Capitolo 25

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Danny imprecò, chiudendo il quaderno e sdraiandosi sulla sedia. Non riusciva a fare gli esercizi di matematica che avrebbe dovuto svolgere per l'indomani, e si sentiva un incapace. Nonostante si impegnasse, non riusciva a comprendere quei concetti. Probabilmente, era solo limitato. Osservò le cuffie e pensò di mettersi sul letto ad ascoltare un po' di musica, quando il campanello suonò. Guardò di sfuggita l'orologio, corrugando poi la fronte. Non poteva essere Jack, perché avrebbe finito di lavorare alle undici di sera, mentre erano solo le sette. Scese le scale rapidamente, fermandosi solo davanti all'uscio. Si guardò allo specchio, sistemandosi un po' i capelli disordinati. Indossava i pantaloni neri di una tuta molto larga e una maglietta a maniche corte bianca, e i suoi occhi verdi erano contornati da occhiaie marcate e profonde. Non dormiva bene la notte, perché non faceva altro che pensare a Liam e al fatto che volesse disperatamente passare altri momenti con lui, senza però sembrare assillante. Si riscosse e aprì la porta.
«Ciao, Danny» disse la voce dinnanzi a lui. Il ragazzo rimase qualche secondo immobile, processando l'immagine che aveva davanti agli occhi, poi fece un passo avanti e abbracciò stretto il giovane appena arrivato.
«Brent! Cazzo, quanto mi sei mancato» lo salutò, stringendolo a sé. Anche l'amico ricambiò, aggrappandosi alla sua maglia e tenendolo vicino al suo corpo. Danny inspirò il suo odore, notando che non era affatto cambiato in quei mesi di lontananza, e si sentì profondamente rilassato. Era come essere tornato a casa dopo tanto tempo, perché Brent era sempre stato la sua personalissima casa.
«Anche tu mi sei mancato, Danny» fece poi Brent, scostandosi e sorridendogli. I suoi occhi azzurri erano luminosi, e il suo volto era decisamente riposato e tranquillo.
«Entra» propose quindi Danny, spostandosi e facendolo passare. Brent lo superò, portandosi dietro una valigia e un borsone che l'altro, fino a quel momento, non aveva notato. Chiuse la porta alle loro spalle e si voltò, con un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto. «Sei tornato per... restare?»
«Sì. Mia mamma è stata richiamata, quindi mi ha rispedito qui. E io pensavo, se per te non è di disturbo, di stare da te. Non mi va di tornare a casa e rimanere da solo» spiegò. L'altro lo guardò di sbieco.
«Qualche mese lontani e già pensi di dover chiedere queste cose? Puoi stare qui quanto vuoi, Brently» confermò l'amico. Brent lasciò borsone e valigia e indicò la stanza al piano superiore.
«Grazie, Danny. Allora, devi aggiornarmi su tutto quello che mi sono perso. Saliamo?» chiese. Danny annuì, estraendo poi il cellulare.
«Ordiniamo due pizze però, così non avremo il problema della cena. Prosciutto e funghi?» fece. Brent sorrise, mimando un saluto militare, così Danny si occupò di telefonare all'unica pizzeria di Allenstown.
«Non ignorare la mia richiesta di racconti, però» protestò Brent, non appena l'altro ebbe concluso la telefonata. Danny avanzò, superandolo e facendogli strada, anche se non era necessario. Salirono le scale e, dopo pochi secondi, i due giunsero in stanza, nelle loro solite posizioni: Brent spaparanzato sulla sedia e con i piedi sul letto, dove invece vi era Danny.
«Non c'è molto da dire» mentì quindi il ragazzo. Non voleva annoiarlo subito con le varie diatribe tra lui e Stefan, o col rapporto complicato che, invece, aveva con Liam. «Tu, piuttosto, racconta qualcosa di questo periodo. Come è stato passare del tempo con tua madre?»
«Non ricordo di essere mai stato tanto con lei in vita mia. È stato... a tratti molto bello, ma anche pesante. Sai, è come stare tutto il tempo con una persona che sai che è importante, ma non ti ricordi perché» raccontò. Danny annuì, comprendendolo. Spesso pensava tanto alle difficoltà della sua vita, ma a Brent non era andata molto meglio. L'assenza di sua madre doveva essere straziante, soprattutto col pensiero che lei potesse morire da un momento all'altro in missione.
«E come stai ora che lei è ripartita?» chiese poi. L'amico alzò le spalle.
«Starò meglio col tempo. Ma, cambiamo discorso. Dai, raccontami! Stefan? L'altro ragazzo misterioso?» domandò. Danny sospirò. Era arrivato il momento di vuotare il sacco.
«Con Stefan sono stato uno stupido ingenuo. Abbiamo scopato ancora, abbiamo dormito assieme in questo letto, e poi mi ha confessato di avermi usato fin dal principio. Pensa, aveva sempre saputo che io ero uno studente della sua stessa scuola. Mi aveva raggirato, e io sono stato così stupido da lasciarglielo fare» disse, quasi d'un fiato, Danny. Brent lo guardò di sbieco.
«Io lo ammazzo quel figlio di puttana» replicò, scattando in piedi. Danny spalancò gli occhi.
«No, aspetta, cosa fai! Brent, apprezzo questo tuo istinto di protezione, ma le cose si fanno in due. Io sono complice tanto quanto Stefan, e ho già risolto con lui. Ti prego, non fare cose avventate» cercò di fermarlo. L'amico sbuffò, tornando a sedersi.
«Per ora. Quando lo vedo, gli spacco la faccia» decise però, Brent. Danny contrasse la mandibola. Non voleva che si creasse quella situazione, ma apprezzava molto il comportamento protettivo di Brent. Gli era decisamente mancato, in quel periodo difficile.
«Poi vediamo il lato positivo, se non mi fossi aperto e non avessi fatto esperienza con Stefan, non avrei mai approfondito la cosa con Liam» tentò quindi. Brent sembrò calmarsi, tant'è che accennò un sorriso.
«Quindi questo ragazzo misterioso si chiama Liam?» si informò. Danny annuì, abbassando lo sguardo. Parlare di Liam gli scaldava il cuore, e quello era l'ennesimo segnale di ciò che provava per il ragazzo.
«L'ho conosciuto molto bene. Non ti nego che ci sono stati periodi no, non ci siamo parlati per più di un mese per un suo scazzo, ma è una persona veramente... sfortunata. Quando siamo stati insieme, è sempre stato meraviglioso. Mi ha fatto surfare, in pieno inverno! E poi abbiamo parlato tantissimo e... Dio, Brent, è bellissimo» raccontò, in maniera abbastanza confusa. Brent scoppiò a ridere, tirandogli un gentile calcio.
«Sei assolutamente cotto. Guardati, hai gli occhi a cuoricino mentre pensi a lui. E poi, ti ha fatto surfare! Tu, Danny Myers!» lo incalzò. Danny arrossì violentemente. Era vero, anche lui si sentiva... diverso. Anche rispetto a quando provava sensazioni per Stefan: probabilmente, non avendo mai amato nessuno, non era in grado di dire che, ciò che avvertiva per il ragazzo perfetto era solo una flebile attrazione che, col senno di poi, in confronto a quel che sentiva per Liam non era nulla.
«Suo padre lo picchia. Dio, non sai quanto mi manda in bestia questa cosa» confessò poi. Brent scosse il capo.
«Figlio di puttana. Purtroppo, queste persone esistono e sono le peggiori. Dovresti cercare di aiutarlo» suggerì poi.
«Non so fin quanto posso spingermi. Sai, ci conosciamo da poco in realtà, e non ho idea di cosa lui possa sentire nei miei confronti. Non vorrei fare la figura dello stupido. Non so nemmeno se sia gay o meno» commentò, però, Danny. Brent gli sorrise, alzandosi in piedi e mettendogli una mano sulla spalla.
«Danny, carpe diem. Se lui ti piace, se ti ispira fiducia, se ci tieni e se, come mi sembra dai tuoi racconti, è una bella persona, devi buttarti. Al massimo, tornerai qui piangendo, ci consoleremo a vicenda e, dopo circa due settimane, la starai già superando. Ma se va bene, troverai qualcosa che, nella vita, capita di rado. Un sentimento che non devi lasciarti sfuggire» lo incoraggiò. E aveva ragione da vendere. Danny si alzò, abbracciandolo forte. Gli era mancato davvero tanto, e in quel momento si rese conto che tutti i suoi timori sul loro vivere separati e le conseguenze di quella distanza erano totalmente infondati. Paradossalmente, sentiva che il loro rapporto era più forte, in grado di resistere anche a mesi di lontananza: praticamente, indistruttibile. Fece per rispondere, ma non vi era tempo: le pizze erano arrivate. Danny sbuffò, si scostò dall'abbraccio e avanzò verso le scale. Le percorse rapidamente, raggiungendo a quel punto il piano inferiore, e aprì la porta. La figura che comparve, però, lo lasciò di stucco, con l'uscio aperto e il portafogli in mano. Deglutì, cercando di ritrovare il fiato perduto, ma l'altra persona lo anticipò.
«Ciao Danny» disse, sorridendogli. Il ragazzo avrebbe potuto sciogliersi di fronte alla bellezza di quelle labbra incurvate, non troppo carnose ma nemmeno sottili, che si sposavano perfettamente con gli occhi azzurri.
«Ciao, Liam» rispose quindi. L'altro gli sventolò le pizze davanti, così Danny le afferrò e le depositò sul mobile vicino all'ingresso.
«Sono venti dollari» fece il biondo. Era vestito con una giacca rossa con il logo della pizzeria e un jeans scuro. Non aveva il suo solito cappellino, quindi i capelli biondi erano sparati in testa, andavano un po' dove volevano. Danny prese una banconota da cinquanta e gliela diede, sorridendogli.
«Tieni pure il resto. Non sapevo che lavorassi per la pizzeria» confessò.
«Te l'ho detto, devo ripagare mio padre» spiegò. Danny sentì la solita ondata di tristezza mista a rabbia. La vita di Liam era talmente tanto difficile che lui non poteva nemmeno immaginare la fatica che faceva ogni giorno a non impazzire. E Danny voleva aiutarlo. Cazzo, se lo voleva! Ne sentiva la necessità impellente, tutto il suo corpo glielo comunicava costantemente, ogni volta che era vicino a lui. Sospirò, avanzando di qualche passo. Pensò alle lamentele che lui faceva costantemente sulla propria esistenza, alle volte in cui lui si sentiva triste, giù di morale, o simili, e poi vedeva quel ragazzo dal sorriso stupendo che voleva vivere, essere felice, e ci metteva tutto il suo impegno. Vedeva un combattente, qualcuno che non si faceva sconfiggere nemmeno da un padre violento. Sentì le lacrime premere per uscire, ma le trattenne stoicamente. Ripensò alle parole di Brent di poco prima, e non poté non pensare che non fosse un caso il fatto che Liam fosse lì, in quel momento. Forse, il destino gli stava mandando un messaggio. Forse, Brent aveva ragione. Carpe diem...
«Scusa ma, cazzo, devo farlo» lo avvertì, poi lo cinse con un braccio e si portò a pochi centimetri dal suo volto. Poteva osservare i suoi occhi azzurri spaventati e vigili, con quel solito velo di malinconia che li contraddistingueva. Poteva notare i segni di lividi passati sugli zigomi, a dimostrazione della vita complicata che aveva. Sentiva la sua schiena sotto il palmo della mano, ovattata dalla giacca rossa. Avvertiva il suo respiro sul volto. Era leggermente accelerato, ma ancora tranquillo. Probabilmente, anche lui si sentiva a casa, come Danny in sua presenza. Almeno, era quello che il ragazzo sperava. Così si chinò e posò le proprie labbra su quelle di Liam. Non sapeva cosa aspettarsi da quel gesto, ma sentiva semplicemente che doveva farlo. Era tempo che combatteva contro quell'istinto fisico di toccarlo, di stare con lui, di averlo sempre lì, a disposizione. Liam non si svincolò. Rispose al bacio, afferrandolo anch'egli con un braccio e attirandolo a sé. E fu molto più che fantastico. Non era il bacio romantico dei film, quello che veniva scambiato sotto le stelle in una bellissima notte estiva. Era un bacio vero, un contatto che trasudava di vita reale. Liam gli trasmise tutto quello che nemmeno Stefan, a suo tempo, riuscì a fare. E il confronto non esisteva minimamente: i baci, con Stefan, erano fantastici, ma con Liam raggiungevano uno step che mai, nella sua esistenza, Danny aveva toccato. Non c'erano parole per descriverlo: era, semplicemente, vero. In pochi secondi, che a Danny sembrarono ore, visse veramente. E lì, in quel momento, aveva tutto ciò che aveva sempre voluto, tutto ciò di cui poteva avere bisogno. 

Il Tempo di una SigarettaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz