Capitolo 24

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Danny, disteso a terra, era pronto a rispondere alla provocazione dell'altro. Non avrebbe ceduto per nulla al mondo, nemmeno in presenza di Liam. Fece per alzarsi, quando vide sopra le loro teste il pezzo di un cespuglio vorticare verso il campo. Così, comprese finalmente il gesto di Liam: non voleva originare una rissa, ma aiutarlo. L'aveva buttato a terra per impedire che venisse colpito.
«Credo che dovremmo andare al coperto» suggerì il biondo, totalmente coperto di fango per quel salto a terra repentino e inaspettato. L'altro annuì, alzandosi in piedi e tendendogli una mano. Liam la accettò, facendosi tirare su, quindi Danny indicò gli spogliatoi.
«Seguimi» ordinò, correndo rapidamente verso la struttura in cemento nei pressi del campo da football. Vi entrò, lasciando la porta aperta per l'altro, che lo raggiunse poco dopo. Sospirò, sedendosi su una panca dello spogliatoio. «Cazzo, volavano cose.»
«È una tempesta forte. Sarà sicura questa struttura?» domandò Liam. L'altro annuì, prendendosi la testa tra le mani.
«Sì, resiste da secoli credo. Al massimo, moriremo negli spogliatoi di un campo da football di provincia, senza che nessuno dei due sia un giocatore. Emozionante, vero?» scherzò, facendo sorridere il biondo. Le incomprensioni di prima sembravano superate, ma Danny non voleva lasciare nulla al caso. «Mi dispiace per averti tirato un pugno, prima.»
«Non devi dispiacerti. E... mi serviva. Cazzo, sono stato uno stronzo Danny. Non pensavo le cose che ho detto quella volta. Io... ti sono veramente grato per l'aiuto che mi hai dato» confessò quindi. Danny sollevò il capo, sorpreso da quelle parole. Lo guardò negli occhi e constatò che non mentiva: era seriamente dispiaciuto. Il cuore prese a battergli più velocemente, così si alzò in piedi.
«Cazzo, Liam, non sai quanto mi hai fatto rimanere male» gli disse, in uno slancio di sincerità. L'altro abbassò lo sguardo, evidentemente rattristito dalle parole del più grande.
«Mi dispiace veramente. Ti chiedo scusa per essermi comportato in quel modo. È che io... non sono abituato, ecco tutto» tentò di spiegare. Danny deglutì, guardandolo per un momento. Era fradicio, esattamente come lui, e aveva smarrito il cappellino per via del forte vento.
«A cosa?» chiese. L'altro alzò le spalle, tornando a guardarlo negli occhi.
«Ad essere aiutato» rispose, quasi sussurrando. Danny constatò una grande tristezza nelle parole dell'amico. I suoi occhi azzurri la mostravano: sembravano raffigurare un cielo nuvoloso, cinereo, un ambiente in bianco e nero. Forse, più nero che bianco. Si avvicinò a lui. Provava il forte desiderio di fare qualcosa, di aiutarlo, di consolarlo. Non sapeva perché, ma ogni fibra del suo corpo lo spingeva a farlo. Gli posò una mano sulla spalla e lo continuò a osservare dritto nelle iridi azzurre.
«Non sei più solo, te lo giuro. Ci sarò sempre, per qualsiasi cosa» gli promise. Ed era sincero, era esattamente quello che pensava: non l'avrebbe più lasciato solo. Gli faceva troppo male vederlo in quello stato.
«Perché lo fai?» domandò infine Liam. Eccolo, il quesito che più temeva. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Non era certo di ciò che sentiva, ma sapeva che, a smaltire la loro discussione, ci aveva impiegato diverso tempo ed, evidentemente, non era nemmeno riuscito a farlo interamente. Liam gli faceva provare qualcosa, gli faceva battere forte il cuore, lo attirava, lo spronava a proteggerlo, difenderlo. Erano delle sensazioni uniche, ma anche inspiegabili.
«Perché ci tengo a te. So che sembra stupido, ci conosciamo da poco e tu sei... insomma, non ho tanti amici, e tu rientri nella categoria di persone che solitamente non mi degnano di uno sguardo. Però, ti giuro che sento qualcosa. Sento che ci tengo, che siamo legati, in qualche modo» confessò. Liam gli sorrise.
«Grazie» disse semplicemente. Danny si avvicinò ancor di più e lo strinse in un abbraccio improvviso. Si aspettava che l'altro rimanesse pressoché sorpreso, ma constatò invece che rispose immediatamente, avvolgendolo con le sue braccia. Il primo afferrò la felpa bagnata di Liam e la strinse, inspirando il suo odore e sentendosi totalmente al sicuro. Era una sensazione mai provata prima di quel momento o, quantomeno, mai con quell'intensità. Nemmeno con Stefan era riuscito ad avvertire tutto ciò. Sentiva che sarebbe potuto rimanere lì, con lui in quella posizione, per ore, ma decise di staccarsi, o l'altro avrebbe pensato male. Si allontanò di un passo e gli sorrise.
«Credo che sia una buona idea farsi una doccia. Siamo sporchi di fango e completamente bagnati. E qui potrebbe andare avanti per ore a piovere» suggerì. Liam annuì, avanzando tra le panche.
«Credo tu abbia ragione. Fammi strada» decise. Danny lo guidò sino alle docce, facendo una piccola fermata all'armadietto di Brent per prendere dei vestiti puliti. Per fortuna, non avevano mai sostituito Brent nella squadra, quindi inserì la combinazione e lo aprì, afferrando degli indumenti. Sapeva che Brent ne teneva sempre di scorta, quindi poté dare qualcosa anche a Liam, altrimenti sarebbe dovuto rimanere nudo finché non si fossero asciugati i suoi vestiti. Non che la cosa infastidisse Danny, anzi. Solo, non voleva che prendesse freddo. Quindi i due si spogliarono. Danny osservò con la coda dell'occhio l'altro. Il suo corpo era veramente perfetto. La sua pelle era chiara, solo leggermente abbronzata. La sua carne gli dava l'impressione che fosse morbida, soffice al tatto. Notò gli ormai consueti lividi sulla schiena e sull'addome muscoloso. Deglutì a vuoto, poi tornò a concentrarsi su sé stesso, cercando di non pensare a Liam. Non sapeva il significato di quelle sensazioni, ma si trovava completamente sommerso da esse. A volte, lo spaventavano un po', perché non vi era abituato. Sentiva il bisogno di guardarlo, di apprezzarlo, di toccarlo. Era come se fosse dipendente da lui, anche dopo che l'aveva trattato in quel modo l'altra volta, lui aveva cercato di stare bene, ma fondamentalmente fingeva con sé stesso, si era rinchiuso in un guscio di freddezza per non sentire più il dolore che quelle parole gli avevano provocato, e la situazione con Stefan aveva contribuito ad aiutarlo a spostare il focus, ma in quell'istante si rese conto di quanto ciò che sentiva fosse forte, e anche un po' spaventoso. Tornò alla realtà quando udì il rumore delle docce che si attivavano e il getto d'acqua calda che colpiva il pavimento. Avanzò di qualche passo e vi si gettò sotto, notando che Liam aveva fatto lo stesso. Si riscaldò istantaneamente, passandosi le mani tra i capelli e chiudendo gli occhi. Usò il sapone per lavarsi via il fango da dosso, poi si voltò e vide che Liam lo stava osservando.
«Che c'è?» gli chiese. L'altro chiuse l'acqua e alzò le spalle.
«Sembri pensieroso» fece notare, afferrando un asciugamano e legandoselo in vita. Danny annuì, chiudendo anch'egli l'acqua e imitando l'altro.
«Non è nulla» banalizzò infine, sedendosi su una panca. Liam si accomodò su quella di fronte e stese i piedi, rilassandosi. «Posso chiederti una cosa?»
«Spara» acconsentì il più giovane. Danny sospirò e indicò col mento il suo corpo.
«Non è la prima volta che noto quei lividi. Come te li procuri?» domandò quindi. Conosceva già la risposta, sapeva delle violenze che suo padre gli procurava, ma voleva vedere cosa gli avrebbe detto lui. Liam guardò a terra per qualche secondo.
«La mia vita non è sempre felice» tagliò corto. Danny annuì. Decise di non entrare nel dettaglio, perché era evidente che non ne volesse parlare. Sentì una rabbia montare dentro. Detestava ciò che il padre gli faceva, e non sapeva come, ma avrebbe messo fine a quelle violenze.
«Sei fidanzato?» gli chiese infine. Lo disse quasi sottovoce, perché era onestamente spaventato da una sua possibile risposta affermativa. Sapeva che Liam, con ogni probabilità, era eterosessuale e totalmente interessato alle ragazze, ma non poteva non sperare che ci fosse anche solo una piccola possibilità. Inoltre, se anche si fosse trattato solo di amicizia, sapeva che sarebbe rimasto infastidito dal pensiero di doverlo "dividere" con una ragazza.
«No. Mai stato. Tu?» confessò. Danny sospirò, sentendo quasi una liberazione nel petto.
«Attualmente no» confermò quindi il ragazzo. Liam lo guardò negli occhi, quindi esibì un sorriso tirato.
«E con Stefan?» disse. Danny si sforzò di non arrossire per quella domanda. Cosa sapeva Liam del suo rapporto con Stefan? Perché gli domandava di quella situazione? Come poteva spiegargli i suoi errori senza risultare un povero ingenuo ai suoi occhi?
«Non c'è nulla tra me e Stefan» mentì poi, banalizzando la situazione. Liam corrugò la fronte, ma non indagò ulteriormente. Si alzò, però, in piedi e sospirò rumorosamente.
«Chissà quando smetterà» commentò. Danny rimase qualche istante immobile.
«Per quale motivo hai rubato?» domandò direttamente, alzandosi anch'egli in piedi. Sapeva che cambiare così argomento poteva essere destabilizzante, ma sentiva che l'altro era ben disposto, in quel momento, ed era, quindi, tempo di chiedere quella cosa. Liam sospirò, guardandolo dritto negli occhi. Danny poté notare nelle sue iridi azzurre l'indecisione del ragazzo. Era evidente che non fosse certo di volersi aprire, ma era altrettanto palese che una parte di lui volesse farlo.
«Mi servirà una canna per parlare di queste cose» ammise. Danny sorrise, quindi si voltò e cercò l'armadietto di Stefan.
«Sono certo che il nostro Stefan Perkins abbia quello che cerchi» disse. Liam scosse il capo.
«Conosci la sua combinazione?» chiese. L'altro alzò le spalle.
«No, ma Stefan è una persona semplice. Sarà la data del suo compleanno» suppose, inserendo i relativi numeri. Il lucchetto si sbloccò, e Danny guardò Liam con un'espressione soddisfatta.
«Conosci il suo compleanno a memoria» commentò invece il biondo. Danny contrasse la mandibola, arrossendo, poi estrasse un sacchettino di plastica trasparente contenente tre spinelli.
«Bingo» annunciò, afferrando una delle tre canne e porgendola al più giovane, poi depositò il sacchettino nell'armadietto e prese l'accendino. Si occupò di accendere lo spinello e lo rimise a posto. Liam sorrise e fece il primo tiro, chiudendo gli occhi e assaporando il momento, poi espirò tutto e passò la canna a Danny.
«Cazzo, è buona questa roba» commentò. L'altro annuì, pensando alla faccia che avrebbe fatto Stefan nel vedere quel "furto". Era il minimo, dopo quello che gli aveva fatto. Danny si rigirò tra le mani lo spinello, ragionando sul da farsi. Non era solito fumare quella roba, ma non poteva negare che, a volte, gli faceva bene farlo. Alzò le spalle, avvicinandolo alla bocca e facendo anch'egli il primo tiro.
«Avevamo un patto» gli ricordò però. Liam afferrò lo spinello e sospirò, quindi tornò a sedersi. Danny osservò dall'alto nuovamente il suo corpo perfetto. Con il solo asciugamano a circondargli la vita, era evidente quanto fosse bello: il petto alto, l'addome muscoloso, la carnagione a metà tra il pallido e l'abbronzato. I suoi occhi azzurri spiccavano rispetto al colore della sua pelle, e i suoi capelli biondi leggermente lunghi e mossi erano la ciliegina sulla torta. Era veramente perfetto.
«Sono stato adottato quando ero molto piccolo. Non ricordo i primi anni con questa famiglia, ma di fatto è l'unica che io abbia mai conosciuto. Mia madre era una brava donna, ma è morta poco tempo fa. Mio padre... è una persona che ha qualche problema. Lui è violento, a volte. E pretende che io lo aiuti. La sera in cui siamo stati insieme, ad Hampton, dovevo tornare a casa ad un certo orario perché dovevamo prendere un carico di rame rubato e portarlo a un acquirente. Non l'ho fatto, così mi ha picchiato fino a farmi sputare sangue e mi ha detto che avrei dovuto risarcirlo. Quindi, avrei dovuto rubare il giorno successivo e dargli tutti i soldi che aveva perso per colpa mia. Ora glieli devo ancora, e non è piacevole tornare a casa» confessò. Danny dovette attendere qualche secondo prima che gli tornasse la voce. Il racconto di Liam era straziante. Non riusciva nemmeno a descrivere quanta tristezza il suo cuore stesse provando in quel momento, ma era una cosa talmente grande da fargli venire quasi le lacrime.
«Non farlo. Non tornarci» tentò di suggerire. Liam sorrise, guardandolo con una tristezza talmente travolgente da farlo quasi contorcere dal dolore, poi fece un altro tiro.
«Sapevo che lo avresti detto. Ma la vita non è così semplice per me. Non posso semplicemente non tornare. Il mio debito non si estinguerà da solo. Lo ripagherò, poi cercherò un'altra sistemazione» spiegò. Danny scosse il capo.
«Tu non devi un cazzo a quel figlio di puttana!» gridò. La tristezza si era trasformata in rabbia. Voleva prendere a pugni il padre di Liam. Voleva distruggerlo, fargli pentire di essere nato. Non poteva permettere che il più giovane venisse maltrattato in quel modo.
«Danny, per favore. Era per questo che non volevo raccontarti nulla, e per questo sono stato uno stronzo l'altro giorno. Sapevo che avresti reagito in questo modo. Sapevo che non avresti capito» commentò quindi Liam, spegnendo lo spinello e posandolo sulla panca. Danny subì il colpo come una coltellata allo stomaco. Si sedette, sentendo quasi l'aria mancargli. Non avrebbe capito. Era possibile, dopotutto lui viveva in un contesto completamente diverso. Ma faceva male sentirsi dire quelle parole.
«Mi dispiace. Hai ragione, io non so nulla della tua vita e di come riesci a sopravvivere. Ma ti prego, vattene il prima possibile» rispose, razionalmente, il ragazzo. L'altro annuì, guardando fuori da una finestra lì vicino.
«Mi sa che dovremo passare qui ancora diverse ore. È quasi notte ormai» fece notare. Danny guardò a terra, ancora colpito dal racconto del biondo.
«Mi spiace che per colpa mia tu abbia subito tutto ciò» sussurrò. L'altro aggrottò la fronte e lo fissò.
«Non è stata colpa tua. Sono stato io a proporti Hampton» fece notare. Danny scosse il capo. Non era vero: era lui che l'aveva invitato a passare la serata insieme.
«Mi dispiace» ripeté. Liam si alzò. Si avvicinò all'altro e gli si sedette accanto. Gli mise una mano sulla spalla e la strinse, obbligandolo a guardarlo. I loro occhi si fissarono e, per un momento, Danny pensò che potesse scattare una scintilla. L'azzurro profondo e sincero delle iridi di Liam si scontrava con il verde anonimo e poco interessante di quelle di Danny.
«Ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto. Per la cauzione, per essermi stato vicino. Sei l'unica persona con la quale io sia riuscito a parlare in questo fottutissimo posto dimenticato da Dio» disse semplicemente. Danny sorrise, appoggiandosi agli armadietti e stendendo i piedi.
«Ci conviene metterci comodi. Penso che ci vorranno ancora ore» fece, riprendendo le parole dell'altro di prima. Liam sorrise ironico, notando il "furto" del concetto, quindi stese anch'egli i piedi. Le loro spalle si toccavano, così come le loro gambe nude. Danny sentì un impeto di gioia irradiargli il petto. Quel semplice contatto lo fece stare improvvisamente meglio. Chiuse gli occhi, beandosi di quella sensazione e cercando di memorizzare il più possibile, perché probabilmente non sarebbero più stati così in tranquillità assieme. Probabilmente...

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now