo e la dispensa, regalando tutto alla vicina.

Due  valigie consumate attendevano all'entrata impazienti. Mai quanto me però di lasciarmi  questo capitolo alle spalle. Mihai aveva fatto la sua scelta.

Meno di una settimana fa era  andato a vivere con la ragazza che gli aveva presentato la mamma. Emmy era stata trasferita dalla zia Liudmilla a Singerei, dove sarebbe rimasta per sempre. 

Ed eccomi qua, insieme a mia madre davanti a un altro cambiamento, del tutto naturale nella nostra vita. In fondo, era solo la quinta casa dove stavo andando a vivere temporaneamente. 

Considerando che alla nascita ho vissuto in quella dei nonni materni, poi in quella dei nonni  paterni a trenta chilometri di distanza dalla prima. Poi è stato il turno del monolocale e del  trilocale.

E ora mi attendeva la casa di una zia, in cui sarei stata fortunatamente a mio agio con i miei cugini. Forse questa è la parte che preferisco del mio cammino. Ero stata felice in quella casa, nonostante le cose brutte che avevo appreso. 

La mamma chiuse a chiave l'appartamento e si fermò un momento davanti a fissare la porta. Guardai i miei piedi in silenzio, aspettando che lei dicesse addio ad una parte della sua vita. 

«Tranquilla Khatrine, vedrai che un giorno torneremo qui e faremo un Natale o un  Capodanno tutti insieme.» Disse lei. Sembrava volesse convincere più se stessa di me.

Il  tassista mise nel bagagliaio le due valigie che poco fa io e mia madre avevamo trascinato  giù a fatica per quattro angusti piani. Fece sedere mia madre davanti e me dietro. Avevo le  cuffie nelle orecchie e la cassetta consumata ripeté all'infinito quelle melodie senza voce.

Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica per la mezz'ora successiva fino  all'arrivo a Singerei. La città dove sono nata io, dove è nata mia madre, mia nonna,  bisnonna, trisnonna e così via. I Tabarcea erano una famiglia allargata a Singerei.

Così  numerosa che, prima di sposare uno di loro, era bene andare all'anagrafe e controllare che  non fosse un lontano cugino. Ironia della sorte, gli incidenti capitavano.

Nelu infatti era  considerato uno di quelli. Daria, la madre, aveva sposato un cugino lontanissimo. Fatto sta che la mamma di  quel tizio era la sorella della mia nonna materna.

Non chiedetemi la parentela dei due sposi  e come hanno fatto a scoprirla perché non ho indagato a fondo, ma pare che il marito di zia  Nina, la madre dello sposo, aveva sposato un parente lontano da parte di mio nonno paterno e di conseguenza i due sarebbero stati parenti seppur di lontanissimo grado. Loro due si  ritenevano innamorati.

Hanno presto imparato però che l'amore non vince sempre su tutto.  Ci vuole dedizione e una buona dose di impegno per far funzionare bene le cose. Soprattutto dalle mie parti.

Non molto dopo la nascita di Nelu, i due si separarono per incomprensioni  tra famiglie e a causa del lento raffreddamento della loro passione. Solo al pensiero di ciò che aveva passato Nelu nell'altra vita per colpa di quei due mi veniva da vomitare. E di  solito odio vomitare, ma lo farei volentieri se dovessi rivivere tutto un'altra volta. 

Mi sveglio quando la musica si interrompe nelle mie cuffie. Apro gli occhi e noto con  sorpresa che siamo quasi arrivati. Ho dormito con il viso appiccicato al finestrino e sono  sicura di avere la guancia destra arrossata.

Sono seduta dietro mia madre e ammiro la strada  principale di Singerei. Una linea lunga almeno cinque chilometri divide la città in due parti.  La parte alta è dove siamo diretti. Gli alberi sono folti e ricchi di fogliame verde.

Il loro  fruscio mi calma la mente. Ho voglia di aprire il finestrino e tirare fuori la testa, ma so che  metterei in imbarazzo mia madre. Sono delusa da molte cose da quando sono tornata.

Per  esempio, di non aver potuto aiutare Giulia e Mihai. Consapevole che così non avrei salvato  nemmeno Emmy. So bene che nonostante il cammino che l'attende, alla fine emergerà e  sarà la donna forte che era destinata a diventare.

Chi sono io per decidere per gli altri? Se si tratta di vita o di morte, vorrei almeno provarci.

Il piccolo cancello verde si apre appena il  taxi si ferma bruscamente davanti. Nelu e Alina corrono a curiosare sui vetri posteriori oscurati, dove ci sono io.

Mi prendo ancora un momento prima di scendere e salutarli. Alina  l'avevo conosciuta poco nell'altra vita, solo durante le estati che passavamo insieme da  piccole.

Invece, non saprei come reagire alla vista di Nelu, visto che l'ultima volta che  l'avevo visto era dentro una bara.

∞ NOTA AUTORE ∞

Hey Watty's

Benvenuti nel mio caos ben studiato. Dico così perché è facile leggere un libro dove le conclusioni sono palesemente prevedibili. Ma insomma, non vi siete stancanti di cercare qualcosa che vi faccia assaporare nuove sensazioni? È una di quelle storie all'apparenza caotiche ma che poi pian piano si svela ogni tassello.

Molti personaggi sono ispirati a persone conosciute nella realtà perciò sono curiosa di leggervi nei commenti.

See you later Alligator.

B.K

99 TᕼIᑎGᔕ I - ᖇITOᖇᑎO ᗩᒪᒪE OᖇIGIᑎIWhere stories live. Discover now