Capitolo XXX

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Capitolo XXX

- Sveglia- urlò una voce nelle orecchie del ragazzo facendolo sussultare.
- Cane cavallo sagittario- urlò lui saltando in piedi.
- Che?- domandò ua voce femminile mentre apriva gli occhi schivando un cuscino.
- Sono le nove è presto, lasciaci dormire- protestò una voce indistinta alle sue spalle.
- Si può sapere che ti prende?- domandò di nuovo quella stessa voce.
Come il ragazzo riuscì a rimettere a fuoco le cose notò al presenza di due ragazzi in piedi difronte a lui.
Erano un ragazzo e una ragazza, dai capelli neri e blu.
- Zeno, Helena- salutò educatamente lui cercando di darsi un contegno.
- Dai alzati, che vogliono vedere se riusciremmo a difenderci da eventuali attacchia armati senza neanche una spada- disse la ragazza controvoglia, togliendogli le coperte di dosso e facendolo finire in piedi velocemente.
- A che ora si è svegliata di preciso?- domandò assonnato il ragazzo guardando l’amico.
- Alle cinque e mezza.
- E a che ora ti ha svegliato?
- Alle cinque e trentuno- boffocchiò lui sbadigliando rumorosamente zittito subito da un cuscino in faccia.
- Fa silenziò- borbottò assonnata quella stessa voce.
- Andiamo. Datemi un attimo che mi cambio e arrivo- disse lui scomparendo in bagno.
Ritorno dopo poco cambiato di tutto punto e senza più ua traccia di sonno in volto.
- dai muoviti che adiamo- disse lei, pensando però di più all’amico che a Kosmos che sembrava più che sveglio.
- Non tutti sono mattinieri come te.
- Sarai figlio di Ipno anche tu- scherzò lei subito bloccato con lo sguardo dal ragazzo.
- No. Lui anche qui no. Lo posso sopportare come amico ma non come fratello a dover dividere con lui la cabina- disse quello borbottando e lamentandosi per almeno dieci minuti buoni fra sé e sé del perché e del percome sarebbe stato orrendo a parer suo se fossero stati veramente fratelli.
Arrivarono dopo poco al poligono di tiro con l’arco dove i figli di Apollo si stavano esercitando.
Notarono quasi subito una figura in armatura dorata nascosta dagli sguardi altrui da una specie di incantesimo.
- Sarà stato mio cugino- sussurrò Helena ai due - Gli sono sempre piaciuti gli incantesimi, specie quando mia mamma faceva scomparire mia zia.
- E’ un nipote di Ecate?
- Sì e a quanto ne so anche parecchio potente. Riusciva quasi a tenermi testa anche se io sono avvantaggiata dal cosmo.
Lui annuì confuso ripensando alla magia della ragazza.
Notarono che teneva un arco in mano e lo fissava con uno sguardo strano come se fosse incantato, quasi perso nei suoi ricordi.
La ragazza fece scattare un braccialetto quasi invisibile, con il quale si teletrasportava di solito fuori dal Grande Tempio, diventando così invisibile agli occhi dei semidei, agli occhi di tutti coloro che non avevano sviluppato il sesto senso.
Si avvicinò furtiva, spiccando poi un salto.
- Che succede?- domandò lei confusa mentre l’altro la salutava con un cenno del capo.
- Niente niente- svicolò lui il discorso, gurdando il cielo e le nuvole lontane, illuminate dai caldi raggi solari che si rifletevano anche nel mare che bagnava la spiaggia di Long Island.
- Non è vero- insistette lei socchiudendo gli occhi. Un corridoio largo, una stanza circolare, di nuovo u corridoio simile al precedete a cielo aerto che poi riconobbe come uno dei ponti del Grande Tempio, la casa dell’Acquario, una figura china a terra. Venne sbalzata velocemente fuori dalla mente, tornata di nuovo impenetrabile.
- Sì può sapere che stai facendo?- domandò quello leggermente adirato - Stavi cercando di leggermi la mente? Gemini non ti ha insegnato che è maleducazione?- disse poi abbassando un po’ il tono di voce che però non si era mai alzato più di tanto.
- Chi era?
Lui non rispose alzandosi e mettendo via l’arco.
- Ci stanno aspettando nell’arena dove si allenano- disse semplicemente lui saltando giù dal muretto spiccando il volo.
Le ali dorate scintillavano alla luce del sole, invisibili agli occhi dei smidei.
La ragazza riconobbe lìincantesimo appena furono nell’arena, quando si tolse l’aratura facendola tornare la solita cloth un po’ ingombrante nascosta nello zainetto che portava appeso al braccio.
Come se la tolse ritornò imporvvisamete visibile.
- Quindi durava fino a quando non ti toglievi l’armatura giusto?- domandò lei mentre lui annuiva ancora un po’ rigido.
- E così siete venuti- disse una voce femminile alle loro spalle - Cominciavo a pensare che non ne aveste il fegato pivellini- disse sempre quella voce fastidiosa mentre lo sguardo di tutti e quattro i presenti si accendeva di potere.
- Chi sei? Non doveva esserci Annabeth?- domandò stupita la ragazza dai capelli blu.
- Doveva. Ma aveva di meglio da fare che rompere a pezzettini dei novellini- disse lei mostrando il volto sotto l’elmo piumato.
- Come ti chiami?- domandò pacatamente il più grande guardandola dall’alto, infastidendola notevolmente.
- Clarisse La Rue, figlia di Ares- si presentò lei con un ghigno.
- Piacere La Rue- disse lei cordialmente allungando una mano che venne strizzata quasi fino a strizzare le ossa della mano.
- Piacere novellina- disse lei rimarcando l’ultima parola sogghignando.
La sollevò a mezz’aria sbattendola contro il suolo polveroso sollevando così ua densa nube di polvere mentre socchiudeva appena gli occhi bicolore.
- Bel colpo sul serio- disse lei rialzandosi subito bloccata dalla spada puntatale alla gola guardandola negli occhi chiari.
- Come pensi di fare adesso?- domandò lei.
- Così- rispose semplicemente lei spostando la spada con un dito della mano, rialzandosi poi tranquillamente.
- Come hai fatto?- domandò quella spostando la forza dal braccio che teneva la spada al resto del corpo.
Lei scrollò le spalle come se niente fosse stiracchiandosi facendo poi scricchiare le dita con un solo colpo secco in avanti gli occhi bicolore scintillanti.
Sorrise, le labbra increspate da un piccolo ghigno contornate dai capelli blu.
La ragazza dai capelli castani partì all’attacco menando un fendente con la spada diretto al buto che schivò facilmente.
Semrava muoversi come l’acqua, serpeggiando con il solo movimento del busto fra i colpi dell’altra.
Si fermò un attimo riprendendo fiato dopo ben dieci minuti diattacchi, affondi e stoccate.
- Ma si può sapere come fai?- borbottò lei calandosi l’elmo sul volto.
La ragazza sorrise come se stesse giocando a pallone con un amico e non che stesse schivando colpi da una decina di minuti senza interruzione e senza il minimo sforzo.
- Sai difenderti bene, ma vediamo se sai anche attaccare- detto qeusto rimase immobile ad osservare le mosse dell’avversaria.
Quella si mosse lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo, sapendo che non avrebbe mai attaccato se voleva vedere uno dei suoi di attacchi.
Si avvicinò lentamente, gli anfibi che battevano ritmati sulla sabbiolina sparsa per tutto il Campo.
Poi scattò in avanti compieno un solo balzò, azzerando la distanza di ben due o tre metri fino a trovarla a qualche centimetro da lei.
Quella fece un balzo indietro per lo spavento, i capelli mossi dal vento che aveva preso a soffiare.
La ragazza dai capelli blu tirò un calcio alla spada facendola volare via entro pochi secondi.
Quella prese ad arretrare stupita cercando di recuperare la spada.
Il pugno della ragazza prese a brillare mentre quella spiccava un balzo verso il cielo, finendoper un attimo davanti al sole, tornando verso la ragazza dopo poco la mano testa in avanti.
Prese la spinta contro le spalle della ragazza, ribaltadola con non poco sforzo.
Atterrò poco lontano la mano fumante e gli occhi socchiusi.
Si voltò indietro mentre l’altra si rialzava e partiva all’attacco.
Schiv qualche colpo con i pugni chiusi da parte dell’altra.
Si mise in posizione di difesa, passando poi alla postazione per la corsa, cme se fosse una velocista.
Spiccò una corsa in avanti raggiungendola dopo poco sollevandola con una mano e trascinandola in avanti per il colletto della maglietta.
Spiccò un salto, sempre tenendola stretta gi occhi che brillavano pericolosamente.
- Fermati- urlò il ragazzo dai capelli biondi portando una mano in avanti - E’ solo un’essere umano- urlò lui mentre lei atterrava sui piedi invece che sbattere la ragazza contro il muro infondo ai gradini.
La lasciò cadere sulle panche mentre lei la guardava con gli occhi scuri spalancati per lo stupore.
La ragazza rimase un attimo a guardarla poi fece un salto all’indietro, riatterrando dai suoi amici.
- Mi aspettavo di meglio- borbottò lei con gli occhi che piano pinao tornavano normali.
- L’hai solo stupita- la rassicurò l’amico - Non era pronta per affrontare qualcuno di livello superiore a quanto si aspettasse.
Lei annuì poco convinta.
La ragazza dai capelli castani si alzò dopo pochi minuti avvicinandosi velocemente.
- Non vale. Non ero pronta. Riproviamo. Ma ad armi pari, senza quel tuo bracciale- disse lei vedendolo scintillare e pensando che fosse quello a conferirle potere.
- D’ccordo. Se riesci a togliermelo saremo finalmente pulite nello scontro. Ma senza armi- fece lei ghignando in un modo che non era assolutamente suo facendo arrbrividire l’amico.
- Si può sapere che ti prende? Quel bracciale doveva srvire per aiutarti, per custodire i tuoi poteri- disse il biondo sussurrando.
Lei prense un respiro profondo per poi sbottare - No. Non mi aiuta, affatto. Mi fa sentire braccate, in gabbia. Ho provato a non darlo a vedere ma è insopportabile sentire qualcosa di freddo contro il polso come una matetta che sembra risucchiarti parte di te stesso ogni secondo di più, ogni volta che attivi il tu cosmo.
Lui comprese come si dovesse sentire la ragazza e annuì.
- Io non posso togliertelo- disse solamente dispiaciuto.
Lei annuì calmandosi appena.
Si avviò verso la porta dell’arena, uscendo e avviandosi verso la cabina di Ermes buttandosi sul sacco a pelo che le avevano dato.

I Cavalieri dello Zodiaco - La figlia dello ZodiacoWhere stories live. Discover now