Capitolo 16

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«Tu sei pazzo» commentò Danny, osservando la scena davanti a sé. Aveva avuto il primo sentore della possibilità che fosse un'avventura folle sin dal momento in cui Liam gli aveva detto di raggiungere Hampton. La certezza era arrivata quando, dopo aver parcheggiato nei pressi della rinomata Hampton Beach, avevano proceduto a piedi sino a raggiungere la parte sabbiosa della spiaggia. E lì, Liam Lamberton, aveva intenzione di surfare. Di sera, in pieno inverno, col freddo di gennaio che si insinuava tra gli abiti di Danny e sembrava, invece, non scalfire minimamente l'altro. C'era da dire che lo spettacolo era mozzafiato: le onde, nella piccola baia, erano perfette. Creavano un'atmosfera spettrale, quasi a ricordare ai due ragazzi che loro, infondo, non contavano nulla. Erano solo due formichine nel grande mondo che li circondava. La potenza della natura si scaraventava, tra il vento e le onde magnifiche, in quella spiaggia, piccolo paradiso e meta turistica gettonata dagli amanti del surf.
«Andiamo! Non dirmi che ti caghi addosso per due onde» lo stuzzicò Liam. Danny scosse il capo.
«Punto primo: non ho mai fatto surf in vita mia. Punto secondo: non sono le onde che mi spaventano, ma il freddo. Vorrei semplicemente evitare una broncopolmonite» rispose infine. Liam sorrise. Era sera e la spiaggia era praticamente vuota, fatta eccezione per qualche addetto ai lavori dei vari bar e chioschi presenti.
«Avevi promesso di fidarti. Continua a farlo» lo intimò. Danny chiuse gli occhi momentaneamente. Era vero: aveva detto che si sarebbe fidato, ed era tutt'altro che convinto di volerlo fare anche in origine. Ma quella gli sembrava proprio una follia. Da un altro punto di vista, però, Liam sembrava convinto delle proprie intenzioni. Quindi, probabilmente sapeva cosa stavano per fare. Probabilmente...
«Almeno, dimmi che sei un esperto» tentò. Il biondo sorrise, e il suo voltò si illuminò splendidamente.
«Faccio surf da quando avevo otto anni, e in acque molto più pericolose di quelle in questa piccola baia» confermò. Danny si tranquillizzò, almeno in parte, anche se continuava a rimanere scettico rispetto a quella che, per lui, era una pazzia totale.
«Non ho nemmeno un costume» gli ricordò. L'altro annuì, indietreggiando di qualche passo.
«Questo non è un problema. Seguimi» lo invitò, voltandosi e cominciando a correre verso una piccola struttura in legno. Danny cercò di stargli dietro, ma tutta la sabbia gli entrava nelle scarpe e lo rallentava. Arrivarono nei pressi di una casupola interamente fatta di legno. Liam bussò e, qualche secondo dopo, ne uscì un ragazzo di colore. Era a petto nudo, aveva dei lunghi capelli scuri e un costume con delle stelle disegnate. «Amico, mi servono due costumi e due tavole.»
«Liam, sai che ora è? Siamo chiusi!» domandò questi, squadrando poi Danny dalla testa ai piedi. Liam alzò le spalle.
«Jasp, ti prego. Due costumi e due tavole, tutto qui» ricordò. L'altro sospirò, quindi aprì la porta della casupola e li fece entrare. Danny seguì Liam all'interno. C'era una sola stanza con una moltitudine di tavole da surf abbandonate lungo una parete e diversi costumi maschili e femminili appesi in un armadio. C'era un bancone, dietro al quale probabilmente quel Jasper si occupava di farsi pagare per il noleggio. Era un'attività evidentemente non in regola, ma quel fatto rendeva l'avventura ancora più trasgressiva e adrenalinica.
«Però, il tuo amico deve pagare» obiettò Jasp. Liam lo guardò di sbieco, ma Danny intervenne immediatamente per sedare gli animi. L'ultima cosa che voleva era che Liam diventasse scontroso per via di quella discussione.
«Mi sembra giusto. Anzi, pago per entrambi. Quanto ti devo?» chiese, estraendo il portafogli. Il ragazzo di colore sorrise, scrollando le spalle.
«Prezzo speciale per un cliente speciale. Cento dollari» rispose. Liam spalancò gli occhi, ma Danny depositò la quota dovuta sul bancone senza protestare e sorrise a entrambi.
«Adesso, vieni qui. Scegline una» lo invitò, indicando le tavole. Danny notò che diverse di esse erano della stessa azienda che aveva nel logo ritratto un delfino. Non gli ispiravano per nulla, quindi le scartò automaticamente. Tra le altre, ce n'era una che lo attirava. Era blu, e aveva uno squalo disegnato, anche se parzialmente cancellato per via del reiterato utilizzo. La toccò: era rigida e sembrava solida. Si voltò verso Liam.
«Questa» decise. L'altro sorrise, girandosi verso l'amico Jasp.
«Il tuo amico ha occhio, devo concedertelo» disse quest'ultimo. Danny alzò le spalle, afferrando la tavola che aveva deciso di prendere. Liam, invece, ne recuperò una nascosta dietro un mobile. Era bellissima: l'asse era totalmente arancione e sfumato in diversi punti più scuri.
«Tieni» disse poi il più giovane, lanciandogli un costume. Vide che anche lui ne aveva afferrato uno e se lo stava per mettere. Si tolse la giacca, la felpa, la maglietta che aveva sotto e il pantalone. Danny rimase qualche secondo a fissarlo, con lo sguardo incollato sui muscoli tonici della sua schiena che si contraevano durante i vari movimenti. Era veramente bellissimo. Notò, però, anche diversi lividi sui fianchi e sulla schiena stessa. Sentì il cuore diventare più pesante nel petto al pensiero di qualcuno che potesse picchiarlo, soprattutto considerando anche i segni sul volto di qualche giorno prima. Probabilmente se li era fatti in una qualche rissa causata da lui, visto il comportamento che sembrava, a volte, tenere, ma ciò non gli piaceva comunque. Perché gli importava così tanto? Lo conosceva da poco e l'aveva visto in classe un paio di volte. Eppure, qualcosa dentro di lui si muoveva quando pensava a Liam. Si destò e iniziò anch'egli a spogliarsi. Si infilò il costume sopra le mutande, come aveva fatto l'altro, quindi afferrò la sua tavola e, insieme a lui, uscì sulla sabbia. Il contatto tra essa e i suoi piedi nudi gli provocava una sensazione che non provava molto spesso. Non apprezzava particolarmente il mare, ma quella volta era diverso.
«Come conosci quel ragazzo? Non ti eri appena trasferito?» indagò. Liam alzò le spalle.
«Ho vissuto ad Hampton sin da piccolo, prima di spostarmi in California. Jasp è uno dei pochi amici che io abbia mai avuto, anche se ormai ci conosciamo molto poco» spiegò. Danny avrebbe voluto fargli mille domande, ma non gli sembrava il caso di forzarlo troppo a rispondere. Era evidente che fosse una persona riservata, e lui voleva rispettare le sue scelte.
«E ora?» chiese, indicando col mento la tavola. Era leggermente spaventato, anche se ormai convinto di voler continuare con quella pazzia. L'altro lasciò a terra la sua tavola e afferrò quella di Danny, depositandola accanto.
«Ora, ascoltami. Sdraiati a pancia in giù sulla tavola» ordinò. Danny scosse il capo, non comprendendo il senso di quella cosa.
«Perché?» domandò. L'altro sbuffò sonoramente, dandogli una spinta.
«Insomma, fallo e basta» tagliò corto. Danny annuì e si distese su di essa. Liam si chinò, inginocchiandosi accanto a lui. Gli afferrò le mani e le posizionò sui due lati, quindi gli prese le spalle e le alzò. «Ricorda sempre: testa alta, petto staccato dalla tavola. Le mani devono essere all'altezza delle spalle e le caviglie sempre unite. Stai sulle punte, come se fossi una ballerina.»
«Credevo che il surf si facesse da in piedi» commentò Danny. Liam scosse il capo.
«Prima di alzarti, devi raggiungere l'onda. Ora, quando hai trovato un'onda che ti piace, devi attendere il momento giusto per alzarti e cavalcarla. Deve essere ancora bassa, ma non troppo, altrimenti rischi di finirci sotto. Quando la tavola è stabile e veloce, non traballa e sei sull'onda, devi alzarti. Mi stai seguendo?» spiegò il più giovane. L'altro annuì, voltando la testa per guardarlo.
«Sì. Poi, come mi alzo?» gli chiese. Liam sorrise.
«Qui arriva la parte difficile. Tendi le braccia, come se stessi facendo un piegamento verso l'alto, ma non devi tendere il corpo: lascia il sedere più in alto. Una volta che hai le braccia tese e ti stai sorreggendo, piega leggermente il corpo verso sinistra e fai perno sul piede destro, portando il sinistro avanti. Poi, appoggiati su entrambi e tirati su» chiarì infine. Danny tentò un paio di volte la procedura, scoprendosi bravo nel realizzarla, quantomeno sulla spiaggia.
«E poi, ho fatto? Sto semplicemente su?» domandò ancora. L'altro annuì.
«Tieni il piede destro leggermente ruotato e sii molle con le ginocchia, non devi tendere le gambe ma essere un po' accovacciato. Spalle dritte e braccia leggermente aperte, metti tutto il peso sul piede davanti ma se ti accorgi che l'onda sta salendo sulla tavola, sposta il baricentro sulla gamba dietro. Capito?» si assicurò Liam. Danny, che era ormai in piedi e tentava le posizioni che l'altro gli spiegava, sorrise ancora.
«Così?» fece. L'altro scosse il capo, avvicinandosi alle sue spalle. Afferrò le sue braccia e le allargò quanto bastava, poi mise le mani sui suoi addominali e lo spinse leggermente più indietro. Danny sentiva il corpo del biondo premuto contro il suo, e il proprio cuore iniziò a battere più velocemente. Il petto di Liam era caldo, al contatto con la fredda schiena dell'altro.
«Così. Sii più molle. Non stai facendo un compito o dando un esame, non devi ragionare. Lascia la mente libera e sii rilassato. Solo così, se ti lascerai andare, capirai veramente cosa vuol dire surfare» sussurrò, sempre da dietro di lui, Liam. A Danny venne la pelle d'oca nel sentire il respiro e la voce dell'altro sul collo e sulle spalle.
«Sei un ottimo insegnante» si complimentò infine. L'altro arrossì leggermente, ma tentò di nasconderlo allontanandosi e voltandosi per un secondo, salvo poi tornare a guardarlo.
«Un'ultima cosa: la vedi questa linea che taglia a metà la tavola verticalmente? È il longherone. Quando sei su, il piede destro deve essere di novanta gradi rispetto alla linea, e il sinistro con un'angolazione di quarantacinque gradi. E tu, sempre rivolto verso la punta, con la testa alta, se no cadi» terminò di spiegare Liam. L'altro annuì, quindi sollevò la tavola, se la legò alla gamba e cominciò a correre verso il mare.
«Andiamo» urlò. Liam lo seguì, avanzando rapidamente. Lo superò e si lanciò in acqua, nuotando sulla tavola sino a raggiungere la prima onda. Così, si alzò in piedi, spuntando dall'estremità dell'acqua e muovendo la tavola come fosse un maestro. Danny rimase senza fiato, osservandolo per qualche momento: era veramente bravo. Così, il ragazzo, che era rimasto nella parte con acqua bassa, si fece forza. Sentiva un po' di freddo, ma l'adrenalina lo aiutava a ignorarlo. Nuotò anch'egli verso un'onda, quindi attese il momento che Liam gli aveva detto: quando la tavola fu stabile e veloce, si alzò in piedi. Inizialmente, non si rese conto di essere sull'onda. Pensò che fosse ancora in acqua bassa, e si fosse sbagliato, poi questa cominciò a vorticare, alzandosi e dirigendosi verso la costa. Lui chiuse un secondo gli occhi, cercando di rilassarsi, quindi li riaprì e, a cuor leggero, capì cosa intendesse Liam. Era veramente liberatorio, splendido. Si sentiva un Dio, che governava il mare a suo piacimento. Poi, l'onda decise di diventare più alta. Lui tentò di rimanere in equilibrio, ma cadde in acqua come un salame, finendo sotto la sua tavola. Riemerse quando l'onda si era abbassata, sistemandosi i capelli e pulendosi gli occhi. Notò Liam a riva che rideva sonoramente, quindi scosse il capo e tentò di raggiungerlo nuotando sulla tavola sino alla sua posizione.
«Uno dei momenti più divertenti della mia vita» commentò Liam. Danny lo guardò di sbieco. Era davvero bellissimo: nel leggero imbrunire della sera, il suo volto limpido e pulito era illuminato dalla crescente luce della luna, che rendeva i suoi occhi azzurri ancora più belli rispetto al solito.
«Mi hai portato qui per ridertela, vero?» domandò, sistemandosi il costume. Il biondo scrollò le spalle, continuando a sorridere. Le sue labbra sottili e leggermente carnose formavano un arco che, nell'insieme del suo volto, ne aumentava la perfezione.
«Mi appello al quinto emendamento contro l'autoincriminazione» rispose infine. L'altro scosse il capo, slacciandosi il surf dalla gamba e posandolo a terra, quindi vi si sedette sopra.
«Voglio vedere cosa sai fare ora, però» tentò. Liam alzò lo sguardo al cielo, quindi tornò a osservarlo dritto negli occhi. Danny deglutì dalla profondità di quelle pupille. Dicevano tanto di lui, così come i lividi e il suo atteggiamento: era una persona che aveva lottato tanto nella vita, e aveva ottenuto sempre troppo poco. Dovette distogliere lo sguardo e asciugarsi una guancia perché una lacrima calda aveva cominciato a rigargliela. Poteva sentire la sofferenza di Liam, poteva avvertire le difficoltà, gli ostacoli da superare. Danny non era una persona che piangeva, ma in quel caso era diverso.
«Rimarrai sorpreso» promise il biondo, che sembrò non accorgersi di quanto era appena accaduto. Probabilmente, il cielo scuro e la luce fioca della luna, avevano aiutato Danny a non farsi scoprire. Liam afferrò la tavola e cominciò a correre in acqua. Nuotò per qualche minuto sino a trovare un'onda che lo aggradasse, quindi salì sulla tavola. E come Poseidone, nella notte tra le onde sembrava brillare di luce propria. Sul surf, che governava in maniera magistrale, disegnava traiettorie sull'acqua che Danny avrebbe solo potuto immaginare se non le avesse viste con i suoi occhi. I suoi movimenti a lambire la superficie trasparente dell'acqua erano dolci ma rapidi. La tavola, sotto i suoi piedi, slittava e piegava la potenza del mare, totalmente asservito al suo re. Era evidente che quella fosse la sua passione: era come danzare e, allo stesso tempo, dirigere un'orchestra. La grazia, il tempismo, la capacità di emozionare erano le basi di quei movimenti repentini e bellissimi. Le lacrime tornarono a rigare le guance di Danny ma, quella volta, le lasciò libere perché in quel momento la sensazione prevalente era la gioia. Si sentiva vivo come non mai. Era un'esplosione talmente forte di emozioni che non riusciva a controllarle. Senza dubbio, la giornata più bella della sua vita, con un ragazzo misterioso e conosciuto da poco in una spiaggia che, seppur fosse a solo un'ora da Allenstown, aveva sempre evitato. E, per la prima vera volta da tanto tempo, nessun pensiero riguardo Stefan, Brent, la sua famiglia o qualsiasi altra cosa riuscì a scalfirlo. Era solo lì, con Liam, ed era maledettamente felice.

Il Tempo di una SigarettaWhere stories live. Discover now