IL FRATELLO SBAGLIATO

MaraEvan9 tarafından

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Giulia è innamorata di Edoardo da sempre e, quando lui lascia la ragazza storica, crede che sia finalmente ar... Daha Fazla

Parte 1 LO SBAGLIO
Parte 2 Questioni delicate
Parte 3 Stupide schermaglie
Parte 4 Doppio errore
Parte 5 Il compleanno
Parte 6 Mi confesso!
Parte 7 Scappare per ritornare
Parte 8 Tormento
Parte 9 Complici
Parte 10 Proviamoci...
Parte 11 Cioccolato amaro
Parte 12 Ne sono fuori
Parte 14 Desiderio e Tormento
Parte 15 La vigilia di Natale (parte1)
Parte 16 La vigilia di Natale (parte2)
Parte 17 In viaggio con te
Parte 18 L'ultimo dell'anno
Parte 19 Non posso!
Parte 20 Beccati!
Parte 21 Cosa hai fatto?
Parte 22 Un crudele destino
Parte 23 Accettazione
Parte 24 Il primo che voglio chiamare
Parte 25 Guerriero
Parte 26 Finalmente sei qui
Parte -commento-
Parte 27 Salvarsi da soli
Parte 28 Il motivo è Thomas?
Parte 29 E se i dubbi mi soffocassero?
Parte 30 Sotto lo sguardo di tutti.
Parte 31 Tradito!
Parte 32 Finalmente noi.
Parte 33 Non guardare. Non soffrire.

Parte 13 Litigare fa bene?

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MaraEvan9 tarafından


Giulia

Percorro di corsa l'ultimo tratto di strada che manca per arrivare al nostro appartamento e mi chiudo il portone alle spalle producendo uno sbalzo d'aria che la porta a molla attutisce. Non ho il tempo di aspettare l'ascensore, perciò corro sulle scale e grazie al cielo becco Lorenzo che sta uscendo di casa. «Stai andando in palestra?» gli domando trafelata, sperando in un passaggio.

Scuote la testa «Oggi non riesco. Ho un gruppo di studio e dopo vado direttamente al lavoro.» mi spiega, ma io non mi fermo ad ascoltarlo. Ho sforato il mio orario in ufficio e adesso sono in ritardo per l'ultimo turno in palestra prima della chiusura natalizia. Ho perso la coincidenza con l'atm e non avevo abbastanza residuo nel bancomat per il taxi; perciò, me la sono fatta tutta a piedi. Devo davvero decidermi a prendere una macchina di seconda o terza mano.

«Ehi», fa Lorenzo dalla porta «Chiedi al tuo fidanzato, no? Mi sembra di averlo sentito dire che oggi si sarebbe allenato.»

Mi blocco nell'atto di allacciarmi le scarpe da ginnastica, mentre la parola "fidanzato" mi si riverbera nella testa fino ad esplodere nel petto. Lorenzo ha usato un tono innocente, quasi noncurante, eppure io mi sento aggredita.

La porta d'ingresso che sbatte mi riporta bruscamente al presente, in una realtà che non sono sicura di star vivendo pienamente. Le mie giornate sono un caleidoscopio di alti e bassi, di sali e scendi che mi sembra di percorrere o a occhi chiusi o a occhi troppo aperti.

Edoardo e io non siamo fidanzati. Abbiamo solo preso un impegno che prevede...cosa esattamente? Che condividiamo parte della giornata? Che usciamo insieme? Che ci baciamo? Facciamo già tutte queste cose, eppure a me sembra di viverle in modo superficiale. Sembra quasi che ciò che mi capita succeda in modo dissociato dalla mia persona. Non so spiegarlo bene nemmeno a me stessa, ma è come se stessi esistendo a metà.

Io voglio stare con Edoardo, ma nello stesso tempo ne sono terrorizzata.

Perché?

Questa è la domanda del secolo.

Che cavolo sto combinando? Dove è finita la solita spensierata Giulia? Quella che va avanti nonostante nessuno si aspetti nulla da lei, che trova una soluzione per tutto, che sorride anche davanti agli sbagli.

La verità è che mi sto facendo troppi problemi. Anche Gloria ne è convinta. Lei pensa che ho solo paura di lasciarmi andare per paura che Edoardo ci ripensi. Ed è vero.

Mi sto facendo mille problemi per timore che Edoardo si accorga di essersi sbagliato su di noi. Che pensi che funzioniamo meglio come amici che come amanti.

Sbuffando, controllo che nel borsone della palestra non manchi nulla e mi avvio alla porta. L'orologio segna le sedici e quarantacinque. Ho un quarto d'ora di tempo prima che inizi la lezione di salsa. Sono già in ritardo, perciò mando un messaggio al volo ad Elisa avvertendola del ritardo, chiudo a chiave l'appartamento e busso alla porta davanti.

Dall'interno non proviene alcun rumore e sto per andare via, quando la porta si apre e un ragazzo che non riconosco si palesa sulla soglia.

«Ciao.» dice sorridendo mentre io aggrotto la fronte.

«Ciao. Tu chi sei?»

«Ah, scusa. Sono Michele, un amico di Gloria.» mi tende la mano e io gliela stringo.

«Io sono Giulia.»

«Lo so. Facciamo inglese insieme.»

Mortificata, mi sforzo di ricordarmi di lui, ma invano. A mia discolpa posso dire che inglese è uno dei corsi più affollati dell'intero dipartimento di letteratura e filosofia.

Finalmente alle spalle di Michele compare Gloria con i capelli bagnati e con indosso un accappatoio rosa. «Ah, sei tu.» dice fulminando con un'occhiata il povero Michele colpevole di non avermi fatto entrare. «Che fai lì sulla porta? Entra.»

«Mi serve Edo.» dico sbrigativa senza nasconderle un'occhiata ammonitrice in direzione dello sconosciuto che lei ha portato a casa.

Gloria mi restituisce un sorriso di scuse, prima di chiamare il fratello a gran voce. «Poi parliamo.» Aggiunge trascinando via Michele in direzione della sua stanza.

Non posso evitare di chiedermi cosa stia combinando. Nell'ultimo periodo, credo di essermi persa qualche aspetto della sua vita. Devo essere stata troppo presa dalla mie tragedie.

Sospiro adocchiando l'orario sulla sveglia del soggiorno. Altri due minuti persi.

«Ehi, cucciola!» la voce dolce di Edoardo che sopraggiunge mi fa trasalire.

Cucciola. Trattengo uno sbuffo.

Da quando è iniziato il nostro tête-à-tête mi chiama così e a me non piace. Mi sa di finto, di innaturale. Mi ha sempre chiamata Giuly, perché cambiare?

Osservo la sua camminata cadenzata mentre mi raggiunge sulla porta. E' vestito con la tuta che usa per la palestra e porta in spalla il suo borsone. Mi permetto di sorridergli grata mentre si china su di me per stamparmi un bacio a fior di labbra. Niente bacio travolgente. Niente "mi sei mancata!". Solo tanta calma piatta.

«Ti accompagno io.» risponde alla mia muta domanda e in questo rivedo il mio migliore amico che mi salva dai miei soliti casini.

Scendiamo insieme l'ascensore che ci porta ai garage sotterranei. La sua Volvo grigio metallizzato brilla in attesa davanti alle porte scorrevoli.

Mi sforzo di seguire ciò che Edoardo mi sta raccontando a proposito di un suo compagno di corso che è stato sospeso dall'ateneo per aver copiato durante un esame scritto. Lui si dichiara innocente perciò adesso è in attesa di processo.

«A quanto pare le indagini non saranno veloci.» mi spiega Edo mentre guida nel traffico cittadino.

«Hai paura per il tuo amico?»

«Rischia grosso. Spero solo che sia innocente.»

«Credi che l'abbia fatto davvero?»

Mi lancia una breve occhiata eloquente. «Non sarebbe la prima volta.»

«Cosa?» il mio shock provoca la sua ilarità.

«Tutti lo fanno, prima o poi.»

«Questo non è vero. Io non l'ho mai fatto.»

Altra occhiata divertita. «E dai, a me puoi dirlo.»

«Oddio, non dirmi che tu...»

«Non ne vado certo fiero, ma sì, è capitato.»

Lo guardo con tanto d'occhi. «E me lo dici così?»

Edoardo gesticola con le mani sul volante. «Come dovrei dirtelo, scusa? Non è una cosa che si racconta.»

«No, infatti. È solo una cosa di cui dovresti vergognarti. Se non altro perché non sei più un ragazzino delle superiori.»

Lui alza gli occhi al cielo. «Ti ho detto che non ne vado fiero. Non mi sto certo vantando. Non me la menare!»

Scuoto la testa abbracciandomi il busto in un gesto di protezione. La piega che ha preso la discussione non mi piace per niente. Guardo fuori dal finestrino cercando di calmarmi.

«E dai, non fare così.» sussurra a un tratto, sfiorandomi il braccio con le dita. «Non litighiamo.»

«Non voglio litigare. Mi da solo fastidio il pensiero che hai fatto...certe cose.» Ammetto a mezza bocca.

Lo sento sbuffare e mi volto a guardarlo. Il suo viso è contratto in una smorfia arrabbiata.

«È stato un errore, d'accordo? Ho sbagliato, lo ammetto.» mi guarda serio, «tutti facciamo degli errori, te compresa.»

Mi acciglio. «Non ho certo la presunzione di dire che non ne faccio.»

«E allora perché ti è così difficile accettare che io ne faccia?»

Sorpresa, apro la bocca per rispondere quando Edoardo accosta davanti all'entrata della palestra e mi esorta a scendere. «Vai. Altrimenti farai tardi. Io vado a cercare un parcheggio.» lo dice senza neanche guardarmi.

Non me lo faccio ripetere due volte e come un fulmine esco dall'auto per poi correre all'interno dell'edificio.

Lo rivedo due ore dopo, quando mi raggiunge fuori dagli spogliatoi per offrirsi di riaccompagnarmi a casa. Ci guardiamo in silenzio per un lungo momento, poi lui si morde il labbro inferiore suscitando la mia tenerezza.

«Mi dispiace.» diciamo insieme prima di ridere nervosamente.

«Scusa se ho esagerato.» Borbotta prendendomi una mano.

Io lascio che mi tragga a sé e gli avvolgo il collo con le braccia. «Anche io sono stata esagerata.» ammetto più tranquilla.

Edoardo sorride mostrando i suoi denti bianchi. «La nostra prima litigata. Non è stata male, in fondo.»

Gli mollo un colpetto sul petto fingendomi arrabbiata. «Non mi piace litigare con te.»

Lui mi da un buffetto sul naso. «Nemmeno a me.»

Quando si accosta per baciarmi accolgo a occhi chiusi le sue labbra soffici sulle mie e mi lascio andare. Voglio godermi il momento.

Fare pace è bello. Dovrei sentire eccitazione? Fuochi d'artificio?

No, forse no. Però sento beatitudine. Sono contenta che siamo tornati sui nostri passi, anche se non abbiamo proprio chiarito la questione.

Aspetta, di che questione si trattava?

Sorrido a me stessa, rendendomi conto che se non me lo ricordo vuol dire che non è importante.

Basta farmi problemi, basta arrovellarsi il cervello con inutili preoccupazioni. Voglio lasciarmi andare, voglio stare con Edo e basta.

Approfondisco il contatto con lui, trasformando il nostro bacetto in qualcosa di più serio, di più passionale. Ci metto lingua, mani e cuore. Edoardo sembra contento. Ricambia con perizia ed entusiasmo, ma quando premo il bacino su di lui, si scosta interrompendo il contatto.

«Ehi, cucciola. Dobbiamo fermarci, potrebbero vederci.»

Lo guardo confusa e sbatto le palpebre. «Cosa?»

«Non qui, okay? Andiamo a casa.» con noncuranza mi prende per mano e insieme ci dirigiamo all'uscita della palestra. Nel tragitto salutiamo qualcuno, ma me ne accorgo a stento. La mia mente è ancora ferma a ciò che è appena successo.

Edoardo mi ha fermata. Finalmente la cosa tra noi sembrava ingranare e lui che fa? Mi ferma? Non riesco a crederci.

Fino ad ora ci siamo sempre limitati a qualche bacetto. Eravamo come bloccati in un limbo. La litigata è servita a eliminare questo blocco. Stavamo andando bene. Mi stava piacendo. Non c'era nessuno in corridoio. Perché si è fermato?

«Edo?» mormoro appena siamo in macchina.

«Mh?»

Mi volto sul sedile perché voglio vederlo bene mentre risponderà alla mia domanda. «Io ti piaccio?»

Mi lancia un'occhiata sorpresa. «Certo che mi piaci.» sorride per poi prendere una delle mie mani e portarsela alle labbra per baciarne il dorso. «Hai ancora dei dubbi?»

Distolgo lo sguardo per orientarlo verso la strada davanti a noi. «Non lo so.» vorrei dirgli che la sua reazione di prima mi ha lasciato una brutta sensazione, ma l'esitazione mi vince.

Quando arriviamo a casa scopriamo che Gloria ha ordinato le pizze per tutti e ci accomodiamo in soggiorno con gli altri. Noto subito l'assenza di Thomas, ma non voglio chiedere dove sia; perciò, mi limito a stare seduta in braccio a Edoardo mentre aspettiamo l'arrivo del rider.

A un tratto, Gloria mi prende da parte per raccontarmi di Michele, la sua nuova fiamma. Mi concedo il lusso di spegnere per un po' i miei pensieri, ma finisco per ascoltarla a tratti e lei se ne accorge.

«Mi dici che hai?»

«Niente.»

«Niente non è un'opzione.» incrocia le braccia sul seno inchiodandomi con lo sguardo. «E' successo qualcosa con Edoardo?»

La domanda mi dà lo spunto per una risposta sincera. «Abbiamo litigato, ma anche fatto pace.» mi affretto a specificare.

«Ah, è questo.» sorride. «Nulla di strano, allora. Ogni tanto è bello litigare per poi fare pace, no?»

Annuisco, non le dico che in realtà è proprio ciò che mi preoccupa. Abbiamo fatto pace, sì, ma senza grandi botti entusiastici, senza un vero coinvolgimento.

Non so. Forse sono io ad aspettarmi troppo. Forse pretendo troppo da Edo. È per questo che sono così delusa?

Il trillo del campanello interrompe la nostra chiacchierata. Gloria va ad aprire mentre mi chiede di andare a chiamare Thomas. Non ho il tempo di oppormi, né di chiedere dove sia. 

Facendo i conti con me stessa, mi dirigo dove penso si sia rintanato. Davanti alla porta chiusa esito con le nocche sul legno. Sono giorni che non parliamo. Ci stiamo reciprocamente evitando. Il perché è sempre lo stesso, quando si tratta di Thomas è quanto mai complicato riuscire a trovare un modo per comunicare. L'ultima volta lui è stato troppo diretto, brutalmente diretto. Non sono sicura di poter reggere un altro confronto di quel tipo con lui.

«Thomas?» lo sussurro. Non voglio davvero che mi senta. Sarebbe più facile per me fingere che non mi abbia risposto.

Nell'atto di abbassare il braccio però, l'uscio si apre e lui è lì. Lo guardo e mi si mozza il fiato.

È a petto nudo. I tatuaggi in vista, gli addominali in rilievo, le braccia scolpite. Pelle abbronzata ovunque e solo un piccolo asciugamano a coprirgli i fianchi.

Con la bocca secca e il respiro corto, improvvisamente non so cosa dire. La mia testa si è svuotata. Riesco solo a pensare che Thomas è bello in un modo proibito, inappropriato e scandalosamente peccaminoso.

All'improvviso si muove riavviando i capelli umidi. L'incantesimo in cui sono caduta si spezza e indietreggio nel corridoio.

«Le pizze sono arrivate.» La voce mi esce a stento, ma lui mi sente e annuisce.

Thomas dà un'occhiata in corridoio, si sporge il tanto di afferrarmi e trascinarmi dentro la sua camera. Appena chiude la porta, vengo investita dal profumo intenso del suo bagnoschiuma e il cuore mi salta in gola.

«Cosa...?» ho appena il tempo di sussultare prima che lui mi spinga contro la porta e prenda d'assalto la mia bocca. 

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