Parlare di Gilbert, quella notte, mi aveva fatto bene. Gaia non sapeva niente di lui e io avevo potuto raccontare a ruota libera.
Fu l'ultima volta.
«Eppure a me non sembra affatto che tu stia bene, Ania» mi disse Yumi, seduta accanto a me sul bordo della piscina delle Grandi Terme di Villa Adriana.
«Sto benissimo, invece» risposi, scocciata.
Yumi, da quando eravamo rientrati a Villa Adriana sul finire di agosto, aveva iniziato a darmi sui nervi. Non aveva fatto altro che osservarmi, studiarmi e soppesare ogni mio gesto, parola o intenzione.
Alcune volte, mentre parlavo con Devon o con gli altri, nella vana speranza che lei mi stesse lasciando in pace, la ritrovavo con lo sguardo fisso su di me, le sopracciglia aggrottate e l'espressione contrita.
«Allora? Quale altra idea malsana state partorendo quest'anno? Quale altra missione suicida?» domandò Nate, issandosi sulle braccia muscolose e mettendosi a sedere sul bordo accanto a Yumi.
Nate era estroverso e sbruffone come al solito, in apparenza. Io, però, lo sentivo. Lui non aveva perdonato Devon per non averlo coinvolto nella folle impresa del funerale di Dafni.
Ogni volta che Nate mi era vicino, qualcosa si smuoveva nel mio stomaco, rendendomi nervosa e irrequieta: le mani mi formicolavano come se si fossero appena risvegliate da un lungo intorpidimento, tutto ciò che avevo intorno prendeva a infastidirmi e a starmi stretto, persino le scarpe e i vestiti.
Non appena Nate ci raggiunse sul bordo, nonostante non avessi scarpe né vestiti addosso, fatta eccezione per il subligaculum e lo strophium, avvertii l'esigenza di allontanarmi da lui: entrai quindi in acqua con disinvoltura, e arretrai di quel tanto che bastasse per sentirmi sicura.
Non sono più capace di controllarmi, senza il medaglione.
Perché, purtroppo, il mio medaglione giaceva senza potere alcuno sul fondo di un cassetto della mia scrivania.
«Sì, ovviamente» gli rispose Devon, a mollo davanti a lui. «Se quella non era Dafni, lei dov'è? Devo trovarla».
«Potrebbe essere riuscita a scappare prima di essere imprigionata, subito dolo lo spegnimento del Fuoco» propose Yumi, muovendo appena i piedi affusolati nell'acqua.
«Oppure lo scambio potrebbe essere avvenuto in prigione» ribatté Devon.
«Certo» convenne Nate. «I Reazionari potrebbero aver corrotto qualcuno per averla indietro».
Nuoticchiai lentamente fino a raggiungere a Iulian, seduto poco distante da Nate.
«Tu non tiri la tombola?» gli chiesi, quando mi sentii il suo sguardo grigio addosso.
Lui abbozzò un sorriso. Il giavellotto che qualcuno aveva scagliato contro di me lo aveva colpito di striscio sul viso, portandogli via un pezzo del sopracciglio sinistro e regalandogli una cicatrice sullo zigomo di cui, ero certa, avrebbe fatto volentieri a meno. Ma lui non ce l'aveva con me, né per la cicatrice né per altro. Lui non ce l'aveva mai con nessuno e questo lo rendeva uno dei pochi Umani la cui presenza, con la sua pacata compostezza a prova di genio, anziché turbarmi, aveva su di me un rassicurante effetto benefico. Iulian non perdeva la calma neanche in battaglia. E neanche durante l'harpastum che era, forse, ancora peggio di una battaglia.
«Se l'avessero presa i Reazionari si tratterebbe sicuramente di un rapimento» disse Devon. «Lei non sarebbe mai andata con loro di sua volontà».
«Ne sei proprio sicuro?» gli chiese Yumi, scettica. «Non ci dimentichiamo che con la sua condotta ha provocato lo spegnimento del Fuoco».
«È difficile dimenticarlo, Yumi, con te che non fai che ricordarcelo» le rispose Devon.
Mi davano fastidio. Tutti loro mi davano fastidio. Pieni di livore e rancore uno nei confronti dell'altro.
«Oppure» intervenni, interrompendoli, «non avete mai pensato che, al momento dello spegnimento del Fuoco, Dafni non fosse già più Dafni?»
Il silenzio calato sul nostro piccolo angolo di bordo piscina lasciò spazio al confuso chiacchiericcio delle altre persone che schiamazzavano fuori e dentro le vasche, in cerca di relax e refrigerio alla fine di una torrida giornata lavorativa.
«Cosa te lo fa pensare? Non hai visto il suo alone, in quell'occasione, mi sembra» disse Devon.
«Chiaro che non l'ho visto» risposi. «Indossava il Velo di Iliona. Un oggetto magico potentissimo sicuramente in grado di celarlo».
«Non vi resta che scoprirlo» concluse Nate, col suo ormai consueto tono risentito.
«Fallo di Priamo, Nate!» esclamò Devon. «Smettila di fare l'offeso e mostrami un po' di solidarietà, piuttosto. Hai capito o no che pare che io abbia perso la verginità con un mostro infernale?»
«Non dirlo in giro» sghignazzò Yumi. «Altrimenti sembra che tu abbia fatto sesso con Ania».
Mi sforzai di sorridere, nonostante non ne avessi affatto voglia, nella quanto mai vana speranza di vedere le sopracciglia di Yumi tornare nella loro posizione originale.
«Mostragli pure solidarietà, Nate» aggiunsi. «Perché la mia non era un'ipotesi. Sono sicura».
«Come è possibile?» chiese Devon.
«La professoressa Di Pietro ha detto che i Libri Sibillini non possono essere manomessi. E io ne ho consultato uno, una volta. Dafni Zogkari 2002 - 2014. Lì per lì non ci ho fatto caso, ovviamente, perché ero alla ricerca di altro. Mi è rivenuto in mente dopo. Quando il Fuoco si è spento, nel 2015, il mandato di Dafni era già finito. La Sibilla, quindi già non era più lei».
«Potresti ricordare male» tentò Devon.
«Ho il terzo occhio aperto» tagliai corto. «Ricordo tutto benissimo».
«Non mi pare che la tua memoria sia così infallibile, Ania» azzardò Yumi.
Lanciai un'occhiata a Devon che, però, distolse lo sguardo, a disagio.
«Fate come vi pare, allora» conclusi.
«Qualunque sia la verità, io e Iulian ti aiuteremo, stavolta» bofonchiò Nate, poi si voltò verso il suo amico. «Vero?»
«Certo» rispose Iulian.
«Non vi escluderò più» disse Devon, serio in volto. «Avrò bisogno di tutto l'aiuto possibile».
Nate, fortunatamente, sembrò allentare la tensione e anche il mio stomaco parve tornare a rilassarsi. C'era, però, qualcosa di strano in me. E un sospetto andava via via prendendo forma. Un sospetto che non avrei potuto condividere con nessuno, oltre a lui. Un sospetto su cui, comunque, non avevo tempo di indagare. Perché c'erano cose più urgenti da fare.
«Iulian» dissi, alzando lo sguardo su di lui. «Prima che ricominci la scuola... potresti aiutarmi a fare una cosa?»
«Ho parlato con Viktor, sai?» disse Yumi, qualche giorno dopo, lasciandosi cadere sul mio letto. «È appena arrivato. Non si ricorda niente riguardo quella faccenda dei gemelli Vanhanen, di quell'episodio che mi hai raccontato».
Quello che ho fatto l'errore di raccontarti.
Perché, dopo qualche ora, improvvisamente tutti avevano ripreso a ricordarsi dei Vanhanen, scordandosi di essersene temporaneamente dimenticati. Il che, senza ombra di dubbio, poteva significare una sola cosa: il mio magister non era invischiato solo con Rami. Lui era invischiato con tutti i gemelli. La sua morte improvvisa aveva spezzato una qualche maledizione e l'amnesia generale ne era stato il risultato, finché qualcun altro non ci aveva messo mano per rimediare.
Chissà chi.
«Me lo sarò immaginato, allora» risposi, seduta alla scrivania, senza alzare la testa dal libro.
«Ania» sospirò Yumi, puntellandosi sui gomiti. «Io voglio solo aiutarti. La tua memoria ha iniziato a perdere colpi e io...»
«Grazie» le risposi. «Ma non ho bisogno di aiuto. Sto benissimo. Se vuoi fare qualcosa di concreto per me, fammi copiare i compiti per le vacanze».
Yumi si issò a sedere e io sbuffai, preparandomi a uno dei suoi pistolotti quando, fortunatamente, la porta della nostra camera si spalancò.
«Yumi, c'è una bella sorpresa» annunciò Kumiko.
Yumi saltò in piedi e per un tanto breve quanto doloroso momento mi ritrovai a sperare che la bella sorpresa fosse Rei.
E, invece, eccola lì.
Piccola ed esile, delicata con un fuscello. Gli occhi a mandorla, i lucenti capelli neri tagliati a caschetto. Un vestitino corto bianco di sangallo, un giacchino di jeans. Calzini con i merletti e un paio di scarponcini rosa pallido. E quelle maledette cosce secche.
«Nozomi!» esclamò Yumi, correndo ad abbracciarla. «Che ci fai qui?»
«Frequenterò anch'io l'ultimo anno di superiori al Collegium» rispose parlando con voce delicata e infantile, e ricambiò l'abbraccio con movimenti eleganti.
Ero rimasta con la bocca aperta. Nozomi era così carina e fine da sembrare una bambola di porcellana. Non aveva un capello fuori posto. La pelle del suo viso non aveva alcuna imperfezione. E poi c'erano quelle cosce.
«Ania, vieni!» mi chiamò Yumi, entusiasta. «Finalmente potrete conoscervi!»
Finalmente.
Mi alzai e avanzai verso di loro, con il vestitaccio nero scolorito che indossavo per casa, scalza, struccata e con i capelli malamente acciuffati con il mollettone.
«Piacere di conoscerti, Ania» sorrise lei, porgendomi la mano.
«Piacere mio» risposi, sforzandomi di ricambiare il sorriso, poi si rivolse a Yumi. «Reijiro-kun è qui?»
Reijiro-kun.
«No, è al tempio, purtroppo» le rispose Yumi allegrissima. «Ma lo vedrai molto presto, spero. Andiamo da qualche parte insieme? Lascia stare i compiti, Ania. Dopo ti faccio copiare i miei».
«Non posso» mi affrettai a rispondere. «Devo incontrarmi con Iulian, più tardi».
«Perché esci da sola con lui?» chiese, strizzando gli occhi.
«Abbiamo una cosa da fare» risposi.
«Bene, usciamo tutti insieme, allora. Sono sicura che troverete tempo e modo di appartarvi».
Tempo e modo di appartarvi. Un modo niente affatto inappropriato di presentare a qualcuno la fidanzata del proprio fratello.
Nozomi, dal canto suo, stava educatamente guardandosi intorno, come se la conversazione tra me e Yumi non la riguardasse.
Yumi, comunque, non aveva alcun diritto di essere gelosa al posto di Rei, che non lo era affatto. E io, fino a prova contraria, avevo ancora facoltà di uscire con chiunque avessi voluto senza doverle chiedere il permesso. Ma, in fondo, non avevo alcuna voglia di tirare su una polemica.
«Va bene, allora» concessi. «Usciamo tutti insieme».
Allora, nello scorso free talk abbiamo parlato di cose serie che non interessano a nessuno, quindi oggi riprenderemo la rubrica sulle mie disgrazie. Ne ho una fresca fresca: la mia croce, il mio tormento, la mia nemesi. IL DENTISTA. Sangue, aghi, trapani, dolore, lacrime e soldi. E quella terribile poltrona piena di germi. Non credo possa esistere combinazione peggiore.
Quando ho fatto il cesareo ho fatto l'errore di voltarmi a guardare l'ago con cui fanno l'anestesia spinale e ho pensato: cazzarola, dopo questa non avrò mai più paura del dentista (l'ago della spinale pare tipo la spada di re Artù, non sto scherzando sarà lungo tipo un metro ahahah). BEH COMUNQUE NON È VERO, continuo ad avere più paura del dentista. ALMENO QUANDO TI FANNO IL CESAREO NON SENTI RUMORE DI TRAPANO (poi dipende, se stai partorendo il Minotauro magari ci vuole anche il trapano, non lo so).
Comunque mi sono seduta con grande dignità e ho detto al denty: potrei avere l'anestetico senza epinefrina, visto che sono già tachicardica?
E lui: e perché sei tachicardica?
E io: perché ho paura di te ovviamente.
E lui: AHAHAHAHAH
Poi quando mi ha sfilato quella specie di palloncino dalla bocca gli ho detto che per fare una canalare ci vuole più tempo che a fare un cesareo e lui ha risposto: AHAHAHAH È VERO (ma solo io percepisco del sadismo?)
Solo che quando fai il cesareo poi esci dall'ospedale con un bambino tra le braccia. Quando fai la canalare esci dal dentista con la bocca storta dall''anestesia, la faccia paonazza, il mascara colato e il portafoglio con le mosche. Niente, volevo condividere con voi questa toccante esperienza. Ah, e la settimana prossima devo riandarci perché NON LO SO NON MI PIACE, SONO TROPPO CORTI, PRIMA DI FARE LA RICOSTRUZIONE TE LI ALLUNGO (?????).
PS: dentista permettendo sarei dell'idea di pubblicare martedì, giovedì e sabato. Che dite? Tre capitoli a settimana sono troppi?
AppleAnia 🦷