Capitolo 18

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Era passata ormai una settimana e Danny era ormai preoccupato. Dopo quella bellissima serata assieme, non aveva più visto Liam a scuola. Era strano che si fosse assentato per così tanto tempo e, anche se Danny lo conosceva poco, aveva una pessima sensazione. Così, decise di cercare di capire il motivo della sua assenza. Quale modo migliore di chiedere in segreteria? Al termine della lezione di fisica, uscì di fretta dall'aula e percorse i due corridoi che lo separavano dall'ingresso della scuola, posto dove il gabbiotto della segreteria studenti si affacciava. Bussò gentilmente alla porta, quindi la spalancò. All'interno vide la signora Simms.
«Salve signora Simms. Scusi se la disturbo, ma sto cercando Liam Lamberton» confessò, andando dritto al sodo. Lei si guardò attorno per un momento, poi passò la mano tra i capelli grigi.
«Non viene a scuola da una settimana, Danny» disse poi la donna. Danny serrò la mandibola. Quindi era vero che non stava più frequentando la scuola, non lo stava semplicemente evitando.
«Perché?» domandò quindi il giovane. Lei alzò le spalle.
«Danny, apprezzo il tuo interessamento per quel ragazzo, merita davvero tutto l'aiuto che gli si può dare, ma non posso dirtelo. Ci sono delle regole, e le violerei se ora ti raccontassi le motivazioni» rispose. Danny scosse il capo.
«La prego, signora Simms. Lo capisco, e sono sempre stato ligio alle regole. Ma se gli è successo qualcosa, voglio aiutarlo. Sono il suo tutor, dopotutto» insistette, ricordando la confessione di Liam rispetto al tutoraggio e sperando potesse aiutarlo come argomentazione. Lei sospirò.
«È stato arrestato» spiegò. Danny si sentì gelare il sangue nelle vene. Liam era stato arrestato? Come era successo? Per quale motivo? «Ha bisogno di aiuto, Danny. Di tanto aiuto.»
«Io... grazie, signora Simms. Grazie veramente» fece poi, voltandosi e procedendo fuori dalla segreteria. Si fermò in corridoio e prese un respiro profondo, appoggiandosi al muro. Cosa poteva aver fatto Liam per essere stato arrestato? Gli tornò alla mente la sua espressione preoccupata per il ritardo, e pensò che, forse, poteva esserci qualche collegamento. Sentì il cuore che accelerava il proprio battito, martellandogli nel petto. Non poteva credere che fosse finito in prigione, e sentiva la necessità di aiutarlo.
«Ehi, tutto bene?» udì domandare da una voce alle sue spalle. Si voltò e vide lo sguardo preoccupato di Lindsey. Danny annuì, spostandosi dalla parete alla quale era appoggiato.
«Liam è stato arrestato» confessò. La ragazza spalancò gli occhi.
«Aspetta, chi è Liam?» chiese poi. Danny scosse il capo.
«Un ragazzo. Cioè, uno studente. L'ho conosciuto poco tempo fa, si è recentemente trasferito e... oh, al diavolo, ma cosa importa? È stato arrestato!» tentò di spiegare, salvo poi rendersi conto che stava perdendo secondi preziosi che poteva investire nell'aiutarlo.
«Okay, e come mai è stato arrestato?» domandò, pazientemente, Lindsey. Lui alzò le spalle.
«Non lo so. Ma ora lo scoprirò. Andrò alla stazione di polizia da mio fratello e chiederò di lui» decise quindi. Lindsey annuì, concordando con la linea d'azione che voleva intraprendere il ragazzo.
«Vuoi che vengo con te?» domandò l'amica. Danny sorrise, scuotendo il capo.
«No, non è necessario. Ma grazie Lin, lo apprezzo tanto» chiarì il giovane, voltandosi e procedendo verso l'esterno. Nessuna bidella tentò di fermarlo, quindi raggiunse il parcheggio e salì sulla sua auto. Rimase qualche secondo fermo a fissare il volante, poi si destò e iniziò a guidare. La stazione di polizia non distava molto dalla scuola, quindi la raggiunse in pochi minuti. Durante tutto il viaggio, non poté non pensare ai peggiori scenari. Liam che uccideva qualcuno o che violentava una donna. Dopotutto, visti i suoi lividi, avrebbe dovuto immaginare che fosse un soggetto con un'alta probabilità di essere un criminale. Parcheggiò vicino all'edificio e scese dall'auto. Percorse rapidamente il vialetto e sospirò, quindi entrò nella stazione di polizia. Avanzò sino al gabbiotto dell'agente Cross, la poliziotta che presidiava l'ingresso. Questi le sorrise, come era solita fare.
«Buongiorno, agente Cross. Scusi il disturbo. Sono qui per chiedere informazioni riguardo l'arresto di Liam Lamberton» esordì il giovane. Lei lo guardò attentamente, ancora sorridendo.
«Danny, ti conosco da quando eri in fasce. Non sei un avvocato, non posso darti informazioni riservate» spiegò lei. Danny alzò gli occhi al cielo. Era la seconda volta nell'arco di poco tempo che qualcuno gli negava l'accesso alle informazioni riguardanti Liam.
«Posso parlare con mio fratello?» tentò poi. Lei scosse il capo.
«Jack è fuori. Puoi aspettarlo, oppure parlare col Capitano» spiegò. Danny sospirò, annuendo.
«Va bene, parlerò col Capitano Ramos» confermò quindi. Il Capitano Antonio Ramos era un suo conoscente. Era venuto diverse volte a cena a casa loro, invitato da Jack, e sperava lo potesse aiutare.
«Perfetto, procedi verso quell'ufficio» indicò poi l'agente Cross, sorridendo ancora al ragazzo. Danny annuì, poi avanzò, camminò sino a raggiungere il punto desiderato e bussò alla porta. Dopo qualche secondo, sentì mormorare un "avanti" da dietro l'uscio, così si precipitò all'interno. Antonio Ramos era seduto dietro la sua scrivania. Era un uomo sulla quarantina. Aveva dei capelli corti grigi e due occhi neri piccolissimi. Gli sorrise non appena lo vide.
«Danny! Che piacere vederti! A cosa devo la tua visita? Non avrai combinato qualcosa?» si assicurò lui. Danny deglutì. Aveva la gola secca, e faticava a parlare.
«No, non si preoccupi Capitano. Io sono qui perché, ecco... so che è stato arrestato Liam Lamberton. È un mio amico, e volevo capire cosa fosse accaduto e dove lui fosse. Jack non c'è, quindi speravo che potesse aiutarmi lei» spiegò Danny. Il Capitano indossò degli occhiali e gli fece cenno di accomodarsi, così il biondo eseguì l'ordine e si sedette sulla poltrona davanti alla scrivania.
«Danny, non potrei darti queste informazioni, lo sai. Però, farò un'eccezione, sia perché ti conosco, sia perché credo che quel ragazzo abbia bisogno di essere aiutato. È qui, nelle celle al piano di sotto. È stato arrestato per furto: ha cercato di rubare, con altri quattro ragazzi, in una gioielleria in centro sei giorni fa. Tutti i suoi amici sono già usciti: alcuni non avevano precedenti e abbiamo chiuso un occhio, altri hanno chiamato i genitori a pagare la loro cauzione. Lui, invece, è qui da due giorni. Nessuno pagherà per lui, e so benissimo il perché» raccontò Antonio Ramos. Danny annuì, abbassando lo sguardo.
«Io... pagherò io la cauzione. Ma cosa intende quando dice che conosce il motivo?» decise. Antonio lo guardò di sbieco.
«Danny, ti fa onore, ma è un recidivo. Rischi di perdere quei soldi» lo mise in guardia questi, ignorando la sua domanda.
«Lo so, Capitano, ma è una persona a cui tengo, e non lo lascerò qui. La sua famiglia non pagherà perché non può permetterselo?» tentò di capire. Il Capitano guardò un punto indefinito alle sue spalle.
«No, Danny. La sua famiglia non pagherà perché a nessuno importa di quel ragazzo. Purtroppo, è una vittima del sistema. È stato adottato da piccolo, ma la famiglia che l'ha preso non l'ha fatto per buon cuore, bensì per i benefici fiscali. Suo padre è un violento e sua madre è morta poco tempo fa» spiegò il Capitano. Danny rimase qualche secondo attonito dalle parole dell'altro. Non aveva capito che la vita di Liam fosse così complicata. Si sentì male per un momento, immaginando le sofferenze che aveva provato quel ragazzo. Represse a fatica la voglia di piangere.
«Quindi, quei lividi...» commentò, a voce alta. Antonio annuì, tornando a fissarlo.
«Sì. Ma lui non lo denuncerà, come non lo fece sua moglie quando, oltre dieci anni fa, lui la picchiò a sangue, rischiando di ucciderla. Allora, ero un agente ad Hampton, e ricordo bene quel bambino, Liam. Chiamò lui la polizia. Cristo, aveva solo otto anni» rispose il Capitano. Danny annuì, deglutendo a fatica. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Immaginò un bambino di quell'età, costretto ad assistere a quella violenza, consapevole del fatto che, appena poco dopo, sarebbe toccata a lui. Si riscosse, alzandosi in piedi e asciugandosi gli occhi. L'avrebbe aiutato in ogni modo possibile.
«Dove devo firmare?» domandò, convinto più che mai di voler pagare. Non l'avrebbe lasciato solo anche lui, a costo di rimanere senza un centesimo. A lui, dei soldi, non importava per nulla. Voleva solo aiutare Liam, null'altro. Antonio estrasse dal cassetto un modulo precompilato. Lo guardò per qualche secondo, poi scosse il capo.
«Lascia stare. Niente cauzione, me la vedrò io col procuratore. Quel ragazzo merita un'altra possibilità, e ti ringrazio di essere venuto. Parlarne con te me lo ha fatto capire» decise, però, questi. Danny sorrise, sorpreso da quel gesto. Il Capitano era una persona splendida, e quell'azione non fece che riconfermare ciò che aveva sempre pensato di lui.
«Grazie, Capitano. Grazie davvero. Posso vederlo?» domandò a quel punto. Antonio annuì, sollevando la radio. Disse a chiunque fosse all'altro capo di liberare Liam per cauzione pagata, quindi si alzò in piedi e tese la mano a Danny.
«Grazie a te. E aiuta questo ragazzo, per favore. La prossima volta, non potrò fare nulla per aiutarlo» rispose il Capitano. Danny gli strinse la mano, quindi procedette fuori dal suo ufficio dopo averlo salutato. Attese lungo il corridoio diversi minuti, dopo i quali vide la porta aprirsi e due agenti scortare Liam verso di lui. Sentì una fitta allo stomaco non appena lo vide. Fu come essere colpiti da un pugile senza preavviso. Aveva diversi lividi e tagli su tutto il volto. Serrò la mandibola, quindi cercò di sorridergli, anche se dentro di lui era una furia. Avrebbe voluto prendere suo "padre" e restituirgli tutti i pugni che gli aveva dato con tanto di interessi.
«Ciao» gli disse, invece, cercando di sorridere il più possibile. L'altro lo guardò di sbieco, voltandosi verso uno dei due agenti.
«Il cappellino» gli ricordò. Questi alzò gli occhi al cielo e si voltò, tornando indietro, mentre l'altro rimase lì con i due ragazzi. Danny guardò l'altro giovane.
«Stai... stai bene?» domandò, sforzandosi di non piangere. Non sarebbe stato d'aiuto se avesse ceduto, lì davanti a lui. Liam, però, lo guardò con due occhi talmente scuri da fargli pensare che non fosse lo stesso ragazzo col quale aveva passato la più bella serata della sua vita.
«Non mi serve la tua carità, Danny» gli rispose. Il giovane deglutì, piegandosi leggermente in avanti. Quello era il secondo pugno allo stomaco in pochi minuti.
«Non è carità» tentò di replicare, ma l'altro scosse immediatamente il capo. Non appena l'agente col cappellino fu tornato, lo afferrò e lo indossò, quindi superò Danny e si precipitò fuori. Quest'ultimo si voltò e procedette a passo svelto verso l'altro, riuscendo a raggiungerlo una volta all'esterno. «Liam, aspetta.»
«Vaffanculo, Danny. Non volevo nemmeno parlarti, figurarsi la tua carità. E non dire stronzate, perché di quello si tratta» urlò Liam. Danny scosse il capo, afferrandogli il braccio e obbligandolo a fermarsi.
«Cosa dici? Cristo! Eri sparito, ti ho cercato e ho scoperto che hai tentato di rubare in una gioielleria. Volevo pagare la cauzione, ma il Capitano ha deciso di darti una seconda chance. E non c'entra nulla la carità! Voglio aiutarti perché ci tengo, e non capisco perché ora devi fare così» gridò in risposta, tentando di non arrabbiarsi a sua volta. Era passato, in pochi secondi, dal provare una tristezza dilaniante al rischiare di infervorarsi come poche volte prima. Liam sorrise.
«Vedi? Avresti buttato i tuoi soldi inutilmente. Ti conviene startene nel tuo bel mondo, in cui la preoccupazione maggiore è esserti scopato quello stronzo di Stefan Perkins, e non dare peso a ciò che accade all'esterno. E, per la cronaca, non me ne frega un cazzo di te. A parti inverse, ti avrei lasciato marcire qui senza pormi nemmeno il problema» disse acidamente il biondo. Danny annuì, sorridendo amaro. Si sentiva uno stupido per averlo voluto aiutare, per aver creduto che avesse bisogno di lui. La realtà dei fatti era che Liam non era altro che un criminale, come suo padre. Ormai, era talmente tanto nel sistema che, probabilmente, era insalvabile. Danny era stato veramente ingenuo a pensare il contrario, e ne stava pagando le conseguenze. Inoltre, quel commento su Stefan gli chiarì quanto Liam avesse capito della loro vicenda, e lo lasciò di stucco. Era stato un colpo veramente basso.
«Quando è così, allora ti augurò un buon proseguimento di vita, Liam Lamberton» concluse quindi, con un filo di voce. Era profondamente ferito, e non sapeva se desiderasse scoppiare a piangere o prendere a pugni qualcosa. Si voltò e tornò subito alla propria auto. Si sedette e rimase immobile diversi secondi. Sentì una lacrima rigargli il volto. Alla fine, aveva prevalso il pianto, di nuovo. Si asciugò immediatamente la guancia, scuotendo il capo. Tirò un pugno al volante.
«Fanculo!» gridò. Era stato stupido, ingenuo. Il mondo era egoista, ognuno pensava solo a sé stesso, e Danny avrebbe dovuto fare lo stesso. Continuò a menare pugni al povero volante della sua auto, poi si fermò, afferrò la testa tra le braccia e ricominciò a piangere. Quella ferita era enormemente dolorosa. Danny non aveva amici, al di fuori di Brent e, da poco, Lindsey, ed era una persona che raramente si legava agli altri, ma per Liam aveva fatto un'eccezione. Lo conosceva da poco, e gli sembrava di conoscerlo da sempre. Aveva passato con lui la più bella serata della sua vita. Ripensava a quel sorriso, alla sua gioia, alle sensazioni che aveva provato e sentiva un vuoto squarciarlo da dentro. Era una solitudine talmente forte e travolgente che lo colse totalmente impreparato, sopraffacendolo. Era come se il suo cuore fosse stato preso e svuotato da ogni cosa, quindi l'avessero scagliato contro una parete più e più volte. Quello era ciò che aveva guadagnato dall'aprirsi, dal sentirsi bene. Era proprio vero: Danny Myers era e doveva rimanere una nullità, un povero ragazzo di Allenstown con una vita talmente anonima da non sembrare, nemmeno, vera.

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now