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By AppleAnia

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✨🏆WATTYS 2023 WINNER🏆✨ | migliore ambientazione | «... ma furono i nuovi decreti del 391 a inasprire le pr... More

MAPPE
PERSONAGGI
✤ Parte prima • L'OMBRA DELL'EREDE ✤
0 • PROLOGO
1.1 • TIBUR SUPERBUM
1.2 • LA GIURIA
1.3 • IL GENIO
1.4 • DEVON
1.5 • OBUMBRATI
1.6 • PRECIPIZIO
1.7 • INNOMINABILI
1.8 • DEMONE
1.9 • CONTROLLO
1.10 • IL PROCESSO
1.11 • L'AMULETO
1.12 • RADICI
1.13 • LA PROFEZIA
1.14 • CATABASI
1.15 • CREATURE
1.16 • SACRILEGIO
1.17 • L'ESSENZA STESSA DEL REGNO
1.18 • FIAMMA
1.19 • INIZIAZIONI
1.20 • NESSUNA PAROLA D'ORDINE
1.21 • TRADIMENTO
1.22 • VILLA TECLA
1.23 • LA SETTA
1.24 • CORVO
1.25 • LA VENDETTA NON È GIUSTIZIA
1.26 • SETE
1.27 • SPECCHIO
1.28 • LA FERITA INCANDESCENTE
1.29 • IL POTERE LOGORA IL GENIO
1.30 • LA TERZA REGOLA
1.31 • UNA SETTA NON È UNA DEMOCRAZIA
1.32 • LA PENULTIMA SIBILLA
1.33 • ANIMUS BELLIGERANDI
1.34 • LO SBRACATO
1.35 • LA PIETRA NERA
1.36 • AZOTO LIQUIDO
1.37 • MASCHERA SENZA OCCHI
1.38 • CHI VIOLERÀ QUESTO LUOGO SIA MALEDETTO
1.39 • ENEA
1.40 • VIVERE INSIEME O MORIRE DA SOLI
Extra: riassuntoni
✤ Parte seconda • LA CONDANNA DELLA MEMORIA ✤
2.1 • POIS
2.2 • BLACKOUT
2.3 • COME SE SI ASPETTASSE L'APPLAUSO
2.4 • IL COLLEGIUM
2.5 • UN DETTAGLIO ASSOLUTAMENTE IRRILEVANTE
2.6 • INCONTRI FORTUITI E BRUTTE NOTIZIE ANNUNCIATE
2.7 • GEMELLI
2.8 • TAKESHI WATANABE
2.9 • BIGLIETTO DI SOLA ANDATA PER GLI INFERI
2.10 • TUTTO FUORCHÉ SNELLA
2.11 • QUALCOSA DI VAGAMENTE AZZURRINO
2.12 • DOMINA
2.13 • UN LAVORO DI FINO
2.14 • VISIONE SUPERIORE
2.15 • L'IMPORTANTE È CHE TI PIACCIO ANCORA
2.16 • CANCELLI DISCHIUSI
2.17 • CORVINA
2.18 • RAMI
2.19 • TIZIO, CAIO E HARPASTUM
2.20 • ASSETTO DA GUERRA
2.21 • GRANDE PUFFO BEVE IL GIN
2.22 • UN VERO GENIO
2.23 • TORMENTO E VENDETTA
2.24 • VORAGINE
2.25 • CONTO ALLA ROVESCIA
2.26 • SNEBBIAMENTO
2.28 • IMPRESE ILLEGALI
2.29 • CONDIZIONE NON SODDISFATTA
2.30 • DI DISPERAZIONE E DI SETE
Extra: riassuntone II
PERSONAGGI pt. 2
✤ Parte terza • LE BAMBOLE DI GHIACCIO ✤
3.1 • PARLAMI DI CONSTANTIN
3.2 • MALEDETTE COSCE SECCHE
3.3 • SE TI AVVICINI TROPPO FAI MALE AL NASO
3.4 • RITRATTO DI FAMIGLIA
3.5 • MOLTO AMICHEVOLE
3.6 • IL SIMBOLO DELLA NOSTRA OPPRESSIONE
3.7 • SBAVATO E SBIADITO DAL TEMPO
3.8 • GRAPPA DELL'ACROPOLI
3.9 • PEGGIORE DELLE PIÙ NEFASTE PREVISIONI
3.10 • DI LÀ
3.11 • PUR SEMPRE UN GENIO
3.12 • NOTTE DI LUNA CALANTE
3.13 • QUELLA VOLTA A TOKYO
3.14 • CONTINUAMENTE E PER FUTILI MOTIVI
3.15 • SENZA STARE A FORMALIZZARSI PIÙ DI TANTO
3.16 • INCANTAMENTUM
3.17 • BELLICREPA
3.18 • LA VIGILIA DI NATALE
3.19 • DECISIONI DRAMMATICHE
3.20 • BAMBOLE DI GHIACCIO
3.21 • INFRACTUS
3.22 • E et C
3.23 • URLA CHE INVOCANO VENDETTA
3.24 • UNO PER OGNUNO DEI SETTE
3.25 • ESSERE UN GENIO È BELLISSIMO
3.26 • UN TERZO DELLO SPIRITO
3.27 • L'OMBRA DI ALASTOR
3.28 • MACERIE
3.29 • PER LEI
3.30 • SPREGIUDICATAMENTE FOLLE
3.31 • CENTOVENTOTTO
3.32 • IL RASTRELLATORE MANGIA BAMBINI
3.33 • POLLICE VERSO
3.34 • UN'ULTIMA VOLTA SOLTANTO
3.35 • IL MOMENTO DI METTERE TUTTE LE CARTE IN TAVOLA
3.36 • LA GRANDE CASCATA
3.37 • IL DETENTORE DEL BRACCIO DELLA BILANCIA
3.38 • DISPENSATORI ARBITRARI DI SOFFERENZA E MORTE
3.39 • SED UT NULLO
3.40 • IL SOGNO PIÙ BELLO CHE ABBIA MAI FATTO
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI
ALBERO GENEALOGIO

2.27 • REIJIRO

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By AppleAnia

Non ricordavo quanti anni avessi quando mi resti conto, per la prima volta, che non tutti amavano Rei quanto lo amavo io. Forse undici o dodici: troppi per entrare alle terme senza strophium ma troppi pochi per fornirgli qualcosa di concreto da sorreggere.

Me ne stavo a mollo nella piscina dei bambini delle Grandi Terme insieme a Yumi quando una serie di fastidiosi schiamazzi aveva attirato la mia attenzione. Era pomeriggio ma, da quando il Fuoco era stato spento, le ore di sole erano andate via via diminuendo fino a sparire del tutto dall'arco della giornata. Da anni, quindi, sull'Impero regnavano il gelo e le tenebre. Era una condiziona alla quale, dopo un po', ci si abituava. La Grandi Terme, però, nelle giornate più fredde, erano piene da scoppiare di persone in cerca di calore e socialità.

«Nakamura si vergogna a togliersi la maglietta!» si sentì.

Che assurdità. Perché mai Rei, che era bellissimo e perfetto, avrebbe dovuto vergognarsi di mostrate una qualsiasi parte del suo corpo? La faccenda sembrava talmente assurda che valutai, per un momento, la possibilità di non interessarmene. Però Rei, che era appena arrivato insieme a Takeshi, effettivamente, stava tentennando.

«Stanno dando fastidio a mio fratello» disse Yumi, issandosi sulle braccia per uscire dalla vasca.

«Ma no» risposi, uscendo dall'acqua a mia volta. «Non è possibile».

«Forza, togliti la maglietta» gli urlò ancora lo stesso ragazzo di prima. «Facci vedere che hai da nascondere, là sotto!»

Si erano praticamente girati tutti a guardarlo, adulti e bambini.

«Andiamo via» gli disse Takeshi, ma Rei non si mosse.

Il ragazzo che stava prendendo Rei in giro si avventò su di lui, gli afferrò l'orlo della maglietta e tentò di sfilargliela con la forza. Rei, per fortuna, era un adolescente magro e scattante quindi riuscì a divincolarsi dalla sua presa. Ma quello non aveva intenzione di mollare e, infatti, pochi attimi dopo richiamò in suo aiuto anche i suoi amici.

«Ehi» intervenne un'altra voce, e io e Yumi ci voltammo per capire di chi fosse. «Non hai altro da fare? Lascialo in pace».

A parlare era stato Hans Vanhanen. Si era messo in mezzo per difendere Rei. Hans non mi era per niente simpatico però non si poteva negare che mettesse gli altri in soggezione. L'altro ragazzo, infatti, ribatté qualcosa che provocò l'ilarità dei suoi amici ma poi si voltò e si allontanò. Hans tornò a tuffarsi e tutte le persone che si erano voltate a guardare la scena, poco a poco, se ne disinteressarono.

Rei, però, era in difficoltà. Era rimasto immobile a bordo vasca. Nonostante non fossero riusciti a sfilargli la maglietta, era mortificato.

«Ehi, Rei» dissi, a bassa voce, facendo scivolare, con discrezione, la mia mano nella sua. «Andiamo a farci il bagno alle Piccole Terme? Che dici?»

«Sì, andate» ci incitò Yumi, preoccupata. «Resto io qui con Takeshi».

Aprii gli occhi. Erano passati anni dal giorno in cui avevo fatto il bagno alle Piccole Terme sola con Rei ma ancora ricordavo alla perfezione il modo in cui, in quella stessa piscina in cui ero ammollo, Rei mi era sembrato splendido e privo dell'ombra di qualsiasi difetto, proprio come sempre. Ancora non sapevo.

«Ma dici sul serio?» mi chiese Yumi, sguazzando accanto a me nella vasca dei bambini, il giorno dopo l'aggressione ai danni di Rei. «Cioè, non ti sei accorta di niente?»

«Di cosa avrei dovuto accorgermi?»

«Il suo petto».

Il suo petto l'avevo notato. Era liscio e bellissimo, esattamente come il resto del suo corpo.

«Ha il petto infossato» precisò Yumi. «È una malformazione toracica. Ci è nato e se ne è sempre vergognato. Anche in Giappone, al mare, si è sempre fatto il bagno con la maglietta».

Rimasi a fissarla, sgomenta.

«È molto evidente, Ania» aggiunse, contrariata dalla mia assenza di reazione. «Mi pare assurdo che tu non te ne sia accorta».

«Non ci ho fatto caso perché la mia attenzione era attirata da altro, forse» provai. «Lui è così bello, e noi due eravamo da soli...»

«No, non è questo» mi interruppe Yumi. «È come se lo guardassi attraverso una lente che cancella tutti i suoi difetti e te lo fa apparire perfetto. Deve essere per questo che non si vergogna di mostrarsi a petto nudo, davanti a te».

«Ma lui è perfetto, Yumi».

«No, per niente. E non solo per il petto, credimi».

Yumi aveva ragione, ma io ancora non avevo alcun motivo di dar peso alle sue parole, né ero pronta a mettere in discussione la perfezione di Rei. Però, siccome mi piaceva e lo osservavo di continuo, mi accorsi di altre stranezze nel suo comportamento. Per esempio, non capivo perché andasse d'accordo con Hans Vanhanen. Si allenavano insieme con le bighe e, talvolta, mi sembrava che Rei preferisse la sua compagnia a quella di Takeshi. Fu proprio durante una corsa con le bighe, l'estate seguente, che ascoltai delle parole che mi ferirono come se fossero state pronunciate contro di me, o forse ancora peggio.

Nell'ippodromo, illuminato a giorno dai fari, non c'era più posto neanche per un spillo. Io pensavo che fosse assurdo che tanta gente si interessasse alle corse quando fuori infuriava la guerra. Però, pensavo anche, forse tutte quelle persone, abbrutite dal buio, dal freddo e dall'angoscia, soffocavano in quel modo il loro bisogno di ritrovare la normalità perduta o, almeno, di simularla.

Rei aveva vinto la sua prima corsa. Era saltato giù dalla biga, si era levato l'elmo ed era stato subito accerchiato da Hans, Takeshi e gli altri suoi amici. E io mi sentivo fiera e gonfia d'orgoglio come se a vincere quella gara fossi stata io. L'espressione felice di Rei, così tenera ed entusiasta, poi, per me era impagabile.

«Nakamura Reijiro, dici?» chiese la signora seduta al mio fianco a quello che, probabilmente, era sua marito. «Non sarà quel Nakamura?»

«Sì, sì» le rispose l'uomo, sbadigliando. «È lui. Il figlio dell'Eques Kento Nakamura».

«Ma... è un sine imperio?» chiese la signora, con un filo di pietà nella voce, agitando furiosamente il ventaglio.

«Pare di sì. Che delusione che deve essere stato, per i suoi genitori».

«Ah sì» intervenne un secondo uomo. «Te lo posso confermare perché conosco bene la famiglia di quel ragazzo».

Certo. Così bene da non essersi accorto di essere seduto praticamente al fianco di sua sorella.

«E dire che suo padre è stato il primo Eques asiatico, una soddisfazione non da poco» continuò quello, sgranocchiandosi dei lupini. «Il ragazzo, però, non seguirà le sue orme, a quanto pare, visto che non sembra avere alcun potere».

«Il potere però deve essere ricercato, coltivato» disse la donna, aggrottando le sopracciglia. «E di sicuro non lo troverà se continua a perdere tempo con le bighe».

«È chiaro che non ha voglia di impegnarsi» concluse il marito, che sembrava essere prossimo all'appisolamento. «E che motivo ne avrebbe, in fondo? Ha una vita invidiabile: denaro, bella casa, ingresso alle Piccole Terme. Anche io, al suo posto, mi sarei dedicato alle corse e alle donne, invece di andare a lavorare».

«Con questa situazione e Alastor che tenta continuamente di attaccare l'acropoli, poi» aggiunse la donna. «Dovrebbe pensare a dare una mano a suo padre, anziché perdere tempo!»

Basta, era troppo. Mi alzai in piedi di scatto, pronta a chiudere quelle loro maledette bocche. Loro non sapevano niente di lui, non avrebbero mai dovuto permettersi di...

«Ehi, Ania» sentii, e fui costretta ad abbandonare il mio proposito di mettere a tacere quei tre abietti personaggi.

«Rei!» esclamai, prendendogli le mani. «Sei stato incredibile».

I vecchi, trovandoselo davanti, erano ammutoliti.

«Grazie» disse, e sorrise così dolcemente da farmi venire le lacrime agli occhi. «Sono contento che tu sia venuta. So che non ami particolarmente le corse».

«Ben fatto, ragazzo!» disse il tizio con i lupini.

«Grazie mille» gli rispose Rei, tutto contento, e io dovetti trattenermi dall'impulso di cacciargli in bocca i lupini che aveva ancora in mano, sperando che ci si strozzasse.

Nei giorni e nei mesi seguenti, purtroppo, mi ero resa conto che quei tre vecchi non erano i soli a pensarla in quel modo su Rei. Anzi. Da quando aveva vinto la corsa, in giro, c'era molta gente che parlava di lui, anche alle terme e alla locanda. Ma, al fuori delle gradinate dell'ippodromo, non si parlava più di Nakamura l'auriga. Si parlava di Nakamura il sine imperio.  E io, febbrilmente avida di quell'insulso vociare, rizzavo le orecchie ad ogni occasione, piena di risentimento eppure ipnotizzata dalla violenza della rabbia che quelle parole mi provocano.

«Mio padre è un po' deluso, in effetti» mi disse Yumi, seduta con me, una sera, al tavolo della locanda in Piazza d'Oro. «Ma non da lui, eh. Sa che è un bravo ragazzo. Però, capisci, per mio padre era molto importante che il suo unico figlio maschio seguisse le sue orme».

«Ma, se è nato sine imperio, che colpa può averne lui?» gli domandai, sgomenta.

«Ma non è nato sine imperio» rispose Yumi. «Lui ha potere, eccome. Solo che sembra non interessarsene».

Guardai di sottecchi Rei conversare con Hans Vanhanen e Nerissa Meyer vicino alla fontana al centro del cortile.

«Ma perché è amico di quella gente, poi?» domandai a Yumi, senza riuscire a trattenermi.

«E chi lo sa» rispose lei, vuotando la sua tazza di cioccolata calda. «Mio fratello sta ancora cercando il suo posto nel mondo».

«Ma lui non ha mai pensato di...?»

«Ania, mi hai stufata» mi interruppe Yumi. «Alzati e va a chiederlo a lui».

E, senza stare a pensarci un secondo in più, così feci: mi alzai e raggiunsi il brutto terzetto alla fontana ghiacciata.

«Ania» disse Rei, stupito, quando gli fui vicina. «Che fai qui?»

«Scusatemi» dissi agli altri due, poi mi rivolsi a lui. «Volevo parlarti un momento. Torniamo a casa insieme?»

«Sì, certo» rispose lui e mi poggiò una mano sulla spalla per invitarmi ad allontanarmi con lui.

«Dopo lavati le mani» disse Hans, e Nerissa scoppiò a ridere.

«In che senso?» gli chiesi.

«Niente, lascia stare» rispose e poi, una volta usciti da Piazza d'Oro, quando quei due non avrebbero più potuto vederci, mi prese per mano e ci avviammo verso il quartiere residenziale.

«Di cosa volevi parlarmi?» mi chiese.

Non ci avevo pensato abbastanza. Anzi, non ci avevo pensato per niente: cosa avrei dovuto chiedergli? È vero o no che sei nato sine imperio? Perché non ti stai impegnando per diventare un Eques? No, non avrei mai potuto.

«Correre con le bighe ti fa sentire bene?» domandai, infine.

«Che domanda sarebbe?» chiese a sua volta, accennando un sorriso.

«Non so... mi chiedevo se intendessi diventare un auriga di professione».

«No, non credo. Ma sì, è una delle cose che mi fa stare bene».

«Quali sono le altre?» chiesi.

«Passare del tempo con te, per esempio».

«Uhm, potresti fare anche questo di professione, allora» dissi, e lui rise.

Tipo, sposandomi, per esempio.

Però, con la mano stretta nella sua, improvvisamente, indagare su cosa volesse diventare non mi sembrava più così importante. La cosa che avevo urgenza di dirgli, di punto in bianco, era diventata un'altra.

«Rei» lo chiamai e lui si voltò a guardarmi. «Volevo solo dirti che, qualunque cosa tu decida di diventare, per me non fa alcuna differenza. Che tu voglia diventare un auriga o un Eques, un politico o un fruttivendolo. Per me non cambia niente».

Quelle parole così infantili, però, sembrarono colpirlo.

«Grazie» sussurrò, dopo un attimo di stupore. «È così faticoso, a volte, preoccuparsi delle aspettative di tutti».

«Hanno tutti delle aspettative su di te perché sanno quanto sei bravo» gli dissi. «Da me, per esempio, nessuno si aspetta niente».

«Non credo sia esattamente come dici tu» ridacchiò, «ma ti ringrazio lo stesso».

Non avevo mentito. Io avrei continuato a sostenerlo e ad essere fiera di lui qualunque strada avesse deciso di intraprendere. Qualunque strada. Tranne una.

Tranne quella.

Era il giorno prima della vigilia di Natale. Lo ricordavo molto bene perché, il giorno seguente, Alastor avrebbe sferrato il suo ultimo attacco, quello che gli sarebbe costato la vita.

Non vedevo Rei da qualche tempo quindi, quando me lo trovai davanti lungo lo stradone che conduceva al quartiere residenziale, non esitai a corrergli incontro, senza badare al gruppo di persone che erano con lui.

«Che fai qui, a quest'ora?» mi chiese, a disagio. «Il coprifuoco è già scattato».

«Lo so, sono in ritardo» dissi. «Torniamo a casa insieme? È tanto che non chiacchieriamo».

«No» disse, guardandosi intorno, nervoso. «No, io non tornerò a casa, stanotte».

«Rei» lo chiamò Nerissa, mettendoglisi sottobraccio. «Andiamo, vieni. Lascia perdere questa qui».

«Vattene a casa, Ania» mi disse lui.

Ma il suo sguardo non mi piaceva, era strano e infelice.

«Vieni anche tu, dai» dissi, e gli afferrai d'impulso la mano.

Era un gesto naturale, privo di qualsiasi malizia, una cosa che avevamo sempre fatto. Lui, però, ritrasse la mano come se si fosse scottato.

«Rei?» gli chiesi, allarmata.

Hans aveva lasciato il gruppetto di amici e si era avvicinato porgendo a Rei la sua borraccia.

«Devi lavarti le mani, adesso» disse, provocando grasse risate generali perché, insepiegabilmente, tutti sembravano trovare irresistibile quella battuta idiota.

Ma Rei non lo avrebbe fatto.

Guardai Hans stappare la borraccia e inclinarla. Vidi il getto dell'acqua fuoriuscirne a rallentatore.

Rei non lo avrebbe mai fatto.

Quando mi accorsi che aveva distolto lo sguardo dal mio trattenni il respiro e non mossi un muscolo. Stava allungando le mani sotto il getto della borraccia. Ma si sarebbe fermato.

Non si fermò.

Tra gli schiamazzi generali, sfregò una mano contro l'altra, sotto l'acqua, finché la borraccia non fu vuota.

«Sei ancora qui, demone?» mi domandò Nerissa.

Sì, ero ancora lì. Perché ero pietrificata e incapace di formulare un qualsiasi pensiero. Rei si stava asciugando le mani sui pantaloni, evitando accuratamente di guardarmi.

«Ehi Ania» sentii chiamarmi, e mi voltai di scatto.

Devon era proprio lì davanti a me e, con ogni probabilità, aveva assistito a tutta la scena.

«Vieni, ti accompagno a casa» disse, prendendomi per mano. «È tardi. Dobbiamo andare».

Rei alzò per un solo attimo lo sguardo su di lui, poi lo distolse di nuovo.

Non potevo ancora saperlo ma, di lì a poco, mi sarei dimenticata di lui per anni.


«Ania».

Mi asciugai sbrigativamente le lacrime con il dorso della mano, tornando alla realtà. Era la notte del mio diciottesimo compleanno. Ero alle Piccole Terme.

«Ah, sei venuto, alla fine».

Rei era lì, proprio davanti a me.

«Ania, per favore, scusami» disse. «Ho tardato, la situazione al tempio è...  Yumi mi ha detto che ti avrei trovata qui. Perdonami, ti prego».

Alzai lo sguardo su di lui, sulla sua sagoma dai contorni resi indistinti dalla penombra e dal vapore.

«Per cosa?» domandai. «Perché, alla fine, anche nel giorno del mio compleanno non ci sei stato? O per quello che è successo prima che perdessi la memoria e che ti sei ben guardato dal raccontarmi?»

Rei abbassò la testa e rimase in silenzio.

Ti sei accorta che è incapace di comunicare? Mi aveva chiesto Yumi, quel giorno, in Romania.

«Rei» dissi, dopo un po', sforzandomi di addolcire la voce. «Scusa, non volevo essere aggressiva».

Lui, la persona in cui, per tutta la vita, avevo riposto la mia più cieca fiducia, mi aveva tradita nel modo più subdolo e doloroso possibile. Però, il giorno seguente, il giorno in cui Alastor era stato sconfitto, il giorno in cui la guerra aveva finalmente avuto fine, lui era tornato da me.

«Lo sapevo che mi avresti odiato» sussurrò.

Sarebbe stato catartico dirgli di sì. Sì, ti odio. Mi sarei sentita meglio se gli avessi urlato addosso tutta la mia rabbia e la mia delusione, sarebbe stata una liberazione dalla paura e dell' ignoranza che mi avevano attanagliata per tutti quei mesi, da quando avevo ricevuto la lettera della signora Petrocchi.

E, se non avessi riacquistato i ricordi, lo avrei fatto. Perché ne avevo bisogno. Perché Rei avrebbe capito. Perché dopo avremmo fatto pace.

Però, con la nuova consapevolezza derivata da tutto il bagaglio di ricordi, dovetti trattenermi. Rei non avrebbe capito. Non avremmo fatto pace. O forse sì, ma lo avrei ulteriormente disorientato. Lo avrei ferito.

Ma, soprattutto perché, finalmente, riuscivo a vedere Rei libero da quella corazza di pietra che gli avevo scolpito addosso per renderlo più simile possibile alla statua di perfezione che avevo bisogno che fosse. Rei non era perfetto. Era una persona come me, come tutte le altre. Aveva sofferto, aveva sbagliato e aveva avuto paura. E aveva paura anche in quel momento.

«Io...» risposi, controllando la respirazione, «mi sento così... arrabbiata».

«Lo so» disse, tenendo bassa la testa. «Vieni fuori? Possiamo parlarne?»

«No, non ne ho voglia».

Rei si liberò degli stivali, si slacciò il mantello nero e lo lasciò cadere sul marmo bagnato del pavimento. Poi, in un sol colpo, si sfilò il maglione e la maglietta e si tuffò di testa nella piscina. Riemerse con l'eleganza di un delfino ammaestrato, si tirò indietro i capelli con la mano e nuotò fino a raggiungermi.

«Ania» disse, una volta che mi fu di fronte. «Qualunque cosa tu stia pensando di me, io...»

Ciò che stavo pensando di lui non era qualcosa che fossi in grado di esprimere a parole. Così cercai la sua mano nell'acqua e, quando la trovai, la strinsi e lo tirai verso di me. Lui smise di parlare e poi, titubante e con estrema delicatezza, poggiò la fonte sulla mia.

«Perdonami» ripetè.

«Ti perdono» risposi, e inclinai la testa per consentirgli di baciarmi.

Non se lo fece ripetere. I miei capelli lisci e setosi si erano bagnati. Il poco trucco che avevo sul viso, quasi certamente, si era sfatto. Del vestito scelto tanto accuratamente da Yumi solo poche ore prima, non era rimasto più niente. Avevo addosso solo il subligaculum e lo strophium. Ma a Rei non importava niente. E neanche a me. L'importante era che gli piacessi. E gli piacevo, ne ero finalmente sicura. Aveva ragione, non avrei dovuto dubitarne. Non lo avrei fatto mai più, dopo quella notte. Non dopo aver rivisto nei suoi occhi neri lo sguardo di quel ragazzo spaventato con cui mi ero fatta grande. Non dopo aver ricordato la delicatezza con cui la sua mano si aggrappava alla mia nei momenti di difficoltà. Non dopo aver sentito il suo respiro affannato fondersi con il mio in mezzo al vapore.

«Aspetta» disse, però, subito dopo «immagino che tu voglia parlare di quello che è successo dopo. Della notte in cui Alastor è stato sconfitto e di cosa...»

«Voglio parlarne» lo interruppi. «Ma non adesso».

Mi sfilai il medaglione. Lo trattenni nella mano qualche attimo, poi lo poggiai sul pavimento umido e lo spinsi lontano da noi. Rei tornò a baciarmi come se la mia bocca fosse l'unica fonte da cui inspirare l'ossigeno di cui aveva bisogno per respirare, spinse intensamente il suo copro contro il mio e, completamente spogliato di quel velo di esitazione che sempre aveva preso il sopravvento su ogni momento di irrazionalità si fosse concesso, mi passò la mano sulla schiena, sotto lo strophium che, senza opporgli alcuna resistenza, si slacciò.

Il desiderio ardente che avevo di lui, di incollare la mia bocca alla sua, di sentirmi le sue mani addosso, aveva messo a tacere e fagocitato ogni traccia di paura, di esitazione o di imbarazzo. Io ero pronta. Però, ormai, conoscevo Rei troppo bene per non accorgermi che, nella sua mente, stava accadendo il contrario: nonostante ogni fibra del suo copro fosse ferocemente protesa contro di me, la sua razionalità, evidentemente, era riuscita di nuovo ad avere la meglio.

«Ania, aspetta» disse, scostandosi appena e io, reduce dall'ultima esperienza, mi immobilizzai. «So cosa significa questo per un genio. Devi esserne sicura. Non si può più tornare indietro».

«È questa la tua preoccupazione?» gli chiesi. «È sempre stata questa?»

«Sì» rispose, poggiando la fronte sulla mia spalla nuda e io gli passai una mano tra i capelli bagnati e lo strinsi a me. «Credevo che, una volta riacquistati i ricordi, mi avresti odiato. Per questo non volevo che ti compromettessi con me, prima di quel momento».

Sfiorai molto delicatamente il suo petto nudo con la punta delle dita e lui ebbe un fremito. Sì, era vero, lo sterno era infossato. Finalmente riuscivo a vederlo con chiarezza. Ma non me ne sarebbe potuto importare di meno. Anzi, amavo alla follia il suo sterno infossato.

«Ma io non ti odio» sussurrai nel suo orecchio. «Non potrei amarti più di così, Rei. Credimi».

E, mentre il mio subligaculum e la sua cintura seguivano lo strophium fuori dalla piscina e le sue mani... mentre le sue mani... senza neanche bisogno che parlasse, ebbi la certezza che mi avesse creduto.

YEEEEEEEE 🎉🎉🎉🥂🥂🥂
Oh, questo capitolo è il più lungo che abbia mai pubblicato, credo. Però, non so perché, penso che vi darà delle soddisfazioni 😏 perdonatemi ma io tra i 40 gradi e le 40 mila battute de sto capitolo sono sfiancata. Quindi, secondo me, per oggi vi potete pure contentare. Adios.

AppleAnia

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