I'll show you the world [EreM...

By giobook03

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Armin Arlert è cieco dalla nascita. Prima trovava compagnia nelle poche ombre e nella luce che rischiarava le... More

Prologo
1 ~ You are not so bad
2 ~ Maybe, I've found a friend
3 ~ That Horseface...
4 ~ Jealousy and heartbeat
5 ~ If I could see you...
6 ~ Why am I so happy?
7 ~ I'm sorry
8 ~ I think I'm in love
9 ~ You're my world
10 ~ Yeah, fuck, I see you!
11 ~ Love me like you do
12 ~ Let the dwarf hospital worker talk with Reina
13 ~ Please, Mom, look at me
14 ~ It's not your fault
15 ~ Memories
16 ~ Life goes on
17 ~ Protect me by yourself
18 ~ Pleasant meeting
19 ~ Empty
20 ~ We're both humans
21 ~ Bring me out!
22 ~ Brothers conflict
23 ~ Pain
25 ~ Love me again
26 ~ Justice done
27 ~ Is this a goodbye?
28 ~ The red string of fate
Epilogo ~ 7 years later
Ringraziamenti
Sequel o no?
Sequel!
Sequel pubblicato!

24 ~ Missed you

487 52 79
By giobook03

«Eccoci qui.»

«Grazie Mikasa, ti sono davvero riconoscente.»

«Di nulla, testa di melone. Farei di tutto pur di vedere Eren felice.»

I due si scambiarono uno sguardo profondo, col quale sembravano dirsi mille parole.

"Prenditi cura di lui, Armin. Ne ha bisogno."

"Non ti deluderò, Mikasa. Lo amo con tutto me stesso. Come potrei abbandonarlo?"

«Ehm... testa di melone?»

«Mh?»

«Io andrei di fretta.»

Armin sbatté le palpebre, con le sopracciglia aggrottate, dubbioso.

«TI SBRIGHI A SCENDERE, SÌ O NO?»

Il biondo sussultò, fiondandosi giù dall'auto prima che le mani di Mikasa potessero pensarci da sole.

Fece appena in tempo a chiudere lo sportello che la corvina era già partita in quarta e, nel giro di pochi secondi, aveva svoltato l'angolo, uscendo dal campo visivo del ragazzo.

Armin voltò lo sguardo verso la villetta dal tetto spiovente dove Eren abitava. E il pensiero che il ragazzo che amava fosse là dentro gli fece battere il cuore all'impazzata.

Prese il cellulare dalla tasca interna della giacca e cercò in rubrica il numero che era riuscito ad ottenere da Mikasa (che aveva contattato grazie a Reina, che aveva parlato con Galliard eccetera eccetera...).

Il suo pollice schiacciò quel nome e la mano tremante portò il telefono all'orecchio destro.

Passarono alcuni istanti prima che lo squillare insistente lasciasse posto alla voce dell'interlocutore.

Eppure, la voce non arrivava chiara, tanto che Armin pensò ci fosse un problema di linea.

«E-Eren...? Sono Armin!»

Il respiro affannato che il biondo percepiva dall'altro capo del telefono lo fece preoccupare, ma mai quanto quel verso sofferente che udì qualche attimo dopo.

«N-Non... entrare... dalla p-porta...»

Armin non capí subito e prima di decidersi a muoversi, restò col cellulare in mano, confuso e preoccupato, e il suo stesso respiro cominciò ad aumentare il ritmo.

«Eren..?! EREN CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO, TI PREGO RISPONDI.»

Ma Eren non poteva più dire nulla: il cellulare era caduto per terra e lui si era lasciato andare all'oblio, perdendo ogni capacità mentale e motoria.

Era come addormentato.

Armin fissò l'edificio difronte a lui come se si fosse trasformato nella casa infestata tipica di ogni film horror.

Alla sua destra c'era una scala poggiata al muro, abbastanza lunga da raggiungere il piano di sopra della casa, ma troppo pesante da trasportare e troppo pericolosa. Stessa cosa si poteva dire dell'edera che cresceva trai mattoni intonacati dell'abitazione.

Armin rimase immobile per qualche minuto, riflettendo, mentre camminava avanti e indietro lungo uno dei lati della casa.

Si avvicinò alla pianta rampicante e si appigliò ad essa, tirandola con tutta la forza di cui era capace per testare la resistenza e notò con grande piacere che l'edera non si staccava dalla parete. Perciò, fece un respiro profondo e cominciò ad arrampicarsi verso l'unica finestra aperta dell'edificio, che lasciava intravedere un muro pieno di poster.

Affrontò la salita con calma, seppur dentro stesse urlando come una fanciulla in pericolo di vita. Fu costretto a velocizzare il ritmo quando sentì dei rumori provenire dalla porta d'ingresso.

"Oh porca puttana."

Con la brezza che gli sferzava addosso e con la paura che gli stringeva lo stomaco, Armin fece appena in tempo a lanciarsi (letteralmente) dentro la stanza, che l'ospite chiuse la porta e se ne andò.

Armin si accarezzò le braccia e il sedere doloranti e si mise in piedi, appoggiandosi al davanzale della finestra.

«Dio...»

Armin mise a fuoco la stanza e per poco non si prese un infarto quando notò Eren. Si sentì un idiota per aver pensato anche solo per un attimo che il castano stesse dormendo, che quello che vedeva non fosse sangue e che la camera fosse perfettamente in ordine.
Ovunque c'erano oggetti per terra ed Eren era steso in una posizione innaturale e il lenzuolo sotto di lui era macchiato di rosso.

"Dio, fa' che questo sia solo un incubo..."

A malapena riuscì ad avvicinarsi ad Eren e sfiorare i suoi capelli bagnati di sudore gli provocò un'emozione così forte che evitare di cadere in ginocchio gli sembrò impossibile.

Armin cominciò a scuoterlo, con le lacrime che premevano, cercando di scendere, ma che lui, coraggiosamente, stava respingendo.

Dopo pochi minuti, Eren aprì di poco gli occhi, accennando un lieve sorriso nel riconoscere, nonostante la vista sfocata, gli occhi azzurrissimi del ragazzo.

«Mi sei mancato» sussurrò quasi impercettibilmente, mentre Armin, tirando su col naso, si alzò e si sporse quel poco che bastava per poggiare le labbra sulle sue.

In teoria non aveva il diritto di farlo, non stavamo più insieme: si erano promessi di essere felici l'uno senza l'altro. Ma evidentemente entrambi avevano capito che ciò non era possibile.

Eren si ritrovò a ricambiare il bacio, seppur a malapena avesse la forza di tenere gli occhi aperti.

Quando il biondo si allontanò dal più alto, gli domandò dove potesse trovare oggetti utili alla medicazione.

Seguendo le confuse indicazioni di Eren, Armin raggiunse il bagno e, il più in fretta possibile, prese dai pensili fasce, disinfettante e, fortunatamente presente, anche un integratore di vitamine.

«Riesci a metterti in piedi...?»

«Non... lo so...»

Il castano fece leva sul corpo del più basso per alzarsi e, appoggiandosi a lui, si diresse vero il bagno, dove il biondo lo fece sedere su uno sgabello.

«Facciamo un bagno e medichiamo le ferite, okay?»

Non voleva chiedergli nulla, ma aveva notato come si toccava il didietro e aveva anche notato la sua nudità (come avrebbe potuto non notarla). E, seppur cercasse di convincersi del contrario, sapeva benissimo quello che era successo. Non aveva bisogno di alcuna spiegazione.

Ed Eren aveva notato negli occhi del biondo quella scintilla di curiosità.

"So che muori dalla voglia di fare domande, ma non riuscirei a..."

Il castano non era capace di dare spiegazioni. Non avrebbe potuto farlo senza scoppiare a piangere e urlare: gridare così forte da perdere la voce.

Eren, seduto sullo sgabello, a malapena rispondeva agli stimoli che il ragazzo più basso gli lanciava, tanto era immerso nel terrificante ricordo ancora così vivido nella sua mente.

Armin aveva riempito una bacinella d'acqua e lì immergeva la spugna, per poi passarla con delicatezza sul corpo del più alto.

Alla fine del bagno, dopo avergli asciugato il corpo, il biondo cominciò a medicare le ferite, nonostante non fosse molto esperto, in quanto aveva da poco avuto il privilegio di vedere coi suoi stessi occhi. Però ci tentò comunque, e, anche se in maniera sommaria, ci riuscì.

Alla fine dell'operazione, Armin si decise a chiedere.

«Eren...? Mi vuoi dire per bene cosa è successo? Non voglio costringerti a parlare, per carità, ma... non posso aiutarti se non-»

«Lo so, Armin» sospirò, passandosi le mani sul volto esausto e scombussolato.

«Fatti portare in stanza.»

Armin aiutò Eren a sollevarsi e lo condusse nella camera, facendolo sedere sul letto ancora sporco di sangue e bagnato di sudore e lacrime.

Il castano guardava un punto fisso davanti a lui, inquieto, mentre il più piccolo gli si sedette accanto, profondamente ferito, seppur non fosse stato la vittima di quell'atto ignobile e crudele.

Armin non disse nulla. Si limitò ad aspettare, con lo sguardo rivolto verso il pavimento.
L'attesa non fu molto lunga. Passarono cinque minuti circa quando Eren schiuse le labbra per lasciar udire quella poca voce che gli era rimasta.

«Zeke ci è... venuto a trovare. Si stava comportando bene, più o meno. Sembrava che volesse davvero recuperare un rapporto civile, sia con me che con mio padre. E invece...»

La voce gli si bloccò in gola e Armin si sentì morire quando vide gli occhi del più alto inumidirsi.

«Avevo lasciato la porta socchiusa... e lui è entrato. Aveva un coltello in mano e io mi sentivo... impotente. Poi è successo e io...»

Un singhiozzo lo interruppe bruscamente. Venne seguito da un altro e un altro ancora.

Parlare in quello stato gli pareva impossibile e il biondo preferì restare in silenzio e stringerlo tra le sue braccia, con la dolcezza e il conforto che solo lui sapeva trasmettere.

I capelli di Eren, che Armin vedeva più lunghi rispetto a com'erano tempo prima, gli coprivano gli occhi e ricadevano sparpagliati sulla spalla del biondo.
Armin accarezzò quei sottili e robusti fili castani e, con la coda dell'occhio ammirava quel volto che tante volte aveva baciato e che fremeva dalla voglia di toccare ancora.
Voleva asciugargli le lacrime, sfiorargli il petto con le dita, stringergli i capelli, stare stretto nella morsa delle sue braccia, con le gambe attorno ai suoi fianchi, gemendo il suo nome e...

Armin chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un lieve sospiro.

«...Armin?»

«Mh?»

Il biondo voltò il viso verso Eren, trovandosi col naso a poca distanza dal suo, tanto da poter percepire intensamente l'uno il respiro dell'altro.

Le guance di Armin si colorarono di rosso e si accesero ancor di più quando Eren pronunciò le parole che il biondo voleva sentirsi dire con tutto il cuore.

«Voglio fare l'amore con te.»

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