Capitolo 5

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Quando tornò al tavolo con le due birre, Danny avvertì la chiara sensazione al petto che gli segnalava che, probabilmente, non aveva preso la decisione migliore. Stefan era di spalle, e sembrava intento a controllare i messaggi sul cellulare, quindi lui posò le birre e si sedette al proprio posto. Istantaneamente, l'altro ripose il telefono in tasca e prese il suo bicchiere, iniziando a sorseggiarne il contenuto.
«Come mai non sei alla festa?» indagò Danny, deciso a volerci vedere chiaro sulle reali motivazioni per le quali Stefan era lì. Secondo lui, non poteva essere quella banale necessità di amicizia, perché Danny Myers mai aveva suscitato in qualcuno la voglia di conoscerlo approfonditamente. Sicuramente, c'era altro sotto, e lui avrebbe fatto luce su quel mistero.
«C'ero, ma me ne sono andato via prima per venire qui. So che non lo pensi, ma in realtà io non amo quelle feste» rispose. Danny sorrise, reprimendo una battuta. «Perché ridi?»
«Niente, pensavo solo... nulla, non pensavo a niente» fece. Stefan alzò le sopracciglia e lo guardò di sbieco.
«Avanti, parla» lo spronò. Danny sorrise ancora, scuotendo il capo per la situazione.
«Beh, sarà che quelle feste hanno smesso di piacerti quando Melissa Wright ti ha incastrato?» chiese. Stefan scoppiò a ridere.
«Sì, devo ammettere che quella è sicuramente una delle motivazioni. Sai, le feste della squadra sono composte da alcol, droghe e ragazze» spiegò. Danny annuì, iniziando a bere la propria birra.
«Attento, non cadere nella perdizione» rispose, imitando la voce di Melissa. Stefan rise ancora, rivelandosi più solare di quel che l'altro potesse pensare. Stava deliberatamente prendendo in giro la sua ragazza, non si sarebbe dovuto arrabbiare?
«A volte, Melissa è troppo perfetta anche per me» commentò invece, con un tono piuttosto distaccato.
«Problemi in paradiso?» domandò Danny, di getto. Si rese conto di aver trattato un argomento molto personale quando loro due nemmeno si conoscevano, quindi si maledisse per quell'uscita poco ragionata.
«Tutte le relazioni hanno i loro problemi, ma io la amo, quindi li supereremo» chiarì, sorridendo, Stefan. Era evidente che non volesse parlarne, quindi Danny non insistette.
«Devi ancora spiegarmi perché mi perseguiti. Io non mi bevo le storielle sull'altra sera, sull'ego ferito, eccetera» decise di dire.
«Non sono storielle. Te l'ho già detto, ero curioso di capire chi fosse quel ragazzo, e ho poi scoperto il legame che hai con Brent. Sono veramente invidioso, io ho sempre desiderato un'amicizia così, invece sono circondato da coglioni che non sanno pensare ad altro che al sesso. Sai che fatica sopportare quei discorsi?» spiegò. Danny aveva la sensazione che non fosse tutto, ma lasciò cadere momentaneamente l'argomento.
«Immagino, ma tu non sai nulla di me. Prima di provare invidia, dovresti passare una giornata nei miei panni» commentò. Stefan aggrottò la fronte, mentre i suoi bellissimi occhi grigi indagavano lo sguardo di Danny.
«Cosa intendi?» chiese. L'altro sorrise amaramente. Non era certo di volersi aprire completamente, quindi rimase qualche secondo a ragionarci. Cosa aveva da perdere? Non sapeva nemmeno perché erano lì a parlare. Aveva un'evidente attrazione fisica nei confronti di Stefan, e per quello sperava che non iniziassero mai a frequentarsi in amicizia, perché non poteva garantire di riuscire a evitare di mostrare quelle sensazioni. Al contempo, però, l'opinione di Stefan su di sé gli importava. Probabilmente per ciò che rappresentava a scuola ma, per lui, era fondamentale che il biondo non pensasse male di lui. Alla fine, sospirò.
«I miei genitori hanno divorziato e sono scappati, lasciando me, mia sorella e mio fratello alle cure di mia nonna. Lei è venuta a mancare qualche anno fa, lo saprai, e da quel momento non ho praticamente una famiglia. Mia sorella è impazzita per il lavoro e le responsabilità di essere la maggiore, mio fratello è un poliziotto immaturo e montato. Non ho mai avuto amici, a parte Brent. Con lui si è sviluppato un legame praticamente fraterno, ed è l'unica vera cosa che ho nella mia vita. Ma non posso attaccarmici al cento percento, altrimenti diventerei pesante. Quindi, alla fine, sono un povero adolescente solo, senza passioni e con una vita tutt'altro che interessante» raccontò, vedendo in sé prevalere la voglia di essere sincero a quella di tacere. Stefan guardò a terra per un momento, poi tornò a scrutare il volto di Danny con i suoi pozzi grigi.
«Mi dispiace. Cazzo, non deve affatto essere una vita facile. Però, se posso permettermi, credo che tu sbagli a dire che non devi pesare troppo su Brent. Io penso che non saresti mai un peso per lui, quindi lasciati andare, e trai tutto il possibile da quell'unico legame importante che hai. Poi, non hai passioni? Beh, questo perché ancora non hai provato tutte le cose che potrebbero piacerti» rispose. Danny lo guardò di sbieco.
«Ad esempio?» indagò.
«Canottaggio? Immersioni? Surf? Hai provato sport come il calcio, il basket, la pallavolo? Sei mai stato a camminare in alta montagna, facendo trekking? E, a livello scolastico, hai mai provato economia, legge, medicina? Come fai a dire che non ti appassiona nulla se ti chiudi nel tuo guscio e non sperimenti?» lo provocò. Aveva ragione, Danny non aveva mai provato le cose da lui elencate, ma non si sentiva meglio nell'udire quelle parole, anzi: ancor di più, si credeva un fallimento.
«Hai ragione, ma è facile dirlo dal tuo punto di vista. Se la vedi dal mio lato, se ti metti nei miei panni, non è così semplice» commentò, sospirando rumorosamente. «Perché sei qui, Stefan?»
«Io... cazzo, te l'ho già detto» rispose, esasperato. Danny sorrise, scuotendo il capo.
«Andiamo, cosa c'è sotto? Cosa non mi stai dicendo?» insistette. Stefan sbuffò.
«Sai cosa? Fa niente. Avevo solo pensato che potesse essere carino conoscere una nuova persona, qualcuno di diverso, che ha attirato la mia attenzione. Qualcuno che fosse esterno ai soliti schemi che vedo ogni giorno, alle solite persone che devo sopportare. Ma ho sbagliato, cazzo, ho sbagliato a pensarlo. Alla fine, non importa come io mi comporti, sarò sempre Stefan Perkins. Grazie della birra» ribatté, alzandosi in piedi. Afferrò la giacca e si diresse a larghe falcate verso l'uscita. Danny sentiva una parte di lui che lo spronava ad alzarsi, a fermarlo, a scusarsi per avere insistito, ma, quella volta, prevalse l'istinto che gli diceva di rimanere seduto, di lasciarlo andare via. Dopotutto, era meglio fare in quel modo. Non avrebbe dovuto gestire l'attrazione fisica che provava, non avrebbe dovuto reprimere sensazioni o sentimenti, non ci sarebbe stato il pericolo che si innamorasse di lui. Quindi, anche se avvertì un vuoto nel petto, evitò di alzarsi e lo vide uscire dal locale.

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now