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By leavesofwilde

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Harry Styles ha deciso che la vita non ha piรน alcuna importanza. Rinnega le emozioni, concedendo tutto se ste... More

Prologo
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Epilogo

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By leavesofwilde

Je te laissearai des mots - Patrick Watson
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I ragazzi rimangono con Harry.

Non appena il sole cominciò a sorgere, illuminando il lettino chiaro ed il linoleum abbagliante e colorando il cielo di una tiepida sfumatura di azzurro, Niall fu costretto a tornare a casa per evitare che i suoi genitori notassero la sua assenza. Abbracciò Louis un'ultima volta, per poi lanciare una triste occhiata in direzione di Harry, stringendo le labbra e allontanandosi. Quando si chiuse la porta alle spalle, il castano osservò la sua figura attraverso le vetrate, finché non sparì dalla sua vista, lasciandolo nuovamente solo.

Solo con Harry.

Si voltò verso di lui, guardando attentamente il suo viso ancora addormentato. Era sicuro che stesse soffrendo, eppure, in quel momento, avvolto nelle coperte calde, medicato e al sicuro, Harry sembrava quasi stare bene. Come se non fosse successo nulla. Come se stesse semplicemente dormendo, come fosse stata una notte come le altre, e come se avesse potuto svegliarsi da un momento all'altro per guardare Louis e sorridergli dolcemente, la fossetta che scavava nelle profondità della sua pelle e gli occhi verdi e vispi, svegli e soffici.

Gli parve tutto così paradossalmente surreale che, per un solo istante, Louis si preparò ad incrociare il suo sguardo, sicuro che avrebbe socchiuso le palpebre da un momento all'altro. Si preparò ad avvicinarsi e baciare la sua fronte, domandandogli se avesse dormito bene. Si preparò a sfiorare le labbra tenere e a sorridere al loro interno, per poi avvolgere il suo corpo tra le proprie braccia, desiderando di non lasciarlo andare mai più.

Ma ovviamente non accadde.

E Louis sospirò tristemente.

Avvicinò la sedia al lettino, schiacciando il gomito nel materasso e appoggiando la testa al palmo della mano. Fece correre le dita libere su quel viso così bello e così buono, accarezzando i suoi zigomi ed il suo mento, sfiorando la sua fronte e arricciando le labbra quando sentì il suo respiro caldo sulla propria pelle. Quando sentì le palpebre pesanti, non dovette fare altro che appoggiarsi al letto e lasciarsi cullare dal rumore elettronico della macchina che monitorava il battito del cuore di Harry.

Gli piacque pensare che fosse aumentato leggermente quando strinse la sua mano.

-

La mattina successiva, Louis venne svegliato da un raggio di sole che colpì violentemente il suo viso, facendogli stringere le palpebre e sollevare il capo, stordito e confuso. Guardò immediatamente Harry, solo per trovarlo nella stessa identica posizione di poche ore prima. Schiacciò le labbra in una linea sottile per evitare che il cuore cadesse lontano dal suo petto, tentando di ricordarsi che fosse normale, e che Harry avesse bisogno di riposo per riprendersi al meglio.

Fece correre lo sguardo per la stanza, solo per notare una donna con indosso un camice azzurro nei pressi delle finestre, intenta a scostare le tende. Stringeva sotto il braccio una scatola di cartone e, quando si voltò, la calma della sua espressione fece rilassare le spalle di Louis.

"Mi perdoni," disse con un mezzo sorriso. "Devo controllare che il ragazzo stia bene," continuò avvicinandosi al lettino, appoggiando lo scatolone sul comodino e sfilando un taccuino ed una penna dalla tasca della casacca.

"Non c'è problema," mormorò Louis spostandosi i capelli dal viso e allontanandosi dal materasso, schiacciando la schiena contro la propria sedia. Strinse le mani sul grembo e aspettò che l'infermiera facesse i controlli necessari, prima di schiarire la voce leggermente. "Come sta?" domandò. Il volto della donna scattò in sua direzione.

"Sembra tutto nella norma," disse con un sorriso tranquillo.

"È normale che... che non si svegli?"

"Sì, è normale," disse lei riponendo gli oggetti nella tasca del camice. "Ha bisogno di riposare. Ma non deve preoccuparsi," sorrise di nuovo. "Vedrà che si sveglierà presto," concluse, e Louis annuì debolmente.

"La ringrazio."

"Non deve," mormorò lei. Si voltò in direzione del comodino, afferrando lo scatolone e facendo il giro del lettino per avvicinarsi al castano. "Questi sono i suoi oggetti. I vestiti, la giacca e quello che aveva nelle tasche quando è arrivato al pronto soccorso," disse. "Abbiamo dovuto tagliare tutto, quindi le consiglio di portargli un cambio di indumenti per quando riprenderà conoscenza."

"Certo," rispose Louis prendendo la scatola e appoggiandola sulle proprie gambe. "Lo dirò ai ragazzi. Sono ancora qui fuori?" domandò inarcando un sopracciglio. L'infermiera annuì.

"Sì, se n'è andato solo uno," rispose. La sua espressione si fece morbida e soffice nel momento in cui si voltò in direzione della figura addormentata di Harry, sorridendo di un sorriso triste e battendo lentamente le palpebre. "È il suo fidanzato?" domandò poi. Le sopracciglia di Louis schizzarono in aria e distolse lo sguardo, chinando il capo e mordendosi il labbro.

"No," mormorò. "Non esattamente."

"Ma è una persona importante," continuò lei lisciando le lenzuola e aggiustandole leggermente. Louis sorrise debolmente, annuendo tra sé e sé.

"Sì," sussurrò. "Molto importante," pensò a voce alta, e la donna si voltò in sua direzione. Nascose le mani nella tasca del camice e inclinò dolcemente il capo.

"Sono sicura che gli faccia piacere la sua presenza," disse senza distogliere lo sguardo. Quando Louis la guardò, incrociando le sue iridi castane, non riuscì a trattenere un sorriso.

"Lo spero," fu ciò che rispose. Poi, dopo averlo salutato con un cenno della mano, l'infermiera si allontanò, aprendo la porta e sparendo dalla stanza, lasciando Louis ed Harry soli insieme ad uno scatolone pieno di ricordi che il castano non era sicuro di voler ripercorrere.

Sospirò pesantemente, facendo cadere lo sguardo sugli oggetti riposti ordinatamente all'interno delle pareti di cartone. La prima cosa che trovò furono le scarpe, all'interno di un sacchetto di plastica. Le estrasse e le mise ai piedi del letto. Prese poi la giacca di Harry, che aprì stendendola accuratamente, per poi alzarsi dalla sedia per appenderla al gancio sulla porta. Trovò anche la maglietta ed i suoi pantaloni, sgualciti e rovinati. Erano stati tagliati non appena era entrato in sala operatoria, ed ora non erano altro se non un paio di stracci ricoperti di sangue secco. Rabbrividì al pensiero e li lanciò nel cestino, nascondendolo in un angolo per evitare di vedere quel disastro una volta di troppo. In fondo allo scatolone, poi, Louis trovò il cellulare, il portafogli, il pacchetto di sigarette, l'accendino e la collana con l'aeroplanino di carta, arrotolata alla rinfusa e riposta in una seconda bustina più piccola.

Appoggiò la scatola in terra, sfilando la catenina dall'involucro e facendola cadere nel palmo della propria mano. Per un solo istante gli parve bollente, quasi incandescente, come avesse potuto sciogliere la sua pelle e cadere al suolo con un tonfo. Quando sfiorò il ciondolo con la punta delle dita, però, si fece improvvisamente gelida, al punto che pensò istintivamente di lanciarla lontana, per evitare che lo ferisse.

Non riuscì a distogliere lo sguardo, osservando l'aeroplanino d'argento in ogni suo particolare, avvicinandolo al proprio viso e respirando lentamente. Fece correre le iridi blu sul viso del ragazzo dai capelli ricci, stanco, ma sereno.

Harry era proprio un aeroplanino di carta, non è così?

Era pallido e leggero, morbido al tocco, e scivolava sotto le dita del mondo, così soffice e rilassante. Era semplice, come un foglio, ma allo stesso tempo elaborato, come i movimenti delle mani e dei polsi che piegano la carta e le danno una forma complessa. Era studiato ed era misurato, come l'inclinazione perfetta necessaria per fare in modo che l'aeroplanino potesse volare. Era silenzioso come il sibilo della carta che taglia il vento e sfreccia nell'aria, sereno come il momento in cui precipita, morbido come le mani che lo afferrano prima che si incrini al suolo. Era speciale, perché sapeva volare, nonostante nessuno si aspettasse che un semplice foglio potesse essere così tanto di più.

Così Louis sorrise.

Si alzò dalla sedia per avvicinarsi al ragazzo addormentato, facendo girare la catenina sottile intorno al suo collo e chiudendola. Lasciò che il ciondolo cadesse dolcemente sulle clavicole leggermente scoperte e, quando si sedette di nuovo, gli parve quasi di intravedere qualcosa di diverso. Come se il riccio fosse ora più sereno, il volto dolcemente arricciato nella smorfia di chi sogna di sorridere.

Non importava cosa fosse successo.

Non importava cosa sarebbe cambiato.

Harry sarebbe sempre rimasto l'aeroplanino di carta nel cielo di Louis.

-

Intorno a mezzogiorno, Liam aveva accompagnato il castano a casa di Harry per recuperare un cambio d'abiti e tutto ciò che sarebbe stato necessario una volta che si fosse svegliato. Presero anche un paio di libri, un carica batterie per il cellulare, le cuffiette ed un piccolo taccuino, all'interno del quale il riccio avrebbe potuto scrivere, nel caso in cui parlare fosse risultato piuttosto difficile e doloroso nei primi giorni. Aspettarono nel salone un messaggio di Niall, che aveva trovato una scusa per sgattaiolare fuori di casa.

"Ho detto che andavo a studiare da un compagno di scuola," aveva mormorato al cellulare, e Liam si era morso il labbro inferiore. "Inoltre i miei devono uscire, quindi non credo ci saranno problemi."

"Sei con Richard?"

"Sì."

"Vieni a casa di Harry. Io e Louis siamo qui," gli aveva dato istruzioni. "Torniamo all'ospedale insieme."

E così fu. I ragazzi uscirono quando Niall inviò loro il messaggio e salirono in silenzio a bordo dell'auto, lo zaino nero di Harry stretto fra le braccia di Louis. Osservò il paesaggio fuori dal finestrino muoversi veloce, senza cogliere nessun particolare, limitandosi a notare come tutto si amalgamasse nella confusione e il mondo si facesse sfocato.

Quando raggiunsero l'ospedale, Niall si tirò il cappuccio della felpa sui capelli, nascondendo le mani nelle tasche e trascinando le scarpe sul pavimento lucido. Liam fece strada e Louis lo seguì senza proferire parola, continuando a schiacciare le dita nel tessuto ruvido dello zaino, incapace di fare altro. Salirono al piano superiore e si diressero verso la stanza di Harry, all'interno della quale trovarono Alice e Timmy seduti sulle poltrone, entrambi intenti a leggere una rivista irrilevante, ed Elle al fianco del riccio, le gambe incrociate sulla sedia scomoda e le scarpe abbandonate ai piedi del letto. Il suo sguardo era perso nel petto del ragazzo, quasi come dovesse a tutti i costi accertarsi che stesse sospirando.

"È passata l'infermiera," disse Timmy alzandosi e abbandonando la rivista sul tavolino. "Dice che sembra stare bene."

"Ha ripreso colorito," mormorò Alice sorridendo debolmente.

Louis si voltò verso Harry, avvicinandosi e facendo cadere lo zaino vicino al lettino, senza preoccuparsi troppo. Prese posto sulla propria sedia, che non era stata spostata, e lasciò che le proprie mani corressero sul viso del minore, come fossero fiori e quella pelle l'acqua che li disseta. Le sue guance erano rosee, non come al solito, ma di un colorito rassicurante, dolce e soffice. Un colorito che se Louis avesse dovuto descrivere come un gusto, sarebbe stato il piacevole tocco del cioccolato al latte che si scioglie sulla punta della lingua.

"È vero," sorrise il castano senza poter fare altro. "Sembra arrossito," mormorò. Alzò lo sguardo in direzione di Elle, bloccando i propri occhi nelle sue iridi blu. Quando lo fece, le labbra di lei si arricciarono debolmente.

"Andiamo a prendere qualcosa da mangiare?" domandò Timmy appoggiando una mano sulla spalla della ragazza dai capelli rossi. "C'è un Tesco in fondo alla strada," spiegò quando lei incrociò il suo sguardo.

"Andiamo," rispose Alice alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi a Niall, spostando un ciuffo biondo fuori posto e nascondendolo sotto il cappuccio della felpa, sorridendo dolcemente. "Vi portiamo qualcosa."

"Va bene," annuì Elle.

"Io rimango con Louis," chiarì Liam prendendo una sedia e spostandosi dal lato opposto del lettino, di fronte al castano. "Scrivetemi quando uscite dal negozio."

Con un ultimo cenno del capo, i ragazzi si allontanarono, Niall ed Alice a braccetto, le dita affusolate di Elle e Timmy intrecciate le une nelle altre. Chiusero la porta e sparirono oltre le vetrate, lasciando Louis e Liam in un silenzio assordante, il primo che fece scivolare la propria mano in direzione di quella di Harry per stringerla, il secondo che incrociò le braccia, schiacciandosi contro lo schienale della propria sedia. Quando si schiarì la voce, Louis quasi non lo notò.

"Ho parlato con Niall," disse attirando la sua attenzione. Il castano alzò lo sguardo, corrucciandosi appena ed invitando Liam a proseguire. "Mi ha detto che sei preoccupato. Voglio dire, ovviamente lo sei," si perse nei suoi pensieri, chinando il capo e stringendo le mani tra loro. "Ma in particolare per quello che succederà dopo," mormorò grattandosi la nuca. Louis annuì debolmente, voltandosi in direzione di Harry.

"Sì," sussurrò. "Sì, ho paura. Avrei potuto fare qualcosa," disse sfiorando la pelle del riccio con le dita. "Ma non sono arrivato in tempo."

"Non è colpa tua, Louis," disse Liam alzandosi di scatto e dirigendosi verso la finestra. "Non potevi saperlo. Come non poteva saperlo nessuno di noi," continuò osservando il parcheggio di fronte all'ospedale, perdendo lo sguardo nelle macchine illuminate dal sole accecante. Scosse la testa, sospirando rumorosamente. "E poi sono stato io quello a parlare con Sean, giusto? La colpa è solo mia."

Il cuore di Louis si strinse violentemente.

"Cosa stai dicendo?" domandò allontanando la propria mano dal corpo di Harry.

"Sean mi aveva detto che non ci sarebbero stati problemi," disse Liam, come non l'avesse sentito. Strinse i pugni lungo i fianchi quanto bastava per attirare lo sguardo di Louis. "Mi aveva detto che andava bene così. Che avrebbe trovato qualcun altro. Che Harry non aveva nulla di cui preoccuparsi," continuò immerso nei propri pensieri. Scosse nuovamente la testa, mordendosi il labbro. "Mi ha mentito," ringhiò sottovoce. "Mi ha mentito, cazzo. E ha quasi ucciso uno dei miei migliori amici."

"Ma non è colpa tua."

"Oh, no?" domandò Liam voltandosi in sua direzione, un ghigno portato all'isteria a macchiare le labbra gentili. "Io ho parlato con lui, Louis. Sono stato io a dirgli che Harry non voleva più spacciare e... se non l'avessi fatto non sarebbe successo nulla."

"Non potevi saperlo," disse il castano alzandosi dalla propria sedia per avvicinarsi all'amico. "Come avresti potuto? Ti ha mentito, Liam. Nemmeno Harry se l'aspettava. Nemmeno Zayn, cazzo. E quando l'ha saputo ha provato ad avvisarmi," disse chinando il capo e fissando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe. "Non avresti potuto fare nulla."

"Avrei potuto fare più attenzione."

E forse era davvero così. Forse Liam avrebbe potuto parlare di più con Sean. Avrebbe dovuto trovare un compromesso. Ma come avrebbe potuto, dal momento in cui l'uomo era sembrato così tranquillo e sereno, completamente imperturbato? Come avrebbe potuto anche solo immaginarsi conseguenze simili? Semplicemente, non poteva. E pensare che si stesse prendendo la colpa dell'incidente fece rabbrividire Louis dallo sconforto, e lo obbligò a stringere le palpebre un solo istante, allontanando il mondo dalla propria percezione e concentrandosi solo sugli elementi reali.

Harry.

Harry era reale.

E qualcosa fece rilassare le spalle del castano, mormorandogli parole all'orecchio e facendo in modo che le sue palpebre si schiudessero dolcemente.

"Non è colpa di nessuno," disse serio, facendo voltare Liam nella sua direzione. "Nessuno si aspettava che potesse accadere una cosa simile," continuò rilassando le mani e lasciando che si disperdessero nell'aria. "Ma una cosa è certa," ammise stringendo le labbra ed incrociando lo sguardo dell'amico. "Harry avrebbe preferito affrontare una qualsiasi conseguenza piuttosto che continuare a vivere quel tipo di vita. Non ho dubbi su questo," mormorò guardando il paesaggio fuori dalla finestra. "Lui è forte. Lo è sempre stato, anche se non lo pensa. E supererà anche questa," concluse sorridendo leggermente non appena vide le figure di Niall, Timmy e le sue sorelle camminare a passo svelto nel parcheggio dell'ospedale, muniti di sacchetti e bottiglie d'acqua.

"Tu dici?" domandò Liam osservando la stessa scena. Louis annuì.

"Sì. Le cose non dovevano andare così. Affatto," disse deglutendo. "Ma... per quanto la situazione sia grave e tremenda... io credo che Harry avrebbe sofferto di più se fosse rimasto nel giro," spiegò annuendo tra sé e sé. "Se avesse continuato a pensare di non potersi concedere una seconda possibilità."

Liam sorrise dolcemente, voltandosi verso il castano.

"E se fosse questa la sua seconda possibilità?" disse concentrandosi sulla figura del riccio. Louis fece lo stesso, allontanandosi dalla finestra per tornare alla propria sedia, cercando la mano di Harry e, una volta raggiunta, stringendola amorevolmente.

"Beh, devo dire che avrei sperato in qualcosa di meno drastico," ridacchiò tristemente. Liam annuì, seguendolo e prendendo posto di fronte a lui.

"Anche io," mormorò chinando il capo. Passarono alcuni istanti di silenzio prima che alzasse nuovamente lo sguardo, concentrandosi sulla figura distratta di Louis e sorridendo teneramente. "Tu lo rendi la migliore versione di sé," fu quello che disse, ed il castano lo guardò privo di espressione.

"Non lo so," rispose stringendo le labbra in una linea sottile. "Credo che lo sia sempre stato," disse alzando le spalle. "Forse l'ho solo aiutato a rendersene conto."

-

Dopo che i ragazzi ebbero raggiunto Liam e Louis all'interno dell'ospedale e si furono divisi per non affollare eccessivamente la stanza di Harry, Elle si era lasciata cadere sulla poltrona per tenere compagnia al fratello, stringendo la bottiglia d'acqua tra le mani e giocherellando con il tappo, aprendolo e chiudendolo senza sosta, gli occhi distratti rivolti in direzione del cielo oltre il pannello della finestra.

"Come pensi che dovrà fare con il lavoro?" domandò improvvisamente, senza mai distogliere lo sguardo dalle nuvole grigie e catturando l'attenzione di Louis, che si voltò di scatto verso di lei. Schiacciò leggermente le labbra, prima di alzare le spalle e scuotere la testa.

"Non ne ho idea," mormorò chinando il capo. "Spero solo che non lo licenzino."

"Sarebbe un problema," sussurrò lei osservando la figura dell'amico. Batté velocemente le palpebre, corrucciandosi leggermente e sospirando rumorosamente. "Louis?"

"Hm?"

"Io... ho pensato ad una cosa," disse concentrandosi sul tappo della propria bottiglietta, continuando a svitarlo ed avvitarlo. Louis storse la testa, confuso, prima abbandonare la schiena contro la propria sedia ed incrociare le braccia.

"A cosa?" domandò turbato. Elle sembrò perdersi nel suo silenzio, mordendosi delicatamente il labbro e senza mai battere ciglio. Sospirò per poi alzare il viso in direzione del fratello, senza mai guardarlo dritto negli occhi.

"Vorrei che Harry si trasferisse da noi per un po'," fu quello che disse e, quando vide Louis accigliarsi e inarcare un sopracciglio, la ragazza strinse le palpebre scuotendo la testa. "Ascoltami. So che sei preoccupato, okay? Lo capisco. Ma penso che gli farebbe bene stare con noi," disse alzandosi e raggiungendo la sedia vuota al lato opposto del lettino del riccio. Abbassò lo sguardo sul ragazzo, per poi alzare le spalle. "Inoltre avrà bisogno di cure e non può fare tutto da solo. E a casa sua ci sono le scale e non potrà salire e scendere a suo piacimento, e anche da noi ci sono, ma almeno possiamo aiutarlo e-"

"Ehi, ehi," disse Louis alzando le mani, tentando di fermare il discorso frenetico. Elle rilassò le spalle e sospirò, osservando un debole sorriso formarsi sulle labbra del fratello. "Non ti avrei comunque detto di no."

"Davvero?" mormorò lei mordendosi il labbro inferiore. Louis annuì.

"Certo che no. In realtà..." disse alzando lo sguardo in direzione della finestra alle spalle di lei. "Ci avevo pensato anche io. Solo per un po'. Finché non si riprenderà del tutto," continuò, per poi concentrarsi sulla figura della ragazza. "Non – non potrei mai lasciarlo solo. Non ora. Non così."

"Non lo lasceresti solo comunque," tentò di rassicurarlo lei, ma Louis scosse la testa.

"No. Non ho potuto aiutarlo quando ne ha avuto bisogno," disse facendo scivolare la propria mano su quella di Harry, disegnando motivi invisibili sulla pelle calda. Sorrise tristemente, battendo lentamente le palpebre. "Ora voglio esserci. Voglio fare la cosa giusta."

E anche Elle sorrise, perdendosi nel viso beato del fratello, concentrato su quella figura così serena e ancora dormiente, e non disse altro.

Non ce ne sarebbe stato bisogno.

-

Fu quando Louis decise di scendere nel parcheggio dell'ospedale per fumare una sigaretta che Zayn lo chiamò per dirgli che sarebbe arrivato in pochi minuti. Disse anche che avrebbero dovuto parlare e di aspettarlo fuori dall'edificio, in modo tale che nessuno lo notasse. Louis annuì tra sé e sé e chiuse la chiamata, aspettando che l'amico arrivasse. Fumò la propria sigaretta appoggiando la schiena al muro di mattoni, per poi schiacciarla sotto la suola della propria scarpa non appena riconobbe il rumore della moto di Zayn farsi sempre più vicino.

Alzò lo sguardo in direzione dell'entrata del parcheggio, stringendo le sopracciglia e nascondendo le mani nelle tasche della propria giacca. Il moro si fermò a pochi passi da lui, smontando dal veicolo e sfilandosi il casco con un gesto secco, passandosi una mano tra i capelli e respirando rumorosamente.

"Ehi," disse slacciandosi la giacca di pelle, per poi avvicinarsi al castano.

"Ciao, amico," sorrise debolmente Louis, inclinando la testa da un lato per poter abbracciare Zayn. "Non è mai così semplice incontrarti," puntualizzò schiacciando il mento sulla sua spalla, prima che entrambi si allontanassero e si guardassero negli occhi, seri. "È successo qualcosa?" domandò prendendo dalla tasca dei jeans il pacchetto di Marlboro, sfilando una sigaretta per Zayn e una per sé, nonostante avesse appena fumato. Il moro l'accettò, prima di accenderla con un fiammifero dalla punta rosso sangue.

Zayn era sempre stato un fan del vintage.

"In realtà sì," rispose alla domanda postagli, sbuffando il fumo dalle narici silenziosamente, portandosi una mano alla bocca e sfiorando le proprie labbra con le dita. "Una mia conoscenza è riuscita a trovare Ethan. E mi sono messo in contatto con Sean," continuò, evitando lo sguardo di un Louis, ora accigliato e sorpreso.

"Come hai fatto in così poco tempo?"

"Ethan non è particolarmente sveglio," ammise con un mezzo sorriso. "E poi ho parecchi contatti. Occhi e orecchie ovunque."

"Ovviamente," scosse la testa Louis e, quando Zayn alzò lo sguardo in sua direzione, il castano sorrise debolmente. "Ti ringrazio. Davvero. Non ho idea di cosa succederà ma... se dovesse servire per aiutare Harry allora..." si perse, chinando il capo e mordendosi il labbro. "Voglio solo che sia al sicuro."

"Lo sarà," lo rassicurò Zayn appoggiando una mano sulla sua spalla. "Non temere. Dobbiamo solo aspettare e avere pazienza," continuò sorridendo leggermente. "Ho bisogno di Payne, però. È qui con voi?" domandò, e Louis si corrucciò.

"Liam?" chiese, e Zayn annuì. "Perché hai bisogno di lui?"

"È lui che ha parlato con Sean di Harry, correggimi se sbaglio," disse infilando le mani nella spessa giacca di pelle. Il castano seguì i suoi movimenti con lo sguardo, prima di annuire senza proferire parola. "Esattamente. Ho solo bisogno di un testimone. E di qualcuno che sappia cosa fare e come," concluse alzando le spalle. Louis sospirò rumorosamente, prima di passarsi una mano nei capelli.

"Sì. Sì, okay. Lui – lui è di sopra. Da Harry."

"Allora digli di raggiungermi," gli diede istruzioni il moro, facendo cadere la propria sigaretta al suolo e lasciando che bruciasse, senza nemmeno calpestarla. Si allontanò in direzione della moto, prendendo il casco tra le mani. "Lo aspetto qui."

Louis annuì, spegnendo a sua volta la sigaretta e voltandosi in direzione dell'entrata per entrare all'interno dell'ospedale e raggiungere la stanza di Harry. Guardò Zayn un'ultima volta, fermandosi sui propri passi, le porte di vetro ora alle sue spalle che si aprirono automaticamente, cigolando appena. Si sentì sorridere debolmente, prima di sospirare.

"Sei il mio migliore amico," fu quello che disse.

Zayn sorrise.

"Anche tu, Louis," mormorò al gelido febbraio. "Anche tu."

-

Liam aveva lasciato l'ospedale in compagnia di Zayn da quasi un'ora, ed il castano non aveva fatto altro se non sedere alla poltrona della stanza di Harry nel più assordante dei silenzi, affondando nel tessuto ruvido ed osservando la figura del ragazzo distesa nel letto. A pochi passi da lui, Elle sedeva sulla seconda poltrona presente nella camera, un vecchio libro stretto fra le dita affusolate, lo sguardo distratto sulle parole sbiadite e le pagine ingiallite. Alice borbottava insieme a Timmy nei pressi della porta, sottovoce, per non disturbare i due fratelli. Niall era sparito nel corridoio per rispondere ad una telefonata che aveva incupito i suoi occhi e teso le sue spalle.

Louis si passò una mano tra i capelli, sospirando rumorosamente e schiacciando i gomiti nelle ginocchia. Elle alzò lo sguardo in sua direzione, prima di riportare la propria attenzione sul testo, decidendo di lasciare che il fratello desse il libero sfogo ai suoi pensieri.

E fu proprio quello che fece.

Perché proprio lì, su quella poltrona, Louis pensò a cosa avrebbero dovuto fare Liam e Zayn. Pensò a cosa avrebbero detto a Sean e si chiese se sarebbero stati in grado di risolvere la questione. Si domandò se Liam avrebbe dovuto affrontare delle conseguenze, e se queste avessero in un qualche modo qualcosa a che vedere con Harry.

E si chiese cosa ne sarebbe stato di loro. Pensò a cosa avrebbe detto il ragazzo dai capelli ricci una volta sveglio. Pensò a cosa avrebbe provato. A come l'avrebbe guardato. Pensò a come avrebbe reagito nel vedersi attaccato ad una flebo, e a cosa avrebbe detto non appena avrebbe visto l'espressione stanca e sciupata sul viso di Louis, le guance scavate e le occhiaie scure. Si chiese se avrebbe stretto il ciondolo dell'aeroplanino di carta. Si chiese se avrebbe ricordato le sue parole ed i suoi sguardi. Si chiese se sarebbe stato in grado di provare anche la più sottile delle sensazioni, come aveva imparato a fare nell'ultimo periodo.

Si chiese quanto sarebbero stati intensi i suoi occhi.

Fu quando decise di alzarsi per scendere e fumare l'ennesima sigaretta che dovette bloccarsi. Elle sollevò lo sguardo dal libro, alzandosi in piedi di scatto non appena vide Niall piombare nella stanza, spalancando la porta di colpo, che andò a sbattere contro la parete accecante. Alice e Timmy si voltarono in sua direzione, le espressioni sui loro volti confuse e turbate. Quando la ragazza si avvicinò a lui per chiedere cosa fosse successo, Niall scosse la testa convulsivamente.

"Greg," fu l'unica cosa che disse.

"Chi è Greg?" domandò Timmy avvicinandosi, lanciando un'occhiata in direzione di Elle, che abbandonò il libro sulla poltrona alle proprie spalle. Il biondo lo guardò, il respiro affannato e le gote infuocate.

"Mio fratello," rispose mormorando. Deglutì rumorosamente, fissando il proprio sguardo in quello di Alice. "Sta venendo qui."

"Cosa?" esclamò Louis avvicinandosi al ragazzino. "Come fa a sapere dove ti trovi?"

"M-Mi ha telefonato," balbettò, facendo correre gli occhi azzurri su ogni particolare della stanza, ma mai sui presenti. "Non ha le chiavi. Non può tornare a casa perché i miei non ci sono," spiegò passandosi una mano sul viso, prima che Alice sfiorasse delicatamente il suo braccio. "L'avrei raggiunto, ma cazzo – il fottuto interfono," brontolò dirigendosi verso una delle tante sedie libere.

"L'interfono?" domandò Elle corrucciandosi.

"Sì. Hanno chiamato un medico in un qualche reparto del cazzo e Greg l'ha sentito," disse sedendosi con un tonfo, e la sua gamba cominciò a tremare. "Mi ha chiesto cosa ci facessi in ospedale e non mi ha nemmeno dato il tempo di spiegare," disse mordendosi le unghie e fissando lo sguardo sul pavimento in linoleum. La sua gamba non smise di muoversi nemmeno un istante. "E ora sta venendo qui."

"Ed è un problema?" domandò Timmy raggiungendo Louis e fermandosi al suo fianco. Niall sorrise quasi istericamente, scuotendo la testa.

"Non conosci Greg."

"Dobbiamo mantenere la calma," disse Alice. Si avvicinò al biondo, inginocchiandosi alla sua sinistra e posando le mani leggere sulla gamba in movimento, accarezzandola e rilassandola a tal punto da fermarla. Niall la guardò distrattamente, continuando a mordersi le unghie. "Parlerai con lui e gli spiegherai la situazione. Non puoi fare altro," tentò di farlo ragionare. Questa volta, il ragazzo si voltò in sua direzione, guardandola attentamente. Le sue spalle si fecero morbide e, quando chinò il capo, annuì leggermente.

"Okay," mormorò, e Louis tirò un sospiro di sollievo. "Dobbiamo solo sperare che non parli con mamma e papà. Altrimenti potete stare certi che non mi vedrete mai più per il resto della vostra vita," disse mordendosi il labbro, prima di alzarsi di scatto dalla sedia. Si voltò in direzione di Louis, scuotendo lievemente la testa. "Mi dispiace."

"Non devi," rispose Louis, sforzando un mezzo sorriso. "Non è colpa tua. L'importante è risolvere la questione," disse, e Niall annuì. "Perché non scendi nel parcheggio con Alice, hm? Vi incontrerete lì e gli spiegherai cos'è successo," tentò di rassicurarlo. Quando, però, notò che l'espressione sul volto del biondo non sembrava rilassarsi, Louis si fece vicino. "Ehi. Va bene così," disse stringendo la sua spalla delicatamente. "Tu non c'entri. Non può fare niente se non ascoltare quello che hai da dire, va bene?" domandò ancora, sorridendo leggermente ed inclinando il capo per incrociare lo sguardo di Niall. Quando il biondo alzò la testa, annuì velocemente.

"Grazie, Louis," fiatò prima che il castano lo attirasse a sé per stringere le sue spalle in un abbraccio. Nascose il viso nell'incavo del suo collo, ed Louis accarezzò la sua schiena quanto bastava per fare in modo che si rilassasse.

"Grazie a te, Niall," disse quando si staccarono. Lanciò un'occhiata in direzione di Alice, la quale annuì prontamente, facendo scivolare la propria mano in quella del biondo ed incatenando le loro dita dolcemente. Sorrise e baciò la sua guancia, scostando un ciuffo ribelle dalla fronte imperlata di sudore.

"Va tutto bene," sussurrò sorridendo. "Ci sono io con te."

Anche Niall sorrise, prima di stringere la sua mano ancora di più. Annuì un'ultima volta in direzione di Louis, che ricambiò, per poi dirigersi verso la porta e sparire nel corridoio. I ragazzi li osservarono allontanarsi attraverso le vetrate, mentre Timmy si dirigeva verso la poltrona, facendosi cadere sul tessuto e affondando nei cuscini. Sospirò rumorosamente, attirando l'attenzione di Elle. Strinse le labbra leggermente, prima di avvicinarsi a lui e sedersi sulle sue gambe, coccolando il suo viso e i suoi capelli spettinati.

Louis li guardò, sentendo un calore irresistibile scaldare il suo petto.

Perché avrebbe voluto fosse lo stesso con Harry. Perché avrebbe voluto si svegliasse e sorridesse in sua direzione, baciando le sue labbra e accarezzando i suoi zigomi sporgenti. Perché avrebbe voluto stringerlo così forte da renderlo parte del proprio corpo, coccolando ogni parte di lui e rendendola propria. Perché avrebbe voluto che stesse bene e perché avrebbe desiderato vederlo correre insieme a lui per le strade. Perché avrebbe voluto farsi crollare sull'erba illuminata dal tramonto, sentendo il peso di Harry su di sé, stringendo le sue spalle per fare in modo che non si allontanasse, baciando la sua bocca e i suoi lineamenti, assaporando ogni parte di quella fiamma, lasciando che tutte quelle sensazioni che laceravano il suo petto prendessero il possesso, riversandosi sulla pelle calda del ragazzo dai capelli ricci.

Perché avrebbe voluto amare anche lui.

E perché sperava che Harry desiderasse lo stesso.

-

Niall aveva aspettato l'arrivo di Greg nel parcheggio dell'ospedale in compagnia di Alice, e Timmy, Elle e Louis si erano sporti dalla finestra per osservare la scena. Avevano visto la solita macchina nera arrivare lentamente, Richard alla guida. Quando si fermò davanti ai due, un ragazzo intorno ai venticinque anni aprì la portiera di colpo, scendendo dal veicolo e bloccandosi proprio di fronte al biondo. Indossava un cappotto blu scuro e un paio di occhiali da sole neri, una camicia sulle tonalità dell'azzurro e un paio di scarpe lucidate alla perfezione.

Dire che avesse un aspetto intimidatorio sarebbe stato un eufemismo.

"Cosa si staranno dicendo?" domandò Elle non appena vide il ragazzo voltarsi verso Alice e stringere la sua mano. Timmy scosse la testa, incapace di scorgere l'espressione sul viso di Greg, o comprendere quali fossero le sue intenzioni.

"Cosa stanno facendo?" domandò il ragazzo quando Niall alzò lo sguardo nella loro direzione, indietreggiando lentamente e sparendo all'interno dell'edificio, seguito a ruota da Alice e da Greg. Si allontanarono dalla finestra, sperando di non essere stati visti. Elle cominciò a gironzolare irrequieta per la stanza, stringendo e rilasciando i pugni in maniera nervosa. Timmy si lasciò sprofondare sulla poltrona, affondando i gomiti nelle ginocchia e appoggiando il viso ai propri palmi, mentre Louis strinse una mano decisa intorno al lettino di Harry.

Gli lanciò una veloce occhiata prima che un rumore proveniente dal corridoio lo distraesse.

Niall fece scattare la maniglia, aprendo la porta ed entrando nella stanza, Alice alle sue spalle e, pochi passi più lontani, Greg, gli occhiali da sole ora sui capelli corti e il naso arrossato dal freddo. Quando richiusero la porta, Niall si dondolò sui talloni, chinando il capo e nascondendo le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Uhm," mormorò per poi stringere le labbra. "Lui è Greg, mio fratello," disse indicandolo. "Loro sono Elle, Timmy e Louis," disse voltandosi verso i ragazzi con un'espressione turbata a macchiargli il volto. Il ragazzo annuì nella loro direzione, e i presenti ricambiarono.

"Perché non me l'hai detto prima?" domandò improvvisamente, facendo alzare le sopracciglia al biondo, il quale alzò le spalle distrattamente.

"Avrei dovuto?"

"Avrei potuto fare qualcosa."

"Tipo?"

Greg sospirò rumorosamente, sfilandosi gli occhiali da sole dal capo e agganciandoli al colletto della camicia, passandosi poi una mano tra i capelli. Quando alzò nuovamente lo sguardo, si focalizzò sulla figura di Harry beatamente addormentata, rilassando le spalle e mordendosi il labbro inferiore, proprio come era solito fare Niall quando rifletteva.

"Come sta?" chiese a nessuno in particolare. Quando seguì solo silenzio, Louis si schiarì la voce, facendo voltare Greg verso di lui ed incrociando i suoi occhi azzurri.

"Non si è ancora svegliato," rispose.

"Cosa gli è successo?"

"Greg –"

"Voglio saperlo," disse osservando il fratello minore seriamente. Quando Niall distolse lo sguardo, il ragazzo focalizzò nuovamente la propria attenzione su Louis, che strinse le labbra in una linea sottile, chinando il capo.

"Lui... è stato aggredito."

"Da chi?"

"Non lo sappiamo," mentì Timmy, consapevole del fatto che coinvolgerlo non sarebbe stata la scelta giusta. Non avrebbe probabilmente compreso e, anche se l'avesse fatto, sarebbe stato pericoloso, per lui e per il resto del gruppo. A quanto pare tutti i presenti si trovarono d'accordo con lui, perché nessuno fiatò. Greg annuì tristemente, scuotendo la testa. Non distolse mai lo sguardo da Harry.

"Senti, Niall," cominciò distrattamente, e il biondo non si voltò. "Non dirò niente a mamma e papà."

E quello fece sgranare gli occhi a Niall come al resto del gruppo.

"Cosa?"

"Ovviamente no," chiarì Greg con una smorfia. "A che scopo? Inoltre non ti è successo nulla, o sbaglio?" domandò, e il biondo scosse vigorosamente la testa. Il fratello maggiore alzò le spalle. "Mi rendo conto che la situazione sia già abbastanza complicata. Mi dispiace solo per il vostro amico," continuò incrociando le braccia. "Se doveste avere bisogno per qualsiasi cosa... chiamatemi. Davvero," disse per poi spostare lo sguardo sul fratello, che lo stava fissando. "Non voglio che la faccenda si complichi. Se posso fare qualcosa per impedirlo, allora lo farò," concluse.

Tutti i presenti si voltarono in direzione di Niall, i cui occhi erano ancora sgranati e le mani nascoste nelle tasche dei propri pantaloni. Lo videro rilassare le spalle, annuendo lentamente, quasi scioccato, prima che facesse cadere il capo e fissasse lo sguardo sul pavimento in linoleum.

"Grazie," sussurrò appena, ma parve bastare. Greg annuì e si voltò verso i ragazzi.

"Fatemi sapere come sta," disse con un mezzo sorriso, guardando tristemente Louis.

"Certo," rispose allora, arricciando a sua volta le labbra.

E non ci fu bisogno di aggiungere altro. Greg si scusò, uscendo dalla stanza seguito da Niall, che lo accompagnò fino al parcheggio. Elle strinse la spalle di Alice e accarezzò i suoi capelli, mentre Timmy sbuffava dalla propria poltrona. Louis, invece, prese posto al fianco di Harry, spostando un ciuffo riccio cadutogli sulla fronte e sorridendo leggermente.

Per un qualche inspiegabile motivo, proprio lì, in quel momento, qualcosa parve rassicurarlo.

E quando sentì Harry sospirare leggermente, i suoi occhi si fecero più blu.

-

Quella sera, intorno alle nove, Niall si scusò, avvisando il resto del gruppo che sarebbe dovuto tornare a casa per fare in modo che i suoi genitori non si insospettissero, senza menzionare che il giorno dopo sarebbe dovuto andare a scuola, così come Alice. Se ne andarono insieme, tenendosi per mano e baciandosi le guance arrossate. Elle e Timmy rimasero insieme a Louis per un paio d'ore, tenendogli compagnia.

"Chiamerò al pub per dire che domani non andrò a lavorare," disse il castano prendendo un sorso dalla bottiglia d'acqua che la sorella aveva appena portato. La osservò sedersi sulla poltrona al lato di quella di Timmy, passandosi una mano tra i folti capelli rossi.

"Cosa dirai?"

"Non lo so. Che sono malato?" disse alzando le spalle, e Timmy annuì.

"O che hai avuto un'emergenza."

"Forse."

Fu quando Elle cominciò a sbadigliare senza riuscire a controllarsi che il ragazzo posò una mano sulla sua gamba, coccolandola dolcemente. Quando si voltò in direzione di Louis, lo trovò intento a far scivolare le proprie dita sul braccio scoperto di Harry, lo sguardo fisso sul suo viso addormentato.

"Noi dobbiamo andare," disse attirando la sua attenzione. "Domani mattina dobbiamo svegliarci presto," disse alzandosi dalla poltrona e stringendo la ragazza sé. Louis sorrise debolmente, per poi annuire.

"Ma certo. Io rimarrò qui," disse focalizzandosi di nuovo sul riccio. "Vi avviso se succede qualcosa," sorrise ancora in direzione della sorella, che annuì con le guance colorate di rosa. Si avvicinò a lui per stringere delicatamente la sua spalla, abbassandosi per baciare la sua guancia.

"Riposati, Lou," disse passando una mano nei capelli castani. Lui annuì, salutando Timmy con un cenno del capo ed osservandoli uscire dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e sparendo oltre la vetrata, lungo un corridoio troppo silenzioso.

Si voltò in direzione di Harry, osservando come le sue labbra fossero ancora morbide e carnose, nonostante presentassero un paio di tagli ai bordi. Le sue ciglia erano ancora lunghe e delicate, posate con grazia sulle guance vivaci, il nasino soffice e sereno, le palpebre chiuse e leggere. I suoi capelli incorniciavano il suo viso come fosse una rosa dai petali del rosso più vivo circondata da una siepe folta e colorata, e lo stesso ciuffo ribelle di sempre cadde sulla fronte liscia, facendo arricciare le labbra di Louis in un sorriso sospirato. Si mosse leggermente per spostarlo e liberare la pelle calda, senza mai smettere di guardare il suo viso.

La collana con l'aeroplanino di carta riposava ancora sulle clavicole scoperte, il camice troppo largo e sgualcito a coprire le spalle magre. L'argento sfiorava le curve del collo e il pendente scendeva sul petto, leggero e fresco. Sembrava quasi essere fatto apposta per decorare quella sua pelle così pallida, come se fossero sempre stati una cosa sola, come se Harry l'avesse avuto da sempre.

Louis strinse i lembi del ruvido panno di lana tra le dita sottili, sollevandolo leggermente e coprendo il suo petto, per evitare che prendesse freddo. Fece correre una mano sulla coperta, coccolandolo delicatamente, senza riuscire a smettere di sorridere. La sua mano sinistra sedeva addormentata sul suo ventre, fasciata e collegata alla flebo al fianco del lettino, mentre quella destra era rimasta abbandonata al suo fianco, posata sul materasso. Louis la sfiorò delicatamente, prima di avvolgerla nel suo tocco e scaldarla con una carezza lenta e soffice.

"Rimango qui," si ritrovò a sussurrare nel momento in cui prese la sua mano per depositare un bacio sul dorso. "Rimango qui finché non ti svegli," disse ancora, sfiorando la pelle con le proprie dita e sorridendo leggermente.

Si negò al tocco solo per raggiungere il proprio cellulare nella tasca dei pantaloni neri, sbloccandolo e scorrendo sullo schermo finché non raggiunse la galleria musicale. Quando trovò quello che stava cercando, non dovette fare altro che inviare ad Harry un messaggio. Si voltò verso il comodino al fianco del letto, sul quale vide il telefono del riccio illuminarsi e vibrare leggermente sulla superficie. Sorrise, concentrandosi nuovamente su di lui.

"Oggi ti avrei mandato questa canzone," disse sottovoce. "Si chiama Favourite Song. È bella, sai?" domandò scuotendo leggermente la testa, rimettendo il cellulare nella tasca degli skinny e portando le mani intorno a quella di Harry, cullandola dolcemente.

Sorrise, cantando le parole nella propria mente.

"Vedi," cominciò passandosi la lingua sulle labbra sottili. "È proprio la canzone che ti dedicherei. Sai cosa dice?" chiese, nonostante sapesse che non avrebbe ricevuto una risposta. Tutto quello che seguì la sua domanda fu il rumore metallico continuo della macchina che monitorava il battito del cuore del riccio.

Sospirò rumorosamente.

"È tutto più difficile rispetto a prima," sussurrò contro la sua mano, baciandola dolcemente. "Ma tu sei l'incarnazione della semplicità," continuò sfiorando le sue dita con la punta del naso. "Sei il lampo nel cielo," mormorò sottovoce. "Sei la mia canzone preferita," sorrise. "Sei tutto ciò che desidero," disse in un sussurro, chiudendo gli occhi e sentendo una timida lacrima rigare la sua guancia.

"Sei tutto ciò di cui ho bisogno."

-

Louis si era addormentato esattamente come la sera prima, la mano di Harry stretta nella propria, il capo appoggiato al braccio sul materasso, quanto più vicino al corpo addormentato gli fosse possibile, in modo da poter sentire il suo calore e farsi cullare dal movimento del suo respiro.

Era notte fonda quando si svegliò di soprassalto, il suo sonno turbato da un incubo che non riuscì nemmeno a ricordare. Non alzò il capo, limitandosi a sospirare contro il panno e lasciare che il suo viso si scaldasse. Non riuscì a chiudere gli occhi per quelle che parvero ore, limitandosi ad osservare un punto indefinito sul muro sopra al comodino, senza mai spostarsi nemmeno di un millimetro.

Sentì il sibilo del vento insinuarsi attraverso le fessure della finestra.

Sentì il silenzio prendere il possesso del suo corpo.

E sentì un leggero rumore metallico scivolare.

Si corrucciò debolmente, strofinandosi gli occhi con la mano libera e cercando di mettere a fuoco la scena davanti a sé oltre il buio della stanza. Pensò di accendere la luce, ma si bloccò di colpo, la sua attenzione catturata da un particolare così sottile ed impercettibile da non sembrare nemmeno reale.

Strinse le palpebre, avvicinandosi lentamente al viso di Harry.

Il suo petto si strinse quando vide il pendente scivolare lentamente sulle sue clavicole.

"Cosa?" sussurrò al nulla, indietreggiando quanto bastava per poter osservare la figura distesa del riccio, incapace di comprendere cosa stesse accadendo. Si chiese se stesse sognando, o forse se la carenza di sonno lo stesse facendo impazzire, mettendolo di fronte a scenari immaginari, falsi.

Dovette ricredersi.

Dovette ricredersi quando sentì qualcosa muoversi delicatamente sotto la sua mano.

Terrorizzato, Louis fece lentamente correre lo sguardo fino ad essa, scostandola leggermente per rivelare quella pallida e soffice di Harry, ora arrossata, tesa e...

Sveglia.

Vide le sue dita muoversi delicatamente, quasi come stessero cercando di afferrare qualcosa di invisibile. Ansimò rumorosamente quando le vide stringersi leggermente, affondando a fatica nel panno di lana, come volessero aggrapparvisi.

Si voltò nuovamente di scatto verso il viso di Harry quando sentì la collana scivolare una seconda volta. Fu una lacrima quella a rigare il suo volto, bagnando la sua guancia e facendo tremare le sue mani.

Perché il ragazzo dai capelli ricci stava lentamente voltando il viso nella sua direzione.

"Harry...?" si ritrovò a sussurrare.

Ci fu un lungo silenzio.

Il vento continuò a sibilare.

Una seconda lacrima segnò il volto di Louis.

Le stelle brillarono.

Ed Harry aprì gli occhi.

-

S

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