Hydrus

De RebyBnn

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Sono passate delle decadi da quando i dragonieri sono caduti, lasciando la regione di Hydrus nelle mani di Ev... Mais

· Premessa ·
· Personaggi ·
· Mappe ·
Prologo
Prima parte
I: Pioggia
II: Come neve
III: Principio di tempesta
IV: Il consiglio
V: Rose nere
VI: Anime nobili
VII: Il volere degli dèi
VIII: Idee pericolose
IX: Tentazione
X: Colloquio notturno
XI: Conseguenze
XII: Arrivi
XIII: La cerimonia
XIV: La scelta
XV: Libertà
XVI: Tradimento
XVII: In cammino
XVIII: Spicchi di cielo
XIX: Rivelazioni
XX: A Nord
XXI: A Sud
XXII: L'indomabile
XXIII: Pericoli
XXIV: Fumi di ricordi
XXV: Vendetta
XXVI: Occhio azzurro
Seconda parte
XXVII: Due anni dopo
XXVIII: Lacrime di rabbia
XXIX: Fedeltà
XXX: Il maledetto degli dèi
XXXI: Le isole
XXXII: Dar inizio alle danze
XXXIII: Cospirazione
XXXIV: Partita a carte
XXXV: Non fidarsi
XXXVI: I due alleati
XXXVII: Fuggire
XXXVIII: Mantenere la calma
XXXIX: L'assalto
XL: Premonizioni
XLI: Sogni infranti
XLII: Soffioni
XLIII: Foglie di tasso
XLIV: Piano d'attacco
XLV: Addii
XVLI: A cuore aperto
XLVII: Cambiare pelle
XLVIII: Purificazione
XLIX: Il tempo dell'attesa
L: Feluss
LI: Antichi sospetti
LII: Follia
XLIII: La piazza del mercato
LV: Oscurità
Epilogo
· Postfazione, ringraziamenti e quel che resta ·
Grafiche e fanart
· Angolo avvisi ·

LIV: Un'ultima speranza

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De RebyBnn

"Sono a Feluss."

Le tre parole pronunciate da Mistiss, un rincorrersi di sillabe netto e veloce, fecero piombare tutti nella disperazione. A Lögi mancò il fiato nel realizzare che le loro speranze, già molto flebili, fossero sostenute da un filo sottilissimo, nonostante tutti gli accorgimenti, i piani e le lunghe giornate trascorse a prepararsi – nulla, non erano valse a nulla.

Winloas si piegò in due con un gemito disperato, il volto scavato dal dolore e la consapevolezza di essere sull'orlo della sconfitta. Anche Litthard, di solito così calmo, era sbiancato e tremava, tanto che la mano faticava a sostenere il fiammifero per accendere la pipa.

Mistiss, d'altro canto, rimase immobile, gli occhi velati da una patina lucida e il viso reso ancora più pallido a contrasto con la cascata di capelli che lo incorniciavano; davanti a lei stava il tavolo su cui crepitavano ancora gli incensi e si trovava un disegno di sabbia e sangue, del quale gli intrichi le avevano rivelato la sorte del gruppo andato verso la capitale. Con lentezza, rompendo l'atmosfera cristallizzata, la lamia guardò un'altra volta ciò che aveva attenuto, quasi nella speranza che sarebbe bastato aspettare ancora un attimo per mutare il responso, ma la smorfia che le deturpò l'espressione confermò ciò che aveva appena detto: i cinque erano già a Feluss, forse liberi, forse già catturati.

"Potremmo fare ancora qualcosa" disse Lögi. "Non è tutto perduto."

"Cosa vorreste fare?" gli rispose Mistiss, passandosi una mano coperta dalle rune tra i capelli. Non aggiunse altro, ma lui non poté fare a meno di pensare che una simile domanda ne sottintendesse un'altra più caustica: cosa potreste mai fare voi?

Scacciò una simile sensazione e si avvicinò alla giovane, alla quale sfiorò la spalla nascosta dalle pieghe dell'abito. "Abbiamo un esercito" disse, alzando con le dita il mento dell'altra, così da costringerla a guardarlo negli occhi. "Nonché dei draghi. Continuiamo la nostra marcia su Feluss."

Mistiss piegò le labbra in un sorriso amaro. "Chi lo guiderà?" domandò, incapace di trattenere la rabbia. "Voi? Un parricida che i più desiderano morto?" Scivolò via dalla sua presa per voltarsi verso gli altri uomini. "O forse un debole re traditore?" chiese, facendo un cenno verso Winloas. "Altrimenti, la scelta potrebbe cadere sul secondo di Mano Rossa, no? Un uomo inadatto al comando, che non possiede nemmeno una scintilla del carisma di Taron."

Nessuno ebbe la forza di replicare, mentre la voce le si incrinava sul nome del compagno. "L'ho ucciso" mormorò, chiudendo gli occhi. "Lui mi ha salvata e io l'ho ucciso."

Si mise a piangere in silenzio, le lacrime che disegnavano umidi percorsi lungo il viso, perdendosi nella bianca pelle. Lögi non riuscì a guardarla, sentendosi un intruso davanti a un dolore così personale e intenso che gli era impossibile da comprendere, e si concentrò sugli altri due uomini, ancora cristallizzati nelle medesime posizioni; pareva che gli insulti di Mistiss non li avessero neppure sfiorati, e sentì montargli in corpo una furia cieca, che gli afferrò la gola e lo portò a ringhiare nel tentativo di non urlare.

"Davvero?" domandò a denti stretti, afferrando lo schienale di una sedia fino a far sbiancare le nocche. "Volete arrendervi? Volete gettare alle spine tutto ciò che abbiamo fatto finora?"

"La lamia ha parlato bene" sussurrò Winloas. "Non possiamo farcela."

Lögi strinse ancor di più la sedia, a un passo dal sollevarla per lanciarla. "Come os..."

"Cos'è accaduto?"

Tutti e tre si girarono verso l'ingresso della tenda, sul quale si stagliava la figura di Peeke, dall'aria trafelata e trattenuto da guardia. "E lasciatemi, dico" continuò il dragoniere, strattonandosi. Fu però necessario un cenno di Winloas per mettere fine alla pantomima.

"Grazie" disse al suo signore, per poi avvicinarsi a loro con passo pesante. Con le sopracciglia aggrottate, squadrò per qualche attimo il tavolo e la lamia, sulle cui braccia schiarivano le rune, e ripeté la domanda. C'era ancora una leggera speranza a brillargli negli occhi grigi, dettata dall'incapacità di credere di avere perso sia la regina, sia il migliore amico.

"Sono a Feluss" mormorò ancora una volta Mistiss, asciugandosi il viso col braccio.

Peeke spalancò gli occhi. "Per quale motivo non siamo ancora partiti?" chiese, guardandoli tutti. Lögi strinse le spalle, nel tentativo di dirgli che neanche lui comprendeva tale ritrosia, mentre Litthard pareva ancora immerso nel suo mondo.

"Peeke..." lo ammonì Winloas. "Non possiamo più far niente. Tu non puoi far niente."

Il dragoniere tirò un pugno sul tavolo con una rabbia che Lögi stesso avrebbe voluto esprimere. L'impeto fu così improvviso che Litthard sobbalzò e lasciò cadere a terra la pipa, per poi guardare il nuovo arrivato con l'aria di essersi accorto della sua presenza solo in quel momento. "Non credo che prendersela con degli oggetti possa giovare alle nostra causa" borbottò, chinandosi a raccogliere la pipa. Se la girò tra le dita, le labbra socchiuse, con una calma che fece risalire il sangue alla testa a Lögi; si costrinse a non perdere il controllo, al contrario di Peeke che, invece, non si risparmiò un nuovo commento.

"Cosa proponete di fare, allora?"

"Nulla di diverso da ciò che avete detto: continuare la marcia su Feluss e sfruttare la debolezza del tiranno" rispose Litthard, muovendo un passo verso l'uscita. "Non serve autocommiserarsi, né attendere un miracolo."

"Ma Taron..." provò a balbettare Mistiss, ma fu interrotta dalla voce perentoria dell'uomo.

"Nonostante siate convinti della mia inettitudine, sono io il comandante delle truppe dei mercenari" sibilò, scostando il lembo della tenda che chiudeva l'ingresso. "Forse non servirà a salvare Taron, ma almeno potrò vendicarlo."

Uscì a passo di marcia, lasciandoli congelati ai loro posti.

Fu Mistiss a rompere l'incanto. Si alzò in piedi e si mise a sistemare il tavolo, riponendo gli strumenti usati per la fattura nella fidata sacca. "È impazzito dal dolore" disse, tirando su col naso. Alcune lacrime continuavano a correrle sul viso, tanto che Lögi desiderò potersi avvicinare e asciugargliele una ad una. "Se vuole marciare su Feluss e raderla al suolo, lo faccia, ma temo che una simile risoluzione non placherà la sua furia."

"Ma ha ragione" rimarcò Peeke. "Dobbiamo proseguire."

Lögi si avvicinò alla lamia e le prese i polsi. "Non possiamo tirarci indietro se c'è ancora una speranza, lo sapete."

La ragazza sostenne a fatica il suo sguardo e aprì la bocca per mormorare qualcosa, ma le parole di Winloas la interruppero. "Abbiamo un dovere verso Centrum Norr e il Consiglio, Peeke" disse, la voce cavernosa che pareva giungere dal regno dei morti. "Con Nives nelle mani di Everett non ti permetteranno mai di raggiungere Feluss. Né lo permetteranno a me, del resto, nonostante il mio cuore mi urli di partire anche da solo. Non è ciò che farebbe un buon re."

"Io non li lascio indietro" sibilò il dragoniere. "Non lascio lei e Magnus a morire. Che il Consiglio mi disconosca, se davvero non ha intenzione di muoversi."

Lögi squadrò il giovane con una punta di ammirazione, chiedendosi quale fosse il motivo per cui non si era mai mostrato così risoluto prima. All'improvviso lo scoprì come un buon alleato, tanto che lanciò un'ultima occhiata disgustata a Winloas, immobile come un idolo funerario, e fece segno a Peeke di venire con lui, per poi uscire dalla tenda e abbandonarli a loro stessi.

"Se ne rimanga tra le sue montagne" pensò, stringendo i denti. Lui non avrebbe fatto il pavido, non poteva permettersi di fare un passo indietro, non se si era giunti fino a quel punto.

"Cosa avete in mente?" gli chiese intanto Peeke, affiancandolo. "Forse sarà possibile convincere Winloas a non riferire alcunché al Consiglio, ma devo sapere cosa intendiamo fare."

Lögi si lasciò sfuggire una risata amara, pensando che era così ovvio quello che avrebbero dovuto compiere. "Andremo alla capitale, fosse l'ultima azione della nostra vita."

Mistiss vagava in un sonno inquieto. Nel nero in cui si librava sentiva una forza premerle sul petto, opprimente a tal punto da farla rantolare e costringere i polmoni a dilatarsi a fatica; percepiva un leggero pizzicore sulla pelle, quasi qualcuno la stesse scrutando e fosse pronto a tagliarle la gola con un colpo rapido e pulito.

Fu solo quando due occhi noti si aprirono nell'oscurità che si svegliò, mettendosi subito seduta.

"Cain."

Quel nome, anche se sussurrato a denti stretti nel silenzio della notte, rimbombò nella tenda e nella sua coscienza, tanto che sussultò per il modo in cui le quattro lettere si erano rincorse sulla lingua; avevano il sapore di una preghiera, mormorata all'unico dio capace di aiutarla e riportare la tranquillità persa ormai da settimane. Lui era lì, riusciva a sentirlo sulla pelle.

"Non è possibile" pensò, prima di valutare di nascondersi sotto le coperte bollenti. "Eppure..."

Senza farsi convincere dai dubbi, scese dalla branda, un brivido che le corse lungo il corpo quando le piante dei piedi toccarono il terreno, e si diresse verso l'ingresso della tenda; lo spalancò e si beò per qualche attimo della brezza notturna che la investì, satura dell'odore della terra umida. Alzando lo sguardo verso il cielo ancora scuro, si potevano vedere dei lunghi stracci di nubi a rincorrersi davanti alla luna, gialla e piena.

Con indosso solo la veste da notte, Mistiss si mise a vagare per le tende, spinta da una sensazione conosciuta fin troppo bene che, ineluttabile, la portava a dirigersi verso la zona dove sostavano i draghi dei soldati del Reggente del Nord. Si sentiva chiamata.

Dopo la fuga da Saat, nonché durante il periodo in cui aveva vestito i panni della regina, non aveva più convissuto con tale sensazione, ed era arrivata a cullarsi nell'idea che le notti in cui si era trovata a inseguire ombre sconosciute fossero ormai finite. Tuttavia, nonostante l'intima convinzione, eccola di nuovo a camminare sul filo sottile che la univa al sovrano, già dipinto tra i suoi pensieri come l'uomo che tante volte le era apparso davanti agli occhi coi capelli scarmigliati e sulle labbra solo quattro parole: "Non riesco a dormire."

Se solo fosse stata in grado di capire come recidere il loro legame, l'avrebbe fatto senza alcuna esitazione. Sentiva ancora premerle sottopelle gli insulti rivoltile durante l'ultima conversazione, mentre la stessa viscida sensazione di disgusto verso se stessa tentava invano di fermarle i piedi, di farla tornare sui suoi passi e di convincerla che la tristezza che le aveva riempito l'animo fosse solo il frutto della stanchezza dettata dagli ultimi avvenimenti. Neppure il primordiale terrore di avvicinarsi ai draghi riusciva a farla rallentare.

Oltretutto, se davvero Cain si trovava nell'accampamento, stava per succedere qualcosa. Gli dèi soli potevano dire se positiva o meno.

Forse era anche a causa del desiderio di trovare una simile risposta che procedeva sicura, incurante degli sguardi delle sentinelle che seguivano ogni suo movimento, facendola rabbrividire. Le davano la sensazione di essere diventata lei una preda. Fece un cenno all'uomo di guardia ai draghi, ignorandone l'aggrottare delle sopracciglia, e attraversò lo spiazzo; si tenne lontana il più possibile dalle bestie e, talvolta, sobbalzò davanti ai bassi ringhi che le riservarono, ma continuò comunque a seguire la sensazione che la chiamava fino ad arrivare a Ìs, le cui scaglie azzurrine avevano assunto una sfumatura grigiastra sotto la luce lunare. Si sedette poco lontana, confortata dal fatto che l'animale non paresse interessato a lei, e rimase in attesa. Le sarebbe piaciuto avere la forza della regina e allungare una mano per sfiorare le scaglie del drago, proprio in quella zona vicino alle corna che le pareva essere più soffice di una nuvola, ma neppure i resti della coscienza rimasta intrappolata in lei riuscirono a vincere una paura che era solo sua.

L'atteso rumore di passi mise fine alle riflessioni. Si girò verso il punto da cui provenivano e non fu sorpresa nel vedere sgusciare tra le ombre, al pari di un ladro, l'alta figura di Cain.

"Mio usignolo" esordì, piegandosi in un inchino. "Finalmente ci ricongiungiamo."

Un sorriso ironico affiorò sulle labbra di Mistiss. "Lieta di rivedervi, mio signore" rispose a denti stretti, prima di battere a terra una mano in un muto invito ad accomodarsi. "Dovrete perdonarmi se non vi accolgo come vi sarebbe dovuto: non riesco a comprendere per quale motivo abbiate deciso di mostrarsi a quest'ora così insolita, oltretutto solo come un cane."

Cain assottigliò gli occhi e si lasciò sfuggire un sospiro che le strinse il cuore. Eccola lì, ancora una volta, la stessa tristezza che l'aveva chiamata nel sonno. "Mio usignolo..." sussurrò di nuovo, ignorando la sua affermazione e accogliendo, invece, l'invito a raggiungerla. Si accomodò al suo fianco e si lasciò incantare dal lento respirare del drago addormentato, mentre Mistiss lo osservò sottecchi, seguendo il profilo sua mascella e le ombre che i capelli gli disegnavano sul viso, dandogli qualcosa di demoniaco e antico.

"A cosa devo la vostra chiamata?" chiese, spostando lo sguardo sui suoi piedi nudi affondati nell'erba. Attese paziente, nonostante continuasse a saettare con gli occhi verso l'uomo.

Sobbalzò quando, d'un tratto, Cain prese parola. "Cosa ti hanno fatto?"

Mistiss deglutì. Sapeva che il suo aspetto fosse terribile, in quanto i pesi delle trasformazioni le avevano lasciato dei segni che lei stessa non poteva ignorare – la perdita di peso era uno dei più chiari, ma anche il modo in cui talvolta le tremavano le mani senza controllo o la rabbia che la colmava all'improvviso erano altre avvisaglie. La cosa peggiore, però, era che, nonostante odiasse come si fosse ridotta, avrebbe rifatto tutto da capo e con un'attenzione ancora maggiore, se solo fosse stato possibile salvare Taron.

"Lo vedo che è rimasta in te" disse intanto il sovrano, allungando una mano verso di lei. Mistiss sperò che la accarezzasse e placasse la tristezza, ma lui, invece, ritornò composto.

"Passerà..." mormorò, sentendo la gola chiusa in una morsa. "Ci vorrà del tempo, ma riuscirò a estirparla."

"La vostra amata regina" commentò Cain, carico di disprezzo. "Colei che si è andata a buttare tra le fauci di un drago senza alcuna esitazione." Spostò lo sguardo verso il cielo, seguendo con l'occhio azzurro, pallido e ammaliato, il movimento sfilacciato delle nubi. "È stata catturata."

Mistiss boccheggiò dalla sorpresa. "Come fate a saperlo?"

"Spie, mio usignolo, nulla di più."

Lei si strinse le ginocchia al petto, nel tentativo di nascondersi dallo sguardo dell'uomo che, implacabile, era tornato su di lei. La sensazione che la stesse chiamando a sé divenne ancora più forte, impossibile da ignorare, tanto che si morse il labbro inferiore nel tentativo di trattenere l'impulso che la voleva di nuovo legata a lui, così da placare la lacerazione che le apriva l'animo.

"Ne avete dentro il palazzo?" chiese, nonostante la risposta fosse ovvia.

L'uomo, infatti, annuì e avvicinò il viso al suo, così da sussurrarle a fior di labbra una nuova frase che la lasciò di nuovo di stucco: "So come salvare la vostra regina di poco valore."

Mistiss trattenne il respiro, mentre Cain tornava nella posizione inziale, l'occhio ambrato che la squadrava senza alcun pudore. "Non dovresti vagare per l'accampamento in questo modo" constatò. "Diversi soldati non si farebbero problemi a sfiorarti."

"Non cambiare discorso." Sentendo la risata profonda del sovrano, ringraziò gli dèi che fosse notte e non potesse vederle il rossore le tingeva le guance. "Cosa hai intenzione di fare?"

L'uomo aprì e chiuse le mani, sorridendo serafico. "Un gioco di prestigio."

Mistiss aggrottò le sopracciglia, incapace di comprendere cosa intendesse l'altro.

"Farò in modo che abbia qualcosa con cui difendersi" fu la risposta di Cain. "L'importante è che resista fino al nostro arrivo a Feluss."

"Continuo a non comprendere come tu ci sia riuscito..." mormorò lei. Rabbrividì, un vento carico di pioggia che si alzava e le faceva rimpiangere gli abiti più caldi che aveva lasciato nella tenda.

"Una rivolta, mio ingenuo usignolo, nasce sempre dal basso." Cain allungò una mano per lasciarle, questa volta, l'agognata carezza. "Everett è del basso, ricordatelo. Nonostante i suoi indubbi meriti, però, il ricordo dei dragonieri è ancora impresso nell'animo del popolo. La figlia di Cymneat, quell'esserino così ingenuo che Winloas venera, rappresenta il governo che ha tenuto insieme la regione per secoli, il mondo delle antiche leggende, ed è bastato smuovere appena la cenere affinché l'antico fuoco tornasse a bruciare" le spiegò, allontanando il tocco per schioccare le dita. "Basterà un mio gesto e tutto avrà inizio. Lei deve solo sopravvivere... e credo ne sia in grado."

"E con quale esercito intendi marciare sulla capitale?" Mistiss avrebbe voluto suonare ironica, ma il sollievo di un'ultima possibilità la rese molto più morbida di quanto desiderasse. "Con quello della sovrana stessa?"

"Mi presenterò a Winloas appena sorge il sole" rispose Cain, scrollando le spalle. "Farò il mio trionfale ingresso, spiegando ai tuoi compagni fin troppo lascivi come potrei salvarvi."

Mistiss ignorò l'ultima affermazione e tornò a osservare il cielo, dove il pallore lunare era stato inghiottito dalle nuvole che, in silenzio, si erano addensate sulle loro teste. Forse non era tutto perduto, ma sentiva una sensazione strana, un sapore amaro sul palato carico di promesse di sconfitta.

"Come hai fatto?"

"Anni di sotterfugi e pazienza."

Mistiss scosse la testa. "No, non intendevo a infiltrarti a Feluss" disse. Si rese conto che avrebbe fatto meglio a tornare alla tenda e lasciarlo da solo, al freddo, ma sentiva il bisogno di aggrapparsi a qualcosa di reale, che le desse almeno una certezza. "Come fai a chiamarmi a te?"

L'uomo sbuffò divertito. "Potrei prendermi gioco di te e dirti che è solo amore" rispose con un sogghigno. "Eppure, non ho intenzione di insultare la tua intelligenza."

"Non oggi, almeno" si disse lei con rammarico, rimanendo in silenziosa attesa.

"È uno dei vantaggi nato dalla mia condizione... particolare, direi" sussurrò, per poi posarle una mano tra i capelli e arricciarli tra le dita. "Ben prima che fossi nata tu, mi sono reso conto che la mia natura di semplice umano non mi sarebbe stata amica: non sono come Everett, non ho la forza necessaria per rovesciare imperi. Ho però trovato un modo per aiutarmi, rendermi più forte e longevo... legando a me l'anima di una lamia" concluse, picchiettando con l'indice sullo zigomo sotto l'occhio azzurro. "Scalpita quando sente un suo simile, lo chiama per essere liberata."

"Quindi la tristezza che sento...?"

Mistiss non riuscì a concludere la domanda che Cain riempì il poco spazio presente tra loro: la baciò e la strinse a sé in un gesto improvviso a cui lei si ribellò, nonostante parte del suo animo scalpitasse per abbandonarsi a lui. Si allontanò di scatto e si alzò, facendo qualche passo indietro per stabilire la distanza più sicura tra lei e quella tentazione.

"Non sono stato perdonato." Cain schioccò la lingua. "Pensare che ti ho consegnato la regina."

Come una chiave capace di scivolare alla perfezione nella serratura dei pensieri, l'ultima frase plasmò l'idea sfuggente che l'aveva tormentata in un mosaico disperato. "E Taron?"

Bastò sussurrare il nome del generale perché nuove lacrime le pizzicassero gli occhi. Non poteva averle fatto questo. Cain, però, piegò le labbra in una smorfia e si alzò, avvicinandosi a lei; tentò di stringerla tra le braccia, forse per donarle un po' di pace, ma Mistiss si divincolò e ripeté la domanda con la voce rotta dal pianto, puntandogli il dito contro.

Il sovrano scosse la testa, mostrandosi per la prima volta affranto. "Prega gli dèi che Everett decida di non sfruttarlo per far crollare la regina" mormorò, un tuono che rombava in lontananza. "Lui potrebbe essere già perduto."

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