Shots (italiano)

By CameliaNovembre

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Clementine nasconde un segreto, Richie nasconde una vita spezzata. More

1. L'arrivo
2. L'arrivo (pt. 2)
3. Lo scontro
4. Richie
5. 7 anni prima
6. Kitten
7. Kitten
8. Alexander
9. Born to raise hell
10. Kitten
11. Il posto
12. Close to the flame
14. Papà
15. Punk
16. Ritratto
17. Ferita
18. Verità
19. SECONDA PARTE
20. Shots Fired
21. Storia greca
22. Madras
23. Scrittura
24. Scrittura (pt.2)
25. Vuoto
26. Anthrax
27. Jimmy
28. Tempio
29. Madre
30. Telefilm
31. Prison blues
32. Kittenfight
33. Zucchero
34. Eve
35. L'anello
36. Casa in montagna
37. Natale
38. John Schneider
39. Resa
40. Trasloco
41. Nuova casa
42. Ballate
43. Morte
44. Epilogo
45. Risveglio

13. Cherry pie

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By CameliaNovembre


SeKitten non riusciva ad avvicinare Richie, non riusciva nemmeno adallontanare Alexander.

Ilgiorno dopo quel loro disastroso primo incontro, aveva ricevuto unasua telefonata, dove lui non si era risparmiato in scuse. Era statoarrogante, era stato presuntuoso, non le aveva dato spazio e millealtre cose. Kitten aveva dovuto far leva su tutta la sua educazioneper non soccombere alla noia e riagganciare. Le aveva chiesto divedersi quella sera stessa, anzi, per usare le sue stesse parole, leaveva chiesto se poteva farsi perdonare offrendole da bere.

Kittenaveva alzato gli occhi al cielo, non potendone più di drink ecenette a lume di candela, sembrava che il repertorio della seduzionefosse rimasto immutato attraverso i secoli. Mai un guizzo, maiqualcosa di diverso. Certo, tutti loro facevano del loro meglio perfare colpo, ma come avrebbe voluto che qualcuno buttasse via tuttequelle commediole e la portasse a divertirsi, sul serio. Come avrebbevoluto buttarsi addosso un paio di jeans e una t shirt e esserepronta per uscire, passare una serata a bere birra e a ridere perchédavvero le andava.

Inveceno, ogni suo primo appuntamento si era svolto così, sempre allostesso modo. Lui la veniva a prendere a casa in macchina, andavano inqualche ristorante in riva al mare, lui la contemplava dicendolequanto fossero verdi i suoi occhi e lei in risposta sorrideva schiva,tentando di frenare gli sbadigli. Poi, puntualmente, la riportava acasa e la serata doveva concludersi con il bacio d'ordinanza per ipiù timidi, mentre i più audaci tentavano di farsi ripagare la cenache le avevano offerto. Sempre la stessa, nauseante solfa. Dio, ma achi piacevano tutte quelle smancerie.

Inrisposta, Kitten aveva controllato per un po' la sua manicure, e poiaveva accettato. In fondo, l'alternativa era restare a casa a subireil disprezzo di Richie, per cui, se proprio doveva soffrire, almenoci avrebbe guadagnato una bevuta.

Così,rotto il ghiaccio, lei ed Alexander avevano cominciato a frequentarsiin maniera sempre più assidua. Pian piano, aveva scoperto che quelladel rampollo arrogante non era una posa, lui era davvero così. Amavasoltanto se stesso, ed amava altrettanto contemplarsi nel riflessoaltrui. Di fatto, gli piaceva starsi a sentire e vederla annuireinteressata. In quelle poche settimane di frequentazione Kitten avevaappreso tutto di lui, qualsiasi cosa lui avesse mai fatto o detto disicuro lui si era premurato di raccontarla. Di conseguenza, nonrestava molto spazio per lei, ma d'altronde, il suo nome e il suocognome erano tutto quello che a lui importava. Lei non se nerammaricava più di tanto, in fondo, non si dava alcun pensiero dimostrarsi interessante con lui, sapeva che sarebbe stato fiatosprecato.

Avevacapito molto presto che l'unica cosa di cui hanno bisogno gliindividui come Alexander, era nutrimento per il proprio ego. Neanchea dirlo, la frase che gli sentiva pronunciare più spesso era che luiper se stesso pretendeva il meglio, sempre. Così, unendo le duecose, non era difficile capire che per lui Kitten fosse una specie diprimo premio. Bella, ricca, ben inserita nell'alta società e moltospesso di poche parole. Pura perfezione.

Comunquefosse, anche lei aveva il suo bel tornaconto, di certo non aveva lavocazione della martire. Un fidanzato può sempre tornare utile.

Inparticolare, Kitten aveva trovato quella serata particolarmenteestenuante, e mai in vita sua si era sentita tanto felice di farritorno al suo alloggio, coinquilino difficile o no. Non appenachiuse la porta dietro di sé, si lasciò andare ad un lunghissimosospiro, come se avesse trattenuto il fiato per tutta la sera. Perfortuna, Richie non era in casa, così proprio non c'era niente cheostacolasse il suo riposo di guerriera.

sistruccò, si legò i capelli, si stravaccò sul divano con una bellabirra ghiacciata e riprese a leggere l'autobiografia di Slash e, benpresto, quella lettura cominciò ad assorbirla. Che uomo. Le venne daridere ripensando che ad Alexander aveva detto che la sua autricepreferita era, come da copione, Jane Austen. La sua espressione erastata così impagabile che non era riuscita a trattenersi, e si eralanciata persino in uno sfrenato elogio di Mr. Darcy. La sua risatasi fece più consistente a quel ricordo. Jane austen, ma per favore.

Percompletare il quadro, Kitten pensò che ad una buona lettura sidovesse accompagnare una buona musica. Si voltò verso lo stereo di Richie e fece partire una delle sue playlist. Pensò che nonsarebbe stata delusa dalla sua musica.

Comepensava, conosceva praticamente tutti i brani che sentiva. Le scappòun sorriso al pensiero che i loro gusti fossero così simili.Continuava la sua lettura con la musica che le facevasolo da sottofondo, ma ad un certo punto cominciò un brano che ladistrasse dal suo libro.

Nonsolo non lo conosceva, ma nemmeno avrebbe saputo indicare il decennioa cui apparteneva. Chiuse il libro e si fermò ad ascoltarlo con piùattenzione. Era un suono pieno, potente, vigoroso come lo era il rocknegli anni ottanta, ma gli accordi avevano qualcosa di ruvido, digrezzo, di... punk. La voce del cantante poi, era incredibile,raggiungeva note molto alte senza perdere in potenza e senza, tantomeno, sfociare nel falsetto. Incuriosita, si alzò dal divano e andòa controllare il nome di quella band accattivante come non ne sentivada tempo. Si chiamavano Shots Fired. Kitten scandagliò la sua mentema nulla, non li aveva nemmeno mai sentiti nominare. Strano, pensò,dato che uno dei suoi maggiori motivi di vanto era proprio quello diconoscere perfettamente tutte le band che contavano e che,soprattutto, avevano avuto qualcosa da dire.

Semprepiù esaltata da questa nuova scoperta, impostò la loro playlist, curiosa di vedere cos'altro avevano da offrirle.Tornò sul divano, ma di fatto adesso era la lettura ad esserediventata un sottofondo alla musica. L'unica nota stonata era che ilsuono non era perfettamente pulito, anzi la qualità era piuttostoscadente.

Mentresi godeva questa nuova scoperta, sentì la chiave girare nellaserratura e fu pervasa da una leggera agitazione. Cercò disopprimerla il più che poté, ma istintivamente adottò se non altrouna posizione più composta. Si mise a sedere con le gambe chiuse ele caviglie incrociate, tenendo ordinatamente il libro aperto davantia sé. Più che sul divano di casa, sembrava su un treno.

Richieentrò e le rivolse il solito cenno del capo a labbra serrate. Leicome al solito lo ricambiò sorridendogli. Invece di proseguire versocamera sua come avrebbe fatto di solito, qualcosa lo trattennedov'era, e Kitten gli vide dipingersi sul volto un'espressionepiuttosto corrucciata, confusa quasi.

"dovehai preso questo pezzo?"
Kitten cercò di nascondere ilnervosismo che la colse. "era nel tuo stereo. Hai detto che potevousarlo, ricordi?"

"lostereo, non il resto"

Kittenroteò gli occhi. "andiamo, ma che sarà mai! non è mica il tuodiario segreto"

Richieinclinò la testa da un lato. "e tu cosa ne sai?"

leifece un gesto con la mano come a pregarlo di soprassedere.Qualcos'altro adesso le premeva di più. "piuttosto, questa bandè... fenomenale! Non sentivo dei pezzi così da non so nemmenoquando. Non mi capacito di non averli mai sentiti"

Kittenvide Richie abbozzare un sorriso, che subito tentò di non mostrarle."quindi ti piace "

"moltissimo!Ho sentito quasi tutta la loro playlist. Mi piace che il basso abbiaspazio, di solito nemmeno si sente, ed è un vero peccato. Penso chesia lo strumento più sottovalutato di sempre. E poi... ma senti qui!Finalmente uno che dice le cose come stanno fregandosene delpoliticamente corretto. Chi ha scritto questi testi è l'uomo che misogno ogni notte, altro che cenette a lume di candela. Allora, cheband é?"

Richiesi trattenne a forza dal ridere. Be, in fondo lo capiva, quando sitrattava di musica aveva lo stesso atteggiamento di una dodicenne.

"lamia", le rispose, e Kitten sentì un brivido lungo la schiena.Pensò di aver capito male.

"cosascusa?"

"èla mia band. Quelli che hai sentito sono i nostri demo"

"ah".Kitten rimase a bocca aperta, e non solo perché erano davvero bravi."quindi sei un musicista"

"già"

leiannuì, stava cominciando a sentirle il sangue affluirle alle guance.

"chi...vi scrive le musiche?"

"principalmenteio "

"ah,capisco. E... i testi?"

"sempreio".

Seavesse potuto, Kitten si sarebbe trincerata dietro al divano.Perfetto, praticamente aveva detto che sarebbe voluta andare a lettocon lui. Pregò che non se ne fosse reso conto, ma ne dubitava.

"non dirmi che sei anche il cantante", disse, tanto per smorzare latensione.

"no,questo no"

"be,fagli i complimenti da parte mia"

"lofarò"

Kittenera a corto di idee, ma intendeva evitare a qualsiasi costo qualchesilenzio imbarazzante

"vuoiche spenga?"

Richiesembrò scuotersi. "fai come ti pare", le disse, prima didirigersi finalmente in camera sua.

Leilo seguì con gli occhi, e quando sentì la porta chiudersi espiròlentamente in modo che quello non sembrasse un vero sospiro. Dio, noncredeva che avere a che fare con lui le sarebbe riuscito cosìdifficile.

Nonaveva mai conosciuto una persona complessa come Richie, ecomprenderlo le stava riuscendo più difficile del previsto. Questoproprio non le piaceva. Mai aveva trovato complicato avere a che farecon il prossimo, le sembrava che le idee e i pensieri di tuttifossero sempre più o meno gli stessi. Tutti volevano essere felici,tutti volevano una vita facile, tutti volevano arricchirsi, e poitutti erano gentili e disponibili con le ragazze belle e stupide.

Scossela testa pensando a quanto lui la snervasse, la facesse sentireinsicura. Non poteva tollerare qualcuno di così imprevedibile,qualcuno di cui non riusciva a prevedere le mosse. Sbuffò, e mentre rifletteva vide il suo cellulare cominciare a squillare. Quando lesseil nome sullo schermo, allargò le braccia come a chiedere pietà.

Richie

Richieentrò in camera sua e chiuse la porta, cercando di ignorare quellastrana sensazione che lo stava pervadendo. Che cos'era? Insicurezza,confusione, rabbia, forse? Ma no, non era arrabbiato, o almeno nonpiù del solito.

Noncapiva perché lo toccasse così tanto che lei avesse ascoltato iloro demo, e soprattutto non capiva perché era così esaltatoall'idea che le fossero piaciuti. Non era la prima volta che ricevevadei complimenti, e di certo a farglieli erano stati individui piùcompetenti di lei. Cosa mai ne poteva sapere Clementine Schneider dimusica? Mi piace o non mi piace, non sarebbe potuta andare oltre ungiudizio di questo tipo. Probabilmente l'episodio dei motorhead eraun puro caso, magari nemmeno aveva idea di chi fossero. Eppure, ilsuo entusiasmo lo aveva contagiato come mai gli era successo.

Isuoi pensieri furono interrotti dal cellulare di lei che cominciò asquillare. Istintivamente si bloccò e rimase immobile.

"ciaoamore!", le sentì dire in tono squillante, mellifluo come mail'aveva sentito. Da come proseguì la conversazione, a Richie fuchiaro che stava parlando con il suo ragazzo, e non capì perché sisentì stringere lo stomaco. Solo in quel momento realizzò che nonaveva mai riflettuto sul fatto che lei potesse essere impegnata. Sidiede subito dello sciocco. Una come lei non poteva essere single. Anzi, chissà quanti damerini con le tasche piene dei soldi di papà le correvano dietro. Per un istante, si chiese lui chetipo fosse, quali fossero i numeri per poter avere qualchepossibilità con lei, ma subito si redarguì per quel pensiero. Chegli importava delle sue relazioni? Per conquistarla, probabilmentebastava portarla in qualche ristorante in riva al mare e farle deiregali costosi.

Sisforzò di smettere di origliare, anche se non fosse stata chi era,di certo quelli come lui non erano il suo tipo. Fu sorpreso nelsentirsene dispiaciuto.

Kitten

"vogliorivederti domani, e voglio che sia speciale", le disse Alexander, eKitten capì immediatamente. Sospirò,mentre si esaminava una ciocca di capelli alla ricerca di doppiepunte.

"ognivolta che ci vediamo è speciale", rispose, perché questoprescriveva il protocollo.

"mavoglio che domani lo sia di più. Ti aspetto alle otto a casa mia. Tiamo"

Èvero di sicuro, pensò Kitten. Alexander riattaccò senza darle iltempo di ribattere, e lei rimase un istante a guardare il logo dei Guns n' Roses sullo sfondo del suo telefono. Quindi il momento eraarrivato, pensò con costernazione. Be, a dir la verità, la stupivache uno come lui avesse aspettato tanto per portarla a letto. Cercòdi immaginarsi come sarebbe stata la scena, e inevitabilmente finìper ripercorrere le sue esperienze passate. Ebbe una specie dibrivido a quel pensiero. Semplicemente, a lei non piaceva, eraintrisa di un disgusto viscerale verso questa pratica. Tuttavia, lasua testa capiva che era inevitabile, che era il dovere primario diuna ragazza in qualunque relazione. Non l'aveva mai nemmeno sfioratal'idea che la soddisfazione dovesse essere reciproca. Sapeva cosa cisi aspettava da lei, e faceva del suo meglio per essere all'altezza,sentendosi alla stregua di un elettrodomestico in una dispensa, cheviene riesumato solo per un determinato scopo. Di sicuro era brava,ed era brava anche a fingere, visto che mai da nessuno aveva avutolamentele. Ma del resto, a chi importava, l'importante era aprire legambe.

Kittennon fece altro che obbedire, e il giorno dopo si presentò a casa diAlexander alle otto precise. Parcheggiò e spense il motore, ma primadi scendere si accese una sigaretta. Non era una fumatrice, ma sidiceva che il fumo desse coraggio, così ne aveva rubate un paio diquelle di Richie sperando che lui non se ne accorgesse. La fiammadell'accendino colorò di rosso l'estremità di quella sigaretta,un piccolo lampo di luce squarciò il buio dell'abitacolo come unfuoco d'artificio.

Aspiròuna boccata e lasciò uscire il fumo dal naso, come aveva imparatonella sua prima adolescenza, quando anche una sigaretta eraconsiderata la più estrema delle trasgressioni. Ricordò quandoaveva aperto il pacchetto, a come quell'odore le fosse risultatostranamente familiare, di come sapesse di anni passati, di anni incui aveva provato a darsi al fumo per cercare di esternare quellaribellione che aveva sempre dovuto reprimere.

Piùche il fumare in sé, le piaceva guardarsi farlo, le sembrava didivenire per cinque minuti un'altra persona, quella che avrebbevoluto essere. Sorrise a quel pensiero, come spesso si fa con iricordi dei tempi andati, a prescindere dalla loro qualità.

Finitala sigaretta, guardò l'ora e vide che era arrivata l'ora di andarein scena, così, masticando una gomma per levarsi di dosso l'odore difumo suonò il citofono.

Nonappena arrivò alla porta, dall'espressione vorace con cui la salutòAlexander anche un estraneo avrebbe capito le sue intenzioni. Kittenstrinse i pugni e fece del suo meglio per ricambiare tanto calore.

"vieni,ti faccio vedere la casa", le disse, prendendole la mano.

Ilsuo appartamento era esattamente come lo immaginava, grande elussuoso, il mobilio trasudava prepotenza proprio come il suoproprietario.

"equesta è la camera da letto", disse, come se ci fosse bisogno dispecificarlo. Alexander si fermò sulla soglia, come se dovesseammirare un quadro in un museo, e tanto per velare le sue intenzionile fece scivolare la mano sotto il vestito. Kitten si scostò subito,esagerando di proposito un sorriso pudico per cercare di nasconderequanto si sentisse poco esaltata all'idea.

Luiparve interpretare il suo gesto come una sapiente mossa provocatoria.

"andiamoa mangiare", le disse, rivolgendole lo sguardo piùaffamato che avesse mai visto.

Kittenannuì, in quel momento davvero si sentiva lei il suo pasto.

Senzadire altro, lui si diresse verso la sala da pranzo e lei lo seguì.

"orache ci penso, non ti ho mai chiesto se c'è qualcosa che non mangi"

"soltantole noci", rispose, mentre si guardava attorno, posando lo sguardosulle pareti. C'erano fotografie e stampe di ogni tipo, e Kittenriconobbe in più di un caso la firma di autori famosi. Si chiese sefossero autentiche.

"ah,bene, bene. Ah, ho dato la serata libera alla cameriera, spero chenon ti dispiaccia servirti da sola"

Kittenscosse la testa. Dio, esisteva ancora gente che pensava a questecose?

Lacena fu tranquilla, seppur molto breve e condita da talmente tanteallusioni che bastarono da sole a saziarla. Ci voleva del talento afar apparire oscena qualsiasi cosa si mettesse in bocca. 

"eper finire, torta di noci. Spero ti piaccia", le disse, mettendoledavanti il dolce. Kitten rimase muta per un istante, cercando neisuoi occhi un bagliore di scherzo. La stava prendendo in giro, pensò,voleva farla ridere. Ma invece non era così, nessuna risata arrivòa rassicurarla. lei stessa si stupì di aver creduto che lui potesseaverla ascoltata anche solo per un istante.

Presein mano la forchetta, e provò a tagliare un pezzo di dolce, pensandodi ingollarlo facendo finta di esserne entusiasta. In fondo, eraquello che faceva in ogni istante della sua vita. Tentò di portarsiil boccone alla bocca, ma questa volta proprio non ci riuscì. Nonc'era nulla da fare, anche solo l'odore di noci le dava la nausea.Abbandonò la forchetta nel piatto, pensando che per quella sera cisarebbe stato già lui a torturarla, le noci avrebbero dovutoaspettare il loro turno.

"nonti piace?"

"certo,solo che... sono sazia", rispose, allontanando leggermente da séil piatto.

"perfettoallora". Alexander le sorrise, e lei fece del suo meglio perricambiarlo. Si alzò, e inaspettatamente tirò fuori dalla tasca unascatolina quadrata color verde acqua. Kitten si sentì gelare, eraTiffany. Si avvicinò a lei e le prese la mano, e lei dovettecombattere con tutta con anima e corpo per non ritrarsi.

"tranquilla,non voglio chiederti di sposarmi", le disse, forse rispondendo aquel barlume di orrore che non era riuscita a sopprimere.

"vogliosolo mettere le cose in chiaro. Sei la mia ragazza e voglio che tuttilo sappiano"

neldirlo, aprì la scatolina e ne tirò fuori una vera di diamanti.Kitten rimase in silenzio, atterrita, mentre gliela sistemavaall'anulare sinistro. Si premette l'altra mano sulla bocca, come afrenare la commozione. Disicuro in qualche modo lo era, anche se non nel modo che si aspettavalui.

"non...non so cosa dire", balbettò infine, perché davvero non ne avevaidea.

Alexanderle sorrise, con quello che più che altro a lei parve un ghigno.

"sipuò dire grazie anche senza parlare"

Ecco,ecco che le veniva presentato il conto. Sperò solo che la cosa nonandasse troppo per le lunghe.


Perfortuna, lui crollò addormentato di fianco a lei quasi subito, cosìquanto meno Kitten si risparmiò il rivoltante rito di tutte quellefinte tenerezze che dovevano seguire per statuto. Tirò un lungosospiro e rimase per un po' a guardare il soffitto, senza riuscire adarticolare un pensiero più logico dal semplice chiedersi perché lofacesse, perché provasse quasi un piacere perverso a punirsi in quelmodo. Osservò il suo anulare, e pensò che quell'anello fossedavvero un bel pezzo di gioielleria, chissà quanti carati erano intotale quei diamanti. Sentì gli angoli degli occhi cominciare abruciarle di lacrime, ma lei le vinse con la sua consueta maestria.Piangere non sarebbe servito a niente se non a sbavarle il mascara, epensò che il suo rossetto lo fosse già abbastanza. Si tirò su e simise a sedere sul bordo del letto, si sgranchì un po' il collo epensò che non le sarebbe dispiaciuto fumare un'altra sigaretta. Sidispiacque al pensiero di aver già esaurito le uniche due che avevarubato a Richie. Già, Richie. Pensare a lui proprio in quel momentole provocò quasi una fitta di dolore, e ora non riuscì proprio atrattenere una singola lacrima ribelle che le rigò il viso. Siobbligò a scuotersi, così si alzò e si diresse verso il bagno,nella speranza che lavarsi l'avrebbe fatta sentire un po' menosporca.

Quandotornò nella camera per raccattare i suoi vestiti, Alexander nonsembrava essersi accorto della sua assenza. Megliocosì. Ovviamente non aveva alcuna intenzione di svegliarlo, cosìmentre stava per andare via gli lasciò un piccolo biglietto sulcomodino, senza dimenticare di complimentarsi per le sue doti diamatore e di aggiungere un cuoricino vicino alla sua firma. Mentrestava per allontanarsi però, lui la trattenne per un braccio.

"nonandartene, la notte è lunga", mormorò appena, mezzo addormentato.

"nonposso, domani devo alzarmi molto presto", rispose lei melliflua,divincolandosi dalla sua presa. Lui non sembrò avere nulla incontrario.

"tidispiace se non ti accompagno alla porta?"


Richie

Eranole undici e mezza, e anche se il locale sarebbe dovuto restare apertofino a mezzanotte, Richie pensò di chiudere prima, visto che eramercoledì sera e che non si vedeva un cliente da almeno un'ora, cosìcominciò a spegnere le luci e a mettere le sedie sui tavoli.

Sapevache avrebbe dovuto lavare il pavimento ma siccome non lo vide troppo sporco decise di far finta di niente e di lasciarlocom'era, così andò direttamente alla cassa per chiudere il contodella giornata. Mentre stava contando le banconote, sentì la portaaprirsi. "è chiuso", disse automaticamente, senza nemmeno alzarelo sguardo.

"sìlo so, ma... posso restare un po' qui?"

Richiericonobbe immediatamente quella voce. Alzò gli occhi e la vide,aveva l'aria stanca e gli sembrò non stesse affatto bene, era...triste. Non l'aveva mai vista così, proprio come lei diceva di nonaverlo mai visto sorridere. Si sforzò di mantenere inespressiva lasua voce.

"lacucina è chiusa"

Kittenin risposta si sedette al bancone. "no, non voglio mangiare,solo... non voglio tornare a casa. Tu continua a fare quello chestavi facendo, io resto qui e mi faccio piccola piccola. Non ti daròfastidio"

Richienon seppe ribattere nulla, e tanto meno fu in grado di dirle diandarsene. Fece per riprendere a contare l'incasso, ma non riuscivaad ignorarla. La osservava con la cosa dell'occhio starsenetranquilla con i gomiti poggiati sul bancone, mentre fissava lastrada deserta al di là della vetrina, assorta in qualche pensiero.Dopo un po', non riuscì più a far finta di niente.

"vatutto bene?"

Kittensi voltò di scatto verso di lui, stupita, come se non credesse cheavesse potuto rivolgerle la parola. Accennò un sorriso sarcastico eabbassò gli occhi.

"no,ma non fa niente. Passerà, come sempre"

Richieannuì e non replicò, si limitò soltanto a prendere un piatto condella torta di ciliegie e a farla scivolare verso di lei lungo ilbancone. Lei lo fermò prima che cadesse e gli rivolse uno sguardointerdetto.

"conquesta starai meglio prima". Lei gli sorrise e poi si dedicò aldolce, e Richie pensò che non dovesse aver mangiato per come lodivorò.

"sai,l'anno scorso per Halloween mi sono vestita come la ragazza nel video di Cherrypie, sai, dei Warrant. Hai... presente?"

Richieannuì senza guardarla. Certo che aveva presente quel video, cosìcome la sua protagonista. Pensò che Kitten dovesse essere stupendavestita in quel modo.

"tihanno riconosciuto?"

"no,nessuno", disse con una risatina piuttosto amara. "però miguardavano tutti. Ho passato la serata a ricevere più fischi di uncane. Probabilmente però direbbero che me la sono cercata"

Nessunodei due rise, perché non c'era nulla di divertente nelle sue parole.Quando ebbe finito la torta, rimase per un po' a rigirare le ultimebriciole con la forchetta, e poi parlò di nuovo senza smettere diguardare il piatto.

"continuoa ripetermi che non mi importa, che tutto mi scivola addosso, ma infondo lo so che non è vero. Faccio finta di nulla, ma mi fa maleessere trattata così, mi fa male. Dio, proprio non esiste nessunoche voglia qualcos'altro da me a parte quello, che veda qualcos'altroin me a parte un bel trofeo da mostrare agli amici. Chi ha detto chela bellezza è un dono doveva essere brutto, guarda a me che cosa haportato. Soltanto delusioni che non finiscono mai di bruciare"

Richiesentì che la sua voce cominciava ad incrinarsi.

"Anchese odio ammetterlo, come vorrei qualcuno che amasse... me e non soloil mio corpo, che mi amasse anche quando avrò il collo pieno dirughe. Qualcuno che ascolti quello che dico anche solo per diecisecondi, che rida alle mie battute, qualcuno che non mi dica che unaragazza come me non può capire niente di musica, non può farequesto e non può dire quello. Qualcuno... che sappia che mi fannoschifo le noci"

Oratacque, e Richie pensò di non averla mai vista così. Sapeva chedoveva esserci qualcos'altro oltre quel sempiterno sorriso allegro,anche se non fu affatto felice di scoprirlo. Sentì l'impulso diavvicinarsi a lei, di dirle che di sicuro c'era qualcuno che starebberimasto ad ascoltarla per tutta la notte, ma invece rimase dov'era.

"lotroverai", le disse soltanto, e lei lo guardò come se si fosseresa conto solo ora di chi fosse il suo interlocutore. Nei suoiocchi Richie lesse una specie di vergogna. Kitten in risposta tiròsu col naso e tornò a giocherellare con la forchetta.

"noncredo proprio"

"lotroverai invece. Anzi, sarà lui a trovare te e a non volerti piùlasciare"

Kittenalzò gli occhi, e lo sguardo che gli rivolse gli disse tutto senzabisogno che aprisse bocca. Poi si alzò e si asciugò velocemente gliocchi, quasi di nascosto, come per non farsi vedere.

"grazie...per la torta. Quanto ti devo?"

Richiele fece segno che non gli doveva nulla.

"ioti avrei riconosciuto", le disse poi, mentre lei era ancora sullasoglia. Kitten si bloccò, voltandosi verso di lui.

"loso", disse cercando di sorridere, ma la sua bocca sembrava nonvolesse obbedirle.

Idue rimasero per un istante a guardarsi, fino a che Richie nonabbassò di nuovo gli occhi sulla cassa.

Nonvoleva che andasse via.

"ehi...ehm, perché non resti? Puoi aiutarmi a pulire", disse lui senzanemmeno rendersi conto di parlare. Kitten lo guardò stranita, equesto bastò a redarguirlo per quelle parole. Dio, ma cosa gli erapreso? Lei pulire? Probabilmente doveva avere dei servi che pulivanoper i suoi servi.

Inaspettatamente,la sua espressione malinconica finalmente si aprì in una specie disorriso complice. Si tolse il cappotto e lo posò sul bancone insiemealla borsa.

Simise le mani sui fianchi. "cosa devo fare?", disse, e a Richiequasi venne da ridere. Era incredibile.

"potresti...potresti lavare per terra", rispose lui, indicando sarcastico agliattrezzi abbandonati in un angolo.

Losguardo preoccupato che gli rivolse Kitten aveva dell'esilarante, madopo un istante di esitazione si diresse con sicurezza verso ilsecchio. Prese appena lo straccio con due dita, senza riuscire atrattenere un'espressione disgustata.

"devo...devo lavare dappertutto?"

Richiesi ingoiò a forza una risata.

"già"

pensavache lei a questo punto si sarebbe tirata indietro. Andiamo, la figliadi John Schenider non avrebbe davvero passato lo straccio sulpavimento di un locale.

"hai...hai una penna?", gli chiese invece, lasciandolo perplesso.

"unapenna?"

Kittenannuì. "si, hai capito. Va bene anche una matita"

Richienon chiese oltre, limitandosi a guardarsi intorno e ad allungarle laprima che trovò.

Leila prese e la usò per legarsi i capelli, puntandoli in alto. laguardò intrecciare attorno a quella penna i suoi capelli lisci,chiedendosi come diavolo un gesto tanto banale potesse sembrarglitanto eccitante.

Kittenpoi prese il bastone nel secchio e quasi sussultò nel constatare cheera pieno d'acqua.

"andiamo,scherzavo, lascia stare", le disse Richie, capendo che le coseerano destinate ad andare sempre peggio.

"no,ora lo faccio, ne sono perfettamente in grado. È divertente"

aquesto punto lo straccio che stava sollevando le sfuggì e ricaddenel secchio, schizzandole sul vestito. Kitten si voltò verso di luicon un'espressione addolorata.

"oalmeno, nei film sembra così"

primache potesse pensare, Richie scoppiò a ridere e lei lo seguì subitodopo. Quell'attimo, nel buio del locale, nel silenzio della strada,gli sembrò troppo bello per pentirsene.



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