Parte 27 Salvarsi da soli

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Giulia


Sto bussando alla porta da più tempo di quanto ricordi, nessuno viene ad aprirmi. Nessuno si accorge della mia presenza qua fuori. O forse sì. Non vogliono farmi entrare.

Sono tutti arrabbiati con me. Lo sanno. E mi stanno punendo.

Lo sanno. E non sono più bene accetta in questa famiglia.

La mia colpa è grave. Ho tradito. Ho messo l'uno contro l'altro due fratelli.

La macchia di questa colpa è troppo grande, è troppo estesa. Non riuscirò mai a pulirla, a riparare al danno che ho fatto. Nemmeno io mi perdonerei.

Ma non mi arrendo. Continuo a bussare, a tirare pugni contro questa porta che alla fine, cede, si schianta sul pavimento dell'ingresso provocando un rumore forte ed echeggiante.

Qualcuno urla dal piano di sopra. Non perdo tempo, corro sulle scale, raggiungo la prima camera ed entro. Laura è in piedi sul pavimento, indossa una camicia da notte bianca, spettrale, si tiene la testa tra le mani e strilla. Ai suoi piedi una pozza d'acqua si allarga a vista d'occhio.

«Laura?» provo ad avvicinarmi per aiutarla. Con queste urla non riesco a capire niente. Non riesco a concentrarmi. Voglio che smetta. Voglio aiutarla.

La pozza d'acqua però si sta allargando, raggiunge i miei piedi avvolti dalle ciabatte di stoffa e sono costretta a fare un salto all'indietro.

Frustrata, cerco di aggirare l'ostacolo, ma l'acqua diventa un torrente, spingendomi indietro.

Laura intanto continua a urlare. Si piega su sé stessa. L'acqua minaccia di sommergerla.

Non trovo altra scelta che chiamare aiuto. Grido a squarcia gola, ma sembra che nessuno mi senta. Le urla di Laura sono più forti e più alte delle mie.

Nessuno viene in nostro soccorso.

Al colmo della frustrazione mi lancio sul letto che è a una decina di metri da me, riesco ad atterrarci sopra, ma la gamba destra urta contro la sponda di legno e sento le ossa del ginocchio scricchiolare sinistramente. Ignoro il dolore e mi sporgo dal lato opposto del letto, allungo un braccio verso Laura; tuttavia, lei non mi sta nemmeno guardando.

«Laura, afferra la mia mano. Forza!»

Solleva il viso e finalmente mi vede.

Impietrisco. Non è possibile. 

Al posto di Laura ora c'è mia madre.

«Mamma...»

«Cos'hai fatto, Giulia?» Ha un tono alterato. Irriconoscibile. «hai maledetto questa famiglia.»

«Cosa?» Perdo la voce. Improvvisamente le forze mi abbandonano.

Cado dentro l'acqua.

«Ti meriti di annegare nelle tue colpe.» continua senza dare segno di volermi salvare. Mi guarda sprofondare nell'acqua. Il viso tirato in una smorfia severa, arrabbiata e poi delusa.

Mi sveglio di soprassalto convinta di stare annegando. Annaspo in cerca d'aria. Tossisco.

La stanza in cui mi trovo è immersa nella luce del mattino. Fuori il sole è alto e finalmente mi rendo conto di avere appena sognato.

«Dio, che sollievo!» mormoro nel silenzio. L'incubo mi scorre ancora davanti agli occhi, terrorizzante e abbastanza spaventoso da bastarmi per una vita intera. Cerco di scacciarlo e con un gemito sollevo le gambe fuori dal letto.

IL FRATELLO SBAGLIATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora