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By AppleAnia

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✨🏆WATTYS 2023 WINNER🏆✨ | migliore ambientazione | «... ma furono i nuovi decreti del 391 a inasprire le pr... More

MAPPE
PERSONAGGI
✤ Parte prima • L'OMBRA DELL'EREDE ✤
0 • PROLOGO
1.1 • TIBUR SUPERBUM
1.2 • LA GIURIA
1.3 • IL GENIO
1.4 • DEVON
1.5 • OBUMBRATI
1.6 • PRECIPIZIO
1.7 • INNOMINABILI
1.8 • DEMONE
1.9 • CONTROLLO
1.10 • IL PROCESSO
1.11 • L'AMULETO
1.12 • RADICI
1.13 • LA PROFEZIA
1.14 • CATABASI
1.15 • CREATURE
1.16 • SACRILEGIO
1.17 • L'ESSENZA STESSA DEL REGNO
1.18 • FIAMMA
1.19 • INIZIAZIONI
1.20 • NESSUNA PAROLA D'ORDINE
1.21 • TRADIMENTO
1.22 • VILLA TECLA
1.23 • LA SETTA
1.24 • CORVO
1.25 • LA VENDETTA NON È GIUSTIZIA
1.26 • SETE
1.27 • SPECCHIO
1.28 • LA FERITA INCANDESCENTE
1.29 • IL POTERE LOGORA IL GENIO
1.30 • LA TERZA REGOLA
1.31 • UNA SETTA NON È UNA DEMOCRAZIA
1.32 • LA PENULTIMA SIBILLA
1.33 • ANIMUS BELLIGERANDI
1.34 • LO SBRACATO
1.35 • LA PIETRA NERA
1.36 • AZOTO LIQUIDO
1.37 • MASCHERA SENZA OCCHI
1.38 • CHI VIOLERÀ QUESTO LUOGO SIA MALEDETTO
1.39 • ENEA
1.40 • VIVERE INSIEME O MORIRE DA SOLI
Extra: riassuntoni
✤ Parte seconda • LA CONDANNA DELLA MEMORIA ✤
2.1 • POIS
2.2 • BLACKOUT
2.3 • COME SE SI ASPETTASSE L'APPLAUSO
2.4 • IL COLLEGIUM
2.5 • UN DETTAGLIO ASSOLUTAMENTE IRRILEVANTE
2.6 • INCONTRI FORTUITI E BRUTTE NOTIZIE ANNUNCIATE
2.7 • GEMELLI
2.8 • TAKESHI WATANABE
2.9 • BIGLIETTO DI SOLA ANDATA PER GLI INFERI
2.10 • TUTTO FUORCHÉ SNELLA
2.11 • QUALCOSA DI VAGAMENTE AZZURRINO
2.12 • DOMINA
2.13 • UN LAVORO DI FINO
2.14 • VISIONE SUPERIORE
2.15 • L'IMPORTANTE È CHE TI PIACCIO ANCORA
2.16 • CANCELLI DISCHIUSI
2.17 • CORVINA
2.18 • RAMI
2.19 • TIZIO, CAIO E HARPASTUM
2.20 • ASSETTO DA GUERRA
2.21 • GRANDE PUFFO BEVE IL GIN
2.22 • UN VERO GENIO
2.23 • TORMENTO E VENDETTA
2.24 • VORAGINE
2.25 • CONTO ALLA ROVESCIA
2.26 • SNEBBIAMENTO
2.27 • REIJIRO
2.28 • IMPRESE ILLEGALI
2.29 • CONDIZIONE NON SODDISFATTA
2.30 • DI DISPERAZIONE E DI SETE
Extra: riassuntone II
PERSONAGGI pt. 2
✤ Parte terza • LE BAMBOLE DI GHIACCIO ✤
3.1 • PARLAMI DI CONSTANTIN
3.2 • MALEDETTE COSCE SECCHE
3.3 • SE TI AVVICINI TROPPO FAI MALE AL NASO
3.4 • RITRATTO DI FAMIGLIA
3.5 • MOLTO AMICHEVOLE
3.6 • IL SIMBOLO DELLA NOSTRA OPPRESSIONE
3.7 • SBAVATO E SBIADITO DAL TEMPO
3.8 • GRAPPA DELL'ACROPOLI
3.9 • PEGGIORE DELLE PIÙ NEFASTE PREVISIONI
3.10 • DI LÀ
3.11 • PUR SEMPRE UN GENIO
3.12 • NOTTE DI LUNA CALANTE
3.13 • QUELLA VOLTA A TOKYO
3.14 • CONTINUAMENTE E PER FUTILI MOTIVI
3.15 • SENZA STARE A FORMALIZZARSI PIÙ DI TANTO
3.16 • INCANTAMENTUM
3.17 • BELLICREPA
3.18 • LA VIGILIA DI NATALE
3.19 • DECISIONI DRAMMATICHE
3.20 • BAMBOLE DI GHIACCIO
3.21 • INFRACTUS
3.22 • E et C
3.23 • URLA CHE INVOCANO VENDETTA
3.24 • UNO PER OGNUNO DEI SETTE
3.25 • ESSERE UN GENIO È BELLISSIMO
3.26 • UN TERZO DELLO SPIRITO
3.27 • L'OMBRA DI ALASTOR
3.28 • MACERIE
3.29 • PER LEI
3.30 • SPREGIUDICATAMENTE FOLLE
3.31 • CENTOVENTOTTO
3.32 • IL RASTRELLATORE MANGIA BAMBINI
3.33 • POLLICE VERSO
3.34 • UN'ULTIMA VOLTA SOLTANTO
3.35 • IL MOMENTO DI METTERE TUTTE LE CARTE IN TAVOLA
3.36 • LA GRANDE CASCATA
3.38 • DISPENSATORI ARBITRARI DI SOFFERENZA E MORTE
3.39 • SED UT NULLO
3.40 • IL SOGNO PIÙ BELLO CHE ABBIA MAI FATTO
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI
ALBERO GENEALOGIO

3.37 • IL DETENTORE DEL BRACCIO DELLA BILANCIA

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By AppleAnia


È troppo giovane per morire.

Morire. L'unica ricompensa certa elargita da quella vita a cui ogni essere vivente pareva tanto disperatamente aggrappato.

Ma lui ha solo ventitré anni, sono troppi pochi.

Forse. Elissa ne aveva ventidue, quando morì. Gilbert poco più di quaranta. Mia sorella Tecla, invece, aveva vissuto solo per pochi giorni, addirittura.

Forse non aveva alcuna importanza. Ventidue, ventitré, quaranta, novanta. Il Fuoco Sacro ardeva da oltre duemila anni, promemoria silenzioso della miseria delle nostre ridicole esistente.

Forse, gioventù e vecchiaia erano concetti penosamente umani, patetici tentavi di sopprimere fino all'ultima goccia di quella razionalità che avrebbe svuotato di significato la nostra infima esistenza. Esistenza a cui noi attribuivamo un valore spropositato ma che, in realtà, altro non era che un fugace passaggio di cui, in una manciata di anni, si sarebbe perso il ricordo.

Lì, dove il muro d'acqua si infrangeva sulle rocce, la mescolanza di acqua e sangue, di fragore scrosciante e di urla, aveva assunto una tonalità così intensa da risultare ipnotica. I suoni si erano dilatati e si erano sostituiti ai colori. Le urla di Yumi erano neve. I boati degli incantamenta erano sangue. Il bianco e il rosso stavano urlando. Le loro grida mi stavano implorando di prenderli con me e farne vendetta.

Gli occhi mi bruciavano, frustrati dal vento e dalle lacrime. Avrei preferito privarmi della vista, anziché di lui. Non sarebbe stato meglio, per me, non vedere? Non sentire? Non essere costretta ad ascoltare quelle urla, le grida forsennate di Yumi. Quella voce tanto flebile e infantile che era riuscita a sovrastare la potenza della cascata e a raggiungermi, ghermirmi, e strapparmi dal mio inaccettabile dolore.

«Ania!» gridava Yumi, con la voce strozzata dalle lacrime e dal terrore. «Ania! Ti prego!»

Forse, non era ancora arrivato il mio momento. Forse, avevo ancora un paio di faccende da sbrigare, prima di morire.

La Strige accolse il mio pensiero prima ancora che avessi finito di formularlo, interruppe la mostruosa picchiata in cui si era lanciata e riprese quota.

Non ero più tra i suoi artigli, ero a cavallo sulla sua schiena. Non ero in grado di stabilire come avessi fatto a ribaltare in quel modo la situazione ma sapevo benissimo cosa avrei dovuto fare da quel momento in poi. Non ero mai stata tanto lucida in vita mia. La vendetta pompava nelle mie vene impetuosa come il fiume Aniene, in grado di disintegrare la montagna e di lanciarsi in quel salto di centotrenta metri. Io ero il fiume. Io ero pronta per quel salto.

Raddrizzai la schiena, inspirai a fondo. Lasciai che le grida di Yumi fluissero attraverso le mie orecchie fino alle dita, strette intorno all'impugnatura della frusta. Per la prima volta riuscivo a percepirne il cuoio, l'intreccio tridimensionale delle fibre di cui era composto.

La frusta fu attraversata dall'energia e tremò nelle mia mano; quel tremore vertiginoso retrocesse lungo le dita e risalì dal braccio fino al cervello, già ebbro di sete e di potere. Avevano sperato di essersi sbarazzati di me senza doversi neanche sporcare le mani. Quindi, quando, risalendo la cascata, mi materializzai davanti ai loro occhi a cavallo della Strige con la frusta vibrante in mano, mi presi qualche istante per godere del loro terrore, prima di schioccarla e farli miei.

Immobilizzai Nerissa e Hans sbattendoli contro la parete rocciosa crepata e, senza fretta, mi occupai di tutti gli altri. Il Pontifex, purtroppo, non c'era più. Doveva essersela già data a gambe. Ma avrei trovato anche lui. Prima, però, mi sarei occupata di loro. Ignobili esseri viventi in bianco, facce che avrei dimenticato, nomi che non avrei mai pronunciato.

Andrete giù dopo di lui.

«Fermati! Maledetta!» mi urlò Nerissa mentre i suoi compagni, uno dopo l'altro, attendendo in fila indiana il loro turno, scavalcavano il parapetto per saltare nella cascata e morire.

La Strige si manteneva in aria battendo le ali e io, dalla mia postazione privilegiata, riuscivo a vedere l'intera valle e la furiosa battaglia che vi stava impazzando. Ma, volgendo lo sguardo verso ovest, in direzione di Roma, vedevo anche dell'altro. Un'ombra nera si stava allargando a macchia d'olio sotto la coltre di nuvole bianche, oscurando il cielo. Stavano arrivando altre Creature volanti. Creature che, senza indugio né remora alcuna, sarebbero state scagliate contro di noi.

Quando anche l'ultimo Reazionario si fu lanciato di sotto, in silenzio, buttai un'occhiata al piazzale innevato striato di sangue nel quale ormai erano rimasti solo i miei amici, oltre a qualche cadavere.

«Ania» pianse, Yumi, alzando la testa per guardarmi.

«Avanti, fallo!» urlò Nerissa, ancora appiattita e immobilizzata contro la roccia. «Fa' buttare di sotto anche noi, se hai il coraggio!»

Condussi la Strige, lentamente, fino a raggiungerla.

«Ti piacerebbe» le sussurrai, mentre lei voltava di lato il volto che il becco della Strige stava lambendo con lussuria.

Hans, talmente schiacciato contro il muro che sembrava non essere in più grado neanche di respirare, aveva iniziato a implorarmi.

La Strige aveva dischiuso il becco e ne era fuoriuscita una lingua mostruosa, con la quale stava iniziando a pregustare Nerissa.

«Ha fame» sibilai.

«No... non farlo» biascicò Nerissa.

Brava. Era quello che volevo sentire. Volevo sentirla supplicare.

«Tu non...» bofonchiò. «Abbi pietà».

Fissai per qualche istante la sua brutta faccia da cavalla rigata di lacrime.

«Va bene» dissi, poi mi rivolsi alla Strige. «Decidi tu se merita di vivere o morire».

Lei dimenò le ali un paio di volte, poi stridette in modo orribile e indietreggiò, lasciando a Nerissa lo spazio di tirare un lungo sospiro di sollievo.

«Io... saprò ricompensarti» disse.

E furono le sue ultime parole.

La Strige affondò il becco nel suo torace, trapassandola da parte e parte, come se l'avesse odiata per una vita intera. Quando lo sfilò, Nerissa gorgogliò un urlo strozzato affogato nel sangue e si accasciò a terra.

«Ha fame» ripetei, smontando dalla sua groppa.

Nerissa allungò una mano verso di me, forse nel tentativo di attaccarmi, forse come supplicava estrema. Non aveva alcuna importanza, ormai.

«E quindi, alla fine» le sussurrai, chinandomi su di lei, «non è stato un Vendicatore incazzato a ucciderti, ma il modo indegno che hai avuto di trattare gli altri».

Nerissa fece in tempo a rantolare qualcosa prima che la Strige si avventasse su di lei portandole via la faccia e, con essa, ogni possibilità di replica.

«Dei, no» urlò Hans, voltandosi dall'altra parte. Tremava, piangeva, batteva la nuca contro il muro. «Ti prego!»

Mentre la Strige banchettava con quel che restava di Nerissa, spargendo sangue e urla orrende, mi avvicinai ad Hans. Non ci avevo mai fatto caso, ma era un ragazzo veramente bellissimo. Sarebbe stato un vero peccato far strappare la faccia anche a lui. Fu sufficiente avvicinarmi di un passo per far sì che l'energia che si stava sprigionando dal mio corpo lo schiacciasse ulteriormente contro la parete.

«Non... uccidermi» rantolò, paonazzo in volto.

Stava soffocando. La sua pelle candida si era chiazzata di rosso e di viola, all'intero della sclera dei suoi occhi erano comparsi dei capillari e dopo qualche attimo erano esplosi. Le labbra, invece, stavano diventando blu. Era uno spettacolo estatico.

«Non ti ucciderò» dissi, infine, facendo un passo indietro in modo che si allentasse la mia presa su di lui.

«Grazie» tossì, sbavandosi addosso. «Farò qualsiasi cosa».

«Raggiungi tuo padre e il Pontifex» gli sussurrai, liberandolo definitivamente dalla mia morsa e avvicinandomi per parlargli nell'orecchio. «Racconta loro ciò che è successo. E riferisci che, la prossima volta che mi vedrete, non cavalcherò una Strige, ma qualcosa di molto più grosso».

Hans annuì, poi si voltò e vomitò per terra.

«Mi dispiace per Rei» singhiozzò, pulendosi la bocca con la mano.

Mi voltai verso la Strige che, sodisfatta, aveva finito il suo pasto ed era pronta a farmi risalire in groppa.

«Vattene» gli dissi. «Se dovessi rivederti, ucciderò anche te».

Hans mosse un paio di passi terrorizzati nella neve, inciampò nei suoi stessi piedi e cadde a terra, poi si alzò di nuovo, si voltò un paio di volte a guardarmi con gli occhi sgranati e, finalmente, se la diede a gambe.

«Ania, aspetta, dove vai?» mi urlò Yumi, tentando di trattenermi per un braccio.

«Esci da Villa Gregoriana, fa' il giro e raggiungi l'acropoli al riparo dalla battaglia» dissi, senza neanche guardarla. «I pietroni ti faranno entrare. Io devo andare».

«Dove? Dove devi andare?»

Mi liberai dalla sua presa e montai in groppa alla Strige.

«Devo fare una cosa» risposi.

«Ania» mi chiamò Iulian. «Resta con noi. Per favore».

Lo osservai attentamente, dischiudendo appena il terzo occhio. Era stato grazie a lui, ma lui non ne avrebbe mai avuto idea.

«No» risposi.

«Ti prego!» mi implorò Yumi, mentre Devon cercava di trattenerla per evitare che si avvicinasse troppo agli artigli della Strige. «Non puoi lasciarmi anche tu, ora che... che Onii-chan...»

Comandai alla Strige di partire prima di sentire la fine di quella frase.

La cupola invisibile al di sopra dell'acropoli, contrariamente a quanto prospettato dagli Equites, avrebbe ceduto a breve sotto gli attacchi mostruosi delle Strigi che, impazzite, ci sbattevano contro in centinaia.

Raggiunsi il cancello in planata. Fui costretta a schivare vari incantamenta senza neanche capire se fossero stati effettivamente lanciati contro di me o se ne avessi semplicemente incrociato la traiettoria. Non aveva alcuna importanza. La battaglia stava impazzando nella valle e a me non interessava nulla.

«Apritemi!» urlai, una volta al cancello, smontando dalla Strige.

«Non posso!» mi rispose un Eques. «Non possiamo aprire il cancello senza il permesso».

Qualcosa di incandescente mi sfiorò l'orecchio e io, sollevando una mano, lo afferrai al volo e lo bloccai. Uh, un giavellotto. Proprio come quello che aveva ucciso Gilbert. Mi voltai in direzione del Reazionario che l'aveva scagliato contro di me e, prima che riuscisse a fare altro che sgranare gli occhi, glielo rilanciai contro carico di tutta la mia energia. E lo spedii direttamente all'altro mondo.

«Melania!» urlò mio padre, comparendo insieme a Immanuel al di là del cancello, poi si rivolse al confratello. «Falla entrare!»

«Maia?» mi domandò Immanuel, stringendo le mani sulle sbarre del cancello ancora sprangato.

«Non era lei» gli risposi, per pietà. «Fatemi entrare».

«Fatela entrare!» ripetè Gabriel.

«Nessuno può entrare senza il permesso!» gli rispose l'altro Eques. «Chi si assume la responsabilità?»

Non avevo né tempo né voglia di stare a discutere. Così sfoderai le zanne e portai una mano alla frusta e lui fece un balzo indietro.

«Me la assumo io» disse una voce molto familiare.

«Lara?» domandò mio padre, voltandosi a guardarla. «Quando sei arrivata?»

«Proprio ora. Rinfodera le zanne, Melania» mi disse la professoressa, aprendo il cancello con la chiave. «E vieni dentro».

Il cancello si dischiuse ma io non mi mossi.

«È sicura?» le domandai. «Non è un picnic quello che ho intenzione di fare quassù».

«Lo so» mi rassicurò. «Lo so. Entra».

«Lui è già qui?» domandai a mio padre, costeggiando il tempio della Sibilla.

Sapevo che sarebbe successo. Perché l'avevo già visto accadere, due anni prima. Nonostante Kento fosse morto di morte violenta, il suo corpo, pochi istanti dopo, si trovava già adagiato sull'altare, perfettamente intatto e ordinato. E, proprio su quell'altare, era rimasto congelato e immutato in attesa del suo funerale. Era qualcosa che non avrei neanche provato a spiegarmi. La magia arcana che impregnava quel luogo e i suoi abitanti era qualcosa che esulava dalla mia comprensione.

«Sì» rispose Gabriel. «Entra».

Era lì, proprio come Kento. Una figura nera supina distesa su un altare gelido. Una figura estranea. Una figura che, di sicuro, non poteva essere Rei. Non volevo avvicinarmi. Avevo paura.

Mi imposi di continuare a muovere le gambe.

Paura.

Lui non ne aveva avuta. Non aveva esitato neanche per un attimo.

Lo raggiunsi.Raggiunsi il suo corpo, steso sull'altare del tempio della Sibilla, asciutto, pettinato. Rilassato come se fosse stato addormentato, immerso in un sogno sereno.

Non avrei voluto guardarlo eppure avvertivo un disperato bisogno di farlo. Lui era lì ma non c'era più. Lui che c'era sempre stato, pur non essendoci mai.

«Rei...» gli sussurrai, tirandogli appena indietro i capelli sulla fronte, sotto gli occhi attoniti di tutti gli altri Equites.

Con la punta dei polpastrelli sfiorai delicatamente quegli occhi che non avrebbe aperto mai più. Quelle labbra che non si sarebbero mai più dischiuse contro le mie.

«Il detentore del braccio della bilancia, il punitore, il giudice universale» sentii alle mie spalle e mi voltai, spaventata. «Due volte incatenato, tre volte mutilato, tre volte lascerà il desco. Tre volte il piatto cadrà, l'ultima andrà in pezzi».

La Sibilla era in piedi proprio davanti a me. Non era in trance e aveva parlato con una normale voce di ragazza, ma riconobbi comunque le sue parole.

«È la profezia che mi hai fatto quella volta» sussurrai.

Che, in quel momento, aveva improvvisamente assunto un senso. Due volte incatenato: le due volte in cui ero stata costretta a indossare i brachialia. Tre volte mutilato. Di mia sorella Tecla, tanti anni prima. Del mio amato magister, Gilbert. E, infine, di Rei.

Tre volte il piatto era caduto. Ma solo l'ultima sarebbe andato in pezzi. Avevo finalmente capito.

La Sibilla annuì, poi fece un passo indietro.

«Melania» mi chiamò la Di Pietro, dal fondo del tempio. «È bene che tu ti muova in fretta».

Mi chinai su di lui e gli lasciai un bacio leggero sulla bocca ancora tiepida poi, con un movimento veloce e deciso, gli sganciai la spada dalla cintura.

«Che stai facendo?» mi domandò l'Eques di prima, quello che non avrebbe voluto farmi entrare. «Rimettila subito a posto».

«Mi serve» tagliai corto.

«Melania...» disse mio padre, alzando un braccio in direzione dei compagni.

«La riporterò indietro» gli dissi. «Te lo giuro. Ma, adesso, ne ho bisogno».

«Mi dispiace tanto» mi disse la professoressa, che mi aveva raggiunta, ignorando le lamentele degli Equites. «Non ho mai amato nessuno, quindi non so cosa significhi dover dire addio a un uomo. Ma faremo in modo che il suo sacrificio non sia stato vano».

Poi mi prese le mani tra le sue e, osservandole attentamente, aggiunse:

«Reijiro ti aveva donato un anulus pronobus

Abbassai di scatto lo sguardo sul mio anulare percependo d'improvviso, e non senza un brivido di terrore, l'assenza dell'anello. Ma non era sparito, non lo avevo perso. Piuttosto, era penetrato nel dito e si era fuso con la pelle, sulla quale ora si stagliava come un tatuaggio circolare.

Reijiro.

«Melania» mi richiamò Gabriel, a bassa voce. «Lo ritroverai qui. Quando tutto sarà finito lui sarà sepolto con tutti gli onori che merita».

«Non piangere» mi disse la professoressa. «Questo è il momento in cui devi avere coraggio. Per Reijiro e per tutti noi».

«Va bene» annuì, pulendomi il viso con il dorso della mano.

Per Reijiro. Per Gilbert. Per Tecla.

«Andiamo».

«Forse dovreste mettere al corrente anche noi» disse mio padre che, insieme a Immanuel e agli Equites, ci aveva seguito fuori dal Tempio della Sibilla fino al Tempio di Vesta.

«Certo» risposi, mentre la professoressa spostava il braciere per liberare il passaggio segreto. «Porteremo le Vestali e la Sibilla via da qui. E vi manderemo su le Furie, che sono ai miei ordini».

«La Vestali non possono allontanarsi dal Fuoco Sacro!» urlò Immanuel, sopra le esclamazioni sconvolte di tutti gli altri.

«Voi rimanete qui e cercate di liberare le Creature dal loro controllo» continuai, rivolgendomi agli Equites. «Le vostre spade possono rompere i loro collari».

«No, aspettate» provò mio padre. Le Vestali erano già sparite all'interno del passaggio e la Sibilla si stava apprestando a seguirle.

«Non c'è tempo» risposi. «Fate del vostro meglio, io tornerò presto».

«Da dove?» chiese Gabriel. «Da dove tornerai?»

La professoressa si infilò nel passaggio segreto e mi invitò, con un cenno sbrigativo della testa, a seguirla alla svelta.

«La cupola ha ceduto!» urlò qualcuno tra gli Equites rimasti fuori dal tempio.

Afferrai il braciere con entrambe le mani, sotto gli occhi sgomenti di mio padre, di Immanuel e di tutti gli altri.

«Cercate di rimanere in vita» dissi. «E fatemi ritrovare Reijiro così come l'ho lasciato».

Poi, con una forza inaudita che non avrei mai neanche immaginato di possedere, scaraventai il braciere contro la parete circolare. Tra le urla forsennate dei presenti, le ceneri incandescenti si riversarono sul pavimento di pietra, le fiamme sacre si dimenarono, si contorsero, urlarono. E poi, dopo qualche attimo, si esaurirono. Spento. Con un solo gesto e pochissimi istanti, avevo spento il Fuoco Sacro.

«Melania... cosa... che cosa hai fatto» balbettò mio padre, mentre tutto, intorno a noi si faceva buio e gelido.

Il Vendicatore aveva lasciato il desco per la terza volta. Per la terza volta, il piatto era caduto. Ma, stavolta sarebbero andato in pezzi. Proprio come la Sibilla aveva predetto, il Fuoco Sacro si era spento per la terza volta. Proprio come la Sibilla aveva predetto, il Vendicatore avrebbe mandato in pezzi l'Impero.

Ok, lo so cosa state pensando... molti di voi pensavano che Rei, in qualche modo, potesse salvarsi. Lo scorso capitolo l'ho lasciato senza postfazione proprio per non dover affrontare l'argomento ç_ç

In realtà, nella mia trama originale, Rei sarebbe dovuto morire molto prima ç_ç quindi è già tanto che io sia riuscita a farlo arrivare alla fine della storia insieme a noi ç_ç

La buona notizia, però, è che finalmente Nerissa ha avuto ciò che meritava. La cattiva è che (E QUESTO VI SERVA DA LEZIONE ç________ç) arrivati a questo punto, non esistono plot armor e NESSUNO è al sicuro. Ah, e anche che così, con nonchalance, Ania ha spento il Fuoco Sacro.

Vi lascio con un ricordino di Rei. Lo so che non lo apprezzavate particolarmente, ma Ania lo ha amato tantissimo e spero di aver dato, nonostante tutto la giusta dignità al suo personaggio e al suo sacrificio ç_ç

Lui che c'era sempre stato, pur non essendoci mai.

🏴AppleAnia 🏴

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