Capitolo VI

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Capitolo VI

- Ecate?- domandò una voce femminile, che era restata in silenzio per tutta la durata del racconto.
Alcuni trasalirono.
- Sì. Tu sei cresciuta e restata per molto tempo in Grecia, non è vero?- domandò lei, mentre la ragazza la guardava con gli occhi bicolore spalancati.
- E lei come?- fece per domandare, ma venne fermata da un sorriso.
- Ora non importa. Comunque, credo che tu sappia chi sia e che ne conosca anche il mito, non è vero?- lei annuì, dando conferma diq uello che pensava.
- Bisogna stare in guardia da quella dea. Sta radunando un grosso numero di seguaci, dotandoli di poteri a noi sconosciuti. I suoi incantesimi sono subdoli, illudono, fanno sembrare vero ciò che è falso e ciò che è vero falso. Non dovete cadere nella sua trappola, o il destino del mondo può essere segnato. Non credo che sia più buona come veniva descritta in alcuni miti. Lo dimostra anche il fatto che ha dotato i suoi soldati di un’arma notevole- disse, ccennando con lo sguado all’oggetto che il cavaliere del leone teneva in mano - Nota per la sua pericolosità se usata male, o se dotata di troppa forza e potenza. La magia, mescolata al cosmo dei cavalieri può essere un’arma letale, se usata nel modo peggiore, nel modo più malvagio, crudele e disumano.
Annuirono tutti e fecero per andarsene, la ragazza compresa, ma venne trattenuta da Atena.
- Ferma un attimo er favore-disse con calma - Vorrei parlarti.
Lei annuì e, dopo aver poggiato un ginocchio a terra, sollevò o sguardo sulla figura più grande di lei.
- Non so come tu faccia ad avere un cosmo già così potente alla tua età, senza esserti mai allenata prima, ma una cosa la so. Tu non sei dalla loro parte. O non avresti tentato di fare una cosa del genere poco fa.- disse, omettendo buona parte dei suoi ragionamenti.
Lei scosse la testa negando.
- In realtà ci sarebbe una cosa che le dovrei dire- disse lei, colpevole.
- E che cosa?
- Vede, da piccola mia madre pensava che dovessi preparami a tutto. Diceva che è pericoloso per una bambina, una ragazza, una donna, o comunque in generale una femmina, andare in giro senza la benché minima protezione. Mi iscrisse a molti corsi, come karate, judo e quant’altro, ma nessuno la soddisfaceva. Così prese ad allenarmi lei. Per molti anni mi spiegò come spaccare anche le pietre con la sola forza di volontà. Solo quello. Creedeva che riflessi o astuzia ne avessi già abbastanza senza dovermi allenare ulteriormente. Non mi ha mai voluto spiegare però che cosa fosse questa cosa strana che mi permetteva di fare delle cose che ai avrei pensato possibili.
- E dov’è tua madre adesso, Helena?- domandò lei, supponendo già la risposta.
- Lei, io, qualche anno dopo, a sette anni circa, ho fatto arrabbiare una persona. Era poco più grande di me, ma molto più cattivo. Quando non ho voluto più sottostare a ciò che obbligava sempre a me ed ad altr miei coetanei si è arrabbiato. Ha fatto una cosa strana. una strana luce è partita dal suo pugno. Mi sono spaventata. Ed ho urlato. Poi non ricordo tanto bene. So solo che riuscii a parare il colpo in qualche modo e che si ritrovò a terra, cometutti gli altri. Hanno detto che si trattava di una scossa particolarmente violenta di erremoto, ma io so che non era così. Per fortuna non ci sono state vittime, solo feiti poco gravi, ma tutti, fra i miei coetanei e quelli che passavano di lì avevano visto il terreno spaccarsi e le pietre leversi in aria. Non sono riuscita a smentirli. Mia madre, per proteggermi, mi mandò in Italia, in un paesino sperso sulle Alpi, a confine con la Francia, il più lontano possibile. Ho dovuto ricominciare tutto da capo, imparare una nuova lingua, andare in una nuova scuola, inventarmi un nuovo passato, trovare nuovi spazi per stare da sola. Vivevo con una lontana zia, ufficialmente, ma in realtà era una vecchia amica di mia madre, che s erano conosciute anni fa. Poi tutto è cambiato. Uno sconosciuto, dai capelli neri e gli occhi rossi è arrivato, bussando alla porta della casa. Lei deve averlo riconosciuto, non lo so, fatto sta che mi ha detto di scappare, così sono uscita dalla porta sul retro. Poi non ricordo e mi sono ritrovata qui, in questo strano posto caotico, dove le persone combattono fra di loro come se ne andasse della vita di tutti- al silenzo dell’altra intuì che in effetti ne andava veramente della vita di tutti e rimase lì, a bocca aperta.
- Cavolo. Non avevo mai detto nulla a nessuno. Mi perdoni- disse lei, chiando il capo.
L’altra scosse la testa.
- Io sono Isabel di Toule, meglio nota come Atena.
Lei rimase a fissarla con gli occhi spalancati, brillanti.
- Quindi non stavate scherzando fra tutti, prima, quando dicevano di essere i cavalieri di Atena?- domandò lei, passandosi una mano sulla benda che sporgeva dalla manica lunga.
- No- disse seplicemete lei sorridendo malinconica e squotendo il capo.
- Posso andare?- domandò lei, leggermente comfusa da quanto appreso.
L’altra annuì, mentre la ragazza ringraziava e si allontanava velocemente, superando con un balzo il buco creatosi nel ponte.
- Che cosa voleva?- domandò Zeno, quando la vide arrivare.
- Niente- borbottò lei, continuando a camminare, non dando altra scelta al ragazzo che di seguirla.
Lui continuava a arlare, ad insistere di voler conoscere.
- Basta. Hai into. Te lo dico che cosa mi turba- disse sbuffando lei - Ma non qui, non ora. Domani, alle cinque, davanti alla casa vuota, mi pare quella dell’Acquario, no?
L’altro annuì, allontanandosi, per po tornare subito indietro.
- Ma alle cinque non abbiamo gli allenamenti?- domandò stupito lui.
- Alle cinque di mattina- disse, lasciando intendere un commento poco lusinghiero nei confronti del ragazzo.
Questa volta si allontanò lei, dirigendosi nella casa del suo maestro, sedendosi sula porta ad osservare il cielo scuro.
Venne colpita da un’idea imporvvisa.
Prese a correre, da quando le avevano tolto quell’oggetto di dosso aveva molte più forze, raggiungendo in poco tempo la casa dell’Acquario dove si trovava il ragazzo in quel momento.
- Ehi, tu hai un’orologio?- domandò lei, mentre lui annuiva, confuso.
- Scusa, me lo potresti prestare?- lui annuì, sfilandoselo.
- Grazie Zeno. Te lo restituisco domani mattina- urlò lei correndo via.
- Ehi aspetta- esclamò lui, come risvegliatosi da un sogno - E io come faccio?
- Ti sveglio io- rispose in lontananza lei, mentre l’eco della sua voce si perdeva nel cielo della sera.
Il ragazzo intuì che sembrva più una minaccia che una proposta felice.



















I Cavalieri dello Zodiaco - La figlia dello ZodiacoWhere stories live. Discover now