Capitolo 11

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Il messaggio criptico di Brent indicava luogo e ora al povero Danny che, totalmente ignaro del motivo per cui l'amico avesse scelto di vederlo alle undici di sera, era uscito nel freddo della notte e lo stava attendendo con ansia. Il proprio respiro creava aloni visibili a occhio nudo da quanto facesse freddo quella notte. Un gruppo di ragazzi gli passò affianco, schiamazzando e scambiandosi le birre. La mente di Danny corse a Stefan: lo immaginava in attività come quella, circondato da ragazzi-scimmia a urlare cose incomprensibili e parlare di football, donne o chissà cos'altro. Sorrise, pensando poi al ragazzo gentile con il quale aveva fatto l'amore non molto tempo prima. Si accese una sigaretta, inspirando il fumo a pieni polmoni. Infine, gli tornò la sensazione negativa per la consapevolezza di essere stato usato. Come aveva potuto farsi ingannare così? Stefan l'aveva adocchiato subito e si era approfittato di lui, dei suoi dubbi e delle sue incertezze, sin dal primo momento in cui si erano parlati, in quel ristorante italiano. Una mano gli toccò la spalla e così Danny si riscosse, voltandosi e osservando il sorriso allegro di Brent comparire.
«Freddino, stanotte» commentò il nuovo arrivato. Danny alzò le sopracciglia.
«Credo di avere le guance ibernate, fatico a muovere i muscoli facciali» rispose quindi. L'altro iniziò a passeggiare, invitando Danny a seguirlo.
«Scusa se ti ho fatto uscire a quest'ora, ma volevo chiederti una cosa e non mi andava di farlo via telefono» disse Brent.
«Sputa il rospo» lo invitò Danny, consumato dall'ansia. Odiava non sapere le cose.
«Mia mamma mi ha proposto di partire. Insomma, nulla di eccessivo, solo di prenderci un mese e passare le vacanze di Natale in Vermont, per recuperare il tempo perduto» spiegò quindi. Danny sentì un tuffo al cuore. Brent sarebbe partito per un mese? Come avrebbe fatto senza di lui? Da quando si conoscevano, non si erano quasi mai separati. Certo, a qualcuno sarebbe potuto sembrare un attaccamento cronico e malsano, ma era il loro legame, e visto dalle loro prospettive era più che normale: era necessario, la dimostrazione di quanto tenessero l'uno all'altro.
«Io... è una notizia complicata da metabolizzare» confessò Danny. Era egoista, da parte sua, eppure non poteva evitare di esternare quelle sensazioni.
«Sicuro. Per questo ti ho chiesto di vederci. Dovrei accettare? Cosa mi consigli di fare?» domandò a quel punto Brent. Danny deglutì rumorosamente, continuando a passeggiare per le vie di Allenstown. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Avrebbe dovuto chiedergli di restare? Sua mamma voleva semplicemente recuperare il tempo perduto, ed era non solo lecito, ma anche auspicabile. Come avrebbe mai potuto consigliargli di non accettare?
«Perché non mi hai detto di essere stato espulso dalla squadra?» cambiò discorso Danny, per prendere un po' di tempo. Brent alzò le spalle.
«Non volevo deluderti. So che è stupido, ma non sapevo come affrontare l'argomento. Pare che qualcuno della squadra mi abbia dato la colpa, quando alla fine ero andato solo a dirgli di non farlo. Insomma, una serie di sfortune e qualche egoismo: alla fine, hanno scaricato la responsabilità su di me per evitare ripercussioni» raccontò. Danny scosse il capo. Come avevano potuto comportarsi così? Accusarlo, addossargli la colpa di una cosa che non aveva fatto? Dov'era il famoso "spirito di squadra"?
«Perché l'hanno fatto?» cercò di capire. Brent sorrise, appoggiandosi al tronco di un albero.
«Dai, io sono sempre stato quello meno inserito. Raramente andavo alle feste, non esco quasi mai con loro e sono quello che è andato lì a dirgli di non farlo, la mamma petulante del gruppo» ricordò. Danny guardò a terra, sentendosi responsabile. Se non avesse monopolizzato così tanto Brent, se fosse stato meno egoista, lui si sarebbe inserito meglio e nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.
«Scusa. Ho alcune colpe, e me ne pento. Però, Brent, ti prego: non nascondermi delle cose. Non devi sentirti imbarazzato, non mi avresti mai deluso. Cristo, io sono un fallito totale, una persona anonima, senza passioni, interessi o altro. Come avresti mai potuto deludermi?» rispose Danny. Brent gli mise una mano sulla spalla e lo fissò negli occhi.
«Non è colpa tua. Nulla lo è. Ricordati che siamo in due a prendere decisioni nel nostro rapporto, non sei da solo. Per il resto, hai ragione. E mi spiace non averti detto nulla» chiarì. A quel punto, Danny sorrise e sospirò rumorosamente.
«Devi andare. Cioè, non so come cazzo farò senza di te tra i piedi, ma devi andare. Devi recuperare il tempo perso con tua madre, devi conoscerla e farti conoscere» consigliò a quel punto. Brent annuì.
«Sarà un mese. Poi tornerò» gli ricordò. Danny sorrise ancora, dandogli una pacca sulla spalla.
«Sopravvivrò» gli assicurò, allontanandosi di qualche passo. «Ma, dopo aver ricevuto questa notizia, credo sia opportuno bere qualcosa.»
«Con contegno» puntualizzò, probabilmente ricordando l'ultimo episodio nel quale si erano trovati a bere assieme. Danny rise, avanzando verso la propria auto, parcheggiata poco distante dal punto che avevano raggiunto passeggiando, quindi gettò a terra la sigaretta e la calpestò. Come avrebbe fatto senza Brent che gli diceva di non fumare? Scosse il capo. La sensazione negativa rispetto alla partenza dell'amico aveva già preso posto nel suo cuore, accanto a quella relativa a Stefan.

Il Tempo di una SigarettaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora