Shots (italiano)

By CameliaNovembre

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Clementine nasconde un segreto, Richie nasconde una vita spezzata. More

1. L'arrivo
2. L'arrivo (pt. 2)
3. Lo scontro
4. Richie
5. 7 anni prima
6. Kitten
7. Kitten
8. Alexander
9. Born to raise hell
10. Kitten
11. Il posto
12. Close to the flame
13. Cherry pie
14. Papà
15. Punk
16. Ritratto
17. Ferita
18. Verità
19. SECONDA PARTE
20. Shots Fired
21. Storia greca
22. Madras
23. Scrittura
24. Scrittura (pt.2)
25. Vuoto
26. Anthrax
27. Jimmy
28. Tempio
29. Madre
30. Telefilm
31. Prison blues
32. Kittenfight
33. Zucchero
34. Eve
36. Casa in montagna
37. Natale
38. John Schneider
39. Resa
40. Trasloco
41. Nuova casa
42. Ballate
43. Morte
44. Epilogo
45. Risveglio

35. L'anello

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By CameliaNovembre


Passòqualche giorno, e Kitten dovette dare ragione a Richie. Era vero, eratutto com'era sempre stato, com'era sempre stato quando si eranoconosciuti, però. Di nuovo, l'imbarazzo tra loro era palpabile, unanube di nebbia che aleggiava sempre sulle loro teste. A stento sirivolgevano la parola, men che meno lo sguardo. Questo ritorno alpassato la faceva... soffrire, dopo tutto. Così, continuando atenere gli occhi bassi, si avvicinò il giorno della sua partenza.Non pensava che sarebbe arrivata a benedirlo tanto. Passò ilpomeriggio a fare i bagagli, ripiegando tutto con cura e moltolentamente per impiegare quanto più tempo possibile. Con la scusa diuna levataccia la mattina dopo, quella sera andò a letto presto,così presto che nemmeno si ricordava l'ultima volta. La verità, erache quello che le serviva era un po' di tregua, e niente la concedepiù del buio.

Comeera prevedibile, le ore passavano una dopo l'altra senza che leiriuscisse finalmente a prendere sonno. In realtà non era poi cosìstanca, ma anche se lo fosse stata quella specie di inquietudine chele attanagliava la gola non le avrebbe permesso di rilassarsi.

Aun certo punto, sbuffò e la diede vinta all'insonnia. Guardò l'ora,constatò che era quasi l'una del mattino e si risolse ad alzarsi,visto che se avesse continuato a rigirarsi in quel letto avrebbefinito solo per innervosirsi. Si augurò di essere sola.

Uscìdalla sua stanza, e vide subito una sottile lama di luce fuoriuscireda quella di Richie, lasciata libera dalla porta semichiusa. Leipreferì restare al buio.

Posarei piedi nudi sul pavimento freddo parve aiutarla a calmarsi, poi andòin cucina, riempì un bicchiere d'acqua e si appoggiò al lavandinoper berla.

Nonsentiva il bisogno di accendere la luce, le piaceva quella realtàcosì trasfigurata, nascondersi in quel buio e condividere ilsilenzio della città la confortava, in qualche modo. Sebbene avessevoluto fare credere a se stessa che fosse tutto a posto, lei proprionon riusciva a sentirsi tranquilla.

Laluce della luna e della strada filtrava attraverso i vetri, e questole fece venire voglia di affacciarsi alla finestra.

Sebbenele temperature di notte fossero piuttosto basse, quell'aria freddache le sferzava sulle braccia nude non la disturbava affatto. Siappoggiò al davanzale e cominciò a contemplare la città sotto disé, sentendosi come un vecchio marinaio che la notte scrutal'orizzonte dal ponte della sua nave tentando di distinguere ilmare dal cielo. Fece vagare lo sguardo sui palazzi che lacircondavano alla ricerca di qualche luce accesa, come se lacondivisione di quell'intimità creasse istantaneamente un legamecon quel collega insonne.

Dopoun po', il freddo smise di essere piacevole e cominciò a darlefastidio, così si risolse a tornare a letto. Chiuse la finestra, ein quel momento le sembrò che dalla camera di Richie provenisse unaspecie di melodia, bassa, appena strimpellata.

Levenne istintivo avvicinarsi, era decisamente troppo poco dura peressere qualcosa ideata da lui.

Sisistemò dietro la porta con le orecchie tese, stando attenta ancheche il suo respiro non facesse rumore. Ascoltò quella musica andareavanti e... era bella. Ad un certo punto però, il suono siinterruppe bruscamente e lei non ne capì il motivo. Per quanto fosseinesperta, non le sembrava avesse stonato o come si dice quando sisbaglia un accordo.

"loso che sei lì dietro"

Kittensi sentì agghiacciare. Per un istante, pensò che non si stessenemmeno rivolgendo a lei, ma poi la sua mente le ricordò che non cipoteva essere nessun altro ad origliare all'una di notte.

Coraggiosamente,decise di far finta di nulla, trattenendo il fiato. Insomma, potevaanche essersi sbagliato.

"hovisto la tua ombra, è inutile che cerchi di nasconderti"
appunto.Kitten sbuffò, decidendosi ad aprire la porta e a mostrarsi,probabilmente in viso doveva avere un'espressione non diversa daquella di un cane colto a smembrare un cuscino.

Nonappena la vide, Richie posò la chitarra sul pavimento vicino alletto, e lei pensò che il suono scoordinato di corde che ne uscìfosse stridente in modo adeguato a quella situazione.

Luiincrociò le braccia e inclinò la testa da un lato, ma Kitten scorseper un istante un barlume di riso che lo fece abbassare la testa pernasconderlo. Questo la fece sentire sollevata.

"continua.Era forte", riuscì a dirgli, appoggiandosi con noncuranza allostipite della porta.

Richiescosse la testa in segno di diniego, corredando il suo gesto con unsorrisino sarcastico.

"perfavore"

luialzò gli occhi, come se davvero in lui quelle due parole avesseroprovocato qualcosa. Senza dire altro, sospirò e riprese la chitarrasenza alzarsi dal letto.

Nonappena ricominciò, Kitten si inoltrò nella stanza con cautela e siandò sedere sulla scrivania. Lo osservava affascinata, come semprele era capitato con i musicisti. Le sembrava che chiunque avesse lapadronanza di uno strumento fosse dotato di un quid in più cherendeva speciali, quasi come dei prescelti, degli eletti. Per di più,Richie nemmeno guardava dove metteva le mani. Come diavolo faceva adorientarsi, a trovare il suono giusto tra quelle sei corde identiche?Quando finì, era trasognata.

"wow",disse soltanto.

Luiridacchiò. "e questo sarebbe uno dei tuoi validi giudizi tecnici?"

"è...una...Fender?", disse riferendosi alla chitarra, nel tentativo diapparire preparata. A dir la verità, era l'unico nome che conosceva,e da come la guardò anche lui doveva averlo capito.

"Gibson"

"ah...ottima marca. Suona... bene"

Kittenstava annaspando, e il tentativo di Richie di restare serio ad ognicosto gliene diede conferma. Cercò di scuotersi.

"lamusica, l'hai... l'hai scritta tu?"

Richieannuì, tanto per cambiare.

"wow"

"perchétanto sorpresa?"
"anche tu hai ceduto alle ballads"

"nonè una ballad", fece lui, quasi stizzito.

"be,una power ballad"

Il suotentativo di diplomazia lo fece ridere. "questo forse possoaccettarlo"

ancheKitten rise, più che altro per l'imbarazzo. Nelle ultime settimanesi era dimenticata quella sensazione di disagio che la coglieva insua presenza.

"nonpensavo ti piacesse il genere"

luiscrollò le spalle, scendendo dal letto per mettersi a rovistarenelle tasche della sua giacca abbandonata sul pavimento.

"nonmi piace infatti, è venuta fuori così e basta", disse, tirandofuori un pacchetto di sigarette e un accendino, ne accese una e nondisse altro. Kitten in quel momento ebbe una specie di flashback, nelvedersi in quella camera, lui impenetrabile e lei imbarazzata, siricordò di quella sera in cui si era ferita con l'apriscatole, ditutto quello che era avvenuto dopo.

A quelricordo, cominciò ad accusare una certa stanchezza, ma più che perl'orario, la sfiniva avere a che fare con lui. Era così chiuso, cosìdifficile, cosi...sincero, fastidiosamente sincero. Per ogni passoche faticosamente compiva verso di lui, lui la respingeva dieci voltetanto.

"saràmeglio che vada a letto", disse infine saltando giù dallascrivania, estenuata.

Feceper uscire dalla stanza nella sua più totale indifferenza.

"tiè piaciuta?"

la suavoce la bloccò alla porta. Fece del suo meglio per voltarsi verso dilui e questa volta fu lei ad annuire senza dire altro.

"e poi sono io quello che non parla"

Kitten,più che una battuta, prese quella frase come una specie dibacchettata sulle nocche.

"hai...già il testo?"
"sì"

"quelloche non riuscivi a finire?"
Richie aspirò una boccata di fumo,tenendo lo sguardo sul soffitto.

"allafine ce l'ho fatta"

leiprovò a trascinarsi avanti ancora un po'. "è... statodifficile?"
"la tua copertina con le renne me l'ha reso piùfacile", disse lui scrollando le spalle.

Kittenrise, sollevata per quella lievissima apertura giocosa.

"speronon parli di quello"
lui scosse la testa.  

"eallora di cosa?"
va bene, forse si era spinta un po' troppooltre, ma pensò che in fondo fosse una domanda legittima.

"topsecret"

eradavvero sarcasmo quello nella sua voce? Be, lei di sicuro era piùesperta.

"andiamo,nessuno ha più diritto di me di saperlo"

lui sifinse sgomento. "cosa? E perché?"

"be,se hai un riff così incisivo è anche per merito mio"

Richiela guardò fingendosi esasperato.

"dai,dimmelo, dimmelo,dimmelo!", fece lei imitando la vocetta di unabambina petulante.

"seidavvero capricciosa, lo sai?"

Richiepoi si alzò, aprì la finestra e buttò di sotto il mozzicone ancoraacceso.

Siappoggiò con la schiena al davanzale.

"parladi una ragazza... che conosco", disse, e Kitten fu sorpresa da unafitta di gelosia al pensiero che avesse dedicato una canzone aqualcuna che non fosse... lei.

"ah,e chi sarebbe? Magari la conosco anch'io", gli chiese connoncuranza, fingendo di non esserne toccata.

Richierispose che sì, la conosceva anche lei, così Kitten rimase inattesa, pensando che ne avrebbe pronunciato il nome, ma lui invececontinuò a non sbottonarsi, guardandola con espressione vagamentecanzonatoria.

"ehi,non fa niente se non vuoi dirlo. Mio dio, chi potrà mai esserequest'innominabile!", reagì lei infine, forse apparendo un po'troppo punta.

"proprionon ci arrivi?"

Kittennon fece altro che alzare gli occhi, infastidita, quando a un certopunto la sua mente fu attraversata da un pensiero, che tuttavia leparve assai improbabile.

"ma...non sarò mica io, vero?", chiese quasi vergognandosi, e lui,proprio come pensava, scoppiò a ridere, facendo arrossire Kitten perquell'idea assurdamente egocentrica.

"finalmente!",esclamò, e a queste parole Kitten si sentì avvampare ancora piùviolentemente di prima.

"mihai scritto una canzone?"

"nonè una canzone per te, è una canzone su di te", precisò,distogliendo lo sguardo come se temesse quell'argomento, "maprima di gioirne, ricordati di my Michelle"

Kittenera troppo disorientata per ridere, per rispondere, anche per tornarein camera sua, e Richie dovette rendersene conto.

"ehi,respira, non è tutta questa gran cosa"

leiannuì, cominciando a pensare che potesse tornarle utile un corso damimo.

"ma...come... cioè, sono giorni che non mi parli e ora te ne esci così?Non... so se mi odi, non so se mi... cioè se non mi odi, non so comediavolo definirti! Dio, mi sembra di essere tornata al giorno in cuici siamo incontrati"

Richietornò a sedersi sul letto, guardandola confuso come se non capisse,come se fosse pazza. Dopo un po', si batté le mani sulle ginocchia,come se fosse giunto ad una conclusione.

"bene,allora. Una volta per tutte, chiedimi quello che ti preme tanto efacciamola finita"

"moltobene", fece lei, raddrizzando la schiena e incrociando le braccia."cosa sono io per te?"
Richie la guardò un po' troppoincredulo, e lei comprese che era il caso di aggiustare il tiro.

"intendodire. Mi vedi sempre come una nemica?"

luinon rispose subito, e questo le mise addosso una leggera ansietà.Capì che quella risposta poteva farle male.

"no",disse infine.

"perfetto,e allora perché a stento mi rivolgi la parola dopo... il divano?"

"pensavoche fossi tu a non volermi parlare"

leisgranò gli occhi, indicandosi. "io? E per quale motivo?"
"be,pensavo che... ti sentissi... non so, in imbarazzo", disse,aiutandosi con un gesto della mano.

Kittenscoppiò a ridere. Eccome se se ci si sentiva.

"madai, non so tu, ma io è da un po' che faccio quelle cose"

"noncon me"

la suarisposta la zittì del tutto. Sperò che quella luce artificialebiancastra non rivelasse il rossore che di sicuro le aveva coloratole guance.

"bene,direi che è tutto risolto, allora. Ora vado a letto, devo alzarmipresto", disse frettolosa, desiderosa di congedarsi.

"ehi,aspetta, adesso tocca a me"

Kittensi immobilizzò. "ah. mi... mi sembra giusto", gli disse,dandogli la schiena. Temeva che se si fosse voltata si sarebbe disicuro trasformata in una statua di sale.

"perchéti importa tanto sapere cosa penso di te?"

quelladomanda la sorprese, forse la statua di sale era un'alternativa piùintrigante del rispondergli.

Leisospirò piano, stringendo i pugni, mentre cercava qualcosa da dirglia cui lui avrebbe potuto credere. Con costernazione, sapeva che nonsi sarebbe bevuto nient'altro che la verità.

"perchéti voglio bene"


Lamattina dopo, Kitten raccattò le ultime cose e fu pronta a partiredi buon'ora. Pensava che si sarebbe pentita di quello che aveva dettoa Richie, ma stranamente non fu così. In fondo, non c'era poi nientedi male, non era una frase poi così incriminante. Sollevò unaborsa che aveva appoggiato sulla scrivania e al di sotto scorse ilregalo che aveva comprato per lui. Quella sensazione di tranquillitàdi chi ha la coscienza perfettamente a posto fu vagamente minata daquella visione. Insomma, l'aveva preso settimane prima, prima di...tutto il resto. Lo fissò per un po' e poi decise che in fondo nonaveva niente da perdere. In qualunque caso, di sicuro lui stavaancora dormendo o forse nemmeno era in casa, si sarebbe limitato alasciarlo in camera sua, e il resto della storia l'avrebbe costruitada solo.

Cercòcon poco successo di impilare un borsone e il beauty case sul suotrolley, ma loro proprio non avevano intenzione di restare inequilibrio. La cosa migliore era lasciar perdere, così sbuffò euscì dalla sua stanza. Quando passò davanti a quella di Richieperò, lo vide sdraiato sul letto perfettamente sveglio, intento afissare, tanto per cambiare, un quaderno con espressione assorta.Dio, ma non dormiva mai?

Dovettecosì tenere per sé i suoi propositi di sotterfugi.

"ehi,sto andando via, volevo salutarti"

Richiesi alzò dal letto e le si fece incontro, e Kitten scorse il solitodisordine che affollava la stanza. Si chiese se mai in vita suaavesse rifatto quel letto.

"buonviaggio", le disse, e se proprio non sorrise quanto meno le sembròmeno torvo del solito.

Kittenera indecisa se dargli oppure no il suo regalo, sapeva che qualoral'avesse rifiutato se ne sarebbe di sicuro sentita ferita. Tuttavia,decise di rischiare, a maggior ragione ora che non aveva più nullada perdere. Con cautela, gli allungò il sacchetto.

"soche non ti piace il Natale e che non volevi regali, ma questo l'hovisto e... c'era scritto il tuo nome sopra!"

Richiela guardò, perplesso come se non avesse idea di cosa fosse quellastrana usanza.

"mihai comprato un regalo?"

Kittenannuì, e lui parve piuttosto a disagio.

"andiamo,lo so che muori dalla voglia di aprirlo"

Richieaccennò un sorriso e lo prese, anche se l'involucro piatto equadrato non rendeva difficile intuirne il contenuto.

Strappòla carta, e dalla sua espressione davvero a Kitten parve un bambinofelice la mattina di natale. Si sentì vagamente intenerita da quellavisione.

Propriocome pensava, quando vide il vinile dei Ramones il suo voltò siilluminò.

"grazieè... bellissimo"

Kittenfu molto fiera di potergli svelare il resto.

"Voltalo"

luiobbedì, e quando decifrò in quella firma scarabocchiata il nome di Joey Ramone, sgranò gli occhi.

"cosa?No, non è possibile"

Kittenridacchiò, soddisfatta. "non so se sia davvero il suo autografo,ma è bello crederlo"

Luinon sembrò nemmeno sentirla, e prima che finisse la prese per lavita e la sollevò in una specie di abbraccio. Dio, se era forte.Certo, non che lei fosse pesante, ma per la facilità con cui la tiròsu non sembrava avesse un peso maggiore di quel vinile.

"ma...ma è... inestimabile! È il più bel regalo che abbia mairicevuto!"

Kittennon si aspettava di certo quest'effusione, né si aspettava disentirsene così gratificata. Era davvero un ringraziamento miglioredi qualsiasi presente.

"bene,sono contenta che ti piaccia. Anche se, a dir la verità non avevodubbi"

Entrambirisero, forse per smorzare quella strana tensione quel contatto avevacreato. Kitten guardò l'ora, e a malincuore fece per congedarsi.

"be,ora devo andare. Buon natale e, tanto per non abusare di frasifatte, ci rivediamo l'anno prossimo"

Richiesorrise, non smettendo di guardare l'album, ma lei volle pensare chefosse solo un espediente per non alzare gli occhi su di lei. "auguri"

"neavrò bisogno", mormorò lei in risposta, mentre cercava nuovamentedi impilare sul suo trolley il borsone e il beauty case.

"ehi,a... a dir la verità, anch'io avrei qualcosa per te"

Kittenlo guardò, non essendo sicura di aver colto. aveva un regalo perlei?

Richiesparì in camera sua, e quando tornò lo vide tenere qualcosa nelpugno chiuso.

"dammila mano", le disse, e Kitten la allungò verso di lui, pur senzacapire. Temeva quasi che cominciasse quel giochino tanto in vogaall'asilo, quando il tuo compagno tenta di colpirti sul palmo e tudevi sottrarti prima che lui ci riesca. Fortunatamente, non accaddenulla di tutto ciò.

Richiele prese la mano.

"doveporti gli anelli di solito?", le chiese, e a lei quel contattosembrò così intenso che la sua voce quasi divenne un balbettio.Proprio non capiva dove volesse arrivare.

"dove...un po' dove capita"

Richieridacchiò, poi aprì il pugno e lei scorse il suo anello con ilteschio.

"quidovrebbe andarti", le disse, mettendoglielo all'indice. Kittensgranò gli occhi.

"cosa?No Richie non posso prenderlo, conta troppo per te!"

Luiscrollò le spalle. "è da un bel po' che volevo dartelo, e se orahai bisogno di fortuna, questo è il momento giusto"

Kittenabbassò gli occhi sull'anello, quasi commossa.

"loso, è un po' grande", le disse, ma lei scosse la testa.  In risposta, prese la vera diAlexander e la usò per bloccarlo.

"Sei... davvero sicuro?".

Richieridacchiò. "prendilo"

"nonlo leverò mai più", disse poi, e lo sguardo che si rivolsero inquell'attimo le mise quasi i brividi. Capì che avrebbe volutobaciarlo e questo la fece quasi spaventare.

"Gracepenserà che io sia entrata in qualche setta", scherzò, ammirandoil teschio argentato sulla sommità dell'anello.

"allorati piace?"

Kittencredette che rispondere non fosse necessario. Annuì, rivolgendogliil sorriso più grato che aveva mai provato. Voleva dire molto perlei. Ancora una volta, questa specie di speranza la spinse verso dilui, e prima che potesse pensare, si alzò sulle punte e lo baciòappena sulla guancia. Era troppo tardi quando si accorse di essereandata pericolosamente vicina alla bocca. Quando si ritrasse,nonostante lo avesse appena sfiorato vide che il rossetto gli avevalasciato una debole impronta rossastra sulla pelle. Le venneistintivo strofinarla via, ma quando portò la mano al suo viso luile prese il polso. Kitten cercò una spiegazione nel suo sguardo, ecapì che la stava allontanando. Più che una stretta allo stomaco,quello le sembrò un pugno.

Nonsapendo cos'altro fare, fece finta di niente e si liberò dalla suapresa.

"buonnatale", gli disse poi, sentendosi la gola secca.

"anchea te. Goditi le piste"

Leialzò gli occhi al cielo. "avrei preferito restare qui"

Kittenebbe poi un istante di esitazione, indecisa se proseguire, ma poipensò che di lì a poco sarebbe sparita per due settimane, e questole diede la fiducia per diluire quel latente imbarazzo.

"nonti mancherò neanche un pochino?"

Richiealzò gli occhi di scatto, ma poi li riabbassò subito.

"l'importanteè che io non manchi a te"

Kittenavrebbe voluto alzare un sopracciglio, tanto quella risposta era dalui. Lei allora volle confonderlo ancora di più.

"be,come dice Fitzgerald, non possiamo mai sapere lo spazio che occupiamonella vita altrui"


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