CAPITOLO 41

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STEVEN

Entro in ospedale seguito dal mio amico e chiedo indicazioni per il reparto di ginecologia. 

Maria mi ha appena scritto un messaggio, Jennifer sta per essere sottoposta all'ecografia e non voglio perdermi il primo incontro con quello che potrebbe essere mio figlio.

Fuori dallo studio medico sento un suono ritmato, cadenzato, come il tam tam di un tamburo e poggio l'orecchio alla porta per ascoltare, affascinato ed emozionato, il cuoricino del bambino che batte velocemente. 

Nessuno mi da il permesso di entrare, ma me lo prendo, non mi perderei questo momento per nulla al mondo ed entro deciso senza bussare. 

Il medico che sta eseguendo l'esame alza lo sguardo sorpreso. 

"Lei chi è?" chiede infastidito. 

Osservo le sue mani sul corpo di Jenny, non lo toccano, lo sfiorano soltanto, ma ne sono comunque infastidito. 

È un bell'uomo e questo potrebbe rappresentare un problema poiché la mia possessività nei confronti di questa donna, me ne rendo conto solo ora, non è scemata affatto. 

"Sono il papà del bambino" esclamo fiero e  l'occhio mi cade sullo schermo dell'ecografo dove un puntino minuscolo si muove impazzito. 

Sento gli occhi riempirsi di lacrime…mio figlio…il miracolo della vita che ho contribuito a generare, sta nuotando spensierato dentro il ventre della mia donna. 

Perché Jenny ed il bambino sono miei, non ne ho più alcun dubbio. 

Abbasso gli occhi sul lettino dal quale lei mi sta guardando con gli occhi stretti a due fessure. 

Si alza di scatto, cogliendomi di sorpresa e prende la salvietta che il medico le sta porgendo. 

"Mio figlio non ha un papà! Ha solo una mamma che lo amerà infinitamente per tutta la vita" grida prima di fuggire via. 

Maria la insegue chiamandola a gran voce ed io mi appresto a seguire il suo esempio, ma vengo richiamato dal medico. 

"Signor…?". 

"Parker" rispondo a denti stretti senza voltarmi. 

"Signor Parker…io non so cosa sia successo tra lei e la mia paziente, ma la devo mettere in guardia sui pericoli che correrebbe la signorina Pellizzoli se non  dovesse attenersi alle mie prescrizioni. La prima in assoluto è che deve stare tranquilla, non subire traumi emotivi…i primi tre mesi di gestazione sono delicatissimi…non so se ha compreso…".

Deglutisco a vuoto, non posso pensare ad un'eventualità simile. 

" Ho capito dottore, grazie". 

Esco dallo studio senza guardarlo e mi avvio verso l'uscita dell'ospedale a passo svelto. 

Maria e Alan sono fuori la porta scorrevole e si guardano intorno, confusi. 

"Dov'è Jenny?" chiedo loro facendoli sobbalzare. 

"Non lo so Steve…le siamo andati dietro, ma…correva talmente veloce che l'abbiamo persa" risponde Alan con rammarico. 

"Dobbiamo trovarla, non può essere andata lontano" ho il morale sotto la suola delle scarpe e con le mani sui fianchi, getto lo sguardo in lontananza dove la strada si divide in due diramazioni. 

"Prenderemo direzioni diverse, ci divideremo…il primo di noi che la trova, avverte gli altri. 

Maria e Alan assentono, il volto scurito dalla preoccupazione. 

Quel maledetto giornoWhere stories live. Discover now