Capitolo 15

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Danny scese dagli spalti del campo da football, dirigendosi verso la vicina uscita. Al termine di una combattuta partita, la squadra di Allenstown aveva perso e, secondo Danny, il motivo della sconfitta era dovuto all'assenza di Brent. Era stata, però, la squadra stessa a cacciarlo, come il ragazzo aveva scoperto qualche giorno prima, udendo la conversazione tra Stefan e un compagno. Procedette lungo il parcheggio e pigiò il pulsantino di apertura delle portiere dell'auto, intenzionato ad andarsene quanto prima, quando una voce fin troppo familiare giunse alle sue orecchie.
«Corri già via?» domandò Stefan, sbucando dal tunnel degli spogliatoi. Danny corrugò la fronte, voltandosi lentamente.
«Come diavolo hai fatto a lavarti e vestirti in così poco tempo?» chiese il ragazzo. Il biondo sorrise, passandosi una mano tra i capelli disordinati.
«Non mi sono lavato. Devo scappare a casa» spiegò, lanciando il borsone nel bagagliaio della propria auto, parcheggiata accanto a quella di Danny.
«Allora ci si vede» tentò di tagliar corto il ragazzo, che aprì la portiera della macchina per sedersi. Stefan, però, allungò un braccio e la richiuse di colpo.
«Aspetta. Come mai mi liquidi così? C'è qualcosa che non va?» cercò di capire. Danny sorrise. Come poteva non capire che qualsiasi cosa non andava? Dal loro malato rapporto, alla questione dell'espulsione di Brent, nulla tra loro procedeva bene.
«Non lo so, dimmelo tu. Ora mi parli perché vuoi scopare?» rispose, acidamente, Danny. Stefan alzò gli occhi al cielo.
«Dio, come sei cinico. No, ti ho parlato perché ti ho visto e mi andava di scambiare due parole. Sei ancora tartassato dai dubbi esistenziali sul nostro rapporto?» disse il biondo. Danny sorrise ironicamente.
«Vedi? Apostrofi così la questione, non dandogli alcun valore. Evidentemente, non hai ben compreso come mi senta io. O, forse, non ti importa» ribatté quindi.
«Andiamo, era una battuta. So come ti senti, ne abbiamo parlato. È solo che pensavo che stessi cercando di superarla, che avremmo provato a essere amici» commentò Stefan. L'altro annuì.
«È quello che sto facendo. Mi serve del tempo, però. Quindi, ora se permetti, vado» asserì Danny. Stefan lo guardò negli occhi, facendolo rabbrividire. Quelle pupille avrebbero sciolto qualsiasi cuore, a prescindere dalla durezza della corteccia che aveva attorno.
«C'è qualcosa che non mi stai dicendo» decise, continuando a osservarlo. Danny sbuffò, annuendo ancora.
«Okay, sì, c'è. Ho scoperto che figlio di puttana sei: hai fatto escludere tu Brent dalla squadra» confessò direttamente. Stefan rimase immobile per un momento, poi scosse il capo.
«Non è così» mentì. Danny sorrise. Quante bugie diceva? Era anche convincente. Ci sarebbe cascato, se solo non l'avesse sentito ammetterlo durante quella discussione con un suo compagno di squadra.
«Stefan, ti ho sentito parlarne con un tuo amico. Non puoi negare l'evidenza. E, anche se tu lo facessi, non importerebbe: io comunque saprei che stai mentendo» sostenne. Il biondo sospirò, abbassando lo sguardo.
«Va bene, sono colpevole. Ho fatto espellere Brent dalla squadra» disse poi. Danny, che era certo di avere ragione, si sentì comunque trafitto da una coltellata invisibile. Era strano: si aspettava che fosse vero, aveva sentito quella discussione, eppure solo dopo che lui gli ebbe risposto in quel modo realizzò che effettivamente la colpa era sua. E quello aveva generato la partenza di Brent, o quantomeno aveva portato sua madre a convincersi di quella proposta. E, così facendo, l'aveva allontanato da lui. Quindi, era tutta responsabilità di Stefan, e lui, solo in quel momento, se ne rese pienamente conto.
«Perché?» domandò poi. Il biondo alzò le spalle.
«Ne andava del mio futuro. Brent probabilmente ci avrebbe accusati tutti, lui era intervenuto solo per farci smettere, non aveva colpe. E così sarei stato espulso dalla squadra, avrei perso ogni possibilità di ottenere una borsa di studio per il college e mi sarei inimicato la mia famiglia più di quanto già non abbia fatto. E tutto per uno stupido errore. Dovevo uscirne pulito, capisci?» spiegò. Danny scosse il capo, inorridito da quelle parole.
«E così, per salvaguardare te stesso, mandi in merda chiunque? Non hai pensato a cosa stia passando Brent? Non hai pensato al suo di futuro, quando hai fatto questa grande cazzata? Era più comodo mentire, essere egoista, giusto?» gridò. Stefan tornò a guardarlo negli occhi.
«Mi rendo conto di essere stato egoista, ma non posso pentirmi di quanto fatto. Non sai cosa vuol dire essere me, vivere con le pressioni che mi mette la mia famiglia, e non potersi permettere di sgarrare una sola volta» tentò di giustificarsi.
«E, ancora una volta, tutto gira attorno a te. Solo tu hai una pessima famiglia? Solo tu hai una vita complicata? Gli altri non contano nulla, giusto?» rispose il ragazzo. Il biondo alzò le spalle.
«Cosa vuoi che ti dica? Ho sbagliato, okay? Ho commesso un errore, e non mi sento certamente una bella persona per aver fatto ciò che ho fatto» ammise.
«Bene, ora che ce lo siamo detti immagino che sarai più sollevato. Io, invece, rimango triste e deluso. E onestamente, ti pensavo una persona migliore di così. Anche se mi hai usato, e da questo avrei dovuto già capire di che pasta sei fatto, immaginavo che tu fossi migliore di così» affermò Danny.
«Ancora con questa storia dell'averti usato!» protestò Stefan. Danny lo fissò attentamente, portandosi le braccia al petto e incrociandole.
«Allora dimmelo, una volta per tutte. E non mentirmi, come hai fatto prima. Dimmi che quando ci siamo parlati, al ristorante, non avevi già capito delle cose di me. Dimmi che non sapevi che io fossi uno studente della scuola, che non ti eri accorto che ero potenzialmente attratto da te. Dimmi che non mi hai adescato in quel locale, approfittando dei miei dubbi, per perseguire i tuoi meri scopi sessuali. Dimmelo» lo invitò. Stefan scosse il capo, allontanandosi di un passo.
«Non starò a questo gioco. Quando vorrai parlare civilmente, fammi un fischio. Fino a quel momento, addio Danny Myers» disse, invece, il biondo. E, ancora una volta, non rispondeva a quelle accuse. Giorno dopo giorno, Danny non poteva che pensare che quelle considerazioni fossero vere. Altrimenti, perché non smentirle? Stefan salì in auto, mise in moto e partì, allontanandosi da lui. L'altro non si sentiva abbandonato o abbattuto, ma provava rabbia nei suoi confronti: per la situazione di Brent, per il loro rapporto, per essere stato costantemente preso in giro. Era una rabbia generale, che lo condizionava profondamente. Quindi rimase un momento immobile, cercando di calmarsi e di metabolizzare quanto fosse appena accaduto. Aveva discusso con Stefan, che se n'era andato dicendogli addio. Era finita tra loro? Quella "cosa" che avevano, quel rapporto di sesso con un po' di amicizia, era definitivamente terminato? Scosse il capo, voltandosi per salire in macchina, quando notò in lontananza una figura che lo fissava. Scorse il volto bellissimo di Liam con, disegnata, un'espressione divertita e soddisfatta. Indossava dei jeans scoloriti, un paio di converse bianche rovinate e una felpa grigia totalmente anonima. Sulla testa, a tenere fermi i capelli biondi leggermente lunghi e mossi, vi era un cappellino verde con la visiera rovinata. Corrugò la fronte, sorridendo e facendo un cenno con la mano. L'altro ricambiò il gesto, sempre con un'espressione soddisfatta. Quanto aveva visto e sentito? Sospirò, richiudendo la portiera e avvicinandosi a lui.
«Cos'hai da ridere?» gli domandò, commentando la sua espressione palesemente divertita. L'altro alzò le spalle.
«È stata una discussione interessante. Ti ha anche detto addio, sembravate una coppietta di un film. È stato particolarmente divertente» spiegò, con un tono quasi amichevole. Danny corrugò la fronte.
«Come mai ora sei così gentile e socievole?» chiese poi. L'altro sorrise, scuotendo il capo.
«Perché non dovrei? Se lo dici per quello scazzo che ho avuto con Andrew, non puoi capire. È una persona appiccicosa e fastidiosa, che pretendeva di conoscermi dopo due giorni. Per il resto, io sono tendenzialmente amichevole» disse. Danny annuì: si riferiva proprio a quello. Aveva assistito a quella scena, e non poteva non pensare che fosse di umore variabile, probabilmente in relazione ai giorni in cui lo incontrava. I lividi, sul volto, erano quasi spariti, e il suo sorriso illuminava quel viso dai lineamenti perfetti.
«È proprio a quello che mi riferivo» confessò. Liam indietreggiò di un passo, allargando le braccia.
«E comunque, quel Perkins non è nemmeno così bravo» fece quindi notare. L'altro sorrise.
«Sarai bravo tu» commentò ironicamente. L'altro gli esibì il dito medio.
«Vaffanculo, Danny Myers» gridò, più per prenderlo in giro che per essere serio. Danny scoppiò a ridere, contagiando anche l'altro. Era probabilmente la prima volta che lo vedeva così felice, e sentì che il suo cuore si scaldò nel sentirlo ridere. Non sapeva spiegare quella sensazione, ma era come sentirsi a casa, come essere in un posto talmente pacifico e tranquillo da fare esplodere il petto di gioia e felicità. Era decisamente una cosa strana.
«Ehi senti, ti farò una proposta strana» gli anticipò. Liam corrugò la fronte, con un'espressione sempre ancora distesa e tranquilla.
«Mi dispiace, ma non sei il mio tipo» rispose. L'altro scosse il capo.
«Sei un deficiente. Ma, se non hai nulla di meglio da fare, che ne pensi di farci un giro?» gli propose. L'altro sembrò dubbioso: non si conoscevano adeguatamente, e sino a quel momento avevano anche parlato veramente poco. Però, Danny aveva voluto osare dato il comportamento di Liam. Sembrava così tanto di buon umore, che avrebbe anche potuto accettare. E lui moriva dalla voglia di conoscerlo meglio, di passare del tempo con lui e osservare ancora quel bellissimo sorriso.
«Cosa ci guadagno?» tentò. Danny alzò le spalle, guardando a terra. Sapeva che probabilmente l'altro scherzava, ma non poteva negare che un po' gli avesse fatto male sentire quella domanda. Lui si era spinto oltre, aveva cercato di impegnarsi per passare del tempo con lui, ma quella risposta, seppur scherzosa e sul tono del resto della conversazione, gli aveva fatto pensare che, quel ragazzo, non fosse così interessato a lui come Danny sperava. Eppure, la sensazione che aveva provato poco prima, era qualcosa di unico, che quasi mai gli era capitato di avvertire nella sua vita. Per quello, valeva la pena approfondire il loro legame.
«A dire il vero, nulla. Al massimo un giro in auto» rispose, indicando col capo il veicolo parcheggiato lì vicino. L'altro alzò le spalle.
«Beh, per un giro in auto e, magari, un paio di birre offerte, potrei anche dedicarti qualche minuto del mio preziosissimo tempo» decise il biondo. Danny sorrise, rincuorato da quella risposta. I timori di prima si erano diradati come nuvole dopo un temporale, ed erano stati sostituiti dalla voglia di fare qualcosa di speciale con lui. Chissà per quale motivo provava quelle sensazioni proprio con Liam Lamberton, un ragazzo sconosciuto e dal fare misterioso.
«Cosa pensavi di fare?» gli domandò quindi Liam. L'altro sospirò, mentre i due avanzavano verso l'auto.
«Onestamente, non ne ho idea. Possiamo anche semplicemente andare in un pub a Concord» confessò. Liam scosse il capo, toccando l'auto con una mano. Si tolse il cappellino verde e lo girò, in modo da avere la visiera dietro, quindi gli sorrise.
«Che noia. Io un'idea ce l'avrei. Ma devi essere disposto a fidarti» propose. Danny sentì il proprio battito cardiaco accelerare parecchio. Deglutì. Non lo conosceva abbastanza bene da dire se fosse saggio accettare quella proposta "a scatola chiusa" o meno. Probabilmente, per gli elementi che aveva, razionalmente avrebbe dovuto rifiutare. Dopotutto, chi poteva sapere cosa mai sarebbe accaduto? Però, dentro di lui, c'era una voglia matta di catapultarsi in quella avventura. Così ricambiò il sorriso, aprendo le portiere con il relativo tastino.
«Ci sto.»

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