Parte 19 Non posso!

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Thomas

Sono appena le dieci del mattino quando mi sveglio. Ci metto un po' per riconoscere il letto in cui sono sdraiato. Le pareti color carta da zucchero sono le stesse che occupavo da bambino quando venivamo in vacanza con tutta la famiglia. In questa casa sono racchiusi tanti bei ricordi, la maggior parte dei quali costudisco gelosamente. È qui infatti, che ho cominciato a lasciarmi conoscere dalla mia nuova famiglia, da mio padre. In quel periodo lui lavorava parecchio, molto più di ora, e passava quasi tutta la giornata fuori. I momenti in cui potevamo stare insieme non erano molti, ma quando venivamo a trascorrere le ferie qui in montagna, papà era tutto per noi. La sua concezione di riposo e relax, infatti, consisteva nel passare più tempo possibile con la sua famiglia, specialmente con Gloria, Edoardo e me.

Se ripenso a come ero schivo e ombroso la prima volta che ho messo piede in questa casa, una serie di emozioni contrastanti si agitano nel mio petto. Non mi fidavo di nessuno, mi sentivo diverso da tutti, come un estraneo che prende posto dove nessuno lo vuole. Ero un disastro, ma papà ha saputo tirarmi fuori dal guscio in cui mi ero chiuso. Edoardo e Gloria hanno fatto il resto.

Dopo la doccia, scendo al piano inferiore per prepararmi un caffè.

La casa è silenziosa. Una pace per i sensi in confronto al casino che hanno fatto i ragazzi ieri sera. Do un'occhiata in giro e mi rendo conto che il salotto è ancora sottosopra e che fuori ha continuato a nevicare, facendo aumentare i centimetri di neve tutti intorno alla tenuta.

In cucina preparo la caffettiera più piccola, solo per me. Non credo che gli altri si sveglieranno tanto presto. Credo di essere l'unico con un ritmo circadiano impostato sulle ore piccole, anche se oggi ho sforato anch'io. Le dieci sono una rarità persino per un tipo preciso come me.

Con il mio caffè doppio in mano torno in salotto per sentire le ultime notizie in qualunque telegiornale stiano trasmettendo a quest'ora. Cammino a piedi scalzi sul pavimento riscaldato, ma quando giro il divano per sedermi lo stupore mi fa arrestare di colpo.

Sdraiata sui cuscini c'è Giulia. Dorme profondamente con le gambe nude e le braccia avvolte intorno a uno dei grossi cuscini del divano. La testa è leggermente sollevata permettendomi di vederla bene in viso. Così indifesa sembra ancora più piccola.

Torno indietro e apro il mobile dell'ingresso per prendere una coperta che le sistemo sulle gambe.

Cosa ci fa qui? Perché non è nel letto che condivide con mio fratello?

Mi siedo sulla poltrona davanti ma, invece di accendere la televisione, mi fermo a guardarla.

Non so per quanto resto così, immobile con la schiena protesa in avanti e le braccia poggiate sulle ginocchia. Osservo Giulia, per la prima volta mi permetto di non perdermi nessuno dei particolari che la caratterizzano. Dalla forma a cuore del viso, il mento a punta, il nasino all'insù spruzzato di lentiggini, le ciglia lunghe e le sopracciglia importanti. Le palpebre abbassate nascondono degli occhi dalla forma allungata, quelli li conosco bene. Il loro colore caldo ha la sfumatura delle foglie autunnali, tra il bruno e il giallo paglierino, ma quando si arrabbia è come se venisse acceso un interruttore e, come per magia, il fuoco le screzia lo sguardo.

IL FRATELLO SBAGLIATOWhere stories live. Discover now