«Descrivimi tutto ciò che vedi, okay?» disse Armin, quasi sussurrando.
Il castano annuì, continuando a tenerlo per mano, e guardò verso il cielo.
«Sembra stia per piovere, ma ci sono due colombe che volano verso nord».
Armin chiuse per un istante gli occhi, come per orientarsi, e quando li riaprì, gli rivolse verso il nord.
«Sì, le vedo».
«Le vedi...?»
Armin accennò un sorriso.
«Immaginazione, Eren. È grazie a quella che continuo a sopravvivere».
Il più alto annuì, guardando prima il biondo, poi ciò che lo circondava.
«Ci sono due persone che si tengono per mano. E il ragazzo ha appena messo nei capelli della ragazza un fiore».
«Dove sono?»
«Alla tua destra» rispose, sviando lo sguardo verso l'erba.
Il biondo voltò la testa.
«Okay, vedo anche loro.»
«Ci stanno seguendo. Come... ombre» disse Eren, ampliando il sorriso.
«Perché ci seguono...?»
Il castano sospirò, mentre una mano giocava col bordo della maglietta e l'altra stringeva istintivamente quella del biondo.
«È complicato da spiegare...»
Armin chinò il capo verso le loro mani giunte.
«Com'è un'ombra?»
«Ha la stessa forma di ogni persona, ed è nera, sempre. Ti segue ovunque vai, poiché riflette sul terreno la tua immagine.» si interruppe, allungandosi di poco. «Non muoverti».
«Perché? Dove vai?»
Eren si piegò per raccogliere un fiore, e nasconderlo dietro la schiena in modo che Armin non potesse sentirne il profumo.
«Eren...?»
«Vedi Armin, quelle persone non sono altro che le nostre ombre, che si tengono per mano e sorridono» gli sistemò il fiore tra i capelli, continuando. «Che lo vogliamo o no, loro sanno quello che accadrà, perché è impresso qui».
Puntò l'indice sul petto del biondo, in direzione del cuore, arrossendo leggermente.
«Vuoi dire che il nostro cuore già sa come andranno le cose? Come una sorta di veggente? E le ombre sono la rappresentazione del presente? Di quello che sta accadendo adesso?»
Eren annuì, prendendo tra le mani il viso del ragazzo, abbassando di poco la testa, in modo da far incrociare i loro sguardi.
Armin sentì il sangue salirgli alla guance, percependo i movimenti del castano.
«Voglio vederti» mormorò sottovoce.
Il più alto abbracciò il biondo, affondando la fronte nell'incavo del suo collo, col cuore che sembrava voler scoppiare nel petto.
Armin ricambiò l'abbraccio, deglutendo il nodo alla gola.
Improvvisamente, Eren chiuse gli occhi e corrugò la fronte.
Quando Armin, per accarezzare il volto del ragazzo, notò le rughe sulla fronte, aggrottò le sopracciglia.
«Qualcosa che non va?»
Il castano deglutì stringendo la presa sulle braccia del ragazzo, sudando freddo.
La preoccupazione di Armin cresceva sempre di più, tanto che cominciò a fare domande a raffica.
Eren cadde sulle ginocchia, ansimando, restando aggrappato all'amico.
«L-La... p-pillola...» rispose solamente.
Armin allora cercò in tutti i modi di salire le scale trascinando Eren, arrendendosi poco dopo, rendendosi conto dell'impossibilità dell'impresa.
«Aspetta qui. Ti prego, resisti».
Il biondo continuò a salire le scale, inciampando a causa della fretta.
Reina, l'infermiera che aveva il merito di aver fatto conoscere Eren e Armin, passò di lì, alzando le sopracciglia alla vista del ragazzo sui gradini.
«Armin? Tutto okay? Sembri agitato» disse lei, aiutandolo a mettersi in piedi.
Lui le indicò Eren, alla cui vista, la ragazza sgranò gli occhi, correndo verso la camera del ragazzo per prendere le pillole, mentre Armin restò lì, immobile.
Il non vedere Eren con i suoi i stessi occhi gli trasmetteva una profonda inquietudine.
Eren si sedette su un gradino, causando un tonfo.
Quando Reina raggiunse il castano, con le pillole in una mano, e un bicchiere traboccante d'acqua nell'altra, egli rifiutò la cura, lasciando segni con le unghie sulle braccia.
«Almeno torniamo in camera, ti va?» propose l'infermiera, scostandosi dal viso una ciocca di capelli ramati, aiutando Eren, che aveva fatto un cenno di assenso, ad alzarsi.
Reina tenne strette le braccia del castano, cercando di evitare che il ragazzo si graffiasse intenzionalmente la pelle.
«Resisti Eren. So che ce la fai. C'è Armin lassù. Fallo per lui».
Eren aprì gli occhi, che aveva tenuto serrati per tutto il tempo e guardò per terra, smettendo di porre qualsiasi forma di resistenza nei confronti dell'infermiera.
«A-Ar...min...?»
«Sì, Armin».
Reina accennò un sorriso, terminando la rampa di scale, e sfiorò il braccio di Armin, invitandolo a seguirli, per poi dirigersi verso l'ascensore.
Una volta raggiunto il quarto piano, trascinò Eren nella sua stanza e lo mise steso sul letto. Uscì dalla tasca il pacco di pillole e riempì un altro bicchiere d'acqua.
Armin, intanto, singhiozzava, percependo il dolore che in quel momento doveva provare Eren. E si sentì lacerare dentro, fiutando nell'aria l'odore di sangue, quel liquido rosso sulle mani del castano, fin dentro le unghie.
«Eren, la pillola...» mormorò Reina.
«NO! MI FA MALE! FA MALE!»
Il ragazzo si mise in posizione fetale, scosso da spasmi, mentre nella sua testa scorrevano immagini che avrebbe voluto dimenticare.
Avrebbe dato tutto pur di dimenticarle.
Eppure non accennavano ad andarsene. Ce la metteva tutta, ma loro erano sempre lì, in un angolo della sua testa, radicate, attaccate, pronte a popolare i suoi incubi. Ogni notte e, a volte, anche di giorno.
«EREN DEVI PRENDERE LA PILLOLA CAZZO!»
Questa volta fu Armin a invitarlo a prendere la pillola. E nel sentire la voce del biondo, qualcosa dentro di lui si smosse. Gli spasmi si calmarono leggermente e i graffi che si era procurato da solo cominciarono a bruciare.
Armin lo scuoteva, stringendogli il braccio, tirando su col naso.
Il castano venne aiutato da Reina a mettersi seduto. L'infermiera passò la pillola e il bicchiere d'acqua al biondo, che a sua volta li passò al più alto, mormorando il suo nome per incoraggiarlo.
Allora Eren si mise la pillola in bocca e la deglutì grazie all'ausilio dell'acqua.
Reina sospirò di sollievo, mentre Armin ringraziò Dio, asciugandosi le lacrime.
Il castano poggiò il bicchiere sul comodino, stendendosi con un braccio sugli occhi.
«Se ha un'altra ricaduta, chiamami, okay Armin?»
Dopodiché, Reina uscì dalla stanza, lasciando i due ragazzi da soli.
Armin si sedette sul letto, passandosi una mano trai capelli, dove aveva ancora impigliato il fiore che il castano gli aveva raccolto pochi minuti prima.
Eren voltò il viso nella direzione del biondo, con gli occhi chiusi e le labbra semiaperte.
«Riposati, Eren» disse Armin, poggiando il fiore sul comodino, accarezzandosi il ginocchio sbucciato a causa della caduta sui gradini.
Il castano sussultò, affondando il volto nel cuscino, mormorando parole incomprensibili anche a un orecchio esperto come quello di Armin.
«Hai detto qualcosa?» chiese il biondo, inclinando la testa di lato.
Eren continuò a mormorare, tastando il letto, come cercando la presenza del ragazzo.
Armin cercò la mano dell'amico, afferrandola, dopo alcuni tentativi per trovarla.
I muscoli del più alto si rilassarono e le sue dita si intrecciarono a quelle del biondo, mentre sul suo volto comparve un sorriso rilassato.
Armin sentì nuovamente quella morsa allo stomaco e mormorò il nome del ragazzo al quale stringeva la mano, quasi impaurito da ciò che per la prima volta si ritrovava a provare.
Ogni istante che passava con Eren era come un attimo in paradiso, e anche nei momenti in cui il ragazzo passava l'inferno, lui fremeva dalla voglia di essere il suo angelo custode.
Avrebbe solo voluto poterlo vedere. Poter vedere i suoi occhi. Il suo viso. Poter guardare il cielo insieme a lui. Avrebbe solo voluto poter aprire gli occhi la mattina seguente e vedere il mondo per la prima volta, come un bambino che viene alla luce.
"Gli angeli custodi devono saper vedere.
Sennò come proteggono la gente?" pensò Armin, sentendo la mano di Eren diventare pian piano più calda.
"Come posso, io che non vedo, poter proteggere le persone a cui tengo?
Come posso essere il suo angelo custode?
Sono un angelo, forse. Ma a cosa servo?
Non posso fare nulla. Non so fare nulla"
Armin sospirò lasciando che, per l'ultima volta, quel giorno, le lacrime solcassero le sue guance.
"Se solo potessi vedere"
"Se solo ti potessi vedere."
n/a:
Amo terminare i capitoli coi pensieri dei personaggi.
Anche se sono leggermente diabetici, sono le uniche cose con cui riesco a dare una sorta di conclusione ai capitoli.
Grazie mille per il sostegno che mi dimostrate!!