Capitolo XVIII

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Capitolo XVIII

- Si può sapere che è successo?- domandò il suo maestro, quando la sentì avvicinare.
- Niente.
- Ho sentito un tonfo. Ho percepito il tuo cosmo.
- E come fa a sapere che era proprio il mio?- domandò esasperata lei, voltandosi, non potendone pù di tutte quelle stranezze.
- Semplice- rispose noncurante della sua espressione, almeno in apparenza - Hai un cosmo potente, che non passa di sicuro inosservato. Ed è l’unico ad avere delle tracce di magia in sé- rispose lui, mentre lei chinava il capo, demoralizzata, non illudendosi più che il suo maestro non notasse le sue assenze.
- So che cosa stai facendo, ma per tua fortuna sono l’unico fra di noi- lei annuì, non del tutto convinta.
- Ti chiedo solo di stare attenta. Non è un ambiente sicuro, quello- disse lui, serio.
- Lo so anche io, grazie- rispose le fredda.
- Anche se lei è- fece per incominciare l’altro, ma si fermò subito vedend lo sguardo di avviso che gli lancò la ragazza velocemente.
Lui sospirò, arrendendosi al fatto di dover aspettare ancora un po’ per ottenere delle risposte.
- Posso chiederti una cosa?- domandò lei, mentre lui annuiva - Che cosa vuol dire “Tumido geminos 'got filia peius”.
- E’ latino- lei annuì.
- Non lo so, mi spiace- rispose lui, squotendo la testa - Però non sembra una cosa propriamente amichevole, dato che è stata scritta su un coltellino.
- E lei come?
- Perché l’ho visto- rispose seplicemente lui, mentre lei spalancava gli occhi.
- Non avevo neanche cinque anni e avevo capito una sola parola “gemelli”. Mi è rimbombata in testa per anni.
Lei annuì.
- Come mai me lo domandi?- domandò ancora, fissandola con attenzione negli occhi.
- Io- fece per confessare lei, fermandosi però poco dopo, ripensandoci.
- Così. Per curiosità. Passando per andare a trovare mia madre, quest’estate, ho visto quell’incisione su un muro, a qualche metro da dove mi avevate lasciata.
Lui annuì, poco convinto.
- Peccato che non ci fossero muri nell’arco di chilometri tranne casa di tua madre- lei capì l’errore commesso.
Si alzò improvvisamente, scattando in piedi come una molla, mentre la sedia sulla quale era seduta cadeva rumorosamente all’indetro.
- Si può sapere che ti prende?- domandò lui confuso, guardandola stupito.
- Niente, assolutamente niente- rispose.
- Helena- la rimporverò lui, mente lei inventava una scusa dietro l’altra, una più strana dell’altra.
- Devo andare, ho promesso a Zeno di aiutarlo con gli studi- mentì lei, avviandosi verso la porta.
- Lo sai no che Zeno ha gli allenamenti ora, no?
- Già, è vero, me ne ero dimenticata- borbottò lei, trovando subito un’altra scusa - Che sonno. Credo che andrò a dormire- disse, sbadigliando fintmente.
L’altro sorrise, squotendo la testa.
- Sono le cinque- le ricordò lui, mentre lei scrollava le spallee si avvivava.
- Evidentemente mi viene sonno presto.
- Devo ricordati che quella è la cucina? domandò lui, indicandole la porta che intendeva aprire.
- Giusto- borbottò lei, osservando con attenzione la porta davanti a lei, avviandosi veramente verso la sua camera.




















Spazio autrice
Questo è un capitolo di passaggio, quindi e più breve, serve per capire lo stress della ragazza, che arriva quasi a farla delirare.

I Cavalieri dello Zodiaco - La figlia dello ZodiacoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora