𝐋'𝐔𝐎𝐌𝐎 𝐃𝐀𝐆𝐋𝐈 𝐎𝐂𝐂...

By angydevil_

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«A quanto pare la vita non è stata gentile con nessuno dei due.» «La vita non è gentile con nessuno, ragazzin... More

𝑷𝒓𝒆𝒇𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
𝐂𝐀𝐒𝐓
𝑫𝒆𝒅𝒊𝒄𝒂
𝐏𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐮𝐞
𝟎
𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐈
𝟏
𝟐
𝟑
𝟒
𝟓
𝟔
𝟕
𝟖
𝟗
𝟏𝟎️
𝟏𝟏
𝟏𝟐
𝟏𝟑
𝟏𝟒
𝟏𝟓
𝟏𝟔
𝟏𝟕
𝟏𝟖
𝟏𝟗
𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐈𝐈
𝟐𝟎
𝟐𝟏
𝟐𝟐
𝟐𝟑
𝟐𝟒
𝟐𝟓
𝟐𝟕
𝟐𝟖
𝟐𝟗
𝟑𝟎.𝟏
𝟑𝟎.𝟐
𝟑𝟏

𝟐𝟔

204 22 19
By angydevil_

"I'm Sorry"
Michael Ortega

...

«Sei sicuro che stiamo andando nella direzione giusta?» Domandò Hallei incerto, sbattendo nervosamente le dita sul volante.
«Sì Jason, sono sicuro, quindi se non ti dispiace ti pregherei di non chiedermelo più.» Rispose Elphas con aria seccata, mentre guardava fuori dal finestrino.

Erano passati altri due giorni. Due giorni, di incomprensioni e ricerche andate a vuoto. Due giorni, da quando aveva deciso di raccontare tutto al suo migliore amico e mettere finalmente a nudo l'oscuro passato che incombeva sulle sue spalle.

In un certo senso era stato liberatorio, adesso si sentiva quasi più leggero in compagnia del suo partner sapendo di non dover più nascondergli nulla.
Jason non l'aveva guardato con occhi diversi, non l'aveva considerato un mostro o una persona spregevole.

Durante quella confessione si era semplicemente limitato ad ascoltarlo senza dire nulla, nascondendo il suo stupore dietro uno sguardo neutro e mantenendo come al solito quell'aria sempre compassionevole per cui lui lo adorava.

Alla fine di quel discorso gli aveva persino sorriso, era stato paziente e comprensivo.
«I tuoi errori del passato non fanno di te una persona diversa da quella che sei oggi, Elphas, non hai alcun bisogno di distruggerti in questa maniera. Siamo umani d'altronde.» Gli aveva detto, e per un breve secondo Elphas si era sentito in pace come non accadeva da tempo.

Dopo il loro chiarimento Jason era stato riammesso nelle indagini con la promessa che fino a che non avrebbero ritrovato la ragazza non avrebbe raccontato nulla a nessuno, e i due si erano letteralmente buttati sulle ricerche.
Anche un minimo indizio poteva rivelarsi utile per andare a capo di tutta quella situazione, ma senza quei documenti avevano racimolato poco e niente.

Elphas si girò verso il suo partner, che intanto guidava teso, come se qualcosa stesse per succedere da un momento all'altro, e nel suo cuore, il biondo non poté fare a meno di chiedersi in fondo se non fosse colpa sua, se in realtà, dopo ciò che aveva saputo su di lui, non avesse incominciato a sentirsi a disagio in sua presenza.
Il dubbio lo turbò, anche se cercò in tutti i modi di nasconderlo dietro la sua maschera di professionalità.

«È tutto così strano...» Mormorò però Jason, attirando la sua attenzione.
«Cosa è strano?» Domandò Elphas.
«Tutto questo, questa situazione surreale che sembra letteralmente la trama di un film. Non pensavo che l'avrei mai detto, ma dopo tanti anni di servizio non ho mai pensato mi sarei ritrovato davanti un caso del genere.» Ammise l'uomo, nervosamente.

Il biondo allora abbassò gli occhi.
«È colpa mia, vero?» Mormorò con un filo di voce. L'amico si voltò verso di lui.
«Elphas, te l'ho detto, io non ti giudico per ciò che hai fatto. Niente di ciò che è successo ti farà apparire ai miei occhi come una persona spregevole. Sei il mio partner, e sei stato un mentore e un amico prezioso per me, questo non potrei dimenticarlo neppure se fossi colpevole davanti alla corte suprema.» Disse, appoggiando una mano sulla sua spalla.

Il detective Jhonson sorrise lievemente, e poggiò la sua mano su quella del compagno, a mo di ringraziamento silenzioso.
Jason era l'unica persona al mondo in grado di placare la sua rabbia e il suo senso di colpa, l'unico al mondo che non lo faceva sentire un mostro. Non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lui.
La sua sola presenza gli faceva dimenticare tutto, il suo passato, il suo dolore, bastava che gli stesse vicino perché si annullasse ogni cosa.

Lo fissò a lungo mentre questo continuava a guidare in silenzio, senza sciogliere neanche per un secondo le loro mani.
Il suo tocco gli donava una sorta di sicurezza, e per un attimo sentì una strana sensazione crescere all'altezza dello stomaco, un calore piacevole che fece fatica ad interpretare, che lo confuse.

Dal canto suo anche Jason sembrò condividere lo stesso sentimento, e dopo qualche secondo in quel modo si schiarì la voce, in imbarazzo.
«Dove...dove devo svoltare?» Domandò, spezzando quell'insolito silenzio.
«Oh ehm...svolta a destra, dopodiché dovremmo essere arrivati.» Rispose il biondo, altrettanto a disagio, mentre allontanava lentamente la sua mano da quella di lui e un inspiegabile vuoto si faceva largo nel suo petto.

Quando finalmente Jason parcheggiò la macchina, i due si ritrovarono davanti ad una vecchia chiesetta, che in mezzo alle nuvole grigie di Londra assomigliava quasi ad una casa degli spettri.
«Sei sicuro che qui riusciremo a trovare qualcosa per le indagini?» Domandò Jason, una volta che furono fuori dal veicolo.

«Lo spero. Sono del tutto convinto che dietro tutto questo ci sia il figlio di Emily Hamilton. Dopo tutto ciò che è successo dodici anni fa è scomparso nel nulla e non si è più saputo nulla di lui. Deve essere scappato e aver trovato rifugio per organizzare il suo piano.» Rispose il Detective Jhonson, armandosi della sua freddezza professionale.

«Mmh...però non mi torna una cosa, in tutta questa storia.» Rifletté Jason, appoggiandosi una mano sul mento.
«Di cosa parli?»
«Perché il figlio di Emily vuole così tanto quella ragazza? Quale sarebbe l'utilità di rapirla e perché proprio adesso? Mi chiedo quale sia il suo scopo...» Hallei aggrottò la fronte, scrutando il volto pensoso del compagno, che dal canto suo sospirò pesantemente.

«Non lo so proprio, ma è proprio quello che voglio scoprire. Ucciderla non avrebbe alcun senso, è ovvio che voglia trarre profitto da qualcosa, ma nemmeno io capisco che cosa voglia ottenere. Per il momento possiamo solo sperare che Erika sia in buone condizioni e che quello schizzato non abbia deciso di usarla come giocattolino. Anche se non ha intenzione di ucciderla, è una possibilità che non è da escludere.» Spiegò, per poi voltarsi nuovamente verso la piccola struttura.

Poi aggiunse, serio in volto:
«L'unica cosa che ricordo di lui è che è cresciuto con delle suore per un certo periodo della sua infanzia, prima di andare sotto la tutela di Emily Hamilton. Questa chiesa al momento è l'unico indizio che abbiamo per scoprire qualcosa in più sul suo conto e seguire le impronte che ha lasciato, ma è sempre meglio di niente, non trovi?»

Hallei lo fissò con aria incerta, ma poi si vide costretto ad annuire.
I due si avvicinarono quindi al grande portone della chiesetta, laddove si radunava un discreto gruppetto di fedeli già disposti in preghiera sulle panche di legno.
Il sacerdote stava già parlando imperterrito, ma si bloccò alla vista dei due poliziotti davanti all'entrata.
Anche le anziane suore disposte nei posti davanti si voltarono a guardare gli uomini che attraversavano la sala.

«Perdonate il poco preavviso, ma dovremmo farvi alcune domande.» Annunciò Elphas, alzando il distintivo in direzione del prete.
Le persone intorno iniziarono a parlottare tra di loro, non comprendendo cosa fare.

Il prete strabuzzò gli occhi e si schiarì la gola.
«Con chi desiderate parlare, esattamente?» Domandò, con la faccia di uno che aveva qualcosa da nascondere. Infatti, il biondo assottigliò lo sguardo.
«Questo tizio non mi convince.» Sussurrò Jason al suo orecchio.

«Nemmeno a me, ma non credo sia lui il nostro obbiettivo. Ho sentito dire da alcuni colleghi che quest'uomo è coinvolto in qualche azione illecita per lo scambio di sostanze stupefacenti, ma non avendo prove non c'è ancora modo di incastrarlo, meglio lasciarlo perdere questa volta, prima di dimenticarci il motivo per cui siamo qui.» Rispose Elphas, altrettanto in allerta.

A volte gli sembrava incredibile il modo in cui l'essere umano riusciva ad interpretare il suo ruolo nel mondo. Ma Elphas lo sapeva, e forse poteva comprenderlo meglio di chiunque altro in quella maledetta sala.
Non importa professarsi un uomo di fede o un uomo di giustizia, alla fine restiamo tutti peccatori, in un mondo nel quale portare una maschera da paladino è l'unico modo per non doverne accettare le conseguenze.

Si rabbuiò per un secondo, perso in quel suo pensiero così personale, poi finalmente si rivolse di nuovo al vecchio.
«Vorremmo scambiare due chiacchiere con le suore, è possibile?» Domandò cortese.

Il sacerdote riservò uno sguardo alle signore in prima fila, che capirono in maniera lampante e si alzarono dai loro posti.
Fecero quindi segno ai due uomini di seguirle in un luogo più appartato, poi si sedettero tutti quanti in attesa.
Le suore erano in tutto cinque, due delle quali troppo giovani per poter sapere qualcosa. Elphas richiese che solo la presenza delle tre più anziane, così che le poverine potessero tornare alla messa senza problemi.

«Allora agenti, di cosa volevate parlare?» Domandò una di loro, con un sorriso di cortesia. Il biondo la guardò: come le altre, era una donna di mezza età, dai lineamenti fini e le rughe d'espressione evidenti sul volto. Portava dei buffi occhiali spessi, e anche se continuava a sorridere sembrava nervosa.

«Prima di iniziare con le domande importanti voglio farvene una a cui spero sappiate rispondere. - Annunciò il detective - Avete mai sentito parlare di una donna di nome Emily Hamilton?» Chiese, senza giri di parole. Le tre donne, allora, sussultarono all'improvviso.
Loro sanno qualcosa. Capì Elphas al volo.
«C-certo! È la donna buona che anni fa ha portato via il diavolo da questo luogo sacro!» Rispose un'altra delle tre, facendosi il segno della croce subito dopo.

«Il diavolo?» Domandò Jason, sgranando gli occhi. La donna che aveva parlato annuì.
«Era una santa donna quella, credetemi! Il suo cuore era di una purezza che al giorno d'oggi non si vede più in giro. Anni fa, quando l'orfanotrofio non era ancora stato costruito, in questa chiesa venivano abbandonati un sacco di bambini appena nati, molti dei quali non avevano nemmeno un nome o qualche indizio che riconducesse ai loro genitori. Erano tutti neonati non registrati e quindi completamente invisibili agli occhi della società, piccoli e indifesi. La chiesa in un primo momento si rivolse alla polizia, ma in mano agli agenti quei poveri bambini avrebbero vissuto una vita di solitudine, trasportati da un posto all'altro, così alla fine decidemmo di farli crescere tutti qui, insieme, in modo da dare loro un infanzia serena e spensierata. Quel demonio che Emily decise di adottare, era uno di questi.» Spiegò, rabbrividendo.

«Qual'era il suo nome?» Chiese Elphas.
«Lux. Il suo nome era Lux. Era stato abbandonato qui esattamente come gli altri, probabilmente a pochi giorni dalla nascita. Era un bambino bellissimo, con paio di occhi grigi e la pelle bianco latte, ma il suo aspetto così grazioso non coincideva col suo comportamento. Lux era un ragazzino molto solitario e irrequieto, non ha mai voluto la compagnia di nessuno degli altri bambini. Era freddo, calcolatore, e molto più intelligente degli altri. Ma Lux aveva un grande problema, qualcosa che lo perseguitava: odiava stare qui, odiava questo posto e le persone che lo abitavano.
All'inizio, pensammo che il suo comportamento fosse semplicemente dovuto ad un carattere difficile, tipico di molti bambini della sua età, ma non era solo quello, no. C'era qualcosa in lui, qualcosa di sbagliato. Nelle sue espressioni, nel suo modo di fare...tutto di quel ragazzo denotava un animo oscuro e malevolo, e lo capimmo soltanto un giorno, quando lo trovammo sul retro della chiesa, che sgozzava scoiattoli, gatti e topolini con un pezzo di vetro che aveva trovato chissà dove...» La suora che parlava iniziò a tremare al ricordo, e una delle sue compagne le mise una mano sulla spalla per tranquillizzarla.

«Non mi dimenticherò mai quella scena. - Continuò - Quel demonio aveva le mani imbrattate di sangue, e sul suo volto non c'era l'ombra di un pentimento. Semplicemente, quando ci sentì urlare, si girò verso di noi e ci fissò senza battere ciglio. Aveva le iridi di un nero carbone, e il suo sguardo era uno dei più gelidi che avessi mai visto. Era un mostro, un demone, sembrava il figlio del diavolo. Non c'era ombra di umanità sul suo volto. Da quel momento in poi, quando la voce si sparse in tutta la chiesa, tutti iniziarono a stargli lontano e lo costringemmo a pregare ogni sera di fronte alla Vergine, sperando che crescendo avrebbe espiato i suoi peccati e si sarebbe liberato della sua oscurità.» Concluse, lasciando i due a bocca aperta.

«Lux Hamilton, ma certo! - Esclamò Elphas, battendo il pugno sul palmo - Era uno strano ragazzino, più sveglio dei suoi coetanei e particolarmente inquietante. Non capisco come abbia fatto a dimenticarmi il suo nome.» Rifletté a voce alta, scavando nella sua memoria l'immagine di un ragazzo sempre in compagnia di Emily, con lo sguardo cupo e l'aria intelligente.

Lux non era sicuro che il biondo potesse ricordarsi di lui, così ha deciso di togliere di mezzo tutti i fascicoli con le sue informazioni d quelli sul caso in cui era coinvolta la madre, in modo da depistare la polizia e avere più tempo a disposizione.

«Come l'ha conosciuto Emily?» Domandò invece Jason, cercando di nascondere il suo stupore. Probabilmente non si aspettava che la situazione fosse tanto grave, e questo lo preoccupava.
Fu un'altra delle suore a rispondere stavolta.

«Emily veniva spesso a dare assistenza alla chiesa, era una ragazza affidabile e devota e amava stare con i bambini, ma Lux in particolare fu oggetto della sua, ahimè, insaziabile curiosità. Lo difendeva sempre, anche dopo un'azzuffa con un compagno o un comportamento vandalico nei confronti della sacra chiesa, e poco a poco si instaurò tra i due uno strano e indissolubile legame, che portò successivamente all'adozione affidataria di Lux da parte di Emily. Nonostante quel ragazzino fosse così...così mostruoso, lei lo amava come se l'avesse partorito personalmente. Era fatta così, era una che voleva trovare a tutti i costi il buono anche nel cuore più nero, pace all'anima sua.» Spiegò in un sospiro.

«Avete più rivisto Lux Hamilton o sua madre, dopo l'adozione?» Chiese ancora il biondo, aggrottando la fronte in un'espressione seria.
Le suore scossero la testa.
«All'inizio Emily tornava per fare un saluto, dopotutto era affezionata anche agli altri bambini che aveva accudito per tanti anni, ma dopo un po' scomparve totalmente. Ci giunse voce che era stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico assieme al figlio, per poi morire dietro circostanze ambigue. Non so se Lux Hamilton sia morto con lei, perché sono certa che sia stata colpa sua e della sua anima tetra e malata, ma di certo sono scomparsi entrambi in una nube di fumo. Anche se, a volte, durante la messa... - Rabbrividì la donna - mi sembra di vederlo ancora, quel bambino ormai divenuto uomo, con quei suoi occhi oscuri come la nebbia più fitta e le mani macchiate di sangue.»
«Che terribile sensazione...» Commentò la sua compagna.

I due poliziotti si guardarono con sguardo complice, per poi rivolgere nuovamente la loro attenzione sulle donne.
«Volete dire che avete visto un uomo simile a Lux Hamilton aggirarsi ancora da queste parti?» Domandarono ancora.
«Purtroppo non sappiamo dirvi se fosse realmente lui, o semplicemente qualcuno con le sue stesse caratteristiche fisiche. Appare poco e non parla mai, per poi scomparire esattamente così come era arrivato, e noi l'abbiamo visto solo di sfuggita un paio di volte, potrebbe essere chiunque.» Risposero le tre, mortificate.

«Sapete dirci almeno se quest'uomo è mai stato in compagnia di qualcuno, quelle poche volte che l'avete visto? Magari con una ragazza di più o meno sedici anni, con i capelli rossi...» Elphas non voleva arrendersi, se c'era anche solo una possibilità di trovare Erika Miller, dovevano coglierla al volo.

Sì, non avevano ancora la minima idea di quali fossero le vere intenzioni di Lux, ma quanto è vero che era un poliziotto, dedito alla legge e alla giustizia, avrebbe riportato quella ragazzina dai suoi genitori che la attendevano con ansia, anche se questo avrebbe comportato pagare personalmente per il suo passato e per ciò che aveva fatto.
Glielo doveva, e lo doveva anche ad Emily Hamilton e alla persona che era.

Aveva paura, anche questo era vero, paura di cosa portare a galla la verità avrebbe comportato, paura di perdere tutto ciò che si era costruito per allontanarsi dalla sua vecchia vita, ma più di tutto aveva paura che un'altro innocente ci andasse di mezzo a causa del suo egoismo e della sua negligenza.
Che senso aveva, a quel punto, essere un poliziotto, se non insegui a tutti i costi la verità e la giustizia, come è giusto che sia?

Una delle suore fece per pensare, assottigliando gli occhi.
«Ora che mi ci fate pensare, mi sembrava effettivamente di aver visto qualcosa del genere, qualche settimana fa. E...sì, era una ragazzina, seduta al fianco dell'uomo. Non so che fine abbia fatto, perché poi non è più tornata e nemmeno quel tizio, ma forse sono usciti dalla chiesa insieme, anche se non ne sono sicura. Con tutta la gente che viene qui in chiesa è difficile ricordarsi di chi entra e chi esce, e noi purtroppo non assistiamo sempre alla messa.»

«In che giorno è successo?» Incalzò Jason.
«Mah, penso fosse il 3...o il 4...» Rispose la donna. Erika era scomparsa il 6, ciò significava che quella di Lux non era stata una semplice imboscata, ma un piano ben architettato per guadagnarsi la fiducia della ragazza e fare in modo che fosse lei a corrergli dietro.
Avrebbe potuto farlo subito, invece ha deciso di giocare al gatto col topo, cercando in tutti i modi di instaurare un legame con Erika nonostante il rischio di farsi scoprire.

Ma, ora che Elphas ci rifletteva meglio, potrebbe essere stato semplicemente un modo per giocare anche con la polizia, per prenderlo in giro e sottolineare la sua eterna incompetenza.
Lux sapeva di avere tempo a disposizione, e sapeva anche che il biondo, una volta scoperto l'origine del caso dall'omicidio della libraia, se la sarebbe fatta sotto e non avrebbe mosso un dito per salvare la ragazza.

Lo odiava, lo odiava con tutto il cuore, e non voleva altro che vendicarsi di ciò che, per colpa sua, era successo a sua madre, per ciò che aveva dovuto subire a causa della sua codardia.
Elphas non poteva biasimare il suo odio, ma, pensò mentre rivolgeva lo sguardo al suo partner, non era solo, e c'era qualcuno che poteva riportarlo sulla retta via e aiutarlo ad essere un uomo migliore come non lo è mai stato.

Non gli importava cosa Lux pensasse di lui, era un pazzo se credeva che avrebbe lasciato quella ragazza nelle sue mani per nascondersi come un verme dietro un egoismo di cui voleva a tutti i costi liberarsi. Sarebbe andato in fondo alla questione e avrebbe fermato qualsiasi piano di vendetta lui avesse in mente.

«Grazie per esserci state così d'aiuto e scusateci se vi abbiamo disturbato, ma era una cosa di vitale importanza.» Sorrise il biondo alle tre donne, che annuirono alla sua cortesia e li scortarono entrambi fuori.

«Mi raccomando, non raccontate a nessuno le cose che ci siamo detti, e tenete d'occhio il vostro prete, in futuro potremmo anche tornare per arrestarlo.» Sussurrò il biondo, lasciando le tre di stucco, prima di dirigersi nuovamente al mezzo di trasporto seguito da Hallei.
Aveva cominciato a piovere, e il cielo si era ingrigito, ma al detective Jhonson non importava affatto, l'unica cosa che adesso lo spronava era il continuo delle loro indagini.

Jason, nel vederlo finalmente carico come il grande Detective che era, gli diede un buffetto sulla spalla, cogliendolo di sorpresa.
«Finalmente ti sei ripreso, avevo quasi paura che non avrei più rivisto quello sguardo fiero da poliziotto.» Commentò con un sorriso radioso, in netto contrasto con la pioggia scura e battente che faceva da sottofondo.

Anche il biondo si ritrovò costretto a sorridere, nel vedere il viso del suo amico così rilassato.
«Ora che abbiamo scoperto qualcosa in più sul caso, non ci resta che continuare le indagini.» Rispose, ispirando profondamente l'aria nei polmoni, mentre Jason metteva in moto.

«Abbiamo già una prossima tappa, partner?» Domandò, stringendo con forza le mani sul volante.
«Sì, - Annuì piano il biondo - e la cosa non mi piace per niente.»
«Perché? Con chi dovremmo parlare?» Chiese Jason, confuso.
«Col diavolo in persona.»

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