Capitolo 4

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Il freddo era sceso pesantemente su quella serata autunnale. Danny aveva appena salutato Lindsey, ed era nei pressi della sua auto con Serena Howe, la mamma di Brent. Stavano aspettando il ragazzo, che non aveva idea della sua presenza. Danny, da un lato, era emozionato dalla scena che si sarebbe consumata e dalla felicità che avrebbe provato l'amico, ma dall'altro era teso come una corda di violino. Se, da quel tunnel, fosse uscito prima Stefan? Come avrebbe spiegato a Serena che doveva nascondersi, che non doveva notarlo? Per sua fortuna, il problema non si pose, perché Brent comparve in lontananza. Corrugò la fronte, nel vedere la figura accanto a Danny, poi corse nella loro direzione. Lasciò cadere il borsone a terra e abbracciò la madre, che lo strinse forte a sé.
«Mamma! Sei tornata veramente?» disse poi, con la voce rotta per l'emozione. Danny dovette sforzarsi per non commuoversi.
«Sì, sono veramente qui. E sei stato bravissimo, hai giocato benissimo. Sono veramente orgogliosa di te» rispose lei. I due si staccarono, ma rimasero a guardarsi.
«Grazie. Io... oddio, non ci credo! Quanto resterai?» domandò il giovane. La donna alzò le spalle, continuando a guardarlo con ammirazione.
«Non lo so, ma non ho in programma di partire a breve» confessò. A quel punto, Brent si voltò verso Danny e lo guardò con un'espressione dispiaciuta.
«Amico, mi sa che stasera salta» annunciò. Danny annuì solennemente.
«Certo, anzi, immagino vorrete stare assieme. Vi porto a casa?» chiese, comprensivo della situazione. La donna, però, scosse violentemente il capo.
«No, assolutamente! Ho un piano: ceniamo tutti e tre assieme, poi voi ragazzi andate a divertirvi, e io ne approfitterò per cercare di dormire» insistette. Brent sorrise.
«Mi sembra fantastico. Grazie, mamma» commentò. Danny annuì.
«Così ci vizia, signora Howe» scherzò. Lei caricò il proprio borsone sull'auto di Danny e si guardò attorno.
«Ditemi voi, esiste ancora il ristorante in centro? Come cavolo si chiamava?» chiese.
«The Ancient» risposero in coro Danny e Brent, sorridendosi a vicenda.
«Esatto! Andiamo lì!» decise la donna. I tre partirono a piedi, raggiungendo circa due minuti dopo il posto desiderato. Brent e la madre iniziarono a parlare del più e del meno, cercando di confidarsi qualche notizia saliente delle proprie vite, e ciò continuò anche dopo l'arrivo al ristorante. I tre si sedettero allo stesso tavolo, ma Danny era un po' escluso da quelle discussioni. Ovviamente lo capiva, e lui per primo evitava di intervenire per lasciare spazio a Brent, ma in parte si domandava cosa ci facesse lì. E la risposta non gli piaceva: la verità era che lui una famiglia vera non l'aveva. Sua sorella era praticamente pazza e suo fratello era il poliziotto più immaturo che potesse esistere. Brent era tutto ciò che aveva, e sua madre era sempre stata l'unica figura materna – assieme, in parte, a sua sorella – che avesse mai visto. Così ordinarono i loro panini, mentre i due continuavano a scambiarsi piccole pillole delle rispettive vite. Brent le raccontò dei voti a scuola, delle partite di football, delle uscite con gli amici, mentre lei gli spiegò com'era Damasco e accennò a qualche tipo di attività che avevano fatto laggiù. La cena, in realtà, non durò molto. Circa quaranta minuti dopo, uscirono dal locale per tornare all'auto. Il clima tra Brent e la madre si era decisamente sedato nel corso della serata. I due avevano parlato tantissimo all'inizio, per poi trovarsi nell'imbarazzante situazione nella quale non sapevano cosa dirsi. Così, era intervenuto Danny, parlando del più e del meno, del Presidente, delle elezioni locali e commentando il Super Bowl – lui, che odiava lo sport! – riuscendo, in qualche modo, a colmare i vuoti e guadagnandosi un silenzioso ringraziamento da parte dell'amico. Danny si mise alla guida, percorrendo il breve tratto che lo separava dall'abitazione degli Howe. Lasciò Serena a casa, quindi si voltò verso l'amico e lo guardò attentamente.
«Sicuro che vuoi andare a Concord?» domandò. Brent annuì, sempre sorridente.
«Certo! Grazie per l'aiuto di prima. In cambio, ho una proposta: andiamo in quello strano pub che abbiamo frequentato quest'estate?» propose. Danny, che sperava seriamente nel cinema del quale avevano discusso l'altro giorno, rimase sorpreso da quell'iniziativa.
«Certo, perché no» acconsentì però. Non se la sentiva di essere petulante e noioso proprio quella sera. Voleva che Brent si divertisse, era il suo migliore amico e si meritava la felicità che stava provando in quei momenti. Così, guidò sino a Concord e, durante quel secondo viaggio, non fecero altro che discutere della partita appena giocata. Brent gli raccontò come era nata l'idea del suo touchdown e di quanto fosse stato bravo Stefan a passargli la palla. Danny decise di tenere per sé i timori relativi al fatto che il quarterback l'avesse visto. Non voleva sembrare noioso o troppo fissato con quella situazione, quindi evitò di raccontare le sue paranoie all'amico. Circa quindici minuti dopo, Danny parcheggiò nei pressi del centro di Concord. Non appena scesero dall'auto, Brent fece una battuta sul ricordare il luogo dove avessero lasciato il veicolo, riferendosi inevitabilmente all'episodio che l'aveva portato a piantare in asso Stefan Perkins qualche sera prima. Raggiunsero a piedi il poco distante pub nel quale erano diretti. L'insegna era decadente e mostrava gli evidenti segni dell'età e della mala gestione di quel posto. Effettivamente, Danny non sapeva perché a Brent fosse piaciuto quel locale, ma dopo che si erano imbattuti per sbaglio in esso l'estate precedente, non aveva smesso di parlare di quanto volesse tornarci. Eppure, lo stato del pub era tutt'altro che rassicurante. Entrarono, guardandosi attorno. Un anziano signore sostava dietro al bancone, e qualche ubriaco giocava a biliardo in un angolo. Per il resto, il posto era assolutamente deserto.
«Buonasera. Prendiamo due birre medie» esordì Brent. L'anziano signore ragionò un momento sull'età dei due, poi alzò le spalle e si voltò per spillare le birre.
«Mi devi proprio spiegare cosa ci trovi in questo posto» commentò Danny a bassa voce, per non farsi udire dal barista. Brent gli sorrise, depositando già sul bancone di legno i soldi.
«Lo capirai» rispose misteriosamente. Danny aggrottò la fronte, scettico, ma afferrò la sua birra e seguì l'amico sino ad un tavolo vicino. «Non vedi che è proprio bello? È assolutamente decadente e poco frequentato, ed è questo che lo rende magnifico.»
«Cosa non mi stai dicendo?» lo imbeccò. Brent abbassò lo sguardo, ancora col sorriso dipinto sul volto, poi tornò a fissare l'amico.
«Senti, tu sii paziente. Ti fidi di me?» chiese. Danny sospirò, sentendo il cuore accelerare i propri battiti. Aveva una pessima sensazione e non sapeva assolutamente cosa sarebbe accaduto, ma non poteva avere una risposta negativa alla domanda dell'amico. Certo che si fidava di lui, era probabilmente l'unica persona alla quale avrebbe affidato la sua vita senza batter ciglio.
«Mio malgrado, sì» confermò. Brent annuì, cambiando repentinamente discorso.
«Ho notato che stai parlando di più con Lindsey Benson. Cosa bolle in pentola?» lo provocò. Danny sorseggiò la propria birra prima di rispondergli.
«Sì, mi hai scoperto. La amo alla follia, i miei problemi di sessualità sono appena scomparsi. Ci sposeremo a breve» lo schernì. Brent rise.
«Allora il soprannome per lei sarà Lindsey "colei che eterizza i gay" Benson» decise, facendo ridere anche l'amico. Era una loro tradizione quella di dare soprannomi alle persone che conoscevano, esasperando alcuni loro aspetti. «Però, dico, potresti presentarmela. Io sono un ottimo partito.»
«Sì che lo sei, e se vuoi te la presento, anche se in teoria la conosci già» acconsentì Danny.
«Sì beh, bisogna fare le cose bene e in maniera ufficiale. Sai, le donne vogliono...» tentò di rispondere, quando l'altro lo interruppe.
«Ti prego, non ho bevuto abbastanza birre per un tuo discorso della serie "le donne vogliono"» fece quindi. Brent si fermò, sorridendo e alzando le mani in segno di resa, poi spalancò gli occhi.
«Okay, allora, ci siamo. Ti prego di non avercela con me. Magari inizialmente potresti pensare di essere stato incastrato, ma fa tutto parte di un piano più grande del quale parleremo al mio ritorno tra circa due ore. Divertiti» annunciò, poi si alzò e percorse a larghe falcate la strada che lo separava dall'ingresso del locale. Danny si voltò, non riuscendo a comprendere le azioni dell'amico, poi vide un'altra figura dirigersi verso di lui. Spalancò gli occhi, rimanendo di sasso. Stefan Perkins si accomodò sulla sedia che, in precedenza, era occupata da Brent. Aveva un sorriso stampato sul volto, e un'espressione nel complesso soddisfatta.
«Quindi, sei uno studente della mia stessa scuola e speravi che non ti avrei mai beccato?» chiese il nuovo arrivato, andando dritto al sodo. Danny deglutì a fatica, sentendo subito la propria sudorazione aumentare a dismisura. Sicuramente, ciò era dovuto alla birra che si era appena scolato.
«Io lo ammazzo» commentò, riferendosi all'amico. Stefan scoppiò a ridere, afferrando il mezzo bicchiere di birra che Brent non aveva bevuto.
«Andiamo, ti ho visto alla partita, lo sai. Quindi, l'ho messo alle strette. Non poteva mentirmi, così credo che abbia fatto la migliore scelta possibile per tutti» spiegò il biondo. Danny, ancora ammaliato dalla bellezza della sua risata, non sapeva come replicare.
«Okay» si limitò a dire. L'altro, che in poche sorsate aveva terminato la birra, corrugò la fronte.
«Quindi? Non mi dici nulla?» domandò. Danny raccolse le energie, riscuotendosi dallo stato di stasi nel quale era finito. Non poteva certo negare di provare una certa attrazione fisica nei confronti di Stefan, ma non era l'unica sensazione che avvertiva. Una parte di lui era infastidita dall'atteggiamento del biondo. Stefan voleva parlargli, quindi smuoveva mari e monti e, alla fine, come sempre, aveva tutto ciò che desiderava.
«Si può sapere perché sei così ostinato? Cioè, come mai ce l'hai con me?» chiese direttamente. Stefan scosse il capo, col volto assolutamente sereno.
«Nessuno pianta in asso Stefan Perkins» disse semplicemente. Danny sorrise.
«Non ti facevo così montato» commentò. L'altro corrugò la fronte, sporgendosi leggermente verso di lui. Poteva vedere indistintamente le tonalità di grigio che componevano le sue pupille.
«No, credo che tu abbia capito male. Dicevo, proprio nessuno lo fa, quindi volevo conoscere la prima persona che l'ha fatto. Tutto qui, non era un discorso del tipo "come hai osato?"» chiarì.
«Bene, mi hai conosciuto. Eccomi qui: Danny Myers, quasi sfigato, sconosciuto ai più e con una famiglia imbarazzante. Ora, direi che possiamo salutarci» tentò di mettere fine al discorso. Stefan, però, era di diverso avviso.
«Myers come il bed and breakfast?» domandò. L'altro annuì, sbuffando per quel quesito. Era conosciuto più per quella pazza di sua sorella che per la sua presenza a scuola. «Se vuoi andartene, non ti fermerò. Ma se vuoi rimanere, possiamo prenderci una birra e conoscerci meglio.»
«Perché?» cercò di capire. Stefan si accomodò meglio sulla sedia, sdraiandosi il più possibile contro lo schienale rigido. Non smise mai di guardare Danny negli occhi, di fissarlo con quelle pupille che dicevano più delle parole.
«Perché alla fine non siamo diversi, noi due. Lo so che può sembrare veramente assurdo, ma anche io non ho amici. Sono circondato da persone superficiali e, cazzo, invidio il rapporto che avete tu e Brent. E vogliamo parlare della mia famiglia? No, forse è meglio evitare. Quindi, Danny Myers, non ti sto proponendo nulla di sconcio. È solo una birra e qualche parola, che ne sai che non ci renderemo conto di poter essere ottimi amici?» insistette. Il moro sospirò, guardandolo più attentamente. I suoi occhi non si limitavano a confermare le parole, ma le fortificavano con qualcosa di più. Danny ebbe la chiara sensazione che Stefan "il ragazzo perfetto" Perkins, si sentisse più solo di quanto non desse a vedere. Così serrò la mandibola, ragionandoci ancora una volta, poi si alzò in piedi e sorrise.
«Bionda o rossa?»

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now