Parte 13 Litigare fa bene?

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Giulia

Percorro di corsa l'ultimo tratto di strada che manca per arrivare al nostro appartamento e mi chiudo il portone alle spalle producendo uno sbalzo d'aria che la porta a molla attutisce. Non ho il tempo di aspettare l'ascensore, perciò corro sulle scale e grazie al cielo becco Lorenzo che sta uscendo di casa. «Stai andando in palestra?» gli domando trafelata, sperando in un passaggio.

Scuote la testa «Oggi non riesco. Ho un gruppo di studio e dopo vado direttamente al lavoro.» mi spiega, ma io non mi fermo ad ascoltarlo. Ho sforato il mio orario in ufficio e adesso sono in ritardo per l'ultimo turno in palestra prima della chiusura natalizia. Ho perso la coincidenza con l'atm e non avevo abbastanza residuo nel bancomat per il taxi; perciò, me la sono fatta tutta a piedi. Devo davvero decidermi a prendere una macchina di seconda o terza mano.

«Ehi», fa Lorenzo dalla porta «Chiedi al tuo fidanzato, no? Mi sembra di averlo sentito dire che oggi si sarebbe allenato.»

Mi blocco nell'atto di allacciarmi le scarpe da ginnastica, mentre la parola "fidanzato" mi si riverbera nella testa fino ad esplodere nel petto. Lorenzo ha usato un tono innocente, quasi noncurante, eppure io mi sento aggredita.

La porta d'ingresso che sbatte mi riporta bruscamente al presente, in una realtà che non sono sicura di star vivendo pienamente. Le mie giornate sono un caleidoscopio di alti e bassi, di sali e scendi che mi sembra di percorrere o a occhi chiusi o a occhi troppo aperti.

Edoardo e io non siamo fidanzati. Abbiamo solo preso un impegno che prevede...cosa esattamente? Che condividiamo parte della giornata? Che usciamo insieme? Che ci baciamo? Facciamo già tutte queste cose, eppure a me sembra di viverle in modo superficiale. Sembra quasi che ciò che mi capita succeda in modo dissociato dalla mia persona. Non so spiegarlo bene nemmeno a me stessa, ma è come se stessi esistendo a metà.

Io voglio stare con Edoardo, ma nello stesso tempo ne sono terrorizzata.

Perché?

Questa è la domanda del secolo.

Che cavolo sto combinando? Dove è finita la solita spensierata Giulia? Quella che va avanti nonostante nessuno si aspetti nulla da lei, che trova una soluzione per tutto, che sorride anche davanti agli sbagli.

La verità è che mi sto facendo troppi problemi. Anche Gloria ne è convinta. Lei pensa che ho solo paura di lasciarmi andare per paura che Edoardo ci ripensi. Ed è vero.

Mi sto facendo mille problemi per timore che Edoardo si accorga di essersi sbagliato su di noi. Che pensi che funzioniamo meglio come amici che come amanti.

Sbuffando, controllo che nel borsone della palestra non manchi nulla e mi avvio alla porta. L'orologio segna le sedici e quarantacinque. Ho un quarto d'ora di tempo prima che inizi la lezione di salsa. Sono già in ritardo, perciò mando un messaggio al volo ad Elisa avvertendola del ritardo, chiudo a chiave l'appartamento e busso alla porta davanti.

Dall'interno non proviene alcun rumore e sto per andare via, quando la porta si apre e un ragazzo che non riconosco si palesa sulla soglia.

«Ciao.» dice sorridendo mentre io aggrotto la fronte.

«Ciao. Tu chi sei?»

«Ah, scusa. Sono Michele, un amico di Gloria.» mi tende la mano e io gliela stringo.

«Io sono Giulia.»

«Lo so. Facciamo inglese insieme.»

Mortificata, mi sforzo di ricordarmi di lui, ma invano. A mia discolpa posso dire che inglese è uno dei corsi più affollati dell'intero dipartimento di letteratura e filosofia.

IL FRATELLO SBAGLIATOWhere stories live. Discover now