I'll show you the world [EreM...

By giobook03

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Armin Arlert è cieco dalla nascita. Prima trovava compagnia nelle poche ombre e nella luce che rischiarava le... More

Prologo
1 ~ You are not so bad
3 ~ That Horseface...
4 ~ Jealousy and heartbeat
5 ~ If I could see you...
6 ~ Why am I so happy?
7 ~ I'm sorry
8 ~ I think I'm in love
9 ~ You're my world
10 ~ Yeah, fuck, I see you!
11 ~ Love me like you do
12 ~ Let the dwarf hospital worker talk with Reina
13 ~ Please, Mom, look at me
14 ~ It's not your fault
15 ~ Memories
16 ~ Life goes on
17 ~ Protect me by yourself
18 ~ Pleasant meeting
19 ~ Empty
20 ~ We're both humans
21 ~ Bring me out!
22 ~ Brothers conflict
23 ~ Pain
24 ~ Missed you
25 ~ Love me again
26 ~ Justice done
27 ~ Is this a goodbye?
28 ~ The red string of fate
Epilogo ~ 7 years later
Ringraziamenti
Sequel o no?
Sequel!
Sequel pubblicato!

2 ~ Maybe, I've found a friend

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By giobook03

Armin tornò in camera sua, dove, con l'aiuto di un'infermiera, cercò qualche snack da portare a Eren.

Intanto, il castano stava ricevendo decine di messaggi dalla sua sorellastra Mikasa, che aveva per lui una sorta di ossessione.

"Perché non mi hai avvisata?"

"Mamma e papà dove ti hanno portato?"

"Non vedo l'ora di tornare, la Russia non mi piace!"

"Perché mi devi far preoccupare così?"

"Perché diamine non rispondi?!"

"Sai vero che senza di me non puoi vivere?"

Eren bloccò il contatto su WhatsApp, ricevendo subito dopo una chiamata.

Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, che la voce assillante di Mikasa cominciò a sbraitargli contro.

Alla fine, fu costretto ad attaccarle in faccia, fingendo di non riuscire a sentire nulla a causa della "mancanza di campo" all'interno dell'ospedale.

Appena Eren poggiò il cellulare sul comodino, Armin bussò alla porta, entrando con una montagna di snack in bilico su un braccio, e il bastone stretto nell'altra mano.

Eren, notando il ragazzo in difficoltà, si mise in piedi, pronto al soccorso.

«Hey amico, hai bisogno di una mano?»

Armin scosse la testa, accennando un sorriso.

«Non ce n'è bisogno, tranquillo. Non voglio che affatichi le ga-AAH»

Il biondo inciampò, lasciando cadere gli snack a terra, insieme al bastone, che al contatto col pavimento causò un tonfo sordo.

Armin aveva serrato gli occhi, pronto all'impatto, ma Eren prontamente era scattato e aveva preso il ragazzo al volo prima che potesse cadere.

«Tutto okay?»

Armin arrossì leggermente, imbarazzato dala situazione, e annuì.

«Sì... s-scusami t-tanto...»

«Non ti preoccupare. È a questo che servono gli amici, no?»

Il castano, mise il biondo seduto sul letto, per poi chinarsi e raccogliere il bastone e gli snack, poggiando questi ultimi su un piccolo tavolo accanto al letto.

Il volto di Armin si illuminò e rivolse a Eren un sorriso sincero.

«Grazie mille!»

Eren sorrise leggermente, stendendosi sul letto.

«Certo che sia una noia assurda stare qui... Almeno nell'altro ospedale si poteva prendere in giro l'inserviente!» commentò, sbuffando.

«Qui le infermiere sono tutte gentilissime!»

«Appunto! La cosa mi fa piacere, ma nessuno batterà l'inserviente dell'ospedale» disse ridacchiando.

Armin si mise un dito sotto il mento pensieroso.

«Qui, però, c'è Jean Kirschtein!»

Eren alzò un sopracciglio.

«E chi sarebbe?»

«Jean è un ragazzo... particolare. È qui da più tempo di me e ha visto morire il suo migliore amico per non so quale malattia. Ha un caratatteraccio. E se la crede tantissimo. Soffre di anoressia nervosa, per questo è stato ricoverato».

Eren sospirò, annuendo lentamente.

«Non credo andremo d'accordo, allora».

Il castano si sporse per afferrare il libro dal comodino e riprendere distrattamente a leggere.

Armin inclinò la testa di lato, increspando le labbra.

«Perché?»

«Perché ho un pessimo carattere anch'io, e vorrei evitare di fare casini anche qui».

«Capisco... allora mi spiace. Per ora sarai costretto a stare solo con me. Non ci sono altri nostri coetanei qui. A proposito, quanti anni hai?»

«Diciassette. Tu?» rispose, alzando lo sguardo dal libro.

«Io quindici.»

Armin chinò la testa, rimanendo un attimo in silenzio.

«Com'era andare a scuola?» chiese poi.

«Direi... strano, almeno per me. I professori ti dicevano cosa fare e se non lo facevi correttamente ti beccavi un due. Non ero tra i migliori, ma andavo bene, nonostante la sfacciataggine che avevo con loro».

«Vorrei tanto andare a scuola. Gli unici insegnanti che avevo erano molto buoni con me. Dicevano che era bello parlare insieme e che ero una piacevole compagnia per loro. Però... non so. Avrei preferito un ambiente diverso».

«In fondo la scuola non è il migliore dei luoghi, ma bisogna essere fortunati e coraggiosi, o le persone iniziano a romperti le palle».

Eren chiuse il libro, facendo roteare il cellulare tra le dita.

«Tu non sai come sono fatto, vero?» disse, mettendosi seduto.

«Ci conosciamo da pochi minuti, come potrei saperlo?» rispose Armin ridacchiando, «E poi non ti vedo».

«Se vuoi mi descrivo, anche se non sono tutta questa questa meraviglia».

«Come vuoi».

«Allora... ho la pelle color caramello, dei grandi occhi verdi e dei capelli perennemente scompigliati castano scuro» disse Eren alzandosi in piedi, «e in confronto a te sono alto».

«Da come ti descrivi sei "non tutta questa meraviglia" senza il "non".»

«Naaaah»

Il castano ridacchiò, scompigliando i capelli del biondo.

«I tuoi capelli sono decisamente più belli dei miei».

«Tutti mi dicono che ho dei begli occhi. Puoi descrivermeli?»

Eren si massaggiò il mento, guardando Armin.

«Hai dei grandi occhi azzurri, con alcune sfumature blu che mi ricordano tanto l'intreccio tra cielo e mare».

Armin annuì, sognante.

«E tu li hai mai visti? Cielo e mare intendo...!», sorrise malinconico, interrompendosi, «Che domande faccio, certo che li hai visti».

«In realtà no.»

Eren si sedette accanto ad Armin, guardando la protesi.

«Avrei potuto vedere il mare, ma questa opportunità mi è stata strappata via».

«Che vuoi dire?»

Eren sospirò e chiuse gli occhi per un istante, ripercorrendo con la mente tutto ciò che era successo, prima di raccontarlo.

«Te l'ho detto che non sono mai stato una persona molto... socievole. Sono cresciuto nell'entroterra, lontano dalla costa e i miei genitori, come al solito, hanno voluto mettersi in mezzo. Notando che non avevo amici, mi iscrissero a un club di corsa. Inizialmente devo ammettere che mi scocciava, ma in poco tempo... la corsa era diventata la mia passione».

Eren sorrise malinconico.

«Stavo correndo. Era una bella giornata, nulla di diverso dalle altre. Eppure... stava per succedere qualcosa che avrebbe cambiato tutto. In peggio. E per sempre. Un pezzo dell'impalcatura crollò e cadde su alcuni partecipanti alla gara. Compreso me. A quel punto, amputarmi la gamba fu inevitabile. E mi venne negata anche la corsa. L'unica cosa che mi abbia mai dato un brivido, che mi abbia spronato e incoraggiato a non arrendermi. Mi venne negato anche questo».

Armin era rimasto in silenzio per tutto il racconto, con le sopracciglia aggrottate, attento a ogni minimo dettaglio.

«In palio c'era una vacanza in una località marina. Volevo vincere. Anche per ringraziare i miei per avermi iscritto al club. E per mostrare loro che non ero un impiastro in tutto. Ma, a quanto pare, la fortuna non è mai stata e mai sarà dalla mia parte».

«Quindi non sei mai andato al mare?»

«No, i miei pensavano che avrei potuto cacciarmi nei guai come al solito. Hanno preferito evitare il rischio».

Eren strinse i pugni, facendo un respiro profondo.

Armin capì di aver fatto una gaffe e tentò di scusarsi, senza urtare i sentimenti di Eren col suo vittimismo.

«Resterò qui fin quando avrò diciotto anni. Poi me ne andrò».

«E quando li compirai diciotto anni?»

«Il trenta marzo.» rispose stiracchiandosi.

«Quindi dovrai restare qui per poco meno di un anno. E quando arriverà il momento dove andrai?»

«Lontano da qui. Dove non posso dare fastidio a nessuno. Poi vedrò» disse vagamente, alzandosi per mettere la valigia nell'armadio.

«Dare fastidio a chi, a parte i tuoi genitori?»

«Compagni di scuola, infermieri, psicologi, medici...»

Si guardò il braccio, sospirando.

Armin alzò le sopracciglia.

«Compagni di classe? Davvero? Devono essere spregevoli...»

«Eh già...»

Eren sbuffò, appoggiandosi al davanzale della finestra e guardando fuori.

«Non c'è mai stato nessuno che ti ha sostenuto?»

Gli occhi di Eren si fecero lucidi e deglutì un nodo alla gola.

«Forse lo fa solo per attirare la mia attenzione...»

Armin percepì il cambiamento nel tono della voce del ragazzo e inclinò la testa di lato, aggrottando le sopracciglia.

«Qualcosa non va, Eren?»

Il castano si asciugò qualche lacrima, scuotendo la testa.

«Niente... niente...»

Armin allora si alzò, voltandosi verso il ragazzo.

«Stai piangendo...?»

Eren alzò le sopracciglia, sorpreso.

«Come fai a saperlo...?»

Armin accennò un sorriso, muovendo piccoli e leggeri passi verso la finestra.

Eren non potè fare a meno di pensare che in quel momento somigliasse tanto a una creatura fatata: grazioso, delicato, leggiadro.

«In quindici anni di cecità ho imparato a riconoscere le emozioni delle persone. E i toni di voce. E i loro odori. Forse so anche dirti che odore hanno le tue lacrime».

«Eh bravo Arlert».

Armin voltò lo sguardo verso la finestra e, per chi passava, poteva sembrare quasi che stesse guardando cosa c'era fuori. Eppure, lui non vedeva nulla.

«Non volevo farti piangere».

Eren accennò un sorriso.

«È tutto okay. Piangere fa bene a tutti, anche se si fa spesso fatica ad ammetterlo».

«Hai ragione. Comunque se ti va di parlarne... di quel fatto che ti ha reso triste... puoi farlo».

Eren si avvicinò, dandogli una pacca sulla spalla.

«Grazie Armin, ma sto bene adesso».

Il cellulare di Eren vibrò, ricordando al ragazzo di prendere le pillole.

«Vuoi che me ne vada?» chiese improvvisamente Armin, insicuro.

Eren scosse la testa, deciso.

«Perché mai. Non mi dai fastidio, anzi.»

E Armin sorrise. Forse, finalmente, aveva trovato un amico.

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