Capitolo 13

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Il freddo di gennaio si insidiava tra le vesti di Danny che, con indosso una maglia termica e un pantalone del medesimo tessuto, era intento a completare la sua corsa mattutina. Gli alberi, spogli per via dell'inverno, avevano i rami congelati e, in realtà, rappresentavano perfettamente l'umore di Danny. Per fortuna, però, le terribili vacanze natalizie erano finite e quella stessa mattina sarebbe tornato a scuola. Finalmente, niente più ambiente familiare ostile e sguardi o commenti scomodi da parte di Cindy. Immerso nei suoi pensieri, si accorse in ritardo che il telefono vibrava. Lo estrasse e vide il nome di Brent sul display. Una sensazione positiva gli scaldò il cuore: a breve sarebbe tornato, e lui non vedeva l'ora.
«Pronto?» rispose, rallentando la corsa sino a fermarsi nei pressi di una panchina. Vi appoggiò un piede, facendo stretching.
«Ehi Danny, finalmente riesco a chiamarti. Cazzo, qui veramente non prende quasi per nulla. Come va lì nella noiosa Allenstown?» domandò l'amico.
«Ti dovrei dire mille cose, ma è meglio fare di persona quando tornerai. Tu come stai? Non mi starai diventando un bacchettone del Vermont?» rispose ironicamente. Non gli sembrava il caso di raccontargli telefonicamente quanto stesse di merda, quanto si stesse maledicendo ogni giorno per aver ceduto una seconda volta ai propri impulsi nei confronti di Stefan, quanto la sua famiglia fosse ancora una volta disastrosa e quanto lui stesse seriamente sperando, una volta per tutte, di scomparire dalla faccia della terra.
«No, qui va tutto bene. Fa freddo, ho imparato a sciare e abbiamo visitato diverse zone. Siamo stati in una baita dove il tappeto all'ingresso era sostanzialmente la pelliccia di un animale vero, cacciato qualche anno prima. Inquietante» raccontò. Danny rise.
«Dovevi rubarlo. Come souvenir, sai. Quando tornerai?» si informò. Dall'altro capo udì qualche rumore, poi vi fu un breve silenzio.
«È proprio di questo che ti volevo parlare. Mia mamma mi ha chiesto di rimanere. Vorrebbe fare una sorta di percorso spirituale assieme, non ho ben capito di cosa si tratti. Dice che durerà un mese, e che ha già avvisato la scuola. Io... tu cosa ne pensi?» Danny dovette prendersi qualche secondo per metabolizzare l'informazione. Brent non sarebbe tornato? O meglio, sarebbe stato via ancora un mese. E poi, chissà quanto altro tempo per una successiva idea della madre. Lui apprezzava il fatto che recuperasse il tempo perduto, ma sentiva la sua mancanza ogni giorno.
«Credo sia molto bello. Se ti ispira, dovresti farlo» riuscì a dire, con un tono non troppo convinto. «Ma perché?»
«Vedi, con la storia della squadra, mamma crede che io abbia bisogno di purificare il mio KI interiore o una cosa del genere. Comunque, sarà solo un mese. Vorrei tornare lì, però sai, chissà quando potrò fare queste cose con mia mamma. Se lei ripartisse a breve? Credo di dover cogliere questa possibilità al volo» chiarì. Danny si accomodò sulla panchina, cercando di non pensare al masso che si era appena posato sul suo petto.
«Certo, lo capisco. Ripeto, penso che dovresti accettare. Logicamente, è la cosa più sensata da fare» rispose, maledicendo internamente i suoi compagni di squadra che l'avevano ingiustamente accusato.
«Tu riuscirai a sopravvivere? Non è che quando torno ti trovo diverso?» domandò. Danny sorrise amaramente.
«Certo che riuscirò, tu cerca di goderti questo periodo. Quando tornerai, io sarò qui, il solito Danny di sempre» mentì. Sapeva che, già al momento di quella conversazione, lui era diverso. Quel mese di vacanza l'aveva distrutto, tra la sua famiglia e Stefan, e il suo porto sicuro – Brent – non era lì. Però, non voleva rovinargli quel periodo: voleva che si divertisse, che ritornasse a conoscere bene sua madre, in modo che quando lei fosse ripartita, lui avrebbe avuto qualcosa da ricordare.
«E non mi sostituire con Lindsey. Non potrà mai essere brava quanto me» si raccomandò. E aveva ragione, Dio se ne aveva. «Devo scappare, prima che mia mamma mi lasci qui in paese. Ti chiamo quando avrò campo.»
«Sì. Ci sentiamo, Brent» si congedò quindi Danny, attaccando il telefono. Rimase qualche minuto a osservare il display spento e a metabolizzare tutto ciò che stava accadendo. Ogni cosa stava andando male in quel periodo, e lui rischiava veramente di non farcela. Non riusciva a trovare un appiglio, qualcosa che lo rendesse felice, che lo facesse stare bene. Era veramente difficile andare avanti. Stefan non si era più fatto vivo dopo quella notte. E, ancora una volta, l'aveva usato per il sesso. Come aveva potuto essere così stupido da pensare che sarebbe andata diversamente? Si alzò dalla panchina, quindi sospirò e scattò in avanti, ritornando verso casa, imponendosi di non pensare a quelle vicende e a cercare, ove possibile, di voltare pagina.

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now